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martedì 10 maggio 2011

Picnic ad Hanging Rock (reg. Peter Weir - 1975)




 Come dice il generale Corman (G. D. Spradlin) al capitano Willard ( Martin Sheen) all’inizio di Apocalypse Now di Francis Ford Coppola a proposito del colonnello Walter Kurtz (Marlon Brando), ”ogni uomo ha un suo punto di rottura, noi due l’abbiamo, Walter Kurtz ha raggiunto il suo”, io, con la morte della mamma, avevo raggiunto il mio.
 Per rinascere dovevo necessariamente tornare alle mie origini, alla mia terra, risalire il fiume (per me il Bonamico) come il capitano Willard,  tornare a Platì e immergermi negli affetti di quelli a cui volevo più bene. L’avevo lasciato quasi di nascosto in una mattina d’autunno, nel buio, salendo con papà sull’autobus che partiva alle cinque e mezzo diretto a Reggio, io destinato a Messina.
  Per arrivare al paese, da Bovalino,  il primo punto che cerco per dirmi che sto andando a Platì è Pietra Cappa. Rivedendola da subito capii che era la prima leggenda che dovevo sfatare. Se ne dicevano tante intorno a quel luogo, quello che l’ha condannata per tanti anni è stato il definirla rifugio di briganti d’apprima, nell’ottocento, e latitanti, nel novecento. I più briganti di tutti sono stati i reporters e i cameraman della televisione con quelle inquadrature dall’elicottero, ed in questo Pietra Cappa rivaleggiava con il crocifisso dello Zervò. Ma tutto passa ed alla faccia dei reporters e dei cameraman Pietra Cappa rimane ben piantata alla terra, e mi aspettava.
 Per  scoprirla ho avuto un complice che è stato anche una guida, ma anche un lasciapassare: lo zio Ernesto.
 Lo zio in quegli anni si avviava verso gli ottanta, ma quando traduceva il greco o il latino, o giocando a scopa prima di andare a tavola, ridiventava arzillo e vivace. Solo con le escursioni in giro per i dintorni del paese lo potevo staccare da quella che era diventata la sua ultima vocazione: stare davanti al computer.
 Sentendomi parlare di Pietra Cappa alzò gli occhi al cielo, storse la bocca, sbadiglò, e si sarà chiesto pure se non ero troppo sventato. Disse che doveva chiedere a Micuzzu u sacristanu per conoscere la situazione del percorso da farsi per arrivare al Monte. Io cercavo di tranquillizzarlo dicendo che i miei amici di Natile avevano dato lo sta bene e magari anche la compagnia.
 Un pomeriggio, di nascosto alla zia Amalia, per non farci dissuadere da lamentele e paure, partimmo. Io alla guida della mia Peugeot 305 station vagon e lui al mio fianco ben in vista. Fu una scoperta ed una visione per tutti e due. Colombo magari scoprì l’America, io, tardi, scoprii Pietra Cappa.
 Insieme  ritornamo altre volte portandoci anche la zia Amalia e la zia Gemma; una volta  facemmo da guida, allora fresco di nomina, al vescovo  Mons.Giancarlo Brigantini, che non perse l’occasione di avvicinare i pastori e i forestali che incontravamo; sempre tornavamo indietro spingendoci fino a San Luca per completare il giro.
 Ai miei amici di Natile però devo il giro, fatto spesse volte, vero, attorno e alla base della Pietra. In quelle occasioni mie guide e complici sono stati Michele e Pietro, ancora ragazzi, i figli di Mimmo Mezzatesta. Partivamo sempre con una merenda che metteva le ali ai piedi: pane e peperoni fritti preparatoci dalla loro energica mamma Maria.
 Ogni volta è stato un incanto, ma anche un invito a fermarsi e considerare quanto avevo perduto e quanto stavo per perdere.

 Soli Deo Gloria

A proposito di visioni, questa volta lisergiche, vi consiglio di ascoltare qualsiasi cosa vi capita per le mani dei Grateful Dead, ma forse più che altro il Live/Dead. Se vi sentite troppo vecchi allora vi consiglio i Kula Shaker (Jerry was dead).


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