Da oggi, e per qualche tempo, do inizio alla trascrizione di
Caos, capitolo contenuto in Old Calabria di Norman Douglas, ricordo
che l’edizione è quella di Aldo Martello. Tema è la città dove vivo parte del
mio tempo: Messina, vista com’era prima e dopo il terremoto del 28 dicembre
1908. E’ un capitolo allo stesso tempo elegiaco e doloroso. Nessuno, come Norman Douglas, ha saputo cogliere il senso e il luogo di questa città,
ricostruita più volte, che occupa un sito che solo avendo il senso della
mitologia si può sottrarre.
O gioventù d'ltalia in alto i cuori.
Cantante Domino
Canticum novumm
Potessero ritornare in vita le povere
vittime del terremoto del 28 dicembre
1908,
per opporre questo cantico di
Dio
alle canzoni di Satana pubblicate nel
giornale “ il Telefono ,, e diffuse per le
vie e le case di Messina alla vigilia del-
l' immane distruzione !...
-
Voto e ricordo.
-
Quaresima del 1914.
CAN. TEOL. V. RASCHELLA’
CAOS
Non ho mai avuto occasione di ammirare la magica Fata Morgana dello Stretto di Messina quando,
in determinate condizioni atmosferiche, palazzi fantasmagorici di meravigliose
forme appaiono sulle acque - non riflessi,
ma come sorti dal mare; quasi tangibili,
eppur diafani come un velo.
Un monaco domenicano di nome Minasi, corrispondente dell'Accademia di
Napoli e amico di Sir W. Hamilton,
scrisse una dissertazione su questa beffa
atmosferica. Molti l'hanno vista e descritta: fra questi, Pilati de Tassulo. Nicola Leoni riferisce il
resoconto di un testimone oculare del
1643; e troviamo un altro resoconto nel
libro di A. Fortis, Mineralogische Reisen, 1788. L'apparizione è timida. Tuttavia,
alcune immagini del fenomeno appaiono in un articolo del Dr. Vittorio Boccara
in «La Lettura», nel quale l'autore accenna anche a un trattato scientifico
scritto da lui stesso sull'argomento; e
anche nel volumetto Da Reggio a
Metaponto di Lupi-Crisafi, stampato a Gerace alcuni anni fa. Cito questi scrittori per
coloro che, più fortunati di me,
potranno assistere al fantastico
spettacolo e interessarsi delle sue origini e della sua stona.
Le cronache di Messina registrano le sovrumane imprese del tuffatore Colapesce. Gli oscuri
paesaggi sottomarini dello stretto, con
le loro grotte e le loro foreste, non
avevano segreti per lui: i suoi occhi conoscevano i misteri marini quanto
quelli di un pesce. Alcuni ritengono che
la leggenda risalga a Federico II, al
quale Colapesce riportò quella coppa d'oro che venne poi immortalata nella
ballata di Schiller, Der Taucher. Ma Schneegans asserisce di aver trovato documenti
normanni che parlano di lui. C’è poi l'altra leggenda, secondo la quale
Colapesce, novello Glauco, avrebbe
esplorato il mare alla ricerca della fanciulla
amata, inghiottita dalle onde.
Fra le numerose favole che si
raccontano sul suo conto, ecco la più
portentosa: un giorno, durante uno dei
suoi vagabondaggi sottomarini, Colapesce scoprì
le fondamenta di Messina. Erano pericolanti! La città posava su tre colonne, la prima delle quali
era intatta, la seconda completamente
crollata e la terza parzialmente corrosa. Spuntando dalle azzurre
profondità, avvertì allora con un
distico i cittadini della minaccia che
incombeva su di loro. In questi profetici versi
attribuiti al favoloso Colapesce riecheggia un”apprensione generale,
anche troppo giustificata. Anche F.
Münter, uno dei viaggiatori che esplorarono la zona dopo il terremoto del 1783,
espresse i suoi timori che Messina non
avesse ancora sofferto tutto quello che
il Destino le riservava.
Norman Doulglas, Old Calabria
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