Per la terza edizione, 2019, del Premio Letterario “Ernesto Gliozzi”, archiviata come le
altre volte presso la Scuola Media di Platì il 31 maggio scorso, il maggior
riconoscimento, e la lode che ne consegue, vanno alle Maestre Rosaria Sacco e
Santina Stilo che con l’impegno che le caratterizza hanno predisposto i loro
alunni alla maturità che spetta di diritto a bambini che ancora non hanno
compiuto il decimo anno di vita. Le Maestre Sacco e Stilo hanno la tempra
giusta per portare a termine questo non facile compito. E’ attraverso le loro
schermaglie sacrosante che nasce e matura il frutto, laddove si nota anche lo
scarso interesse dimostrato dai loro colleghi, Professori in fattispecie, della
Scuola Media. Le Maestre Sacco e Stilo hanno posto anche le basi di quelle che
saranno le future edizioni di un Premio povero. A nessuno è chiesto niente,
tanto meno a quelli che dovrebbero garantire i diritti spettanti ad una
comunità abbandonata a se stessa, la quale non trova la strada per uscirne con
le proprie forze. Dal canto loro i piccoli scolari si sono impegnati ad
illustrare il motivo proposto dagli organizzatori: Tutti i cittadini hanno pari dignità sociali e sono uguali davanti alla
legge senza distinzioni di sesso, di razza, di lingua, di religione, di opinioni
politiche, di condizioni sociali.
Attraverso il citato testo i piccoli partecipanti hanno illustrato con
scritture e disegni la loro esperienza con la vita e la comunità sociale. E gli
elaborati segnalati in fase di premiazione ne erano una valida sintesi e
testimonianza. Allo stesso tempo su Annalucia Papalia, Maria Fanzago , Maria
Pangallo e Pasquale Grillo si sono appuntate nuove speranze per il futuro di
Platì, certi dell’infelice cammino che li aspetta, a cominciare dall’ingresso
in quella Scuola Media di cui si sono già lamentate le insufficienze. In vena
di polemica è quasi doveroso far notare agli uomini di buona volontà che Platì
non ha bisogno di sole caserme e oratori intitolati ai caduti della benemerita
ma anche un cambio di effige per l’istituto scolastico ancora intitolato al De
Amicis, visto che Platì ha dato i natali ad un educatore, e unico
meridionalista platiese, come Pasqualino Perri, compianto in altre terre e
distretti scolastici e dimenticato nel suo paese natale. Platì, non è il
distretto 13 di carpenteriana memoria, è il distretto della vita.
giovedì 6 giugno 2019
lunedì 3 giugno 2019
Winning - may 31, 2019
Maria Pangallo con Bullismo e Cyber bullismo , Annalucia Papalia con Una volontà mutilata e Maria Fanzago scuola media II B con Tutti i cittadini hanno pari dignità sociale e sono eguali davanti alla legge
assieme a Pasquale Grillo (assente giustificato) con Il bullismo
sono i vincitori della terza edizione del Premio Letterario "Ernesto Gliozzi" organizzato dall'Associazione Culturale "Santa Pulinara" e rivolto agli alunni dell'istituto comprensivo "E. De Amici" di Platì.
La piccola signorina Maria Pangallo aveva già ritirato il premio nella edizione 2018 con il racconto Il fiore della vita.
Nel corso dell'edizione 2019 sono andate perdute una G e una L nell'eccitamento dovuto alla insperata riuscita dell'evento. Chi le rinvenisse è invitato ricomporle al IOZZI riportato dalla stampa.
giovedì 30 maggio 2019
Winning [di Jacqueline Joseph 2016]
Terza edizione del Premio Letterario "Ernesto Gliozzi"
Platì 31 maggio 2019
presso
l'istituto comprensivo "E. De Amicis"
mercoledì 29 maggio 2019
Fatti corsari - Varapodio addio
-Laria Rocco (16.8.1879/28) di Domenico e di Galloni
Francesca, da S. Cristina.
-Sisinni Girolama (16.1.1880/4) da Messignadi - vedova di
Mittiga Saverio.
-Reale Domenico (Mo.31.3.1880/14) da Delianuova.
-Tripepe Giuseppe (19.9.1880/56) di Domenico e di Eugenia...
-Oliva d. Girolamo (28.10.1880/60) di d. Giuseppe e di d.
Teresa Barletta, sacerdote.
-Mittiga d. Carolina (19.11.1880/62) di d. Ferdinando e di
d. Giulia Leuzzi- ved. di d. Francesco Gliozzi.
Oliva d. Stefano (26.12.1880/72) di d. Arcangelo e di d.
Rosa Romeo, marito di d. Vittoria Spagnolo, medico (doctor phisicus).
-Pangallo mf Francesca (Mo.1.1.1881/1) di Giuseppe e Lentini
Maria.
-Mittiga mf Teresa (Mo.24.1.1881/5) di Dom. e Morabito
Angela- uxor Portolesi M.
-Puzzo Giuseppe (Mo.29.4.1881/23) di Pasq. -v. Carbone Anna
-Morabito d. Rachele (Mo.25.5.1881/30) di d. Franc. e d. Rosa
Oliva- marito Lentini Raffaele.
-Spagnolo d. Maria Vittoria (Mo.2.7.1881/37) di d. Gius. e d.
Rosaria Sculli, da Bovalino, ved. del dott. fisico Stefano Oliva.
-Garreffa Francesca (Mo.17.8.1881/43) di Franc. uxor d. Giuseppe
Gliozzi.
-Oliva d. Luigi (Mo.21.10.1881/53) di d. Mich. e d. Gaetana
Empoli.
-Rinaldo Giuseppe (Mo.23.12.1881/71) di Dom. v. Spagnolo Rachele
-Pillingò Domenico (Mo.28.3.1882/13) di Vincenzo da
Varapodio e di d. Domenica Zappia - era venuto qui per vedere la suocera d. Domenica
Zappia, ved. del mf Giuseppe Zappia, morì improvv. all' entrare in casa. Era nato
il 1858.
-Caruso Elisabetta (Mo.12.5.1882/27) di Nicola, da Ciminà - ved. Romeo
Gius.
-Zappia d. Carmela(Mo.25.8.1882/49) di d. Rosar. e Lenzi
Rosa ved. Mittiga G.
-Morabito mf Giuseppa (Mo.1.12.1882/65) di Dom. Ant. e di
Mittiga Teresa, ux. mf Carlo Zappia.
Nota. Molti nomi sono già apparsi su questo elenco come su queste pagine. Vi faccio notare che d. vale don o donna, intesi come appellativi onorifici. Di rilievo sono i luoghi, aspromontani, di origine di molti, il cui collegamento oggi è interrotto a causa dell'incuria dello Stato Sovrano. Il doctor phisicus D. Stefano Oliva era fratello di Filippo sposo della napoletana contessina Luisa Ricciardi. Il registro è quello dei morti Vol. V°. Il lavoro è per Ernesto Gliozzi il giovane.
lunedì 27 maggio 2019
Blood Story [di Amasi Damiani,1972]
Riganò Giuseppe fu Antonio e Mittiga Carolina, di anni 20, sposò il
17/08/1973 Cinneri Grazia fu Giuseppe e Marando Francesca di Rosario
Zappia Pasquale fu Filippo e Virgara Elisabetta sposò Riganò Maria fu
Antonio e Mittiga Carolina il 21/04/ 1875
Riganò Antonio e Mittiga Carolina ebbero anche Giuseppa che sposò
Marando Rosario da cui nacque anche Giuseppa da loro nacque Francesca sposa di
Cinneri Giuseppe da cui nacque Grazia
Zappia Pasquale (su pascali)
e Virgara Elisabetta ebbero Antonio che sposò Gliozzi Serafina (zia Serafina)
Mittiga Francesco di Rocco e Buccafurni Rosa, di anni 25 sposò Riganò
Rachele fu Antonio e Mittiga Carolina di anni 20… da questi nacquero tra gli
altri Antonino, Rosario, Angela e Carolina.
Angela andò sposa di Lentini Giuseppe da cui nacque Ciccina (Francesca)
sposa di Peppino, muttuiu, Caruso.
Antonino andò sposo di Creazzo Francesca da cui nacquero Francesco,
Rosario e Antonino che nacque dopo la sua prematura morte violenta.
Carolina rimase nubile.
Rosario sposò Trimboli Maria e nacquero: Francesco, Giuseppe, Rachele,
Rosa e Giuseppina ...
e quindi
Pino, Angelina, Saro, Gaetano, Lia, Saro, Maria, Gino e Gianni.
Nota. Questa genealogia a me sconosciuta la compilò lo zio Ernesto il giovane, prima di scoprirla avevo noto solo il mio sangue Riganò. La polaroid è una delle poche immagini in cui appare la zia Angeluzza - la prima alla vostra destra - assieme alla nonna Lisa e alle sue spalle la zia Amalia, lo zio Pepé e lo zio Ciccillo. Sulla zia Serafina e di suo marito Antonio Zappia ho scritto qualche post addietro.
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Once upon a time in Platì,
u satturi
domenica 26 maggio 2019
Strade di fuoco [di Walter Hill,1984]
“La mafia è un problema, non il problema del Mezzogiorno. Un partito che
riduce la realtà alla sola questione criminale commette un doppio errore. Un
errore di analisi, e un errore politico”. Francesco Renda
“That’s the press, baby, the press. And there is nothing you can do. Nothing”. Humphrey Bogart in L'ultima minaccia (Deadline - U.S.A.),1958 di Richard Brooks
Paese
feudo della 'ndrangheta
A Platì, dove chi non è con la mafia è un «morto
vivo»
Efferati omicidi, ma
la paura cuce le bocche - Greggi «sgarrettate»
Dal nostro
inviato
PLATÌ (RC) — Mentre cammini sulla strada che appena fuori
il paese porta all'Aspromonte, all'improvviso ti accorgi che non sei più solo.
Ti seguono. Da vicino, con le macchine nuove e luccicanti e i vestiti buoni
della domenica, i gregari ed i capi mafiosi sorvegliano «l'estraneo». Qui niente sfugge, tutto deve essere
«sotto controllo», magari con spavalderia
e arroganza.
Platì, quattromila
abitanti, è un paese arroccato sulle prime falde dell'Aspromonte. Ci si arriva
lasciando la statale Ionica 106 all'altezza di Bovalino, per la strada che
costeggi il torrente Bonamico. Oltre la montagna c'è già la Piana di Gioia
Tauro. È la Calabria più interna e chiusa, dove la miseria e la povertà ricordano
veramente altri tempi, quelli descritti da Corrado Alvaro che non a cosa era nato da queste parti, a San Luca.
Chi non
è con la mafia è praticamente un morto vivo, non campa più, non esce più di casa
e, se lo fa, diventa un morto effettivo. Tutto passa per le mani
della 'ndrangheta. Alle sei di sera, quando il sole scompare oltre le montagne,
Platì diventa praticamente un deserto
Per le
strade del piccolo centro, in alto, verso la chiesa, o giù dove c'è la scuola
elementare, non circola più anima viva. Una decina di giorni fa hanno ucciso un
vigile urbano, un ragazzo di trenta anni, padre di tre bambini, si dice, perché aveva fatto un torto ad una famiglia mafiosa.
Da
pochi giorni il sindaco di Platì è stato sostituito: hanno chiamato un altro
democristiano perché il precedente, anche lui della DC, era stato condannato ad
un anno e mezzo di carcere per favoreggiamento
In un
processo per duplice omicidio conclusosi con tre ergastoli.
Domenico
De Maio – questo il nome del sindaco sospeso — aveva appoggiato la tesi difensiva di tre noti mafiosi del paese accusati di
un tremendo fatto di sangue avvenuto a luglio di due anni fa. Un brigadiere di
Pubblica sicurezza e suo nipote erano stati barbaramente trucidati da un
commando mafioso solo per il fatto dì avere leggermente investito una
autovettura. Nel processo — tenutosi
due settimane fa a Locri — si è
accertato che i tre mafiosi hanno fatto inginocchiare il brigadiere e suo
nipote e poi — con la pistola del
poliziotto — hanno fatto fuoco
senza pietà, a bruciapelo.
Un
episodio efferato, emblematico, in un ambiente — così lo ha definito il PM a quel
processo, il dottor Carlo Macrì - intriso di spavalderia e dì barbarie».
Un
paese, Platì, dove la mafia è ormai tutt’uno col potere pubblico, al punto che
qui non si fa mistero sui reali «personaggi»
che stanno dietro il sindaco e il
Comune che comandano i «burattini».
Del resto, non più tardi di due mesi fa, Platì fu teatro di una clamorosa protesta
di cinquanta donne, mogli o parenti di altrettanti presunti mafiosi, che
occuparono il Municipio e quindi, con alla testa il sindaco ed il deputato democristiano
Ludovico Ligato (800 voti di preferenze nel paese), protestarono dal prefetto
per l'arresto dei loro congiunti accusati di associazione a delinquere e di
molti altri reati.
Impunità,
spavalderia, arroganza e oppressione fanno dunque tutt'uno, combinando alla
perfezione vecchi ritualismi della «onorata società» e nuovi interessi dei mafiosi imprenditori. Qui infatti
la 'ndrangheta è cresciuta in fretta, ha subito conquistato un ruolo «autonomo» rispetto alle cosche più
importanti del Reggino, ora in prima fila nei sequestri di persona — in
Calabria o in Lombardia — e tira le fila di un avviato traffico di droga con l'Australia.
Attraverso
i gregari mafiosi passa tutto; finanche la pastorizia, l'unica misera risorsa
che offre un territorio avaro di tutto fuorché di disastrose alluvioni, è in mano
loro. Raccontano di intere greggi messe su senza i consensi «dovuti»: gli animali sono stati ritrovati dopo pochi giorni «sgarrettati», con le zampe tagliate.
Attraverso il Consorzio di bonifica passano le assunzioni come guardiani e come
capi squadra nella Forestale, l'ufficio di collocamento è praticamente legge privata.
A Platì
l'antica miseria non è stata cancellata. I «nuovi ricchi» dell'accumulazione mafiosa hanno preferito il
trasferimento a valle, nel centri della vicina costa ionica, a Bovalino, a Bianco,
dove in fretta sono divenuti imprenditori di prim'ordine, proprietari di terre,
di appartamenti, di palazzi interi. Nel paese, dove l'emigrazione (dal '51 a
oggi ci sono cinquemila abitanti in meno) ha lacerato nel profondo il tessuto
umano e sociale, sono rimasti in pochi. Le pensioni e l'assistenza
rappresentano l'unica entrata «pulita».
Per chi tenta di infrangere questo muro di violenza e di sopraffazione c'è la
risposta più decisa: intimidazione e bombe. O, come è successo alla sezione
comunista tre anni fa, colpi di pistola sparati ad altezza d'uomo. E del resto,
dicono i più decisi, se non ci fosse questa paura e questa sopraffazione, «loro» non sarebbero niente.
La
risposta dello Stato democratico nel microcosmo di Platì, dove la convivenza civile
è, come si è visto, ormai inesistente, è racchiusa in poche raggelanti cifre:
tre carabinieri in tutto, di cui due in servizio di leva, e un brigadiere; neanche
un pretore. Ogni commento è veramente superfluo.
Filippo Veltri
l’UNITA’, Domenica 21 febbraio 1982
NOTA. L’epigrafe in apertura, già riportata come citazione, basta da sola
a rispondere all'articolista di un giornale voce di un
partito su cui si riponevano le speranze di numerosi suoi lettori/elettori molti
dei quali platiesi che per diverse legislature lo sostennero. La visione è unitaria
con gli altri fogli nazionali. L’astuto giornalista avanza addirittura sospetti
sull’integrità morale di Corrado Alvaro “che non a cosa era
nato da queste parti”. A Platì, lo ricordo, misero
piede solamente Alcide De Gasperi nel 1952 e più recentemente un ministro di social
fam(e)a. Del partito leader d’opposizione non si vide mai nessuno eccetto l’on Francesco
Catanzariti e Michele Crea.
mercoledì 22 maggio 2019
María llena eres de gracia [di Joshua Marston, 2004]
SURSUM CORDA
Ecco il bel mese dei fiori, il
soave e tiepido Maggio. Ritornata è con esso la giovinezza nei cuori, negli occhi si
riflette il fior de la speranza, ne le menti risuonano i cantici sublimi de la
felicità e de la gioia.
Dai prati smaltati di variopinti
fiori, da le valli echeggianti per mille gorgheggi, da l'alture, donde scendono
rumoreggianti le acque, - come festante allodola – s’eleva giuliva la nota di
plauso, la strofa alata e profumata al Maria.
A questo coro festivo di palpiti
e di preghiere s'unisca la nostra voce o fratelli. D'intorno a noi ferve
minacciosa la lotta; il campo sociale è invaso dai combattenti; molte bandiere
s’agitano svolazzanti al vento. Anche noi abbiamo la nostra da difendere
coraggiosamente: - E’ l’insegna papale – Siamo giovani; il sangue ci scorre,
forte ne le vene, e l'alto dovere c' incombe di pugnare e vincere ne le feconde
lotte de la vita. Spetta a noi - speranza e riscossa de la bianca bandiera -
scendere tra le masse ammutinate e spezzare il pane del Vangelo, la parola
novella de la Santa Democrazia Cristiana. Avanti, dunque, o fratelli a la
riscossa: «chi non pugnò non vinse».
Lassù, in alto, cinta di stelle,
folgorante di luce, sta il nostro Ideale: Maria. A Lei il nostri canti in
questo mese, i nostri palpiti, le nostre aspirazioni. Ella possiede una forza
magnetica che ci attrae; ci attira con la bellezza de le sue forme, ci chiama
con la bontà de la sua virtù, con la potenza dinamica de la sua grandezza. Andiamo
a Lei. Maria ci porgerà un'arma potente per vincere ne le battaglie vitali, ci
darà la chiave prodigiosa per risolvere la grande ed intricata quistione
sociale; e questa chiave è l'Amore. – E qual potenza mai se non l’amore
ispirato da Lei, potrà disarmare il braccio de l'affamato ed illuso operaio che
conculcato ne la miseria e nel fango – si leva minaccioso per vendicare i suoi
dritti? Chi potrà mai far comprendere a quel vampiro de l'usuraio che è
fratello de l’abbattuto e conculcato nel fango? Eh! via, disinganniamoci, non
c'è via di mezzo: o nel campo sociale
torreggi Maria, o la lotta sarà aspra, sanguinosa, terribile: scegliete. Fratelli, io ivi esorto con tutte
le potenze de l'anima, andiamo e Maria.
Noi abbiamo bisogno d'amor vero,
santo, immacolato vien da l’alto. Un deserto sconfinato ci circonda: è il tetro egoismo regnante; l'oceano
rumoreggiante d'intorno è l’accanita lotta per l'esistenza; il cielo nuvoloso
senza luna e senza stelle che ci copre è
la cecità de l’anima nostra, fratelli.
Ma, tra gli strappi di nuvole un lembo
azzurro di cielo ci sorride su l’oceano lontano, brilla da lassù: è la Stella
del Mare in alto i cuori! …
A lei drizziamo la vela de la
nostra nave; verso quel lembo azzurro di cielo spingiamoci arditi. Maria da
l'alto ci sorriderà, amorevole, ci stenderà la mano, c'ìnfonderà la forza, la
fede, l’amore e vinceremo: Sursum Corda.
E. GLIOZZI-FERA
LA SCINTILLA GIORNALE DELLA DOMENICA
ANNO IV – N. 18
MATERA 3 MAGGIO 1903
NOTA - Tra il film citato e l’articolo di Ernesto Gliozzi il
vecchio – nelle pubblicazioni giovanili Gliozzi-Fera –sono scivolati via cento anni.
La realtà in cui il film ci addentra è delle più tremende, di seguito il
coltello nella piaga lo affonderanno Clint Eatwood con The Mule e più recentemente Steven Craig Zahler
con Dragged Across Concrete; cosa aggiungere quando nel testo in questione si arriva a “Un deserto sconfinato ci circonda: è il tetro egoismo regnante;
l'oceano rumoreggiante d'intorno è l’accanita lotta per l'esistenza; il cielo
nuvoloso senza luna e senza stelle che ci copre è la cecità de l’anima nostra,
fratelli” … chi non pugnò non vinse! Da
difendere non è più l’insegna papale o la parola
novella de la Santa Democrazia Cristiana. Ma, tra gli strappi di nuvole un lembo azzurro di
cielo ci sorride … Tra
voi chi ricorda un maggio come quello corrente?
lunedì 20 maggio 2019
Capriccio passeggero [di Yasujirō Ozu, 1933]
Da Gallico si fa prima
Sambatello è un grappolo
di strade, la riserva
animale
di un secolo.
Rosa l'esemplare
più raro vive nella casa
della chiesa. A terra
tiene
saletta da ballo a nuovo
e teatrino parrocchiali,
mentre
l'edera del giardino è
sul terrazzo,
si contano le fila trai
muri
scalcinati.
Dimmi Rosa se sei
sopravvissuta agli
antenati
tuoi figli:
non c'è a morire
per prima nessuna
metafora.
(Ottavio, Mema e Zio
Arciprete)
Conosco dalle foto a
Sambatello
un loro sembiante
(e i nomi ripetuti da mia
madre).
Rosa invece si guarda
allo specchio
specchiandosi li forma la
polvere.
DEMETRIO MARRA
Quello che avete letto lo devo a Nina (A.) Balena che si è ricordata, leggendole, di quanto vado facendo. L'autore, reggino, è forse il livello più alto delle calabre arti, come pure l'autore della foto in apertura, Enzo Penna. Leggere e vedere non vi costa tempo e per una volta tanto vado fuori strada. Forse! L'unico a cui è lecito accostarsi in questi casi è il maestro giapponese.
Gli originali li trovate qui:
https://inchiostro.unipv.it/2017/09/27/intervista-enzo-penna-fotografo/
domenica 19 maggio 2019
L'ombra del passato [di Edward Dmytryk, 1944]
Gente, il passato è disordinato.
Si intromette come un parente
indesiderato rovesciando vino e sugo al tavolo della cena.
Ma non possiamo crescere come città
o popolo senza l'onesta contemplazione del nostro passato disordinato.
Inoltre, le rinominazioni delle
strade sono costose e deleterie.
Se nascondiamo tutto, si mette in
discussione non tanto che siamo la città a cui importa dimenticare ma più che altro, siamo la città che
ha dimenticato.
Con gli occhi spalancati dovremmo
veramente ricordare il nostro passato e non creare una versione falsa di esso.
William Faulkner lo ha detto meglio,
ha detto, "Il passato non è morto, non
è nemmeno passato."
Gente, non sono parole mie,
sono rubate al film, niente di che, l’unico per cui vale la pena vederlo è
James Caan, di Carol Morley, Out of the
Blue del 2018 ma William Faulkner ancora parla, e spara, chiaro! Il titolo d'apertura rimanda a Chandler e il posto dove si trova la foto, rubata, lo trovate citato in precedenza.
giovedì 16 maggio 2019
L'oro di Napoli [di Vittorio De Sica - 1954]
“Se l’umanità progredisce, se la
libertà anziché soccombere al tutto si fa strada di continuo …” Giuseppe
Ricciardi, Memorie
Tutto poteva accadere a questo “outsider – ribelle – romantico – populista
– propugnatore di giustizia e libertà – attento alla questione femminile”,
Giuseppe Ricciardi, antiborbonico dapprima, repubblicano europeo dopo il 1860,
educato dalla madre Luisa Granito dei marchesi di Castellabate, dissidente col
padre Francesco, giurista
e Ministro di Grazia e Giustizia al tempo di Gioacchino Murat e di Ferdinando
I, che dare in sposa la sua diletta primogenita ad un rampollo di una famiglia
come gli Oliva di Platì, filo borbonici di razza per dirla con Michele Papalia.
E’ quanto si apprende da questa illuminata tesi di
dottorato scritta dalla dottoressa Angela Russo: - “Nel desiderio delle tue care nuove”
Scritture private e relazioni di genere nell’Ottocento risorgimentale - dell’Università
Federico II di Napoli, disponibile anche presso Franco Angeli editore. Lavoro
scoperto da Pina e Rosalba a seguito di un colloquio con Tota Oliva.
Ancora inedite allo
studio sono le connessioni tra il paese di Platì e la capitale del Regno delle
due Sicilie e il capoluogo campano, tra gli anni successivi al 1860 e la Grande
Guerra: Napoli.
Varcato il XXI°
secolo il paese di Platì sembra ritornato in località Santa Barbara, i segni
del progresso, che pure hanno servito per molti, sono ancora ignorati se non
sono facili macchine ruba-pensieri. A questo si cerca si sopperire con le
periodiche pubblicazioni che scaturiscono dalla sede in cui state ora e che
serviranno a chi verrà non si sa quando.
A Luisa Ricciardi
il titolo nobiliare le derivava da editto di Gioacchino Murat conferito al
nonno Francesco con Decreto Legge nel 1813, con diritto di trasmetterlo alla
primogenitura. Essa era nata il 31 dicembre 1840 negli anni che vedevano il
padre Giuseppe e la madre Clorinda Not girovagare in esilio tra la Francia e la
Svizzera. Così Luisa e la sorella Elisabetta furono allevate con la lingua francese,
apprendendo successivamente quella italiana. Luisa era un ”diavolo in carne”
come il padre.
A Napoli la vita
della famiglia Ricciardi si svolgeva tra la residenza del Vomero e la villa di
Posillipo. E’ da quest’ultima (Posilipo)
che provenivano a don Filippo Gliozzi le missive con le massime per
amministrare i beni di Filippo Oliva e di già pubblicate in queste pagine. C’è
da ritenere che l’unione tra Luisa e Filippo, avvenuta il 18 aprile del 1865,
fu motivata dalle ristrettezze economiche in cui versavano i Ricciardi a
seguito dei continui spostamenti dovuti all’esilio di Giuseppe. Filippo venne a
mancare prematuramente nel 1868 lasciando a Luisa i figli nati dalla loro unione:
Filippo e Maria. Essa si è poi sposata in
seconde nozze con il marchese Salvatore Spiriti di Casabruna, da cui ha avuto
altri due figli.
Questa breve storia la sospendiamo qui lasciando ad altri volenterosi il
suo sviluppo.
Su Giuseppe Ricciardi e le sue vicende il testo citato ed il web vi
potranno aiutare non poco.
Qui di seguito i temi riguardanti Filippo e Luisa
Qui di seguito i temi riguardanti Filippo e Luisa
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