La storia la fanno anche questi:
domenica 26 gennaio 2020
giovedì 23 gennaio 2020
Il demone della montagna - Incontro con la morte
DISGRAZIA O OMICIDIO COLPOSO?
Indagini sulla morte
dell'operaio di Platì
Il comandante della Tenenza CC. di Locri
ha proceduto a numerosi interrogatori
Platì, 28 luglio
In seguito al tragico episodio in cui ha trovato la
morte l’operaio Antonio Trimboli, da Platì - colpito e ucciso da una pietra - è
stata aperta un'inchiesta al fine di chiarire le circostanze in cui si è
verificato l’incidente, in quanto si ha motivo di ritenere che possa trattarsi
di omicidio colposo.
Sul posto si è recato il comandante la tenenza di
Locri il quale ha proceduto all'interrogatorio di molte persone.
Il Trimboli aveva 35 anni ed ha lasciato la moglie e 5
bambini. «Fatalità››, dice la gente, riconnettendo i brani del racconto che fa
chi ha avuto modo di essergli vicino nelle sue ultime giornate di vita.
Il Trimboli aveva una bottega di vino, ma si
industriava anche in altri modi; circa un mese fa aveva chiesto di essere
assunto per lavorare in montagna. I molteplici rifiuti non lo avevano stancato;
aveva continuato ad insistere finché non era stato assunto. Il suo lavoro non
era difficile né molto pesante: doveva bagnare e tenere pronto il cemento che sarebbe servito ai suoi
compagni per i lavori di costruzione. Era contento di averlo ottenuto, dopo
tante insistenze, e cercava di non commettere nulla che potesse essergli rimproverato.
Ieri alcuni lo hanno visto affrettarsi verso il posto di lavoro; pare che
avesse qualche minuto di ritardo. Certamente voleva trovarsi in orario al
lavoro; invece si è affrettato all'incontro con la morte.
Mentre ai trovava, con i compagni su uno spiazzo lungo
la gola della montagna dove deve sorgere la briglia, una grossa pietra è
piombata dall'ulto colpendolo mortalmente alla testa. La contrada Cromati è stata
negli anni scorsi una tra le più colpite dalle frane, e ancora oggi sono molti i
punti pericolosi.
GAZZETTA DEL SUD, 29 LUGLIO 1959
mercoledì 22 gennaio 2020
Il demone della montagna [di David Howard, 1935]
SCIAGURA
SUL LAVORO PRESSO PLATI'
Ucciso da una grossa pietra
mentre lavorava in una cava
Il
masso è rotolato dalla montagna ed ha colpito l'operaio alla testa uccidendolo
all’istante
Platì, 27 luglio
Una disgrazia sul lavoro si è verificata in località (C)Romadì.
Alcuni operai stavano lavorando in una gola scavata nel fianco della
montagna, quando all'improvviso una pietra rotolando lungo le pareti della gola
ha colpito violentemente alla testa uno degli operai uccidendolo. La pietra è
arrivata improvvisa e fulminea, senza dare il tempo al malcapitato di spostarsi.
L'operaio colpito è Antonio Trimboli che da qualche giorno lavorava in quella
zona
I carabinieri hanno effettuato un sopralluogo ed hanno disposto presso
il cadavere un servizio di piantonamento fino all'arrivo del Pretore.
GAZZETTA DEL SUD, 28 luglio 1959
martedì 21 gennaio 2020
Lo zampillo, il sindaco, lo scultore [di Enzo Di Gianni, 1969]
NOTE DA PLATI’
Platì, 5 aprile
(A. F.)* In Prossimità
della piazza Gramsci, lungo la via 24 Maggio sta sorgendo per iniziativa del sindaco
del comune, Giuseppe Zappia, una fontana con zampillo. Non possiamo che lodare l’iniziativa
che contribuirà non poco all’estetica della piazza.
* * *
Apprendiamo che saranno istituiti a giorni, due cantieri-scuola
di lavoro; uno per continuare la sistemazione delle strade interne del paese,
sistemazione già iniziata l’anno scorso; l’altro per riaprire provvisoriamente
il traffico sulla statale 112, nel tratto che va da Platì allo Zillastro. Il
nuovo tracciato della statale è stato progettato in una variante a quello
vecchio, che attraverserà per due volte il torrente Sanello. Non abbiamo
ancora, comunque, notizia dell’approvazione di tale progetto.
* * *
Il
consiglio comunale si è riunito in seduta straordinaria per l’approvazione del
bilancio. Questa è avvenuta senza incidenti salvo il vivace intervento dello
scultore Scarfò, consigliere di maggioranza, su alcune questioni relative alla
applicazione della sovraimposta sui dazi.
Sono
stati approvati inoltre: la concessione di un’area edificabile per la
costruzione di un ufficio di collocamento e la concessione novennale dei locali
da adibirsi a sede della Consulta Assistenza Maternità e Infanzia.
GAZZETTA DEL SUD 6 Aprile 1956
* Da intendersi M. F. Michele Fera.
A quasi settanta anni da quelle corrispondenze, l'avvocato Michele Fera ci ha trasmesso una cronaca quanto mai puntigliosa e minimalista di quanto avveniva nella vita quotidiana di una comunità che cercava di superare un' arcaismo legato alle tradizioni ed ai cicli della natura. I piccoli di allora sono stati i primi a beneficiare di quello zampillo misterioso che nutriva piccoli pesci rossi allevati in acque non proprio antistanti. Il consigliere scultore, per altro, ha avuto il suo omaggio tra queste pagine!
lunedì 20 gennaio 2020
La stanzetta sul retro [di Emeric Pressburger Michael Powell - 1947]
Donazione. Regnando Vittorio Emanuele Terzo per grazia di Dio e per
volontà della Nazione Re d’Italia. – Nel giorno venticinque Ottobre mille
novecentotre, 1903, in Platì nel palazzo del Signor Francesco Gliozzi, sito
nella piazza San Nicola. Innanzi a Noi Notar Carmelo Febbo fu Andrea qui
all’ogetto dell’atto presente iscritto presso il Consiglio Notarile
Distrettuale di Gerace, ed il presenza dei testimoni da Noi ben conosciuti e
forniti dei requisiti richiesti dalla Legge. Signor Giuseppe Morabito fu
Domenico, proprietario, Signor Francesco Gliozzi fu Domenico, proprietario,
ambo nati e domiciliati in Platì si sono personalmente costituiti. Anna Trecase
fu Antonio casalinga, maritata Francesco Fotia fu Rocco bracciante, che si
costituisce al solo scopo di autorizzare detta sua moglie Trecase a poter
donare quanto appresso, dall’una parte. E dall’altra la proprio di loro comune
figlia Maria Fotia del costituito Francesco, e marito di costei Francesco
Calabria di Domenico, bracciante, che si costituisce al solo scopo di
autorizzare detta sua moglie ad accettare la donazione che le farà sua madre
Anna Trecase. Tutti così costituiti sono nati e domiciliati in Platì, ben noti
a Noi Notaio e testimoni. La sopra costituita Anna Trecase autorizzata dal
marito dichiara che mossa da particolare affetto verso l’altra costituita sua
figlia Maria Fotia si risolse fare alla stessa, come in forza dell’atto
presente le fa donazione irrevocabile fra vivi, quindi le dona una piccola stanzetta,
sita in questo abitato di Platì, sul rione o contrada Rocca, soprapposta ad un
piccolo basso di esclusiva proprietà del marito e padre rispettivo di essa
donataria figlia, quale stanzetta limita
con un’altra piccola stanzetta che resta ad essa donante madre Anna Trecase, con Elisabetta Romeo e
strada; e dona detta stanzetta col dritto d’ingresso dove in atto vi esiste, o
proprio col basso sottostante. Quale donata stanzetta non è riportata in
catasto fabbricati di Platì, perché di nuova costruzione e non divenuta ancora
abbitabile. Essa donataria figlia Maria Fotia si terrà sin da oggi ed in piena
proprietà ed usufrutto la sopra donatale stanzetta per quota leggittimaria
materna, e laddove ve ne sarà supero ogni dippiù dovrà ritornarlo eziandio,
edoneo fin da oggi sul disponibile essa donante madre ed a titolo di prelegato
ed anteparte od esente di ogni collezione. Sopradetta donataria figlia Maria
Fotia autorizzata dal marito Francesco Calabria accetta la presente donazione,
e ne ringrazia la donante Madre Trecase Anna la quale dichiara che il valore
della … stanzetta può ascendere a lire centoquaranta e ciò a scopo di regolarsi
la tassa di registro. L’atto presente
non viene sottoscritto dalle parti per essere analfabeta. In seguito di ciò Noi Notaio abbiamo letto a
voce chiara ed intelligibile il presente atto ad esse parti in presenza dei
testimoni ed interrogate le parti stesse se in questo atto si contiene la loro
volontà ci risposero affermativamente e perciò l’approvano e l’accettano. Fatto
pubblicato e ricevuto in Platì, Circondario di Gerace, Provincia di Reggio
Calabria, oggi sudetto giorno, presente le parti e testimoni che con questi
ultimi e Noi Notaio sottoscrivono il presente atto che viene vergato su di un
foglio di carta di legale incisione in tre facciate meno righe di nostro
carattere e da Noi medesimo compilato. Firmato Giuseppe Morabito teste - Gliozzi Francesco testimone - Notar Carmelo
Febbo residente in Ciminà ho stipulato – Registrato in Gerace a 9 Novembre 1903.
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HISTORICAL PLATI',
Once upon a time in Platì
domenica 19 gennaio 2020
La strada del sud [di Bernard Vorhaus, 1939]
È un'opera avveniristica, che cambierà l'economia
della regione, spezzando l`isolamento di tanti paesini pedemontani, secondo
alcuni, e quindi rendendo più difficile il controllo del territorio da parte
dei locali malavitosi, ma devasterà lo splendore paesistico,
secondo altri “senza avere un volume di traffico tale da giustificarla”,
avverte per esempio Mimmo Gangemi l’ingegnere di Santa Cristina che si è messo
a scrivere romanzi sulla ‘ndrangheta, ma ha subito smesso “per non alimentare l’immagine
distorta di una terra dove si vive col giubbotto antiproiettile addosso, in un
regime di libertà vigilata”. Il progetto nato quarant’anni fa, prevede lo
sventramento dello Zillastro per unire Platì e Santa Cristina con un traforo di
6 chilometri a doppia canna; un ponte strallato in calcestruzzo, pilastri
giganteschi su 25 viadotti, 11 gallerie artificiali e naturali. Diviso in 5
lotti, secondo i piani originali avrebbe dovuto essere ultimato nel 2015, per
un costo di 835 milioni di euro. Il concorso è stato bandito nel 2003 ma i lavori
si sono subito fermati per contenziosi vari tra le ditte e l’amministrazione
locale. I cantieri abbandonati per due anni e mezzo. Il sito non più aggiornato
dal 2007. Poi i lavori sono ripresi, ma col contagocce e non senza incendi e
attentati ai danni delle due ditte siciliane appaltatrici; e
adesso, anche se mancano i soldi, il governatore Scopelliti vuole fame una
priorità del Piano di sviluppo integrato regionale.
Così, nell`attesa della nuova superstrada, per
traversare la montagna, a meno di non risalire sino a Gioiosa e passare sotto
la Limina, si può prendere la vecchia Statale 111 che da Gerace porta a
Cittanova.
Chiunque vi sconsiglierà di avventurarvi su per la
montagna dopo il tramonto. Non si sa mai. Di più non vi diranno, ma dietro l’avvertimento
si intuisce il peso della memoria e l`inerzia delle abitudini. Dunque partite all’alba,
o di prima mattina, Man mano che salite la montagna, vi prende la paura. Una
paura antica, irrazionale. In apparenza, nulla sembra annunciarla, eppure tutto
sta lì a giustificarla. Lo strano rarefarsi dell'ascesa, la strada che sale su sempre più ripida e
deserta, la nebbia che vi viene incontro e cresce insieme all'ansia di
raggiungere la cima. Poi …
Marina Valenzise, Il sole sorge a Sud, Marsilio 2012
giovedì 16 gennaio 2020
Quando volano le cicogne [di Michail Kalatozov, 1957]
LA NASCITA 24 giugno 1956
Nel
tempo rimangono nella mente ricordi o lampi che sono lì e non li puoi datare
perché fanno parte della tua coscienza.
Ricordo
la ruvidezza di un costume da bagno di lana di colore verde bottiglia che mi
pizzicava da asciutto e mi pesava come un macigno da bagnato; ricordo a Platì,
seduta tra l’armadio e la cascia, la
mamma che mi infila un pagliaccetto rosa di una stoffa così fresca che non ne
ho più trovate uguali (avrò avuto 2 anni??!!)
E
ricordo ancora l’odore di nafta della corriera al ritorno dal mare da Bovalino
e quando questa si fermava davanti al panificio e la mamma scendeva e ci
comperava i panini al burro e noi li mangiavamo piano perché non finissero
mai... e altre cose che affiorano d’estate col caldo, non so perché.
Ed
era l'estate dei miei quattroanniemezzo ed era caldo quel pomeriggio e la
mamma, con una pancia enorme per me che la guardavo dal basso, forse si
lamentava: tu volevi uscire.
Eravamo
a Platì sulle scale di casa: ricordo la penombra e le correnti d’aria poi la
mamma che scompare e la nonna Mariuzza che invita zia Pina a preparare me e
Saro, ci vestono e nel sole cocente del pomeriggio veniamo portati a casa dello
zio Giuseppino (il medico) perché a casa nostra doveva arrivare la cicogna.
Papà
diceva ”sbrigatevi” ma nel tragitto Saro ed io scrutavamo il cielo per veder
arrivare questa cicogna.
Papà
ci lascia in quella enorme casa; i cugini erano già più grandi e noi ci sentivamo
spaesati, ma la raccomandazione era che dovevamo fare i bravi: siamo stati
seduti e zitti nell’atrio fresco e ventilato nell’attesa che ci riportassero a
casa.
Anche
se ci avevano detto che non era quella la rotta del volatile verso casa noi
scrutavamo il cielo dalle tende svolazzanti leccando senza voglia un gelato.
Ogni
tanto Saro mi guardava e io chiedevo "quando torniamo a casa?".
Era
quasi l’imbrunire e l’aria si era fatta più fresca quando papà è venuto a
riprenderci, felice ci raccontava che era arrivato un maschietto.
Forse
correvamo per l’impazienza.
Ora
le immagini mi diventano più nitide: facciamo di corsa le scale, mamma è a
letto, tra lenzuola bianche pulite, sorride, Saro ed io saliamo sul letto e lei
ci bacia, in quella entra la nonna: in braccio un fagottino avvolto in una
copertina celeste, si avvicina a noi seduti al bordo del letto e ci porge il
bambino.
”Guardate,
ecco Gianni”.
Abbiamo
gli occhi e il cuore pieni di gioia, guardo la pancia della mamma, ma non mi
faccio domande, ti faccio una piccola carezza, ti ho subito voluto bene. Gianni.
Maria
Maria
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mercoledì 15 gennaio 2020
The Mule [di Clint Eastwood, 2019]
BOZZETTO CALABRESE
I racconti del mulattiere
Eravamo seduti accanto al vecchio focolare, poiché fuori c'era un metro di neve che impediva persino di mettere il naso fuori dall'uscio. Il più vecchio della compagnia, l’ex mulattiere Mico X, tra una boccata e l'altra,tirata dalla sua, assurda pipa di terracotta si mise a narrare. Era una vecchia abitudine di Mico X, quella di narrare le sue avventure ogni volta che se ne presentava l’occasione; e spesso si trattava di avventure sconclusionate, che deludevano l’uditorio: entravano, come si suol dire, da noi, «con la tocca», e uscivano «con la campana».
Comunque, ci accomodammo bene sugli sgabelli, per
prestare ai suoi discorsi la massima attenzione possibile. Il vecchio si mise a
rievocare.
Ai tempi d'oro della mia giovinezza, quando la gente
non pagava i contributi unificati, ero alle dipendenze del conte Don Vincenzo
di carbonìa; ma un giorno venni a diverbio con lo stesso, e me andai via. Ora
dovevo vivere con i miei mezzi, esclusivamente, perciò, la prima cosa che mi
toccò di fare, fu quella di scendere in paese e procurarmi un magnifico
coltello a serramanico. Me lo ricordo ancora: aveva una lama di circa venti
centimetri e uno scatto magnifico.
«Questo coltello» - pensai - «sarà la mia fortuna».
Il giorno dopo me ne andai nella vigna di un tale e mi
misi, a staccare grappoli e a mangiare; stacca e mangia, stacca e mangia, a un
certo punto comparve il padrone.
«Hei, là!» -- esclamò - «Qua il mondo è liberato?»
Io lo guardai bieco e risposi: «E' liberato, e tu che
vuoi?»
In così dire estrassi il coltello.
Quando vide il coltello, invece di scappare, come mi aspettavo,
divenne una bestia, Che lo avessero ammazzato dieci anni prima!!
Era uno solo, e fece quanto avrebbe potuto fare un
battaglione di soldati, mi si lanciò addosso con un bastone, mi fece volare via
il coltello dalle mani, e cominciò a picchiare come Briareo quando volle
suonarle a padre Giove.
Alla digressione mitologica, Mico X sorrise sotto i
baffi soddisfatto.
Io cercavo di vincolarmi, ma quel maiale mi tempestava
di geffole e di calci che avrebbero stordito un cervello elettronico. (Anche
stavolta Mico sorrise di soddisfazione).
A questo punto il racconto ebbe una pausa. Mico si
caricò la pipa nel focolare. Vedendo che continuava a tacere, lo stimolammo a
seguitare la narrazione. Ci guardò meravigliato e ci disse: «ma è finita da un
pezzo». Ci guardammo stupiti. Ma dovevamo essercelo aspettato. Non era la prima
volta che i racconti
di Mico X serbavano di queste sorprese. Non avemmo tempo
di rammaricarcene, che
Ciccio Domarom con un urlo di gioia scopri che le
patate sotto la cenere del focolaio erano cotte, sebbene noi, al principio del
racconto non ce le avessimo messe.
Intanto la vecchia moglie di Mico aveva tratto da uno
stipo una bottiglia di vino vecchio, e presi alcuni bicchieri, brindammo
allegramente. Ognuno disse la sua. Infine, nel silenzio generale si alzò il
vecchio ex mulattiere e declamò: «Eu mi lu jettu arretu a chista lamera -
brindisi fazzu a chista cumpagnèra».
Quando si trattava della rima, Mico X non transigeva,
doveva arrivare in fondo a tutti i costi. Il brindisi, tuttavia, non era
finito. Con la voce malferma, Mico continuò: «E ora guardu stu calici vacanti -
e dicu bona notti a tutti quanti».
Poscia si mosse soddisfatto, per andare a coricarsi.
MICHELE FERA
GAZZETTA DEL SUD 23 febbraio 1956Per chi è interessato alle cose eastwoodiane ricordo che anche il rapporto Clint Eastwood-mulattieri trasi ca tocca e nesci ca campana: risale al Francis mulo parlante 1955, passa per il pugno di dollari 1964 , gli affamati avvoltoi 1968 e arriva a The Mule 2019.
E ora guardu stu calici vacanti e dicu bona notti a tutti quanti
lunedì 13 gennaio 2020
Il miracolo delle campane [di Irving Pichel, 1948]
Vita religiosa a Platì
(M. F.) - Sono stati ultimati e collaudati, nella Chiesa del
Rosario di questo centro i nuovi moderni impianti di amplificazione. Il potente
megafono ha diffuso nel cielo di Platì il suono armonioso o delle campane della
Basilica di San Pietro e di Santa, Maria Maggiore, riproducendolo da alcuni dischi.
L’audizione è stata perfetta, anche nelle campagne.
Al Reverendo Don Gliozzi autore della bellissima. iniziativa,
esprimiamo i sensi della nostra ammirazione.
(Michele Fera) GAZZETTA DEL SUD, 18 aprile 1956Inizia oggi una nuova etichetta creata per ricordare l'intensa attività giornalistica di Michele Fera. Essa ebbe inizio con l'apparire dell'edizione reggina della Gazzetta del Sud nel 1955 e protrattasi per alcuni anni. Ben prima di Antonio Delfino, con le sue corrispondenze da Platì egli si occupò di cronaca, storia del costume, tradizioni, racconti originali, che periodicamente apparivano sulla testata messinese. Con questo si tenta ancora una volta ricordare i figli più dotti della Platì che a partire dagli anni settanta del secolo della bomba atomica andavano ad essere più rari se non a scomparire del tutto. Mi è sembrato opportuno varare la nuova etichetta con qualcosa di personale, quindi la chiesa del Rosario e lo zio Ciccillo sono i protagonisti più adatti e per ricordarli meglio non potevano essere che Rossini e la sua Gazza ladra qui riproposta con il fruscio del 78 giri e Toscanini a condurla. Assieme alla mozartiana Marcia alla turca richiamava i fedeli alla messa domenicale, affollatissima per via della velocità rossiniana e toscaniniana con cui lo zio Ciccillo la portava a termine.
Nella foto mastru Domenico Ielasi (1932- 2014) e suo nipote Mimmo sul tetto della chiesa negli anni novanta del secolo citato.
domenica 12 gennaio 2020
Racconti dalla tomba - pt. 2
Torno oggi su una
pubblicazione sotto il titolo Racconti
dalla tomba. E precisamente sulla figura che in quella pubblicazione
Vincenzo istorosofo Papalia vi
celebrava, il dottor Domenico Zappia. Quello che segue è l’atto di morte
registrato presso il Comune di Platì del dott. Domenico Zappia
L’anno mille ottocento novanta quattro, addì sei di Marzo
a ore pomeridiane due e minuti trenta, nella Casa Comunale,
Avanti di me Oliva Cav. Francesco fu Don Arcangelo
Sindaco ed
Ufficiale dello Stato Civile del
Comune di Platì sono comparsi
Antonio Agresta, di anni cinquanta, bracciale domiciliato
in Platì, e Pasquale Bartone
di anni quaranta
sarto, i quali mi hanno
dichiarato che a ore
ante meridiane cinque e minuti trenta di jeri nella
casa posta in
Corso San Nicola, è morto il Sig.
D. Domenico Zappia di anni
ottantasei, medico, residente in
Platì,
nato in Varapodio da fu Rosario, medico,
domiciliato in Platì vivendo, e da fu Donna Rosa Lenzi, gentildonna domiciliata in Platì vivendo, vedovo di Fasano Giovanna.
A questo atto sono stati
presenti quali testimoni Antonio Barbaro
di anni trenta, bracciale e Giuseppe Mittiga
di anni trentuno calzolajo, ambi
residenti in questo Comune. Letto il presente atto a tutti gli intervenuti, viene da me sottoscritto, avendo eglino
asserito di non saper firmare.
L’ufficiale dello Satato Civile
Francesco Oliva fu Arcangelo
Il dottor Domenico Zappia
nacque in Varapodio da Rosario anch’esso medico e dalla signora Rosa Lenzi,
originaria di quel comune aspromontano.
Al momento del decesso aveva ottantasei anni. Stando ad altri atti di
nascita, il dottor Rosario, figlio di Pasquale e Michia Francesca, al momento
del parto di Domenico aveva trent’anni essendo nato il 18 agosto 1778, mentre
la sua signora ne aveva diciannove di anni. Domenico sposò in un primo tempo la
signora Rachele Brancatisano con la quale ebbe, tra il 1835 e il 1849, sette
figli. Rimasto vedovo a cinquantadue anni si unì a Giovanna Fasano, nata in
Oppido il 30 marzo 1839 e morta a Platì il 5 agosto 1873 a trentaquattro anni.
I due si erano sposati in Oppido il 9 novembre 1859, lei ventenne, e da essi
nacquero Francesco, Filippo, Carmelo e Pompeo.
Nelle immagini l'atto di matrimonio tra Domenico Zappia, medico e Donna Giovanna Fasano nello Stato civile della restaurazione di Oppido.
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