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mercoledì 20 maggio 2015

La città dolente



Ricordo una notte di settembre del 1908, una domenica notte fragrante di odori rosmarino, di cisto e di finocchio che calavano in aromatiche ondate dalle alture disseccate dal sole -una notte stellata, calma e tranquilla. Messina non mi era mai parsa così bella. Arrivandoci di giorno e da altre città più grandi e più animate, si è portati a notare soltanto i suoi difetti. Ma la notte meridionale possiede un tocco magico. Nasconde tutte le cose brutte, oppure le trasforma in oggetti di mistica bellezza; mentre le opere più nobili dell'uomo-quelle facciate, quei cornicioni, quei panciuti balconi in ferro battuto-diventano eteree come palazzi di fate. E venendo, come venivo io, dall'impervia Calabria, la città con le sue larghe vie ben tenute, i suoi caffè illuminati e la sua folla di cittadini contegnosi nella passeggiata serale, prendeva l’aspetto di una metropoli.
Con voluta lentezza, ritardando con molto sentimento, mi diressi verso il ristorante che mi era familiare. Finalmente! Finalmente, dopo un'interminabile dieta a base di pane duro, di cipolle e di formaggio di capra, stavo per assaporare il complicato menu che studiavo da settimane, vagliandone con cura i pro e i contro tanto complicato, in effetti, che ho dimenticato da tempo i suoi particolari. Ricordo soltanto il pesce-spada, una specialità locale e (per finire in bellezza) la cassata alla siciliana, una sinfonia glaciale, un gelato multicolore di sapori deliziosamente fusi, che ci vuole assai più tempo a descrivere che a divorare. Sotto l'effetto di questi cibi sibaritici, innaffiati da una vecchia bottiglia di vino calabro (troppo forte è il vino siciliano per me, troppo deciso e senza compromessi: preferisco perdere le mie facoltà mentali poco per volta, come un gentiluomo), il mio fisico esausto rifiorì come per incanto: diventai amabile e socievole. Dopo tutto, conclusi, il destino del viaggiatore non è dei peggiori. Quanto a Messina ...Messina era indubbiamente una città piacevole. Ma perché i negozi chiudevano tanto presto, la sera?
«Questi Siciliani devono sempre giocare a qualcosa» mi spiegò il cameriere napoletano, una mia vecchia conoscenza. «In questo periodo giocano agl'inglesi. Sono  ossessionati dall'idea della chiusura domenicale. Ma di solito i loro attacchi non durano più di quindici giorni.››
Giocano agl'inglesi!
Ora, quelli che sono rimasti hanno inventato un nuovo gioco: vivono ammassati in case di bambola e temo che la situazione non cambierà molto presto.
Norman Douglas, Old Calabria

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