"When you're in the middle of a story, it isn't a
story at all, but only a confusion, a dark roaring, a blindness, a wreckage of
shattered glass and splintered wood, like a house in a whirlwind, or else a
boat crushed by the icebergs or swept over the rapids, and all aboard are
powerless to stop it. It's only afterwards that it becomes anything like a
story at all. When you're telling it to yourself or to someone else.”
Quando sei nel
bel mezzo di una storia, non è affatto una storia, ma solo una gran confusione,
un oscuro ruggito, una cecità, un relitto di vetro frantumato e legno
scheggiato, come una casa in una tromba d'aria, o una barca stroncata dagli
iceberg o travolta dalle rapide, mentre tutte le persone a bordo non possono
fermarla. È soltanto in seguito che diventa un qualcosa come un racconto del
tutto. Quando lo racconti a te stesso o a qualcun altro.
Margaret Atwood, Alias Grace (L’altra Grace), 1996
Altre volte il cinema è venuto
utile per sviluppare un tema. Molto più della novellistica entra in
sintonia/sinergia con queste pagine. Ora è la volta di Stories We Tell film canadese del 2012 di Sarah
Polley. Sorprendente è il particolare sguardo della stessa autrice/regista,
in bilico tra l’estasi e il coinvolgimento. Sarah Polley, quando l’ha girato,
di anni ne aveva trenta tre ed era alla ricerca di sé stessa, del suo DNA
genetico. Lo fa raccontando la storia di sua madre Diane, una donna impulsiva e
poco conforme a quanto la circondava, andando a coinvolgere i propri familiari
e quelli che con la madre hanno avuto contatti di lavoro. È un peccato svelare
tutto il coinvolgente film, un falso documentario rivestito di finzioni, girato
con mani esperte, con la struttura di un classico giallo americano: Raymond
Chandler incontra James Ellroy, a dispetto di quanto quest’ultimo pensasse del
primo.
Ma ora andiamo a noi e qui sarò
breve anzi brevissimo. Sostituite Sara Polley con daplatìaciurrame e la madre con Platì ed i quattrocento anni e passa di
storia, fermo-immagini di documenti e immagini relativi a fatti minimali e popolo,
che in questo frattempo hanno percorso il paese e le rive del Ciancio
diventeranno un libro: I LOVE PLATÌ!
In other
instances, Cinema has been useful in developing a theme. It comes into
tuning/synergy with these pages. And it is the case of Stories We Tell, a
Canadian movie by Sarah Polley. Hers is
a striking gaze teetering from extasy to involvement. Thirty-three year old Sarah Polley was, at the time
of shooting, in search of herself, of her genetic DNA. She tells her mother
Diane’s story, an impulsive ad unconventional woman, and she calls in relatives
and work contacts. It would be a shame to unveil the narrative of this
captivating movie. It is a false documentary lined with simulations, film with
expertise, using the structure of an American thriller where Raymond Chandler
meets James Ellroy, no matter what le latter thought of the other.
But let us
address our focus in a very short manner: replace Sara Polley wth daplatìaciurrame and her mother with Platì,
then the four hundred or more years of history, still-frames of documents
related to petty events and people, that have in the meantime crossed the roads
of the town and the shored of river Ciancio have become a book: I Love Platì!
AL CENTRO DELLE IMMAGINI TRATTE DAL FILM DIANE E SARA POLLEY.
IL TESTO IN INGLESE E' DI ROSALBA.
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