Cirella di Platì, 28 marzo
Gli uomini mortificati dalla miseria di secoli
attendono che si realizzi per loro la giustizia sociale.
Raggiungere Cirella, la frazione di Platì, non
è facile, soltanto in una giornata di sereno abbiamo potuto tentare l’impresa,
infatti lasciato l’automezzo sulla sponda sinistra del Condoianni, guadati i
torrenti «Fiumara di Cirella» e «Gelsi Bianchi» si può arrancare, attraverso
una pista appena segnata, che spesso scompare per poi riapparire e si sale a
270 metri sul livello del mare, che argentato di
ulivi si scorge infinito laggiù grigio - viola, mentre agglomerati di case i
tanti paesini disseminati della dorsale dell’Aspromonte sembrano una manciata
di ciottolini.
La buona gente di Cirella, circa 2500
abitanti, ci accoglie con simpatia, esternandoci la sua gratitudine per la
decisa azione intrapresa dal nostro Giornale (l’unico quotidiano che viene
letto quivi, nei giorni in cui Z0. furia dei torrenti consente l’arrivo della
corrispondenza), in difesa del diritto dei cirellesi alla strada che li unisca
al consorzio umano e per richiamare gli uomini responsabili della rinata
democrazia italiana, che, in nome della giustizia, si sono impegnati di cancellare un
passato di vergogna, a mantenere fede al loro impegno.
Noi non
intendiamo trarre dalla miseria e dal dolore alimento onde rinfocolare odii o
farne puntelli ad un protervo proposito di sovversione, perché l’odio e il
sangue non costruiscono; ma invochiamo il bisturi risanatore, che elimini ogni
bruttura e chiediamo che venga incominciata l’opera costruttiva che redima gli
uomini mortificati dalla miseria di secoli, realizzi la giustizia sociale e
consenta alla personalità umana di prendere coscienza di se e di svilupparsi
liberamente. Bisogna visitarle le abitazioni
della gente di Cirella: mura fradice, tuguri senza luce, senza il segno di ogni
più elementare servizio igienico. Né le provvidenze destinate dal Governo per
gli alluvionati (Cirella fu uno di centri maggiormente colpiti dalle alluvioni
del 1951 e del 1953) hanno fatto sorgere linde palazzine: ma soltanto delle
baracche, che non rispondono assolutamente alle esigenze dei cirellesi, per i
motivi già evidenziati in un nostro servizio apparso nell’estate scorsa.
L’insegnante
Marzano, che tanto si prodiga per la redenzione della Frazione, loco natio di una schiera
di professionisti emeriti, i quali hanno ben meritato dalla Patria in pace e in
guerra, ci illustra il calvario della sua gente, cosparso da molte croci
purtroppo: Antonio Carbone venne travolto dai gorghi del Condoianni, che
disperatamente cercava di guadare Maria Bova una olezzante giovinezza di 22
anni stava per dare alla luce un bimbo, quando si presentò la necessità di essere
sottoposta ad intervento chirurgico. La poveretta spirò la sua anima anelante
ad una serena maternità mentre in barella per impervie rocce, per spaventosi
burroni, attraverso torrenti in piena, veniva trasportata all’irraggiungibile
ospedale di Locri; Domenico Varacalli affogò nel torrente Cirella, colto dalla
piena improvvisa; Antonio Raco, feritosi accidentalmente ad una gamba, giunse
all’ospedale dissanguato. Intanto i tecnici studiano, la Cassa del Mezzogiorno
stanzia 170 milioni; ma della strada nessuna traccia.
La popolazione si fa sui «mignani» e si urla
«la strada!» L’urlo echeggia tristamente e nell’animo di
tutti quei poveretti sorrideva, fra le angosce presenti, la speranza che,
avendo noi vista la loro miseria, ce ne saremmo fatta sui giornali, al fine di
scuotere l’indifferenza delle autorità. Povera magnifica gente di Cirella! essa
ignora tutto il complicato linguaggio burocraticonostro!
Purtroppo, amici di Cirella, il giornalista
non può redigere con due articoli di legge il rimedio opportuno. Il giornale
può - come Fausto – cogliere l’attimo fuggente; ma non può un articolo di
giornale rimediare i vostri mali. Né la strada che secondo i tecnici della
Amministrazione provinciale, doveva congiungere Cirella, doveva congiungere
Ciminà – S. Ilario – SS. 106, risolverebbe il problema e perché questa
snodandosi sulla sponda sinistra del Torrente Condoianni, allontanerebbe la
popolazione dal suo sbocco naturale ch’é la provinciale Bombile-Ardore,
capoluogo del Mandamento, di cui fa parte e perché verrebbero cosi
definitivamente tagliate fuori da ogni via di comunicazione gli abitanti delle
popolose contrade Lauro, Gioppo e Illiciuso nonché del borgo Potito di Ardore.
I tecnici obbiettano che costruire la strada
seguendo la riva destra del Condoianni implicherebbe opere di arginatura anche
a sinistra, perché la corrente infrenata da un versante eserciterebbe un’azione
di corrosione sull’altro. E con ciò? Il benessere di una popolazione può essere
precluso dalla difficoltà di procedere alla costruzione di qualche opera d’arte
(un ponte sul Vallone Palombaro, qualche ponticello dall’estensione di uno due
chilometri e delle dighe necessarie per garantire il nastro stradale da
eventuali inondazioni da acque e ondate del fiume.
Del resto la bonifica montana e valliva del
Condoianni non costituisce un problema che richiede un’urgente soluzione?
Rimboschimento, regolarizzazione del corso di acqua, costruzione di strade
rotabili, di strade vicinali e campestri, una più efficiente articolazione
della vita sociale nella campagna non sono le premesse essenziali, onde
realizzare l’auspicata conversione da uno stato di miseria a quello di
«favore»? Perciò chi si attende ad operare?
I termini del problema sono ormai chiari: la
strada si deve aprire e secondo i desideri dei cirellesi, essa deve congiungere
la frazione a Bombile, attraverso Lauro, Gioppo, Illiciuso e Potito di Ardore.
E noi lasciamo
Cirella con l'augurio di potervi ritornare per assistere alla cerimonia del
taglio del nastro tricolore - simbolo della solidarietà della Patria, che con
il sacrificio ed il lavoro dei figli avrà compiuto
questa opera di redenzione – all’imbocco della strada strumento di vita e di
prosperità per i laboriosi cirellesi. Allora si potrà da loro pretendere che
adempiano i loro doveri di uomini e di cittadini.
Ci allontaniamo: una solitudine attonita e
silenziosa ci prende, a bisdosso di un asinello, che bilancia sulla soma fasci
di frasche e sarmenti un vecchietto torna alla sua parca mensa e vedendoci ci
guarda con stupore e poi ci grida: «La Strada!»
Francesco Tedesco
GAZZETTA DEL
SUD 29 marzo 1956
Con una spinta più emotiva Francesco Tedesco si sarebbe potuto avvicinare alla scrittura vigorosa di Umberto Zanotti Bianco.