mercoledì 28 giugno 2023
giovedì 15 giugno 2023
Legami [di Pedro Almodóvar - 1990]
…
condividere la lettura di qualche decina di libri è un vincolo più forte del
sangue.
Cormac
McCarthy, The Passenger, 2022
giovedì 1 giugno 2023
The Last Face [di Sean Penn - 2016]
Che il Tuo
Sacrificio scuota le coscienze della gente giusta.
di Francesco e Grazia Caterina Catanzariti
14 agosto 1949 – 9 dicembre 1995
Con il
suo sguardo, per nulla estraneo, di interrogazione inconsapevole e assoluta, Mimmo
Fotia ci ha consegnato quello che ancora per il paese è un futuro incerto.
Quanti l’hanno conosciuto hanno pianto il suo atroce destino e non l’hanno
dimenticato.
Il testo in apertura è contenuto nel ricordino distribuito in chiesa.
lunedì 29 maggio 2023
THE FINAL VERDICT [di Jack O'Brien - 1914]
Anche i di tipi di documenti sopra riportati possono essere
drammatizzati, magari facendo ricorso a Salvatore Satta o addirittura come un silent movie alla maniera del regista in
apertura rivitalizzato. Un buon indicatore è anche il brano del Maestro riportato in chiusura. Certo a noi interessano di più i nomi e le circostanze citati
nel testo, svaniti, certo, ma sempre presenti per chi non si interessa solo ad immagini
che scorrono, e lasciano di nuovo il
tempo, virtualmente. Un aiuto viene anche da Google Maps che ci consente di
rilocalizzare i fatti nelle vie citate.
martedì 23 maggio 2023
The Silver Chalice [di Victor Saville - 1954]
L’odierna
pubblicazione la devo a Domenico Jermanò
che giovanissimo per com’è, oltre a rincorrere per mari e monti la “Regina Angelorum”,
si affanna a mantenere vive le tradizioni ecclesiastiche platiesi. Il calice,
ben più prezioso del titolo in apertura, che nella base porta incisa la dicitura Il Cav. Francesco Oliva fu Rosario alla
Madonna del Rosario – Platì Aprile 1905 è una sua scoperta. Le notizie sul donatore
sono poche: figlio del citato Rosario e della nobildonna Marianna Morabito
nacque a Platì il 29 marzo del 1852. Lasciò il Paese per stabilirsi in Gerace
dove sposò la ventunenne signorina Francesca
Serafina Maria Ferrante il 7 aprile del 1890 ed in quella cittadina visse. Lasciò
le spoglie terrene il 22 aprile del 1939 a 87 anni.
lunedì 15 maggio 2023
I COSPIRATORI [di Martin Ritt - 1970]
Pasquale Miceli
Tra le vecchie notizie concernenti il territorio di Platì viene segnalato in rosso l’anno 1848. Le cronache dell’epoca – oggi polvere all’Archivio di Stato di Reggio Calabria – riportano l’episodio dei Piani della Corona, coinvolti centinaia di braccianti, mulattieri e foresi, alcuni pagarono solo per aver espresso vicinanza ai moti, la polizia borbonica di Pasquale Miceli ne fece agnello sacrificale.
A discapito dell’immagine d’apertura, laddove lo zio Mimì, anch’egli Miceli, è con sua sorella Cristina, il volto di Pasquale Miceli mi piace immaginarlo con il cipiglio irish di Sean Connery del film in apertura. Del resto la prosa disumana di Michele Papalia ben si addice ai cospiratori, siano essi irlandesi o pratioti.
sabato 13 maggio 2023
Dalla nube alla resistenza [di Danièle Huillet & Jean-Marie Straub - 1979]
Varcando
la soglia delle 300.000 visualizzazioni queste pagine si affermano come la
prima ed unica guida enciclopedica di e su Platì. Vedo i sorrisi sarcastici di
molti ma sento anche la partecipazione dei più. A quest’ultimi come ai primi un
Grazie sentito.
mercoledì 10 maggio 2023
The Professor [di Wayne Roberts - 2018]
26 gennaio 1916 –
9 febbraio 2016
A queste brevi note aggiungiamo che con la Signora Concetta arrivarono da Oppido altri due fratelli Francesco e Antonio.
*https://iloveplati.blogspot.com/2013/10/la-recluta-reg-clint-eastwood-1990.html
https://iloveplati.blogspot.com/2016/11/partire-e-un-po-morire-reg-giacinto.html
https://iloveplati.blogspot.com/2018/02/la-strategia-della-lumaca-reg-sergio.html
domenica 30 aprile 2023
Milou a maggio [di Louis Malle - 1990] con il suono IANVA
https://iloveplati.blogspot.com/2012/05/non-solo-chiacchiere-reg-salvatore.html
https://iloveplati.blogspot.com/2012/05/primo-maggio-rosso-reg-chris-marker.html
https://iloveplati.blogspot.com/2014/02/furore-reg-john-ford-1940.html
venerdì 28 aprile 2023
Prigioniero del male [di Willis Goldbeck - 1950]
Piano dello Zillastro, 4- 8 settembre 1943
Da diverse notti dormivano all'addiaccio, sotto un’insistente pioggia che stava cadendo fitta sulle montagne, rendendo viscido il percorso sui tratturi. Dopo tre giorni di dura marcia, i paracadutisti attraversarono l’ultimo tratto che univa Platì a Oppido Mamertina, tallonati senza tregua dal Reggimento New Scotland e dal Reggimento Edmond.
Sul finire di quel terzo giorno il reparto raggiunse il Piano dello Zillastro, e bivaccò nella faggeta Matrogianni, ignari che alle loro spalle i nemici ii avevano preceduti e si erano accampati nello stesso luogo.
All'alba dell'8 settembre, al grido di incitamento del capitano Conati all'attacco Nembo, quattrocento parà italiani contro cinquemila anglo-canadesi si scontrarono senza tregua. Luigi e i suoi compagni combatterono fino all'esaurimento delle munizioni, poi la lotta si tramutò in un corpo a corpo con i nemici.
II capitano Conati cadde prigioniero nelle mani degli alleati. Tra i fanti italiani ci fu un memento di disorientamento, ma il capitano Diaz, subentrato al comando dei paracadutisti e uno dei pochi superstiti del battaglione, prese in mano la situazione e la battaglia prosegui fino all'indomani.
Tuttavia la capitolazione italiana fu definitiva. I superstiti dell’VIII battaglione si ritirarono a Platì, sede del Comando di Reggimento, dove appresero, con sgomento e incredulità, che l’Italia aveva firmato l’armistizio con gli alleati da ormai cinque giorni. Il governo italiano era passato dall'altra parte, senza che loro avessero subodorato nulla!
Luigi fu uno dei pochissimi sopravvissuti della battaglia sullo Zillastro. Ferito al braccio, da cui perdeva sangue copiosamente, aveva perso conoscenza. Una circostanza fortunata. Gli anglo-canadesi lo avevano creduto morto e l’avevano lasciato lì a sanguinare nella faggeta Mastrogianni.
Quando si riprese, il buio ammantava ogni cosa e neanche lo spicchio di luna in un cielo stellato riusciva a penetrare tra il fitto folto degli alberi. Luigi fu travolto da un dolore immane, profondo, che lacerò la sua anima. Avverti un senso di disorientamento che gli annebbiò la mente, la capacità di prendere decisioni.
Che cosa doveva fare, ora? Luigi fu conscio che d'ora in poi la sua salvezza dipendeva dalla capacità di fuggire tra quei monti ostili e non farsi catturare dai nemici.
Abbozzò un piano di fuga. Guardò su in cielo. Tra la Costellazione dell’Orsa Maggiore e Cassiopea individuò la Stella Polare. Cautamente, con il favore del buio e strisciando tra gli alberi, guardandosi continuamente alle spalle, tagliò per il Nord. Doveva raggiungere Platì.
All'alba del mattino successivo, sfinito dalla stanchezza, mentre stava percorrendo l'ultimo tratto del dorsale dell’Aspromonte, in prossimità di Platì, incrociò un contingente della 26° Divisione Panzergranedier, in ritirata verso settentrione. Credendoli amici Luigi diede le sue credenziali, ma la loro immediata reazione lo lasciò perplesso.
I tedeschi, rabbiosi e infuriati, gli puntarono contro i fucili. «Traditore.» Senti dire da uno dei soldati tedeschi, il viso contorto da un’espressione di evidente disprezzo misto a odio. Luigi trasecolò. Non aveva la minima idea di cosa parlasse quel tedesco.
Una sottile forma cli paura e terrore serpeggiò dentro cli lui. Per la prima volta nella sua vita sperimentò sulla propria pelle l’umiliazione, l’insulto, la denigrazione, ma nulla, tuttavia, a confronto cli quello che avrebbe provato negli anni a venire.
La Divisione Tedesca marciò per giorni, fino a ricongiungersi con altri contingenti verso Taranto. Da qui Luigi fu caricato su un carro bestiame, pigiato, schiacciato insieme con altri deportati italiani rastrellati in vari campi di battaglia.
Per Luigi iniziò una lunga, lenta e penosa marcia verso le terre fredde. Un calvario che durò trenta giorni, dove molti suoi connazionali persero ignominiosamente la vita per inedia. Il carro merci sostò in diverse località, anche per giorni interi. Ai deportati fu negata ogni parvenza di dignità umana, privati di cibo e acqua, senza alcuna possibilità di respirare aria fresca o di espletare i propri bisogni fisiologici.
A fine settembre la tradotta tedesca giunse nel primo campo di smistamento. Qui, nel Durchgangslagen-Dulag, il fante Luigi Colinni perse la sua identità. Fu schedato e identificato con il numero 54367. Poi i prigionieri furono fatti risalire nuovamente sui carri merci, smistati verso i campi di internamento dislocati nei territori occupati dalla Germania, Francia e Polonia.
Ai primi di ottobre Luigi giunse nello Stalag III (Kriegsgefangenfager), situato ad Alt Drewizt, quartiere periferico di Kustrin a cento chilometri da Berlino, dove gli fu riferito, non senza una nota di disprezzo, che era un IMI, acronimo di Itaiianesche Militar Internierte. Su richiesta del Fuhrer, Keitel, capo del comando supremo della Wermacht, i prigionieri italiani sarebbero stati considerati, da quel momento in poi, internati militari italiani e privati, dunque, dei diritti sanciti dalla Convenzione di Ginevra del 1929. E pure con il beneplacito di Mussolini.
Tuttavia venne offerto loro una via d'uscita. Alcuni giorni dopo il suo arrivo al campo, Luigi, insieme ad altri prigionieri, fu convocato da un certo Anfuso, ambasciatore italiano di Berlino, per conto cli Mussolini. Gli fu chiesto di arruolarsi nell’esercito della nascente Repubblica di Salò, in cambio di cibo e di uno stipendio. L'offerta era allettante.
Luigi fu tentato dalla prospettiva di poter uscire incolume da quel luogo orribile, di ritornare dalla sua Anna, la sua ancora di salvezza, terraferma stabile in cui ormeggiare la barca e tenerla lontana dalle onde trascinanti della follia e dalle brutture di quel lager. Poi il suo pensiero corse ai suoi amici cli battaglia, uccisi sul Piano dello Zillastro.
No, meglio rifiutare l’ignominia, l’infamia; meglio morire che essere disprezzato per codardia, meglio la fame, il freddo, i pidocchi, che tradire i suoi connazionali deportati insieme con lui in quello che era l'ultimo pesto dimenticato da Dio.
Il suo rifiuto gli costò le peggiori umiliazioni. Le guardie tedesche non posero limite alia crudeltà, alle perversità, alle torture. Gli appelli, le Appellplatz, del mattino e della sera erano massacranti. In piedi per ore, sotto la pioggia, le gelide sterzate del vento e la fitta neve, i prigionieri tremavano al freddo gelido. E la paura. Si insinuava nelle viscere, quando un medico tedesco decretava la fine di una vita. Guai a chi cadeva sette il brutto tiro della malattia, guai a chi si rivelava poco produttivo nel campo di lavoro, guai a chi rallentava la produzione! E allora l'essere bollato come inabile al lavoro, era una sicura condanna a morte.
Due mesi dopo Luigi fu mandate in un Arbeftskommando, nei pressi di Berlino, e utilizzato nello sgombero delle macerie degli edifici distrutti dai bombardamenti delle truppe alleate. Luigi divenne uno dei tanti invisibili sklaven di Hitler, uno stucken, une schiavo, partorito dall‘idea del machiavellico Spazt, primo Ministro degli Armamenti, che propose l’utilizzo della manodopera degli internati italiani nelle industrie belliche a costo zero. Successivamente Luigi fu trasferito in una fabbrica belligerante e costretto a lavorare dodici, quattordici ore, ininterrottamente, frustrato, dalle crudeli SS, con inaudita violenza a ogni cenno di stanchezza. E il tutto per una ridicola e offensiva carta moneta, la Kriegsgefangeneng Lagergeld, che era buona solo per uno scambio di merce inutile spendibile all’interno del campo. Lo scambio di merce inutile spendibile all’interno del campo. Le razioni del cibo, ridotte al minimo, non erano che una sporca brodaglia con qualche rimasuglio di rapa marcia.
«Tieni, falla durare almeno una settimana!» Sbraitava il sorvegliante con una grassa risata, lanciando quello che sembrava essere un tozzo di pane raffermo e ammuffito.
Era quello che i tedeschi definivano la strategia di annientamento dell’essere umano, fortemente auspicata da Hitler.
Ben presto il processo di annullamento colpi inesorabilmente e senza pietà Luigi Colinni, che diventò l’ombra di sé stesso.
Patrizia Orato, La notte dei sospetti, 2018