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martedì 12 maggio 2015

Il prezzo del potere (reg. Tonino Valerii - 1969)

Mons. Giosofatto Mittiga
1876 - 1951
ritratto di Luigi Musitano

Quanto si poteva raccogliere dei rapporti tra Platì e Polsi oggi ha termine con il personaggio che più di tutti ha fatto parlare di sé: Monsignor Giosofatto Mittiga, il quale destinò le sue capacità e le sue conoscenze alla maggior gloria del santuario. Personaggio colluso col potere fascista ricorda un altro paesano per molti aspetti simile. Ambedue finirono scaricati dopo un sommario processo segreto.
Si ricorre al capitolo I vescovi di Locri-Gerace a Polsi a cura di Enzo D’Agostino apparso in S. Maria di Polsi – Storia e pietà popolare, Laruffa editore, 1990.
Monsignor Giosofatto Mittiga era nato a Platì il 16 marzo del 1876 da Domenico e Violi Maria.

Il Santuario, ora elevato ad abbazia,  mercé  la  solerzia  di  monsignor  Mittiga,  allora  non  era  che una chiesa alle dipendenze della diocesi di Gerace,  retta  da  un  priore  e  servita,  per  le  questue,  da  un corpo ristretto di frati secolari, non dipendenti da alcun ordine,  che  giravano  la  provincia,  come  fanno tuttora, cavalcando i loro bei muli gagliardi, e raccogliendo le offerte dei fedeli.
Francesco Perri, Emigranti

Giosofatto Míttiga, giovane sacerdote di Platì , arrivò a Polsi il 3 ottobre 1905 con l'incarico di economo curato, ottenuto dall'amministratore apostolico fr. Sisto Paoleschi; il 10 aprile 1906 divenne titolare della parrocchia e superiore del santuario; il 15 settembre 1908 ottenne di portare al cappello un laccio nero dorato; il 4 maggio 1910 ottenne per sé e per i superiori suoi successori il titolo di prelato domestico di S. S..: un crescendo di cariche e di riconoscimenti che certamente alimentarono smodatamente le già presenti inclinazioni ai fasti ed agli onori del Nostro. Il quale, vedendosi così considerato, immaginò di poter fare di Polsi la sede idonea a realizzare i propri sogni di indipendenza ed a praticare un potere effettivamente monocratico. Polsi divenne una specie di cantiere onnicomprensivo e continuamente aperto: furono restaurate o ricostruite parecchie abitazioni; fu innalzato il terzo piano del convento; fu installato il telegrafo; fu realizzato il monumentale calvario e fu posta in sito l'artistica balaustra dell'altare maggiore (opere di V. ]erace): il tutto contraendo molti debiti, ma sotto gli occhi entusiasti e compiaciuti di pellegrini e pellegrinaggi sempre più frequenti e numerosi .
Dagli inizi del 1907 la diocesi di Gerace era retta da mons. Giorgio Delrio …
Nei confronti del Mittiga, mons. Delrio fu all'inizio prodigo di incoraggiamenti e di riconoscimenti; poi, quando si accorse che la situazione debitoria stava diventando estremamente grave, intervenne con energia e durezza; infine, reagendo alle ambizioni del superiore, tentò con tutti i mezzi di liberarsene.
L'anno cruciale fu il 1913, nel quale, il vescovo, prese le distanze dalle iniziative del Mittiga, e ridottine drasticamente i poteri, avocò decisamente a sé l'effettiva direzione del santuario e riuscì quanto meno a bloccare, sia pur temporaneamente, l'incremento dei debiti .
Il Mittiga, però, non rinunziò ai propri progetti e tentò in tutti i modi e con diversi mezzi di creare le condizioni per raggiungere l'agognata indipendenza. Di ciò è segno la petulante richiesta di poter abitare a Polsi nel palazzo vescovile “, ma sono segno più evidente i tentativi operati scopertamente per " inventare" una qualche autorità che fosse superiore al vescovo e che dal vescovo non potesse in alcun modo essere contestata.
Non può essere letta che in tale chiave l'operazione "cardinale protettore", pensata e felicemente condotta a termine dal Mittiga con la nomina pontificia, appunto a protettore del santuario, del cardinale Filippo Giustini, ottenuta il 20 dicembre 1916. Da tale situazione il Mittiga trasse l'aìre per riprendere le sue progettazioni fantastiche.
La nomina del cardinale, obtorto collo salutata dal vescovo Delrio con una notevolissima lettera pastorale , consentì al Mittiga di organizzare grandi festeggiamenti per la venuta a Polsi del protettore. L'evento si svolse il 2 settembre 1919 e ce lo ricorda l'epigrafe posta l'anno dopo sulla facciata del convento  ivi il vescovo Delrio è del tutto ignorato, non essendo citato nello scritto e mancando il medaglione con la sua effigie accanto a quelli di Benedetto XV, di Filippo Giustini e di Giosofatto Mittiga. Non basta. Sempre più deciso a svincolarsi da qualsiasi tutela vescovile, il Mittiga, favorito da ambienti romani interessati, andò precisando un nuovo progetto, con il quale si proponeva di restituire "al santuario l'antico titolo di
Abbazia e quello di Abate al Superiore del tempo, con tutti quegli onori e privilegi degli antichi abati, onori e privilegi che corrispondono a quelli degli Abbati o Prelati Nullius, escludendo ben inteso ogni idea di giurisdizione, la quale dovrebbe rimanere sempre al vescovo di Gerace, come lo è attualmente .
Il progetto andò in porto (8.4.192O) , senza che vi si potesse opporre il vescovo Delrio, il quale, anche se mancano documenti precisi, sembra improbabile che potesse condividerlo .
Appena qualche mese dopo, il 16 novembre 1920, mons. Delrio fu promosso arcivescovo e trasferito ad Oristano.
Il titolo di Abate nullius consentì al Mittiga un nuovo periodo di gloria. Nello stesso 1920, "sontuosamente vestito da vescovo”, partì per l'America e ne ritornò dopo due anni con i ricchi proventi della sottoscrizione ivi operata tra i tanti immigrati italiani. Nuovi privilegi (quello di celebrare in trono con baldacchino e pastorale) ottenne dal protettore cardinale Michele Lega († 15.12.1935), che era succeduto al cardinale Giustini, e dal pontefice Benedetto XV un chirografo attestante stima.
Nel frattempo, però, egli, impenitentemente, non aveva smesso le iniziative fantasiose e dispendiose, oltreché malviste e denigrate per le umane debolezze di tutti i tempi nei confronti di chi comunque operi. Il Mittiga aveva tentato un passo lungo. Forse era stato mal consigliato, ma è probabile che fosse stato anche strumentalizzato. Le sue intenzioni erano probabilmente oneste, le sue azioni non limpide e comunque non condivise, anzi in contrasto con le intenzioni e le direttive dell'autorità vescovile.
Chiamato ancora una volta a rispondere del suo operato 91, il Mittiga non riuscì più a convincere alcuno della bontà delle sue iniziative. Pu così che il 10 novembre del 1927 fu privato del titolo di abate, ed il 26 ottobre 1928 fu costretto a dimettersi da arciprete. Da quel momento, con Polsi ebbe rapporti soltanto per qualche debito da pagare. Morirà poverissimo (è questo è segno della sua intima onestà) nel 1951.


Di seguito il filmato dell’inaugurazione del Sanatorio ” Vittorio Emanuele II “ai Piani di Zervò. Alla cui edificazione contribuì in vario modo Mons. Giosofatto Mittiga



2 commenti:

  1. Ciao Gino, in che anno è stato inaugurato il sanatoria?

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  2. I comuni di Scido, Santa Cristina, Tresilico, Oppido, Varapodio e Platì diedero, con delibere consiliari tra il 1924 ed i primi giorni del 1925, in concessione perpetua e gratuita i terreni per la costruzione del Sanatorio Antitubercolare della Calabria all'ONIG ed una vastissima area alle falde del Monte Scorda costituita da 315 ettari di fitti boschi di faggi ed abeti nonchè l'uso delle acque dei torrentelli nelle vicinanze.
    Nel caso di chiusura dell'attività del Sanatorio una clausola stabiliva il ritorno dei terreni e dei fabbricati ai comuni proprietari.
    Con i contributi di lascito vari, versamenti dei comitati di assistenza ai Militari, Ciechi, Storpi e Muti e con una cospicua elargizione degli emigranti italiani residenti in Argentina fu costruito il complesso edilizio del sanatorio di Zervò.
    La costruzione avviata il primo luglio 1925 senza studi preventivi adeguati e dopo un superficiale esame di cartografie a larghissima scala e senza dati certi sulle condizioni climatiche del luogo fu completata dopo tre anni e dieci mesi.
    Scarsa considerazione è stata data al sistema viario esistente che sulla cartografia appariva agevole mentre in realtà non lo era. Il complesso inaugurato il 28 ottobre 1929, destinato a centro di cura e di riabilitazione degli ex militari della Grande Guerra '14-'18 affetti da TBC, fu chiuso dopo tre anni a causa delle difficoltà sopravvenute per le rigide condizioni meteorologiche invernali del luogo, i problemi logistici e l'elevato grado di mortalità riscontrato in quei pochi anni di attività
    Dopo varie vicissitudini quelle strutture, ristrutturate, sono oggi utilizzate in concessione da una delle Comunità Incontro di Don Pierino Gelmini.

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