"Sono come un ontano del fiume, le mie radici sono fisse e profonde" Mikio Naruse, 1958
martedì 12 ottobre 2021
Notte di terrore [di Andrew L. Stone - 1955]
domenica 10 ottobre 2021
Un medico, un uomo [di Randa Haines - 1991]
“E intanto la pioggia fitta e continua pesta sul tetto ... sui vetri ... sul suolo”. Ernesto Gliozzi il vecchio
A settanta anni
da quella tragica notte tra il 17 e il 18 ottobre del 1951 non c’è stato chi
raccontasse integralmente quel dramma in un’opera letteraria, solo singole
vicende, singoli episodi legati a chi ne trattiene ancora il ricordo. A questi
ultimi si aggiunge il ricordo di quei giorni per tramite di Lisa Mittiga figlia
del dottor Giuseppino, per me, che riporto quei ricordi, zio. Il dottor Giuseppe
Epifanio Mittiga aveva 64 anni quando visse sulla sua persona il dramma di un
intero paese. Egli si laureò in Medicina e Chirurgia a Napoli nel 1912 a 25
anni. Figlio di Rocco e Caterina Fera dopo la scuola elementare a Platì fu
mandato nella città partenopea per la scuola media, successivamente si trasferì
a Gerace per compiere gli studi ginnasiali. Ritornò di nuovo a Napoli dove da
tempo risiedeva lo zio Saverio Mittiga, sacerdote e docente presso la locale Università
Teologica, autore di racconti e poesie editi nella stessa città. Presso la
Regia Università di Napoli studiò con profitto con l’illustre prof. Antonio
Cardarelli (1831 – 1927) ormai in procinto di lasciare quell’ Accademia per
raggiunti limiti d’età. Era Ufficiale Sanitario presso il Comune di Platì quando
l’alluvione si infranse sul paese. Non bisogna però pensare che quel disastro fu un fenomeno
casuale. Già da diversi giorni una fitta pioggerella cadeva incessantemente
senza che il sole apparisse, anche per pochi minuti. Alle volte si rafforzava,
alle volte diminuiva. La terra, le campagne, gli orti diventavano di giorno in
giorno impraticabili, non solo per le zappe ma anche per le scarpe e gli stivali. Molti di
quelli che abitavano in campagna cercarono rifugio presso i parenti in paese;
molti, fiduciosi rimasero nelle proprie abitazioni coloniche. La notte tra il
17 e il 18 dalla montagna verso Santa Cristina, da Arcopio e a monte di Sanello
si precipitò un torrente impetuoso che andò a colpire maggiormente la contrada
Due Valloni, il cimitero e la zona tra la fiumara Ciancio, il corso Umberto e
la via San Pasquale. Per diciannove vite la mattina del diciotto ottobre 1951
non si schiarì, centinaia erano i bisognosi di pronto soccorso. La casa del medico
Mittiga era posta all’entrata del paese. Essa con altre vicine diventò un
ospedale da campo dove il dottore ebbe modo di prestare il soccorso a chi riportò
le ferite più gravi non potendo sperare in aiuti esterni. I feriti arrivavano
adagiati sulle carriole, sulle scale fatte barelle, su lenzuola o coperte imbrattate
di sangue. Bisognò amputare o ricostruire le parti lacerate, molte teste, molte
braccia, molte gambe, molti piedi. C’era anche da soccorrere i feriti meno gravi
nelle proprie abitazioni e le partorienti, e qui il medico era assistito dalla
signora "mammina" Francesca Portolesi, moglie di don Umberto. A distanza di tempo la
figura e l’opera del dottor Giuseppino Mittiga è ricordata dai più anziani, ma specialmente per chi
lo ebbe come padre amoroso o zio affettuoso.
Hanno partecipato
Lisa Mittiga di Giuseppe e Saro Mittiga di don Agostino.
giovedì 7 ottobre 2021
mercoledì 6 ottobre 2021
Vivere ancora - Gino Paoli
VIVERE
Vivere
per non morire
sconfitto
dalle illusioni
PRIGIONIERO
Prigioniero
in una stanza
con le porte
aperte
e senza guardie.
prigioniero del
dolore
lontano dalla mamma
A Mimmo "la malinconia e il dolore
dell'assenza, in un crescendo di archi morriconiani esplosivo e straordinario".
giovedì 30 settembre 2021
Un apprezzato professionista di sicuro avvenire [di Giuseppe De Santis - 1972]
mercoledì 29 settembre 2021
Il cammino della speranza [di Pietro Germi - 1956]
«Nun avemu speranza di un avvenire megghiu. Che svago ca è mezzogiorno e ancura nun haiu assaggiatu acqua?». Danilo Dolci, Banditi a Partinico
QUANDO
A NAUFRAGARE ERANO I MIGRANTI DELLA POVERA ITALIA
La fuga dalla miseria, ieri come oggi, è la causa della morte di tanti migranti in mare, ma la storia non sembra aver sradicato i pregiudizi
di Enzo Romeo
Il
25 luglio 1956, al largo di Nantucket, l’Andrea Doria (*), ammiraglia della flotta
mercantile italiana, entrò in collisione con una motonave svedese. A bordo
c’erano persone famose, come l’attrice Betsy Drake, moglie di Cary Grant, e
poveri sconosciuti che emigravano negli Stati Uniti in cerca di fortuna.
Persero la vita 46 dei 1706 passeggeri, tra cui Concettina Zappia di Platì e i
suoi quattro figli. Andavano a New York per ricongiungersi col resto della
famiglia, che aveva lasciato anni prima l’Aspromonte per guadagnarsi il pane
dall’altra parte dell’oceano.
Nessuno
ricorda più quelle vittime. In compenso, nel commentare le stragi terroristiche
di Bruxelles, qualcuno ha paragonato Platì a Molenbeek, il quartiere da cui
provenivano alcuni degli attentatori: ’ndràngheta o jihad, il radicamento
criminale è lo stesso. Nel lontano 1890 su La Cronaca di Calabria,
un periodico che si pubblicava proprio a Platì, un articolista vicino ai
proprietari terrieri scriveva che i contadini «sono invasi dalla febbre di partire
per gli Stati Uniti d’America», non per sottrarsi alla fame ma per «l’ambizione
di guadagnare molti quattrini».
Passano
i secoli e i pregiudizi rimangono, mentre ci vorrebbe un surplus educativo. Ci
sta provando padre Masino, piemontese della Consolata, che dopo 43 anni
d’Africa fa il missionario a Platì, il Comune più commissariato d’Italia, e
mette a disposizione la sala parrocchiale per i dibattiti politici. Una
maestra, Irene Càrastro Mosino, ha raccontato nel libro Felice sera (Jaca Book) l’insegnamento nelle
“pluriclassi” dei paesi aspromontani e le parole amare che uscivano dalla bocca
degli alunni: «Domani non vengo a scuola, vado a trovare mio padre in carcere»…
La maestra, con tanta pazienza, insieme all’algebra e alla grammatica, diede
lezioni di educazione civica e di speranza.
Quella
speranza che cercava Concettina per i suoi figli inghiottiti dal mare, stesso
tragico destino di tanti piccoli migranti di oggi.
Il testo originale è qui:
https://www.credere.it/n.-20-2016/ite-missa-est-di-enzo-romeo.html
martedì 28 settembre 2021
Once Upon a Time in America [by Sergio Leone - 1984]
In questi giorni sto leggendo “Vita” di
Melania G. Mazzucco che è stato Premio Strega 2003. È un libro sull’emigrazione dalla miseria di un paese nel Lazio alla
miseria di New York. Un libro spietato e crudo, affollato di una umanità con i
suoi sentimenti e con le sue crudeltà. La differenza fra le due miserie è la
speranza insita nella seconda. È anche una rivisitazione dell’autrice delle storie di famiglia nel
periodo che il proprio nonno visse da emigrante a New York e poi a Cleveland. Nella prima parte, capitolo
“L’ostinato profumo di limone” trovo questo passaggio: “Quando, nell’archivio di Ellis
Island, consultai la lista passeggeri della nave Republic, a bordo della
quale Diamante arrivò in America, scoprii il nome delle 2200 persone che
viaggiarono con lui. Ora posso dire di conoscerli uno a uno. La nave – che
dopo la sosta a Napoli fece scalo a Gibilterra – trasportava italiani e
turchi. Ma la parola “turchi”, nel 1903, ai tempi dell’Impero Ottomano,
significava molte cose: ebrei, greci, armeni, albanesi, siriani, libanesi,
slavi, berberi. A Ellis Island sbarcò per primo Athanapos Kapnistos,
sedicenne di Creta, poi Marie Kepapas, diciannovenne di Salonicco. Quindi, in
successione, gruppi di Beirut, di Rodi, della Macedonia, di Samo, Vasto,
Fano; poi decine di ragazzi da Platí e Gioiosa Jonica, Gerace, Polistena, Scilla, Agropoli,
Nicastro, Nocera, Teramo, Castellabbate.” E qui, vedendo menzionato Platì, mi incuriosisco e vado a
controllare sul sito di Ellis Island dove trovo l’elenco dei passeggeri della
nave Republic del 1906 (e non del 1903 come dice l’autrice per sue esigenze
narrative). |
These
days I am reading "Vita" by Melania G. Mazzucco which was awarded
the 2003 Strega Prize. It
is a book on emigration from the poverty of a village in Lazio region to the poverty of New York.
A ruthless and raw book, crowded with a humanity with its feelings and its
cruelties., the difference between the two poverties being hope. It
is also a reinterpretation by the author of the family stories in the period
that her grandfather lived as an emigrant in New York and then in Cleveland. In
the first part, chapter "A persistent lemon scent", I find this
piece: "When,
in the Ellis Island archive, I consulted the passenger list of the ship
Republic, aboard which Diamante arrived in America, I discovered the names of
the 2,200 people who travelled with him. Now I can say that I know them one
by one. The ship - which after the stop in Naples made a stop in Gibraltar -
carried Italians and Turks. But the word "Turks", in 1903, at the
time of the Ottoman Empire, meant many things: Jews, Greeks, Armenians,
Albanians, Syrians, Lebanese, Slavs, Berbers. The first to land at Ellis
Island was Athanapos Kapnistos, sixteen from Crete, then Marie Kepapas,
nineteen from Thessaloniki. Then, in succession, groups from Beirut, Rhodes,
Macedonia, Samo, Vasto, Fano; then dozens of boys from Platí and Gioiosa
Jonica, Gerace, Polistena, Scilla, Agropoli, Nicastro, Nocera, Teramo,
Castellabbate. " At
the mention of Platì, I get curious and go to check the Ellis Island website
where I find the passenger list of the Republic ship from 1906 (and not from
1903 as the author says for her narrative needs). |
Provenienti da Platì e Natile, imbarcati a Napoli, sbarcano
a Ellis Island: Pasquale Rinaldo, n. 1871, 35 anni, celibe (Platì) Antonio Zappia,
n.1889, 17 anni, celibe (Platì) Antonio Callofan, n. 1882,24 anni, celibe (Natile) Pasquale Jermani (Jermanò), n. 1888,18 anni, celibe (Platì) Giuseppe Perri, n. 1865, 41 anni, celibe (Platì) Pietra (Pietro?) Stansio (Strangio?), n. 1887, 19 anni, celibe
(Natile) Michele Strangio,
n. 1877, 29 anni, sposato (Platì) Guiseppe (Giuseppe) Calabina (Calabria),
n. 1887, 19 anni, celibe(Platì) Rosario Portolese , n. 1865, 41
anni, vedovo (Platì) |
Coming
from Platì e Natile, embarked in Neaples, desembark at Ellis Island: Pasquale Rinaldo, n. 1871, 35 yrs, single (Platì) Antonio Zappia,
b.1889, 17 yrs, single (Platì) Antonio Callofan, b. 1882,24 yrs, single (Natile) Pasquale Jermani (Jermanò), b. 1888,18 yrs, single (Platì) Giuseppe Perri, b. 1865, 41 yrs, single (Platì) Pietra (Pietro?) Stansio (Strangio?), b. 1887, 19 yrs, single
(Natile) Michele Strangio,
b. 1877, 29 yrs, married (Platì) Guiseppe (Giuseppe) Calabina
(Calabria), b. 1887, 19 yrs, single(Platì) Rosario Portolese ,
b. 1865, 41 yrs, widower (Platì) |
L’autrice continua con una
riflessione sui passeggeri: “La maggior parte aveva meno di
vent’anni. I passeggeri ragazzi di quella nave – e di tutte le altri navi di
quegli anni – non corrispondono all’immagine che mi è stata tramandata. Alle
fotografie che ho visto nelle mostre e nei musei, e che si sono impresse cosí
profondamente nella mia memoria da condizionare la mia immaginazione. Figure
dolenti e incomprensibili, comunque lontane, distanti. Ho negli occhi i volti
tristi dei contadini, le loro mogli tristi, vestite di nero, i loro bambini
tristi, ho negli occhi i loro tristi fagotti, che contengono tutto il loro
niente. Forse ho negli occhi uno stereotipo. Possibile che tutti questi
ragazzi senza bagaglio – S, single, nella casella relativa allo stato
coniugale – siano partiti per non tornare? Scorro l’elenco interminabile di
quei nomi – Saverio Ricci da Brodolone, 17 anni, Aniceto Ricco da
Montefegato, 17 anni, Annibale Spasiani da Sgurgola, 16 anni, Giuseppe
Vecchio da S. Coseno, 14 anni… – e comincio a pensare che per un’intera generazione di ragazzi l’America
non fosse
una meta né un sogno. Era un luogo favoloso e insieme familiare – dove si
compiva, con il consenso degli adulti, un rito di passaggio, un rito di
iniziazione. Altre generazioni ebbero il servizio militare, la guerra in
trincea, le bande partigiane, la contestazione. I ragazzi nati negli ultimi
decenni dell’Ottocento ebbero l’America. A
quattordici, sedici, diciott’anni (qualcuno prima, qualcuno dopo), in gruppo,
con i cugini, i fratelli, gli amici, dovevano compiere la traversata – morire
– se volevano crescere, se volevano sopravvivere. Risorgere. Dovevano
affrontare l’America come i ragazzi delle tribú australiane, di Papua e della
Nuova Guinea affrontavano il mitico mostro che li inghiottiva per rivomitarli
uomini. Dovevano essere pianti, essere persi, essere considerati morti. E
dovevano tornare indietro. Solo una parte lo fece realmente: il protagonista
di molte favole iniziatiche, viaggiando, spingendosi al di là dei confini del
mondo noto finisce per trovare un regno preferibile a quello da cui è partito
– e per restarvi, cominciando un’altra vita.” |
The author continues with her considerations on passengers: “They were mostly under the age of twenty. The boy
passengers of that ship - and of all the other ships of those years - do not correspond
to the image that has been handed down to me; to the photographs that I have
seen in exhibitions and museums, and which have impressed themselves so
deeply in my memory as to influence my imagination. Painful and
incomprehensible figures, however far, distant. I have in my eyes the sad
faces of the peasants, their sad wives, dressed in black, their sad children,
I have in my eyes their sad bundles, which contain all their nothingness.
Maybe I have a stereotype in my eyes. Could it be that these guys without
baggage - S, single, in the box relating to marital status - have left never
to return? I scroll through the endless list of those names: Saverio Ricci from
Brodolone,17, Aniceto Ricco from Montefegato, 17, Annibale Spasiani from
Sgurgola,16, Giuseppe Vecchio from S. Coseno, 14 ... - and I begin to think that for
an entire generation of youths America was neither a destination nor a dream.
It was a fabulous and at the same time familiar place - where, with the
consent of the adults, a rite of passage, an initiation rite, was performed.
Other generations had military service, trench warfare, partisan bands,
protest. The boys born in the last decades of the nineteenth century had
America. At fourteen, sixteen, eighteen (some before, some later), in
a group, with cousins, brothers, friends, they had to make the crossing - die
- if they wanted to grow, if they wanted to survive. Resurrect. They had to
face America as the boys of the tribes of Australia, Papua and New Guinea
faced the mythical monster that swallowed them to revive them as men. They
had to be mourned, to be lost, to be considered dead. And they had to go
back. Only one part really did it: the protagonist of many initiatory tales,
travelling, pushing himself beyond the confines of the known world, ends up
finding a kingdom preferable to the one he started from - and staying there,
starting another life.” |
Mazzucco, Melania G. Vita (Super ET Vol. 1640) (Italian Edition) (pp.147-148). EINAUDI. Edizione del Kindle.
lunedì 27 settembre 2021
La vita risorge - Natile, gli Oliva & Platì
La Storia di Natile Nuovo scritta dal Prof. Pino Pipicella, da oggi storico ufficiale di Natile tra Vecchio e Nuovo, è un testo venuto fuori dal cuore di quei luoghi. I fatti descritti sono stati vissuti in prima persona poiché Pino Pipicella è stato primo cittadino del Comune di Careri tra il 1993 ed il 2001, per due mandati consecutivi. Dal testo vengono fuori le intime e datate connessioni con Platì.
Natile è stato annesso al
Comune di Platì per Decreto di Ferdinando II il 13 marzo 1831(1) e tale rimase fino al 1836
quando fu trasferito al Comune di Careri. Aldilà dell’appartenenza ai Comuni, tra
Natile e Platì sono sempre esistiti legami di sangue con arricchimento di DNA
per i due territori. Legami ed arricchimenti (natilotu era anche un alias) che ancora oggi continuano ad
esistere. Per verità storica bisogna aggiungere l’assoggettamento dei territori
di Natile alla potente famiglia platiese degli Oliva. Questa servitù è
antecedente al Decreto Ferdinandeo e risale ad un periodo tra la fine del XVII
secolo e l’inizio del XIX quando Domenico Oliva suddivise i beni tra i figli avuti
da Saveria Rechichi: Michele, Stefano e Arcangelo. Ad Arcangelo andarono i
terreni intorno al Molino Nuovo mentre a Michele spettarono quelli intorno all’abitato
di Natile Vecchio. Erede di questi ultimi divenne Michele Vincenzo, avvocato,
che nel 1885 sposò Elisabetta Furore. Dal matrimonio nacquero quattro figlie,
fra cui Maria Girolama, nota come a
cavalera(2) e Maria Carmela Francesca che
ereditò i terreni di Natile Vecchio. Amministratore dei terreni divenne il suo
sposo dottor Giuseppe Galatti fino agli anni 50 del secolo scorso.
I terreni Galatti-Oliva non
subirono i forti dolori che toccarono ai beni di Filippo ed Arcangelo sul
finire del 1800 quando alla morte di Francesco erede di Arcangelo divenne unico
possessore il giovane Filippo di Filippo e della contessina Luisa Ricciardi,
vissuto sempre a Napoli, poco avvezzo agli affari. Arrivato a Platì il conte
Filippo fu da subito vittima di raggiri, e per citare l’avvocato Alberto
Mercurio: “adescato dalle lusinghe di certi avidi
vampiri, che in breve tempo riuscirono a dilapidare quello che doveva essere
inesauribile patrimonio”. Di tali
raggiri il Mercurio accusò la famiglia Zappia in vari procedimenti giudiziari.(3)
Parte di tale patrimonio nel
territorio del comune di Careri che interessava il circondario di Natile fu
acquisito dal dottor Filippo Zappia e di conseguenza dai suoi eredi che si
suddivisero il Molino Nuovo e l’Angelica. Di tutto l’Impero Oliva oggi
rimangono solo documenti e ruderi che ne descrivono la capillare decadenza ed
estinzione.
(1) https://iloveplati.blogspot.com/2019/02/la-piu-bella-del-reame-di-cesare.html
(2) https://ilpaesediplati.blogspot.com/2020/05/girolama-oliva-cavalera.html
(3) https://iloveplati.blogspot.com/2021/01/rocambole-di-giuseppe-zaccaria-1919.html
sabato 25 settembre 2021
La vita risorge [di Victor Vicas - 1955]
La nascita di Natile Nuovo
Una storia del Prof. Pino Pipicella (*)
''E' una civiltà che scompare, e su di
essa non c'è dapiangere ma bisogna trarre da chi ci è
natoil maggior numero di memorie '' C. Alvaro
L' alluvione del 18 ottobre 1951 provocò nella vallata della fiumara Careri, tra Natile e Platì, circa 30 morti. L'eco della tragedia richiamò l'attenzione del governo Nazionale, guidato da Alcide De Gasperi.
Quando si diffuse la notizia che il Presidente del Consiglio dei Ministri si sarebbe recato a Platì, nella minuscola comunità natilese, sconvolta dal lutto generale provocato da 10 morti, si formò un comitato spontaneo con l'obiettivo di far conoscere al governo anche la situazione in cui si trovava l'abitato di Natile, sovrastato da una frana.
Il giorno programmato per la visita di De Gasperi a Platì, di buon mattino, un drappello di persone, formato prevalentemente da donne e bambini delle scuole elementari, guidato dal cav. Giovanni Napoli ed accompagnato dal segretario della sezione degli ex combattenti, raggiunse la SS 112 proveniente da Careri.
In attesa del transito del corteo presidenziale, i convenuti si disposero ai bordi della strada con in testa i bambini, (di cui facevo parte anch' io); lo spazio occupato era quello compreso tra la casa cantoniera e la fontana Angelica.
Il corteo era preceduto da motociclisti che si attivarono ad avvertirci di non ostacolare il transito, ma appena arrivata l'autovettura del Presidente, il portabandiera, agitando il tricolore, si accostò alla vettura che si fermò per far scendere l'illustre Statista
Una mamma, ''Brandina'', prese la parola:” L’alluvione ci portò via tutto. I dieci morti hanno provocato un lutto profondo in tutti noi. La frana che sovrasta l'abitato ci schiaccerà come sorci nella tana, dimenticati da Dio e dagli uomini.”
Questi concetti espressi con lessico approssimativo, ma con fervore appassionato e con le guance solcate dalle lacrime, colpirono profondamente il Presidente. Questi, con gesto confortevole, si rivolse prima alla donna che era intervenuta e poi a tutti i presenti con queste parole: “Da oggi non sarete più soli. Mi ricorderò di voi e il governo si farà carico dei vostri problemi.”
Le forze dell'ordine trassero un sospiro di sollievo e il corteo proseguì per Platì.
Il Presidente effettivamente non si dimenticò di Natile e dei suoi problemi.
In tempi brevi giunsero funzionari ministeriali che, assieme a quelli provinciali, effettuarono i sopralluoghi che si conclusero con il giudizio di totale trasferimento dell'abitato.
Superata questa fase, con l'emissione del relativo decreto ministeriale, ancora vigente, bisognava indicare l'area dove far sorgere il nuovo abitato.
A tal proposito c'era chi proponeva una zona vicinissima al vecchio abitato e chi preferiva una zona più ampia al di là della fiumara. Tale divisione perdurò per molti anni, tanto che quelli che si trasferivano nel nuovo centro abitato venivano definiti ''Cantuneroti'' da chi avrebbe preferito restare a Natile Vecchio.
La prima proposta era sostenuta dai cosiddetti 'Gnuri', la seconda era caldeggiata dal Cav. Napoli. Passò la seconda, anche per l'astuzia del Cav. Napoli, che presentò come Parroco di Natile il sacerdote don Antonio Sculli, allora docente presso il Seminario di Gerace, favorevole al trasferimento del paese e non don Filippo Ietto, che apparteneva alla famiglia 'Gnuri' invece contrario.
Quindi l'area indicata fu contrada Angelica nel comune di Careri lungo la SS122, esattamente dove c' era stato l'incontro con il Presidente. Proprietaria dell'aria da urbanizzare era la famiglia Zappia-Principato di Platì che possedeva una chiesetta patronale a cui era molto legata donna Chiara Principato, prodigale benefattrice. Forse non a caso la titolare della parrocchia di Natile Nuovo è S. Chiara Vergine.
I lavori per la preparazione del piano regolatore richiesero l'utilizzo della manodopera locale, pastori e i contadini diventarono manovali e muratori
La seconda fase si sviluppò con la realizzazione della chiesa, della sede municipale e degli alloggi di pronto soccorso.
Ma per procedere all' assegnazione degli stessi si presentò in tutta evidenza il problema della burocrazia e della legalità.
Anche in questo caso essenziale fu il contributo del Cav. Napoli, il quale, essendo impiegato comunale e conoscendo la situazione di ogni cittadino di Natile, riuscì a far coincidere situazioni di fatto e di diritto.
Ultimati gli alloggi popolari si passò all' assegnazione, per sorteggio, del terreno sui cui costruire l'abitazione distrutta a Natile Vecchio con i fondi dello Stato.
Un discreto numero di cittadini ottenne l'assegnazione ma non ricevette mai il contributo statale per la ricostruzione: probabilmente a causa della generosità del reperimento degli aventi diritto.
Per qualche anno ancora le ditte che si erano aggiudicati gli appalti garantirono il lavoro per alcuni cittadini, mentre gli altri presero la via dell'emigrazione prima per Milano e Torino e successivamente per la Francia e la Germania.
Intanto a Natile Vecchio continuarono a vivere non solo le famiglie che non avevano ottenuto il contributo, ma anche coloro che cedettero l'abitazione realizzata a Natile Nuovo ai propri figli appena sposati. I terreni agricoli che appartenevano all' 80 % al latifondista Galatti, fin da quando Natile e Platì costituivano un unico Comune, furono frazionati e acquistati dai natilesi che cercarono ulteriori spazi estendendosi oltre il comune di Careri, Benestare ed Ardore.
Alla luce di questa situazione l'Amministrazione Comunale di Careri ''1997-2001'' , approssimandosi il cinquantesimo anniversario del tragico evento alluvionale, decise di ricordare il sacrificio dei dieci morti dedicando un monumento ai caduti dell' alluvione .
Nello stesso tempo conferiva al prof Antonino Ietto, ordinario di geologia presso l'Università della Calabria, l'incarico di ''studio geologico e tematiche affini per quanto occorrente ad una redazione di PRG, con particolare interesse alla verifica di una conferma o meno al trasferimento del nucleo urbano di Natile Vecchio'' .
Tale studio geologico è stato consegnato al comune di Careri in data 10/11/2002.
Da questa data si sono susseguite tre Amministrazioni comunali e due Commissariamenti a seguito dello scioglimento per mafia.
Ma nessuno ha dato seguito alle sagge indicazioni dell'illustre geologo in merito alle emergenze relative ai tre centri abitati del Comune.
Tanto meno è stato tenuto in considerazione il parere favorevole ad un decreto di consolidamento del prof. Ietto in sostituzione del decreto del 1951 che aveva determinato il totale trasferimento per l'abitato di Natile Vecchio.
Edizione a cura di Rosalba Perri