Mons. Giosofatto Mittiga
1876 - 1951
ritratto di Luigi Musitano
Quanto si poteva raccogliere dei rapporti tra Platì e Polsi oggi ha
termine con il personaggio che più di tutti ha fatto parlare di sé: Monsignor
Giosofatto Mittiga, il quale destinò le sue capacità e le sue conoscenze alla
maggior gloria del santuario. Personaggio colluso col potere fascista ricorda
un altro paesano per molti aspetti simile. Ambedue finirono scaricati dopo un sommario processo segreto.
Si ricorre al capitolo I vescovi
di Locri-Gerace a Polsi a cura di Enzo D’Agostino apparso in S. Maria di Polsi – Storia e pietà popolare,
Laruffa editore, 1990.
Monsignor Giosofatto Mittiga era nato a Platì il 16 marzo
del 1876 da Domenico e Violi Maria.
Il Santuario, ora elevato ad
abbazia, mercé la solerzia di monsignor
Mittiga, allora non era che una chiesa alle dipendenze
della diocesi di Gerace, retta da un priore
e servita, per le questue, da un corpo
ristretto di frati secolari, non dipendenti da alcun ordine, che
giravano la provincia, come fanno tuttora, cavalcando i
loro bei muli gagliardi, e raccogliendo le offerte dei fedeli.
Francesco Perri, Emigranti
Giosofatto Míttiga, giovane sacerdote di Platì , arrivò a Polsi il 3
ottobre 1905 con l'incarico di economo curato, ottenuto dall'amministratore apostolico
fr. Sisto Paoleschi; il 10 aprile 1906 divenne titolare della parrocchia e
superiore del santuario; il 15 settembre 1908 ottenne di portare al cappello un
laccio nero dorato; il 4 maggio 1910 ottenne per sé e per i superiori suoi
successori il titolo di prelato domestico di S. S..: un crescendo di cariche e
di riconoscimenti che certamente alimentarono smodatamente le già presenti
inclinazioni ai fasti ed agli onori del Nostro. Il quale, vedendosi così
considerato, immaginò di poter fare di Polsi la sede idonea a realizzare i propri
sogni di indipendenza ed a praticare un potere effettivamente monocratico.
Polsi divenne una specie di cantiere onnicomprensivo e continuamente aperto:
furono restaurate o ricostruite parecchie abitazioni; fu innalzato il terzo
piano del convento; fu installato il telegrafo; fu realizzato il monumentale calvario
e fu posta in sito l'artistica balaustra dell'altare maggiore (opere di V.
]erace): il tutto contraendo molti debiti, ma sotto gli occhi entusiasti e
compiaciuti di pellegrini e pellegrinaggi sempre più frequenti e numerosi .
Dagli inizi del 1907 la diocesi di Gerace era retta da mons. Giorgio
Delrio …
Nei confronti del Mittiga, mons. Delrio fu all'inizio prodigo di
incoraggiamenti e di riconoscimenti; poi, quando si accorse che la situazione
debitoria stava diventando estremamente grave, intervenne con energia e
durezza; infine, reagendo alle ambizioni del superiore, tentò con tutti i mezzi
di liberarsene.
L'anno cruciale fu il 1913, nel quale, il vescovo, prese le distanze
dalle iniziative del Mittiga, e ridottine drasticamente i poteri, avocò
decisamente a sé l'effettiva direzione del santuario e riuscì quanto meno a
bloccare, sia pur temporaneamente, l'incremento dei debiti .
Il Mittiga, però, non rinunziò ai propri progetti e tentò in
tutti i modi e con diversi mezzi di creare le condizioni per raggiungere
l'agognata indipendenza. Di ciò è segno la petulante richiesta di poter abitare
a Polsi nel palazzo vescovile “, ma sono segno più evidente i tentativi operati
scopertamente per " inventare" una qualche autorità che fosse
superiore al vescovo e che dal vescovo non potesse in alcun modo essere
contestata.
Non può essere letta che in tale chiave l'operazione
"cardinale protettore", pensata e felicemente condotta a termine dal
Mittiga con la nomina pontificia, appunto a protettore del santuario, del
cardinale Filippo Giustini, ottenuta il 20 dicembre 1916. Da tale situazione il
Mittiga trasse l'aìre per riprendere le sue progettazioni fantastiche.
La nomina del cardinale, obtorto
collo salutata dal vescovo Delrio con una notevolissima lettera pastorale ,
consentì al Mittiga di organizzare grandi festeggiamenti per la venuta a Polsi
del protettore. L'evento si svolse il 2 settembre 1919 e ce lo ricorda
l'epigrafe posta l'anno dopo sulla facciata del convento ivi il vescovo Delrio è del tutto ignorato,
non essendo citato nello scritto e mancando il medaglione con la sua effigie accanto
a quelli di Benedetto XV, di Filippo Giustini e di Giosofatto Mittiga. Non
basta. Sempre più deciso a svincolarsi da qualsiasi tutela vescovile, il Mittiga,
favorito da ambienti romani interessati, andò precisando un nuovo progetto, con
il quale si proponeva di restituire "al santuario l'antico titolo di
Abbazia e quello di Abate al Superiore del tempo, con tutti quegli
onori e privilegi degli antichi abati, onori e privilegi che corrispondono a
quelli degli Abbati o Prelati Nullius, escludendo ben inteso
ogni idea di giurisdizione, la quale dovrebbe rimanere sempre al vescovo di
Gerace, come lo è attualmente .
Il progetto andò in porto (8.4.192O) , senza che vi si potesse
opporre il vescovo Delrio, il quale, anche se mancano documenti precisi, sembra
improbabile che potesse condividerlo .
Appena qualche mese dopo, il 16 novembre 1920, mons. Delrio
fu promosso arcivescovo e trasferito ad Oristano.
Il titolo di Abate
nullius consentì al Mittiga un nuovo periodo di gloria. Nello stesso 1920,
"sontuosamente vestito da vescovo”, partì per l'America e ne ritornò dopo
due anni con i ricchi proventi della sottoscrizione ivi operata tra i tanti
immigrati italiani. Nuovi privilegi (quello di celebrare in trono con baldacchino
e pastorale) ottenne dal protettore cardinale Michele Lega († 15.12.1935), che
era succeduto al cardinale Giustini, e dal pontefice Benedetto XV un chirografo
attestante stima.
Nel frattempo, però, egli, impenitentemente, non aveva smesso
le iniziative fantasiose e dispendiose, oltreché malviste e denigrate per le
umane debolezze di tutti i tempi nei confronti di chi comunque operi. Il Mittiga
aveva tentato un passo lungo. Forse era stato mal consigliato, ma è probabile
che fosse stato anche strumentalizzato. Le sue intenzioni erano probabilmente
oneste, le sue azioni non limpide e comunque non condivise, anzi in contrasto
con le intenzioni e le direttive dell'autorità vescovile.
Chiamato ancora una volta a rispondere del suo operato 91, il
Mittiga non riuscì più a convincere alcuno della bontà delle sue iniziative. Pu
così che il 10 novembre del 1927 fu privato del titolo di abate, ed il 26 ottobre
1928 fu costretto a dimettersi da arciprete. Da quel momento, con Polsi ebbe
rapporti soltanto per qualche debito da pagare. Morirà poverissimo (è questo è
segno della sua intima onestà) nel 1951.
Di seguito il filmato dell’inaugurazione del Sanatorio ”
Vittorio Emanuele II “ai Piani di Zervò. Alla cui edificazione contribuì in
vario modo Mons. Giosofatto Mittiga
Ciao Gino, in che anno è stato inaugurato il sanatoria?
RispondiEliminaI comuni di Scido, Santa Cristina, Tresilico, Oppido, Varapodio e Platì diedero, con delibere consiliari tra il 1924 ed i primi giorni del 1925, in concessione perpetua e gratuita i terreni per la costruzione del Sanatorio Antitubercolare della Calabria all'ONIG ed una vastissima area alle falde del Monte Scorda costituita da 315 ettari di fitti boschi di faggi ed abeti nonchè l'uso delle acque dei torrentelli nelle vicinanze.
RispondiEliminaNel caso di chiusura dell'attività del Sanatorio una clausola stabiliva il ritorno dei terreni e dei fabbricati ai comuni proprietari.
Con i contributi di lascito vari, versamenti dei comitati di assistenza ai Militari, Ciechi, Storpi e Muti e con una cospicua elargizione degli emigranti italiani residenti in Argentina fu costruito il complesso edilizio del sanatorio di Zervò.
La costruzione avviata il primo luglio 1925 senza studi preventivi adeguati e dopo un superficiale esame di cartografie a larghissima scala e senza dati certi sulle condizioni climatiche del luogo fu completata dopo tre anni e dieci mesi.
Scarsa considerazione è stata data al sistema viario esistente che sulla cartografia appariva agevole mentre in realtà non lo era. Il complesso inaugurato il 28 ottobre 1929, destinato a centro di cura e di riabilitazione degli ex militari della Grande Guerra '14-'18 affetti da TBC, fu chiuso dopo tre anni a causa delle difficoltà sopravvenute per le rigide condizioni meteorologiche invernali del luogo, i problemi logistici e l'elevato grado di mortalità riscontrato in quei pochi anni di attività
Dopo varie vicissitudini quelle strutture, ristrutturate, sono oggi utilizzate in concessione da una delle Comunità Incontro di Don Pierino Gelmini.