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domenica 28 settembre 2014

Bianco e nero (reg. Paolo Pietrangeli - 1975)


Bianco
(con una nota su Ferdinando Mittiga, partigiano
ed il testamento di Padre Bonaventuta da Casignana)
E’ una delle più cospicue e antiche terre della diocesi ed occupava il quinto posto nella gerarchia ecclesiastica.
Col terremoto del 1783 il paese rimase totalmente distrutto compresa la Chiesa parrocchiale e per sovrana disposizione il popolo passò a trapiantare la patria nell’amenissimo suolo di Pugliano dove in virtù del Reale Decreto 1788 vi trasferì l’Arcipretura e l’amministrazione comunale.
Per officiare provvisoriamente si eresse dalla pietà dei fedeli una capanna, mentre con una elargizione della Cassa Sacra si diede principio alla Chiesa Arcipretale. Già la costruzione era molto avanzata quando vennero meno i mezzi, e già si era ottenuto il mandato di altre somme  per il compimento di essa, ma per cavilli degli impiegati, le somme non furono pagate. Successero intanto le vicende calamitose dell’occupazione militare francese che portava spese enormi, continui alloggi e saccheggi, sicché la popolazione restò esaurita e immiserita per quattro anni. Ristabilita la pace il Decurionato ottenne 600 ducati dal Sovrano perché abolita la Cassa Sacra, e con quella somma si portò la chiesa a compimento. Vi era la parrocchia detta di Santa Marina che fu soppressa dal Vescovo Scoppa nel 1791 e la popolazione fu aggregata alla matrice.
In detta chiesa vi era il beneficio di San Giacomo, di patronato della famiglia Medici, fondato nel 1693, quello di S. Maria della Stella della stessa famiglia; quello della Concezione della famiglia Mediati, col peso di una messa settimanale; quello di S. Antonio di Padova della famiglia Saporito, con due messe settimanali; quello di S. Michele Arcangelo della famiglia Medici; quello di S. Francesco di Paola, della famiglia Staiti; quello di S. Giov. Battista, della famiglia Palizzi, con l’onere di 4 messe settimanali; quello di S. Giuseppe della famiglia Ceratti, poi Mesiti; quello di S. Caterina, che fu poi aggregato alla teologale di Gerace; quello di S. Giacomo e S. Nicola De Muscolis, fondato dai fratelli Abate Diego Muscolo, Medico Francesco Muscolo e Ignazio, dotato il 7 Maggio 1677. Inoltre quello di S. Domenico, dell’Annunziata e quello di S. Mercurio di patronato del Principe di Roccella e quello del Sacramento.
Vi erano pure i seguenti altari: Del S.S. Crocefisso di patronato della famiglia Saporito; del Carmine della famiglia D’Andrea con l’onere di due messe settimanali poi passato alla famiglia Medici e quello di S. Gregorio della famiglia Albanese con l’onere di due messe settimanali; quello di S. Maria della Stella della famiglia Napoli e Pittari e quello dell’Immacolata della famiglia Medici; quello didel carmine e di S. Giuseppe eretto da Prassede D’Andrea.
Nell’ambito della cura vi era la chiesa di S. Francesco di Paola situata nel rione Bombile di patronato della famiglia Ielasi e si celebrava la sola festa di S. Francesco. Con l’andare del tempo distrutta la chiesa gli eredi Ielasi in memoria del Teol. Ielasi la costruirono nuovamente nel rione Marina aderente al proprio palazzo. Vi era pure la chiesa campestre di S. Nicola col beneficio omonino distrutta prima del 1750 e il beneficio fu aggregato alla matrice. Vi era ancora la chiesa di S. Giov. Battista e quella dell’Annunziata nella quale vi era la cappella di M. S. S. di Loreto di patronato di Laura Ciranta. Vi era un conservatorio di vergini fondato nel 1632 da Suor Maddalena Lucà per legato fatto da Giovanni Lucà. Le vergini convivevano a propriie spese ed avevano la Chiesa propria sotto il titolo di S. Giov. Battista dove l’economo celebrava messa e amministrava i sacramenti della Penitenza e della Eucarestia. Questo luogo non solamente fu rispettato dal Sovrano ma bensì con reale decreto venne dichiarato sotto la sua protezione. Verso lo scorcio del 1700 i beni furono usurpati da varie persone del luogo. Vi era pure un monte dei Pegni.
Nel 1875 esisteva una confraternita sotto il titolo di Pugliano e sciolta questa dall’Arcip. Dama nel 1912, ne istituì quella del Carmine ed il suo successore Arcip. Raschellà compilò lo statuto che venne approvato dal Vescovo Del Rio.
Titolari della parrocchia sono “ Tutti i Santi “, patrono è S. Leonardo. La Chiesa non fu consacrata né vi ha canonica. La popolazione della parrocchia ascende a 3.500abitanti. Hanno luogo durante l’anno le seguenti processioni: Pugliano, del Carmine, S. Francesco, S. Antonio. Poco lontano era la chiesa sotto il titolo di S. M. di Pugliano che apparteneva alla celebre badia sotto lo stesso titolo, le cui rendite ascendevano a 700 scudi annui ed ebbe quale Abate Commendatario il Cardinale Enrico Enriquez. Vi era inoltre il convento dei riformati, sotto il titolo di S. M. della Vittoria fondato nel 1622. Sorgeva in uno dei tre villaggi che formavano la “ terra di bianco “ detto Crocefisso, forse perché si venerava ivi la miracolosa ed antica Immagine del S. S. Crocefisso. Questo convento non patì detrimento dal terremoto del 1783 e viene diretto con somma cura da un numero di morigerati esemplari Padri che vivono di elemosina. Si rende eziandio di somma utilità per le due fere che si fanno nel piano del convento una alli 3 di Maggio per tre giorni continovi e similmente un’altra alli 14 di Settembre ove vi concorrono compratori di più luoghi della provincia. Il Principe Carafa si dice che era lui ad ordinare da una finestra del Convento l’incominciamento delle fiera. Esercitava tale diritto perché forse era stato il fondatore del Convento, come lo fu di tanti altri.
In detto convento visse quasi tutta la sua vita Padre Bonaventura da Casignana religioso di santa vita che era stato confessore della Regina di Spagna, la beata Maria Cristina ( di cui si conservano alcune lettere dirette allo stesso). Egli fu valente oratore ( un volume delle sue prediche esiste), predicò a Roma, Corfù, Venezia ed in molte città, col ricavato delle sue prediche arricchì il Convento di suppellettili preziose e di sette statue. Nel 1860 il Convento fu bruciato per rappresaglia dei bersaglieri comandati dal tenente Rossi e dal tenente Quadri i quali seguivano le peste dei 22 ufficiali e del Generale Boryers mandati dalla Spagna ad inquadrare e comandare il grosso brigantaggio di Ferdinando Mittiga da Platì. Il Padre Samuele da Siderno, al secolo Antonio Vincenzo Mercuri fu Pietro, era in quell’epoca il Guardiano del Convento ed avendo dato alloggio alle truppe spagnuole, diede motivo alla rappresaglia per cui il convento fu bruciato. Il 21 Settembre 1861 P. Samuele fu proditoriamente ucciso. Durante l’incendio è andato distrutto il celebre, antico e artistico Crocifisso che vi si venerava e si vuole che nel cadere a terra abbia lasciata l’impronta della mano del Cristo.
Vi era inoltre il Convento dei P. P. Osservanti di S. Francesco di Assisi fondato nel 1576 e soppresso nel 1789 di cui nulla resta. Di quello invece di Riformati esistono le mura, fu adibito ad uso di cimitero comunale sino a poco tempo fa, oggi chiuso per ordine del Prefetto della Provincia.

Sac. Ernesto Gliozzi, il vecchio


Testamento di Padre Bonaventura da Casignana al secolo Giuseppe Nicita

Avendo io qui sottoscritto dal mio superiore Generale nel 1827 il permesso da potermi conferire in Napoli e dimorar colà tra frati del mio ordine del convento di S. Pietro ad Aram, subito mi son conferito colà, ed ivi cominciai a far parte di quella comunità, ma non potei sanzionar nel luogo  conto per lungo tempo, perché spesso disturbato da due vizi capitali ambizione ed invidia. Col permesso del suo successore Padre Ferdinando da S. Bartolomeo ottenni e passai ad altra famiglia dei PP. Osservanti di S. Severo Maggiore ove dimorai per il corso di anni 22, ed in questa lunga dimora mi applicai nell’esercizio della santa predicazione, e cavalcai quasi tutti i pulpiti rinomati del regno non esclusi quelli di Corfù Venezia Benevento, da quali ricavai molto lucro, che applicai all’acquisto di sacri arredi, mobilia ed ornamenti di chiese, e molte statue di santi, che comperai per ornarci la chiesa del convento del Sant. Crocifisso di Bianco, ove a mie spese feci fabriche, riformai la chiesa, , ma ritenni per uso mio libri, ed arredi sacri, che per gratitudine lascio al mio pronipote Giuseppe Nicita per consegnarli al suo figlio Francesco Nicita essendosi iniziato per ascendere al Sacerdozio. Detti oggetti li lascio anche col permesso del Sommo Pontefice a me comunicato per mezzo della Sacra (…..), e per gratitudine verso lo stesso il quale per il corso di anni dodici mi mantenne in convento e fuori a sue proprie spese, e mi salvò come è noto al pubblico ed al chiesaro  da fiera persecuzione, per cui son vivo per miracolo. Così voglio, e così lascio, poiché niuno da chiesaro e di fuori, potrà domandar veruno oggetto, né libri, né calici, né camici, né pianete. A questo permesso si unisce u  fondo di vari decreti reali, i quali accordano al religioso la facoltà di disporre degli oggetti da lui acquistati e che conserva a suo uso e comodo. Lascio questa mia volontà in scritto per cautela a cui ho tutto lasciato.
Casignana oggi 23 7bre 1859
P. Bonaventura da Casignana lascio come sopra

Da un altro atto testamentario quasi identico risulta che il padre Bonaventura avesse in Platì una sorella, Elisabetta Nicita, moglie di Domenico Portulise. I quali ebbero quattro figli di cui il primo, Rocco nacque nel 1811, come risulta dal lavoro compiuto dello zio Ernesto, il giovane


3 commenti:

  1. Padre Bonaventura al secolo si chiamava Francesco Nicita nato a Casignana
    nel 1780 e morì a Casignana il 6 di aprile 1860 era figlio di Giuseppe e Caterina Micchia. Giuseppe Nicita era suo fratello medico chirurgo.

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  2. Padre Bonaventura al secolo FRANCESCO NICITA e non Giuseppe come viene erroneamente riportato era nato nel 1780 e morì il 6 aprile 1860 come risulta dal registro degli atti di morte. i suoi genitori si chiamavano Nicita Giuseppe e Micchia Caterina.

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  3. Padre Bonaventura al secolo FRANCESCO NICITA e non Giuseppe come viene erroneamente riportato era nato nel 1780 e morì il 6 aprile 1860 come risulta dal registro degli atti di morte. i suoi genitori si chiamavano Nicita Giuseppe e Micchia Caterina. Nicita Giuseppe ere il fratello che ere medico chirurgo.

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