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lunedì 4 maggio 2015

La città dolente (reg. Mario Bonnard - 1949)

Da oggi, e per qualche tempo, do inizio alla trascrizione di Caos, capitolo contenuto in Old Calabria di Norman Douglas, ricordo che l’edizione è quella di Aldo Martello. Tema è la città dove vivo parte del mio tempo: Messina, vista com’era prima e dopo il terremoto del 28 dicembre 1908. E’ un capitolo allo stesso tempo elegiaco e doloroso. Nessuno, come Norman Douglas, ha saputo cogliere il senso e il luogo di questa città, ricostruita più volte, che occupa un sito che solo avendo il senso della mitologia si può sottrarre. 



O gioventù d'ltalia in alto i cuori

Cantante Domino Canticum novumm  

Potessero ritornare in vita le povere 
vittime del terremoto del 28 dicembre  1908,
per opporre questo cantico di Dio 
alle canzoni di Satana pubblicate nel 
giornale “ il Telefono ,, e diffuse per le 
vie e le case di Messina alla vigilia del- 
l' immane distruzione !... 

-          Voto e ricordo.  
-
Quaresima del 1914.

 CAN. TEOL. V. RASCHELLA’ 


CAOS
Non ho mai avuto occasione di ammirare la magica  Fata Morgana dello Stretto di Messina quando, in determinate condizioni atmosferiche, palazzi fantasmagorici di meravigliose forme appaiono sulle acque -  non riflessi, ma come sorti dal mare; quasi tangibili,  eppur diafani come un velo. 
Un monaco domenicano di nome Minasi, corrispondente dell'Accademia di Napoli e amico di Sir  W. Hamilton, scrisse una dissertazione su questa beffa  atmosferica. Molti l'hanno vista e descritta: fra questi,  Pilati de Tassulo. Nicola Leoni riferisce il resoconto di  un testimone oculare del 1643; e troviamo un altro  resoconto nel libro di A. Fortis, Mineralogische Reisen,  1788. L'apparizione è timida. Tuttavia, alcune immagini del fenomeno appaiono in un articolo del Dr. Vittorio Boccara in «La Lettura», nel quale l'autore accenna anche a un trattato scientifico scritto da lui  stesso sull'argomento; e anche nel volumetto Da  Reggio a Metaponto di Lupi-Crisafi, stampato a Gerace  alcuni anni fa. Cito questi scrittori per coloro che,  più fortunati di me, potranno assistere al fantastico  spettacolo e interessarsi delle sue origini e della sua  stona. 
Le cronache di Messina registrano le sovrumane  imprese del tuffatore Colapesce. Gli oscuri paesaggi  sottomarini dello stretto, con le loro grotte e le loro  foreste, non avevano segreti per lui: i suoi occhi conoscevano i misteri marini quanto quelli di un pesce.  Alcuni ritengono che la leggenda risalga a Federico II,  al quale Colapesce riportò quella coppa d'oro che venne poi immortalata nella ballata di Schiller, Der Taucher. Ma Schneegans asserisce di aver trovato documenti normanni che parlano di lui. C’è poi l'altra leggenda, secondo la quale Colapesce, novello Glauco,  avrebbe esplorato il mare alla ricerca della fanciulla  amata, inghiottita dalle onde.
 Fra le numerose favole che si raccontano sul suo  conto, ecco la più portentosa: un giorno, durante uno  dei suoi vagabondaggi sottomarini, Colapesce scoprì  le fondamenta di Messina. Erano pericolanti! La città  posava su tre colonne, la prima delle quali era intatta,  la seconda completamente crollata e la terza parzialmente corrosa. Spuntando dalle azzurre profondità,  avvertì allora con un distico i cittadini della minaccia  che incombeva su di loro. In questi profetici versi  attribuiti al favoloso Colapesce riecheggia un”apprensione generale, anche troppo giustificata.  Anche F. Münter, uno dei viaggiatori che esplorarono la zona dopo il terremoto del 1783, espresse i  suoi timori che Messina non avesse ancora sofferto  tutto quello che il Destino le riservava.        
Norman Doulglas, Old Calabria






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