Locri 20 maggio (1941). Carissimo Peppe
Ti scrivo queste poche righe, ma questa volta ti faccio un rimprovero. Prima tu ti lagnavi di ricevere da noi poca posta, ora questo debbo dirlo a te, ti sei dimenticato di scrivere spesso, anzi scrivi rare volte, cosa che non devi fare, perché noi siamo tutti in casa e tu pure non ricevendo così spesso notizie, non hai di che impressionarti. Invece noi ti abbiamo da lontano ed in luoghi disagiati, ed il nostro pensiero e continuamente per te, ci conforta soltanto con la notizia spesso; anzi la vorremmo tutti i giorni, invece tu non pensi, la preoccupazione che abbiamo per te. Ti prego quindi di scrivere più spesso. E poi perché nella tua ultima non parli di licenza? Noi ti aspettiamo, e bada di non partire per dove sarai destinato senza venire a casa. Come stai? Noi stiamo tutti bene anche a casa, Ieri è venuta Cata con la macchina di Pepp’Antonio, ed è ritornata ieri stesso a Platì Iola ha pure passato pochi giorni a casa ed è ritornata pure ieri con Cata. C’è qua pure Amalia. Ci ha fatto pure una visita lo zio Giuseppino, Giovedì stesso, si trovava di passaggio per Siderno. Ti ricordo ancora una volta di farti il S. precetto Pasquale, hai tempo fino all’otto giugno e la mamma non è tranquilla finché non l’assicurerai non che lo farai: ma che l’avrai fatto. Carissimo Peppe se il demonio ti tenta di trascurare i tuoi doveri da Cristiano dal primo anno che manchi di casa, poi un’altranno farai meno conto, non lasciati vincere. Tanti abbracci. La mamma ti manda la S. Benedizione.
Tua aff.ma Fina
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