Lo zio Pepè aveva un ottimo rapporto con i gallinacei e i pollacei: Silvana Trimboli proprio ora mi ha riferito che sua madre ricordava di un pollo (o gallina) tolto dalla strada dove solitario vagava e da lei cucinato e servito in una tavolata dove erano presenti suo marito 'Ntoni u parlinu, il professore De Marco, Ninì Gelonesi e ovvio lo zio Pepè. Occupavano la bottega del vino di 'Ntoni per cui il vino fu reclamato in abbondanza.
In apertura: Ciccillo, Pina, Ernesto e due Lambrette. In realtà, nella foto, lo zio Ciccillo faceva finta di portarla.
Arrivando sull'altipiano dello Zillastro, dopo aver percorso la strada statale 112 d’Aspromonte, si prova la stessa emozione che colpisce chi visita per la prima volta la Valle dei Templi di Agrigento. Il “casello” che vedete nella foto di Nicola Barbaro, concorre a questa sensazione.
Non è che un rudere, per giunta di umili ascendenze; è solo ciò che resta di una “casa cantoniera”, e si presentava così fin dai lontani anni Quaranta. Esso, tuttavia, conserva, senza ostentarla, una sua misteriosa bellezza, forse conferita gli dalla maestà, direi quasi dalla divinità, del paesaggio circostante.
Era proprio com'è adesso, il “casello”, anche l'otto settembre del 1943, quando davanti alle sue mura sbrecciate, alle occhiaie vuote dei suoi finestroni, si consumò un'inutile tragedia, l'inutile olocausto di tante giovani vite. Il secondo conflitto mondiale volgeva al termine. Tentiamo di ricostruire brevemente gli avvenimenti di quella terribile estate del 1943:
- il 3 agosto, il maresciallo Badoglio avviava trattative segrete con gli Alleati per un armistizio, e il successivo 14 agosto il suo governo dichiarava Roma “città aperta”;
- il 19 agosto il generale Castellano riceveva il testo dell'armistizio, predisposto dal comandante in capo delle forze alleate nel mediterraneo, il generale Eisenhower;
- il 31 agosto il generale Castellano proponeva agli alleati di stanza in Sicilia, di sbarcare sul continente prima dell'annuncio dell'armistizio;
-il 3 settembre, a Cassibile, in provincia di Siracusa, il governo Badoglio firmava l'armistizio, impegnando tra l'altro l'Italia a non ostacolare l’avanzata degli Alleati sul territorio nazionale;
- solo il successivo 8 settembre l'annuncio dell'armistizio veniva dato via radio a tutti gli italiani, provocando lo sbandamento di gran parte delle nostre forze militari.
Ma proprio all’alba di quel giorno si svolse sullo Zillastro una violenta battaglia tra i quattrocento uomini dell'ottavo battaglione paracadutisti del 185° reggimento (Divisione Nembo) e i quattromila soldati canadesi dei reggimenti “Edmonton” e “Nuova Scozia”. La battaglia durò dall'alba alle nove circa del mattino.
Fu un massacro.
Un cippo ed una lapide marmorea poste sul luogo della battaglia dopo mezzo secolo, ricordano laconicamente l'episodio, sottolineano il valore dei nostri soldati.
Ne riproduciamo qui sotto le immagini, riprese da Nicola Barbaro:
Quanti
furono i caduti, dell'una e dell'altra parte? Non lo sappiamo: di quei lontani
giorni, e degli anni oscuri che seguirono, la Storia non ha ancora certezze.
Per
ora, solo il silenzio dell'altipiano stende un velo di pietà sugli anonimi sepolcri.
Michele Fera
PLATÌ, nov. 1996
A FORGOTTEN TRAGEDY
After a drive on Aspromonte Road
112, you will arrive at a Plateau named Zillastro and you will feel the same
striking emotion as when visiting for the first time Agrigento’s Temple Valley.
The “tollbooth” you can see in Nicola Barbaro’s photo adds to the feeling.
It is just a ruin of humble origins,
the remains of a roadhouse, and it has been in the same condition since the
40s. Yet, it maintains, without flaunting it, an enigmatic beauty, maybe a
reflection of the majesty, one would dare say divinity, of the surroundings.
The “tollbooth” was in the same
conditions also on 8 September 1943, when in front of its cracked walls, of its
empty “eye socket” windows, an absurd tragedy took place causing the loss of
many young lives.
WW2 was drawing to a close. The
following is a brief sequence of events of Summer 1943.
- 3rd of August: General
Badoglio started secret negotiations with the Allies for an armistice. On 14th
of August, the Government declares Rome “open city”.
- 19th August: General
Castellano receives the text of armistice drawn by General Eisenhower,
Commander in Chief of Allied Forces in the Mediterranean;
- 31st August: General
Castellano suggests the Allies stationed in Sicily disembark on mainland before
Armistice is proclaimed;
- 3rd September: in
Cassibile, province of Syracuse, Government led by Badoglio signs Armistice and
committs Italy to avoid hindering the Advance of Allies on national territory;
- 8th September: only on
this date Armistice is proclaimed to the Country via radio causing a total
confusion and scattering among our military forces.
It is just at dawn of the same day
that a fierce battle erupted between four hundred men from 8th
paratroopers battalion belonging to 185th regiment (Nembo Division)
on one side and four thousand Canadian soldiers belonging to regiments
“Edmonton” and “Nova Scotia” on the opposite side. The battle lasted from dawn
to about 9 a.m.
It was bloodshed.
A memorial stone and a marble slab
have been placed on the battle ground in terse memory of the event and the
bravery of our soldiers.
You can find below the pictures by
Nicola Barbaro:
How many casualties on both sides?
We do not know: History has not sure facts yet related to those far days nor of
the dark years that followed.
Only the silence of the Plateau,
now, lays a veil of pity on the nameless graves.
Michele Fera
PLATÌ, November 1996
Il testo di Michele Fera apparve per la prima volta sulla rivista PLATI' di Mimmo Marando edizione novembre 1996. Le foto sono di Nicola Barbaro. La traduzione di Rosalba Perri.
L’Associazione
Santa Pulinara riunita virtualmente
in sessione straordinaria ha deciso per l’anno 2020 una edizione speciale del Premio Letterario
“Ernesto Gliozzi” conferendolo a Silvana Trimboli per la sua poesia La vita al tempo del Corona.
Motivazione:
Per aver saputo coniugare i richiami più tipicamente
religiosi, sia come accenti che come temi, all’incubo che tutto satura in
questo periodo. Come un antico cantore, ella ha dato alla poesia un ritmo
incalzante nei primi tre versi che rallenta nel quarto a sottolineare il rapido
espandersi di un’epidemia ed il suo ristagno successivo. Inoltre registrando la
poesia con la propria voce ha infuso quell’accento accorato, quello spessore e
quel calore che riconosciamo nelle voci di molte donne dei nostri paesi.
Silvana, la prima a destra. La più grande Franca, vicino a lei Maria. Al centro Saro (sinistra) e Pasqualino. In braccio a Franca il piccolo Antonio Loreto, nato dopo la morte del padre infatti si chiamava come lui.
-Lentini Giuseppe di Domenico Antonio di Alessandro, il
25.9.1848, in loco dicto licivota, tempore nocturno a fure Dominico Musolino
vulneratus est gladio et ideo in domo sororis suae, post trium Sacramentorum
susceptionem, animam Deo reddidit "Nel luogo
chiamato licivota di notte fu ferito con una spada dal ladro Domenico Musolino
e quindi rese l'anima a Dio nella dimora di sua sorella, dopo l'assunzione dei
tre Sacramenti"(Mo 25.9.1848).
-Lentini Giovanna di Dom. (Mo.13.8.1827) civitatis Oppidi.
-Lentini d. Pasquale (Mo 4.11.1824) sacerdote - vicario
foraneo.
-Trimboli d. Domenico (Mo.11.9.1829) arciprete di Cirella.
-Brizzi Maria (Mo.16.2.1849) da Ardore - vedova di Romeo
Domenico francisi
-Pezzano Maria (Mo.3.12.1849) da Ardore-vedova di Sergi
Carlo careja
-Fera m° Michele (Mo.29.7.1851) vir mf Nirta Candida, padre
dell' Arciprete di Polsid. Domenico
Fera.
-Fera d. Domenico (Mo 2.7.1856) arciprete rettore del Ven.
Santuario di Polsi, morto a 65 anni c., optimus sacerdos, egregius sator, verus
amicus, correptus podagra prope cor, et patientissime toleratis acerbissimis doloribus
per septem menses, praebens firma argumenta virtutis verae "Ottimo
sacerdote, notevole autore, vero amico, il cuore logorato dalla gotta e, sopportati
terribili dolori con grandissima pazienza per sette mesi, offrendo solide
testimonianze di autentica virtù". LIBRO DEI MORTI VOL. V°
Nota: Oscura e dispersa nel tempo e nella memoria il loco dicto licivota.
La traduzione dal latino la devo ancora una volta alla infinita cortesia della professoressa Gina Misdaris, già docente di Lettere Classiche al Liceo classico "Stellini" di Udine.
Next to me is Bobi
Jewell ... mother of Richard Jewell.
By some savage twist
of fate, Richard Jewell has been wrongfully and falsely accused of murder and
mayhem.
Her son's accusers are
two of the most powerful forces in the world today.
The United States
government and the media.
For the past four
weeks, these horrific forces have combined to make her daily existence a living
hell.
As I speak, they
continue to crush the very life out of her and her only son.
I introduce Barbara
Jewell, the 113th victim of the Centennial bombing.
La persona accanto a me è Bobi Jewell, la madre di Richard Jewell.
Per un crudele scherzo del destino, Richard Jewell è stato ingiustamente
accusato di omicidio e lesioni aggravate.
Ad accusare suo figlio sono le due forze più potenti nel mondo di oggi.
Il governo degli Stati Uniti e i media.
Nelle ultime quattro settimane, queste terribili forze hanno reso la
sua vita quotidiana un vero inferno.
Mentre vi parlo, continuano ad annientare la sua esistenza...
E quella del suo unico figlio.
Vi lascio a Barbara Jewell...
La 113esima vittima di Centennial Park.
Clint Eastwood, Richard Jewell, 2019
Oggi senza motivo apparente (forse) mi sono lasciato andare,
con una dose minima di visionaria visione, in uno scambio di parti: qui
leggerete del fil(e)m che doveva essere nel suo sito fratello e viceversa qui
la pubblicazione originaria per questa pagina. Volevo solo colpire al cuore, come direbbe Bettina Cugina.
Oggi inizia quello che prima dell’avvento dell’Olivastro era definito
il mese Mariano. All’asilo sotto il vigile sguardo della Madre Maestra Armida, i
bambini cominciavano a fare i primi colorati fioretti, che appesi all’albero sarebbero stati sacrificati in
onore della Sposa del falegname Pepé e Madre del Cristo risorto. Tutto finito, il tempo sprecato, la festa dei lavoratori cassata! La Madre
Maestra Armida ci guarda dal Cielo e le sue consorelle rimosse sulle pagine di
faccebuck. Con questa pubblicazione terminano anche i virtuali festeggiamenti
per i cento anni dello zio Pepè e la data non è casuale perché oggi è il
compleanno della sua sposa Annina, ultima erede insieme a Tota e Carletto di
quella che fu la nobile famiglia dell’avvocato Lentini "machini e mulini".
“Ti chiedo però di parlare, scriverete tornare in mezzo a noi calabresi. Scusa se la mia parola non è facile: sono un operaio”.
Ulisse – Crotone "Un giudizio netto,interamente indignato". Pier Paolo Pasolini
Pasolini e la Calabria [e Corrado Alvaro]
di Gaetanina Sicari Ruffo
Il giudizio di Pier Paolo Pasolini contenuto nel libro Le belle Bandiere - Editori Riuniti,
1991 – appare un po’ datato, ma essenziale e denso di significato, di forte e
chiara denunzia oltre che veritiero. In effetti si riferisce al 1960, anno in
cui Pasolini fece un viaggio nella regione e ricevette anche il rifiuto di
parlare in un Circolo di Reggio in Calabria che l’aveva prima invitato.
Lo scrittore risponde ad un lettore che gli chiedeva dei suoi rapporti
con la Calabria: “Tra tutte le regioni
italiane, la Calabria è forse la più povera: povera di ogni cosa: anche, in
fondo, di bellezze naturali. Per duemila anni è stata sottogovernata: ma
sottogovernata ancora peggio che la Sicilia o il Napoletano, o le Puglie, che,
in molti periodi storici sono state delle vere piccole nazioni, dei centri di
civiltà, in cui i dominatori risiedevano, almeno, ed avevano rapporti diretti
con la popolazione: gli Arabi in Sicilia, i Normanni in Puglia ecc. La Calabria
è stata sempre periferica, e quindi, oltre che bestialmente sfruttata, anche
abbandonata. Da questa vicenda storica millenaria non può che risultare una
popolazione molto complessa, o per dir meglio, con linguaggio tecnico,
«complessata››. Un millenario complesso di inferiorità, una millenaria angoscia
pesa nelle anime dei calabresi, ossessionate dalla necessità, dall'abbandono,
dalla miseria.
Nel popolo questi «complessi»
psicologici di carattere storico, possono dare, nei casi estremi, i risultati
più opposti: la più grande bontà - una bontà quasi angelica - e una furia
disperata e sanguinaria (la cronaca purtroppo ne parla ogni giorno). Una
popolazione esteriormente umile, depressa, internamente drammatica.
Tu forse sai che i «complessi››
psicologici impediscono uno sviluppo normale della personalità: così i calabresi
sono molto infantili e ingenui - e questo è del resto il loro grande fascino,
la loro più bella virtù. E quel tanto di contorto che c'è in loro è, in fondo,
infantilmente semplice.”
Fermiamoci a considerare questa prima parte del suo giudizio che in
generale riguarda il tracciato identificativo e storico della popolazione e
della terra calabrese all’epoca.
Potrebbe sorprendere l'espressione dello scrittore sul fatto che la
Calabria sia povera di bellezze naturali. Penso che intendesse che le sue bellezze,
innegabili per altro, fossero trascurare: discariche a cielo aperto, vie di
comunicazione precarie, scarsa cura del territorio, nessuna strategia per
rilanciare il turismo. Oggi dovremmo aggiungere pure il giallo dei rifiuti tossici, versati in alcune
località costiere e montane. Non è un delitto che pesa, a carico di chi
amministra, non certo della natura che non e stata generosamente protetta?
È una verità bensì che nell’aspetto dei luoghi resti la traccia profonda
di tanti secoli di abbandono e di malgogoverno. E’ una traccia che dura pure
nelle menti e ne condiziona i comportamenti.
In questo Pasolini rivela d’essere attento conoscitore dei moti d’animo
popolari anche quado parla del carattere dei calabresi che sono egli dice in
fondo molto infantili ed ingenui e quel
tanto di contorto che è in loro è in fondo infantilmente semplice. Ma
creduto ancora in questa semplicità se solo avesse potuto conoscere i numerosi
delitti delle famiglie di 'ndranghetista e la rovinosa diffusione del malaffare
in mezzo mondo? Non credo si possa parlare di fascino della semplicità della
gente Calabra che o era una favola malcelata o s’è definitivamente persa.
S’è detto tante volte da voci diverse dell’immobilismo meridionale, del
senso di stanchezza che sembra opprimere le popolazioni. Su queste componenti
egli ha una sua diagnosi: l’abitudine ad essere dominati ed asserviti ai tanti
dominatori che si sono susseguiti nel passato non ha certo creato stimoli ed
incoraggiato la ripresa in senso dinamico. E’ vero, ma questo retaggio non si
cancella mai? La natura spontanea o acquisita non può essere corretta e
modificata? Verrebbe da rispondere: sì, con la cultura. Ma questa non è una voce vincente e preponderante.
L'unico autore calabrese menzionato è Alvaro che tuttavia serve solo a
confermare l’arretratezza degli abitanti. Pasolini aggiunge: “La borghesia Calabrese, come tu sai, è di
formazione molto recente. Corrado Alvaro dice addirittura, con una boutade che
contiene però molta verità, che essa è nata in quest'ultima guerra, con la
«borsa nera››. E una borghesia recentissima, dunque, e quantitativamente
scarsa. Le forme più moderne di questa borghesia, mi pare si riscontrino a
Crotone: nelle altre grosse città calabresi, la borghesia è forse la peggiore
d'Italia: appunto perché in essa c'è un fondo di disperazione che la
irrigidisce, la mantiene, come per autodifesa, arroccata su posizioni
dolorosamente antidemocratiche, convenzionali, servili. Non è possibilista,
scettica, elastica come in altre regioni del Meridione, dove ciò che la salva,
è proprio la sua corruzione, cioè la sua antica esperienza. In Calabria,
ripeto, è rigida, moralistica: e perciò faziosa.
Sarà forse un caso, ma tutti i
giovani che ho incontrato casualmente o che mi sono stati presentati in Calabria
sono fascisti: dico, naturalmente, gli adolescenti di classe borghese. Questo
mi ha costernato. È un problema, quindi, che passo ai dirigenti politici: esso
mi sembra realmente grave, e da affrontarsi risolutamente. Da tutto quello che
ho detto qui sopra può risultare, infatti, storicamente chiaro che la borghesia
calabrese tende agli estremismi di destra.
Naturalmente c'è il Crotonese che
fa eccezione. Ed è per questo - per questa possibilità, per questa speranza che
il Crotonese autorizza ad avere - che io continuo ad appassionarmi a questo
problema, come se fosse mio, e non perderò certo mai occasione per parlarne: e
dire - sia essa gradevole
o no - quella che a me sembra la
verità.”
I problemi suggeriti da questa seconda parte di considerazioni di Pasolini
riguardano la borghesia, una classe che a sud ha attirato su di sé
prevalentemente le colpe del degrado e dell’arretratezza, non essendo riuscita,
dopo l’Unità, a rivelare autonomia e slancio di iniziative. Si e invece
vincolata con la prestazione dei voti, pur di essere privilegiata, ai gruppi parlamentari
che la sostenevano di volta in volta, senza avere a cuore i veri interessi dei
cittadini. Tutti sanno che l'annosa questione meridionale è cominciata da qui e
inutili sono stati i suggerimenti dei vari economisti e sociologi perché la situazione
mutasse. “La borghesia settentrionale ha
soggiogato l’Italia meridionale e le isole e le ha ridotte a colonie di sfruttamento”,
questa l'accusa di Gramsci per sottolineare l’inerzia di questa classe a sud, mentre
per Dorso la debolezza di tutto il sistema è venuta dall’assenza di una classe
media libertaria capace di risollevare le sorti compromesse dall’impasse di
tutta l’area. La classe operaia, che pure era stata protagonista di memorabili
lotte contro le prevaricazioni feudali negli anni prima e dopo il fascismo, non
ha avuto l'energia e i mezzi necessari per attuare quella rivoluzione
proletaria che era negli auspici del partito comunista.
Alle accuse di ieri si sommano quelle odierne che riguardano il
generale superamento della distinzione delle classi, ma non una pacificazione
sociale promotrice di progresso e di sviluppo. Ancor oggi l’economia è
stagnante e l’industria del turismo, che pure con successo potrebbe essere
impiantata, è solo una pia vocazione astratta. Mancano strumenti bancari adeguati e mezzi di
comunicazione rapidi ed efficienti.
Neppure i giovani che sempre lo scrittore ha considerato come promessa
del futuro spingono a ridenti speranze. Il motivo non nasce solo dalla loro
appartenenza a partiti di destra, com' è detto nella risposta pasoliniana,
quanto dalla dispersione che è intervenuta nei loro progetti, dalla
demotivazione che li caratterizza per carenza di lavoro e per necessità d’espatrio.
A ben vedere quindi il quadro prospettico calabrese, a distanza di decenni
è mutato, ma solo superficialmente. La grande utopia d’un partito comunista che
risana le piaghe e che dà vigore alla classe operaia per renderla matura e responsabile è pur
essa tramontata dopo la caduta del muro di Berlino. Si e generata una
confusione di ruoli e la nuova classe capitalistica ha fallito nelle sue mire
ed una generale grigia ed amorfa gora di sopravvivenza è subentrata. Il
privato ha avuto un gioco più libero di quello pubblico, ma non sempre schietto
e onesto. Si sono infiltrati gruppi di potere malavitoso cui si attribuisce in
maggior parte la stagnante e pericolosa deriva.
Calabria Sconosciuta n. 132
Anno XXVIVottobre - dicembre 2011.
NOTA La risposta di Pasolini al lettore che lo interrogava era apparsa
sul settimanale di attualità “Vie Nuove”, n. 49 a. XV, 10 dicembre 1960, fondato
nel 1946 da Luigi Longo, Pasolini collaborò con una sua rubrica dal 1960 al
1965.
mi scusati e mi perdunati se mi permettu u vi mandu stu' fogghiettu
c'ummè cummàri e p'o tempu chi ndavìti a perdìri p’ammu leghiti.
Dunca, cu volìa u saccíu acchì cosa pa tuttu ssu sdegnu chi ndavìti c’umnìa,
pecchì eu no’mmisentu in trascuransa non cu vvui e no cull'amici i nuja manèra,
ma sa trascuranza ncè vulerrìssi m'a saccìu in modu u mi pozzu scusari
c’uttùtti. Mi staiu magiandu i ciriveja d'a matìna a sira, ma no riesciu u mi
ricordu nenti. Mi ricordu sulu ca mi ndavivivu promettùtu u venìti ogni tantu u
si facití na visiteja a stu povuru malàtu, ma si vidi ca sta promisa vi catti i
menti o vi ndi stafuttìti i mia.
Ma non si faci nenti. Vi mandu o stessu i mei saluti, ma teniti cuntu ca
no’nci tegnu u vi scommutàti i nuja manera, altrimenti mi costringiti u
fazzu a chi mala figùra. Teniti cuntu ca
non ci sugnu.
Tanti saluti. E salutàti a me cummari.
Addio. PGliozzi
A Peppe Rinaldo
La foto con autografo di Fausto Coppi allo zio Pepé è una rarissima testimonianza del Giro della Calabria svoltosi nella primavera del 1950. Qualcuno ricorda che quel giro passò anche da Platì e questo video sembra testimoniarlo.