Il 15 settembre è venuto a mancare Mimmo Marando Per ricordarlo non c'è modo migliore che rieditare quanto pubblicato in queste pagine il 18 gennaio 217. I sogni di Mimmo voleranno al vento con le sue ceneri? La nota che seguiva è più che mai presente. A Mimmo Marando,, che quest'anno aveva compiuto i 70 anni, ed alla sua rivista PLATI' queste pagine devono moltissimo.
Un campo sportivo che non fu mai costruito
A Platì, nel cuore dell'Aspromonte,
i ragazzi aspettano da anni
un posto dove fare sport,
ma, in una realtà sociale irta di difficoltà,
questo viene ritenuto ancora
un problema di importanza minore
Valerio Giacoia
«U faciti?››. Nella lingua del posto significa: «lo fate?››. I ragazzi sono in un primo momento timidi, nessuno - forse - è mai venuto da queste parti a chiedere loro che cosa vogliono, cosa fanno. Vinta la paura, siamo circondati. In un baleno ci avvolgono, gli occhi intelligenti, tutti in coro a chiederci se e quando possiamo costruire il campo di calcio. Cosa rispondere? Non siamo noi, spieghiamo mortificati, a doverlo fare. Noi vogliamo capire cosa succede; qui non è mai esistito un impianto sportivo, uno spazio dove giocare a pallone è considerato un miraggio.Siamo a Plati, paesino situato nel mezzo, tra il leggendario Aspromonte, conosciuto ai più solo come rifugio e terra di briganti, prigione di sequestrati, e il mare dello Jonio calabrese, quello dei bronzi, dello stesso colore che narrava Omero. La zona, in provincia di Reggio Calabria, è proprio quella che batterono i figli di Zeus dall'ottavo secolo avanti Cristo in poi.
Tutto qui rimanda alla Magna Grecia: l'aria che si respira, il mare, i resti dei santuari e, soprattutto, l'ospitalità della gente. Come allora, pur sconosciuto, l'ospite è sacro. Ci accolgono, per loro è un giorno di festa. Per arrivare a Plati, dal nord, abbiamo attraversato, lungo la statale ionica, tanti paesi e grossi centri, simili tra loro e uniti dallo stesso destino: quello riservato, ai luoghi del sud, quello veramente profondo. Nessuno può negare che qui lo Stato è per certi versi troppo lontano. Chi viene da queste parti per la prima volta non può fare a meno di restare affascinato e al tempo stesso sconcertato. Lungo la costa, mossi appena dal vento, gli agali; stanno lì a osservare il mare e le spiagge, solitarie le lunghissime. Sull'asfalto della statale, invece, ogni due passi un posto di blocco dei carabinieri. Si resta allibiti per la quantità. E segno che le cose non'vanno spesso per il verso giusto. Quando chiediamo il perché, nessuno ci sa rispondere. Loro sono abituati.
Passiamo da Riace, città dei bronzi melanconicamente dimenticati, arrivando in pieno sole a Bovalino, sul mare. A una quindicina di chilometri verso l'interno c'è Platì. A Bovalino ci attende Domenico Marando, avvocato, che ci guiderà su per quella che lui chiama «una buona strada».
Verifichiamo di persona ciò che ci aveva raccontato al telefono: a Platì non c'è nulla. Oltre alle case, spesso ancora grezze, neanche una piazza che possa così chiamarsi. Nelle stradine del paese si sta in gruppi; parlano e gesticolano i vecchi, sulla testa il cappello, e i ragazzi in giro oppure al bar. Qualcuno lo incontreremo sull'Aspromonte, a guardare le capre, in solitudine. Altri, chi ha la macchina, fuggono a Bovalino; lì trovano la vita, le ragazze. Non esistono ulteriori occupazioni. Molti, ad esempio, non sono mai andati al cinema e l'edicola più vicina e situata fuori dal paese, non si sa bene dove.
L'avvocato Marando scrisse alla nostra rivista qualche anno fa, denunciando queste e altre cose. I ragazzi di Platì non hanno nemmeno un posto dove andare a giocare. Una breve indagine e scopriamo che è proprio vero. Un campo di calcio non è mai esistito. Una palestra, poi, è fantascienza. Perche? «Trenta anni fa - dice un ex assessore allo sport - ricordo che a Platì c'erano addirittura due squadre di calcio. Una specie di Guelfi e Ghibellini, in continua rivalità ovviamente sportiva. II calcio e lo sport rappresentavano tanto per noi. Poi è venuta I'alluvione, nel '51, e ha portato via tutto. Avevamo il campo, ora i ragazzi sono costretti a giocare per le strade, le donne gli urlano dietro perché rompono i vetri. Intanto cosa si può fare? Se gli togli anche il pallone, che fanno?››.
L'avvocato Marando va oltre. Lui fondò - qualche tempo prima di scrivere a Sportgiovane - un gruppo denominato «Alfa››, che riuniva un buon numero di giovani; aveva coinvolto quasi tutti. Marando ebbe un'idea coraggiosa; tra mille difficoltà, infatti, tentò pian piano di far capire ai propri concittadini che i ragazzi di Platì non potevano continuare a restare fuori dal mondo. Al Gruppo Alfa ci si batteva anche per il campo sportivo. Domenico Marando, pur in totale solitudine e con seri problemi fisici (fu colpito dalla poliomelite a 18 mesi), non si diede per vinto, almeno per un po'. Condusse e vinse la battaglia per l'installazione del ripetitore RAI. «Naturalmente nessun elogio, nessun umano riconoscimento», come si legge nella lettera inviata alla nostra rivista il 30 luglio 1982.
«Io penso però che è sempre meglio un po' di bene - continua - anche se si ha la certezza di essere mal ripagati, piuttosto che non fare niente e attendere che facciano gli altri. In questa direzione, secondo quest'ordine di idee si sta muovendo il Gruppo Alfa... Ora vogliamo intraprendere la lotta per il campo sportivo e pertanto chiediamo a Sportgiovane di appoggiare la nostra iniziativa. Questa deve essere la risposta civile a quella gente matura-immatura che sa solo protestare quando vede i ragazzi per strada che tirano quattro calci al pallone. A Platì è necessario il campo sportivo››.
Noi rispondemmo, promettendo di occuparci del «caso» Platì non appena possibile. E passato del tempo.
Abbiamo volutamente lasciato trascorrere degli anni, per vedere cosa ne sarebbe stato del campo sportivo, del paese, dei ragazzi del Gruppo Alfa. Ora siamo qui, abbiamo conosciuto l'avvocato che scrisse tanto appassionatamente quella lettera. Senza dubbio un avvocato povero. Abita con i suoi, una casa modesta, uno studio che per nulla ricorda gli studi ai quali siamo abituati.
«Non guadagno, facendo tutte le somme, neanche un milione al mese - dice, col sorriso sulle labbra - ma non mi lamento troppo. E poi, cosa devo farne...››.
Marando non nasconde il fatto di non essere ricco, come lo sono altri colleghi. Per lui è motivo di orgoglio non lamentarsi, accettando quello che la vita ha potuto offrirgli.
«Le cause non ci sono - ci spiega - e quelle poche che ci sono magari non me le assegnano. Poi, per certi versi, sono anche un personaggio scomodo, perché dico e faccio quello che penso, nella mia condizione di handicappato››.
E la «causa» del Gruppo Alfa e del campo sportivo?
«Vede, uno non può annullarsi completamente per gli altri, specialmente se ti accorgi che, in fondo, stai lottando da solo e sei anche criticato ››.
Queste parole ci lasciano un po' sorpresi, ma capiamo perfettamente. Domenico Marando ha fatto ciò che ha potuto. ll Gruppo Alfa non esiste più. La biblioteca, la cineteca, il campo sportivo, tutti sogni nel cassetto di un uomo coraggioso, onesto, estremamente altruista, ma troppo solo.
«l ragazzi cominciavano a seguirmi - racconta sconsolato e quasi scusandosi con noi per non avere avuto la possibilità di accoglierci in una Platì diversa - mi accorgevo che si interessavano alle attività che gli roponevo. Avevo costruito piano piano una piccola biblioteca, con volumi che richiedevo direttamente alle case editrici, pregando di inviarceli gratuitamente. Spesso riunivo i ragazzi per la visione di un film, di un documentario, poi ognuno doveva dire la sua; ci raccoglievamo per fare lo sport. Cercavo di spiegare loro che stando assieme, iocando, anche con un po' di agonismo, potevamo lasciare fuori dalla porta I mali che affliggono tanti giovani. Lo sport può fare grandi cose per ragazzi di un paese che potrebbe coinvolgerli in tutt'altri affari››.
Quali? Platì appartiene a una delle province più turbolente d'ltalia. Mario La Cava, scrittore e giornalista, scriveva il 19 febbraio del 1986 sul Corriere della Sera: «...Bisogna ricordare che Platì non fu mai un paese di agnellini: la sottigliezza, sfociante a volte nella furfanteria, era proverbiale nei paesi della Locride...››. L'articolo si intitolava «L 'antico cuore perduto di Platì››. Un ex cittadina modello, così la ricordano Marando e gli amici, famosa per l'artigianato e per la laboriosità dei suoi abitanti. L'alluvione del 1951 portò via tutto, lasciando Platì senza forze. Da allora, come dicono, il declino.
Ma un figlio di quel «cuore» ora «perduto››, Domenico Marando, aveva cercato di cambiare le cose, che non andavano e non vanno bene non solo per colpa di calamità naturali, ma per la difficile mentalità dei più. «A un certo punto mi sono accorto che era inutile - prosegue l'avvocato - i risultati erano scarsissimi, e i ragazzi erano anche ostacolati dalle famiglie. Il campo sportivo che tanto avevamo sognato non fu mai costruito. Ero stanco e afflitto, così decisi di mollare tutto e pensare di guadagnare qualche soldo per me››.
- Perché al tempo del Gruppo Alfa si rivolse a noi?
Qui Marando ci dà una risposta che lascia intendere molte cose:
«Questo non è un paese dove lo sport non si può fare perché non esistono impianti, nemmeno un campo di calcio, anche piccolo; qualcuno pensa di fare qualcosa per la sua gente, affinché i giovani restino lontani dal male che ci circonda, ma non ci riesce. Per questo mi rivolsi a voi, a una rivista che tratta anche di questi problemi, al Coni. Credevo di rivolgermi al Padreterno››.
«Sono d'accordo che lo sport sia una cosa importante per i nostri ragazzi - ribatte il Sindaco di Platì, Natale Marando, parente dell'avvocato - ma qui mancavano ' strutture primarie, come luce, acqua e strade. Abbiamo dovuto pensare prima a queste cose ››.
ll progetto per un campo sportivo è stato fatto, presentato e - a quanto dice l'ingegner Gelonesi di Bovalino- approvato dalle autorità competenti:
«Credo che Platì avrà al più presto il suo campo ››, dice pieno di ottimismo. Il Sindaco è dello stesso parere, ma ci tiene a ribadire che qui mancano «certezze sociali» più importanti.
Domenico Marando, invece non ci crede: «Sono completamente pessimista, ma con immenso dispiacere».
NotaDei giornali nazionali, tra tutti gli inviati (qui invitato) Valerio Giacoia è stato il più onesto, illuminato, sia per il motivo di base dell’investigazione (un campo di calcio) sia per chi in paese, novello Virgilio, lo aveva accolto e guidato: Mimmo Marando. Oggi questa riedizione vuole essere un omaggio a quest’ultimo ed in particolare un’esortazione agli amici pulinaroti affinché dal rintracciato fallimento di un’esperienza traggano motivo per un coinvolgimento che escluda qualsiasi perdita d’animo come di intenti, per portare avanti gli obiettivi prefissati in statuto, sfidando chi questo esperimento di ribaltare le sorti del paese pensa che non durerà.
Per tornare a Valerio Giacoia ed alla testata che lo aveva incaricato, Sportgiovane, importante è l’analisi fuori dal coro, di quei tempi andati e di quelli contemporanei, che questi fa delle condizioni, chiamiamole morali, in cui si trovava il paese, analizzate senza nessun pregiudizio come presupposto mediatico che portasse ad additare un territorio ed una comunità come dei farabutti, compresa la guida spirituale, che vi ricordo, in quel tempo, per usare un’espressione rituale, era lo zio Ernesto il giovane.
Nella foto i ragazzi del Gruppo Alfa con Mimmo Marando alla sinistra e lo zio Ernesto in centro.