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giovedì 6 giugno 2019

Alle soglie della vita [di Ingmar Bergman,1958]



Per la terza edizione, 2019, del Premio Letterario “Ernesto Gliozzi”, archiviata come le altre volte presso la Scuola Media di Platì il 31 maggio scorso, il maggior riconoscimento, e la lode che ne consegue, vanno alle Maestre Rosaria Sacco e Santina Stilo che con l’impegno che le caratterizza hanno predisposto i loro alunni alla maturità che spetta di diritto a bambini che ancora non hanno compiuto il decimo anno di vita. Le Maestre Sacco e Stilo hanno la tempra giusta per portare a termine questo non facile compito. E’ attraverso le loro schermaglie sacrosante che nasce e matura il frutto, laddove si nota anche lo scarso interesse dimostrato dai loro colleghi, Professori in fattispecie, della Scuola Media. Le Maestre Sacco e Stilo hanno posto anche le basi di quelle che saranno le future edizioni di un Premio povero. A nessuno è chiesto niente, tanto meno a quelli che dovrebbero garantire i diritti spettanti ad una comunità abbandonata a se stessa, la quale non trova la strada per uscirne con le proprie forze. Dal canto loro i piccoli scolari si sono impegnati ad illustrare il motivo proposto dagli organizzatori: Tutti i cittadini hanno pari dignità sociali e sono uguali davanti alla legge senza distinzioni di sesso, di razza, di lingua, di religione, di opinioni politiche, di condizioni sociali.  Attraverso il citato testo i piccoli partecipanti hanno illustrato con scritture e disegni la loro esperienza con la vita e la comunità sociale. E gli elaborati segnalati in fase di premiazione ne erano una valida sintesi e testimonianza. Allo stesso tempo su Annalucia Papalia, Maria Fanzago , Maria Pangallo e Pasquale Grillo si sono appuntate nuove speranze per il futuro di Platì, certi dell’infelice cammino che li aspetta, a cominciare dall’ingresso in quella Scuola Media di cui si sono già lamentate le insufficienze. In vena di polemica è quasi doveroso far notare agli uomini di buona volontà che Platì non ha bisogno di sole caserme e oratori intitolati ai caduti della benemerita ma anche un cambio di effige per l’istituto scolastico ancora intitolato al De Amicis, visto che Platì ha dato i natali ad un educatore, e unico meridionalista platiese, come Pasqualino Perri, compianto in altre terre e distretti scolastici e dimenticato nel suo paese natale. Platì, non è il distretto 13 di carpenteriana memoria, è il distretto della vita.

lunedì 3 giugno 2019

Winning - may 31, 2019



Maria Pangallo con Bullismo e Cyber bullismo , Annalucia Papalia con  Una volontà mutilataMaria Fanzago  scuola media II B con Tutti i cittadini hanno pari dignità sociale e sono eguali davanti alla legge
assieme a Pasquale Grillo (assente giustificato) con Il bullismo
sono i vincitori della terza edizione del Premio Letterario "Ernesto Gliozzi" organizzato dall'Associazione Culturale "Santa Pulinara" e rivolto agli alunni dell'istituto comprensivo "E. De Amici" di Platì.
La piccola signorina Maria Pangallo aveva già ritirato il premio nella edizione 2018 con il racconto Il fiore della vita.

Nel corso dell'edizione 2019 sono andate perdute una G e unanell'eccitamento dovuto alla insperata riuscita dell'evento. Chi le rinvenisse è invitato ricomporle al IOZZI riportato dalla stampa. 



giovedì 30 maggio 2019

Winning [di Jacqueline Joseph 2016]


Terza edizione del Premio Letterario "Ernesto Gliozzi"
Platì 31 maggio 2019
presso 
l'istituto comprensivo "E. De Amicis"

mercoledì 29 maggio 2019

Fatti corsari - Varapodio addio



-Laria Rocco (16.8.1879/28) di Domenico e di Galloni Francesca, da S. Cristina.
-Sisinni Girolama (16.1.1880/4) da Messignadi - vedova di Mittiga Saverio.
-Reale Domenico (Mo.31.3.1880/14) da Delianuova.
-Tripepe Giuseppe (19.9.1880/56) di Domenico e di Eugenia...
-Oliva d. Girolamo (28.10.1880/60) di d. Giuseppe e di d. Teresa Barletta, sacerdote.
-Mittiga d. Carolina (19.11.1880/62) di d. Ferdinando e di d. Giulia Leuzzi- ved. di d. Francesco Gliozzi.
Oliva d. Stefano (26.12.1880/72) di d. Arcangelo e di d. Rosa Romeo, marito di d. Vittoria Spagnolo, medico (doctor phisicus).
-Pangallo mf Francesca (Mo.1.1.1881/1) di Giuseppe e Lentini Maria.
-Mittiga mf Teresa (Mo.24.1.1881/5) di Dom. e Morabito Angela- uxor Portolesi M.
-Puzzo Giuseppe (Mo.29.4.1881/23) di Pasq. -v. Carbone Anna
-Morabito d. Rachele (Mo.25.5.1881/30) di d. Franc. e d. Rosa Oliva- marito Lentini Raffaele.
-Spagnolo d. Maria Vittoria (Mo.2.7.1881/37) di d. Gius. e d. Rosaria Sculli, da Bovalino, ved. del dott. fisico Stefano Oliva.
-Garreffa Francesca (Mo.17.8.1881/43) di Franc. uxor d. Giuseppe Gliozzi.
-Oliva d. Luigi (Mo.21.10.1881/53) di d. Mich. e d. Gaetana Empoli.
-Rinaldo Giuseppe (Mo.23.12.1881/71) di Dom.  v. Spagnolo Rachele
-Pillingò Domenico (Mo.28.3.1882/13) di Vincenzo da Varapodio e di d. Domenica Zappia - era venuto qui per vedere la suocera d. Domenica Zappia, ved. del mf Giuseppe Zappia, morì improvv. all' entrare in casa. Era nato il 1858.
-Caruso Elisabetta (Mo.12.5.1882/27) di Nicola, da Ciminà - ved. Romeo Gius.
-Zappia d. Carmela(Mo.25.8.1882/49) di d. Rosar. e Lenzi Rosa ved. Mittiga G.
-Morabito mf Giuseppa (Mo.1.12.1882/65) di Dom. Ant. e di Mittiga Teresa, ux. mf Carlo Zappia.

Nota. Molti nomi sono già apparsi su questo elenco come su queste pagine. Vi faccio notare che d. vale don o donna, intesi come appellativi onorifici. Di rilievo sono i luoghi, aspromontani, di origine di molti, il cui collegamento oggi è interrotto a causa dell'incuria dello Stato Sovrano. Il doctor phisicus D. Stefano Oliva era fratello di Filippo sposo della napoletana contessina Luisa Ricciardi. Il registro è quello dei morti Vol. V°. Il lavoro è per Ernesto Gliozzi il giovane.

lunedì 27 maggio 2019

Blood Story [di Amasi Damiani,1972]



Riganò Giuseppe fu Antonio e Mittiga Carolina, di anni 20, sposò il 17/08/1973 Cinneri Grazia fu Giuseppe e Marando Francesca di Rosario

Zappia Pasquale fu Filippo e Virgara Elisabetta sposò Riganò Maria fu Antonio e Mittiga Carolina il 21/04/ 1875

Riganò Antonio e Mittiga Carolina ebbero anche Giuseppa che sposò Marando Rosario da cui nacque anche Giuseppa da loro nacque Francesca sposa di Cinneri Giuseppe da cui nacque Grazia

Zappia Pasquale (su pascali) e Virgara Elisabetta ebbero Antonio che sposò Gliozzi Serafina (zia Serafina)

Mittiga Francesco di Rocco e Buccafurni Rosa, di anni 25 sposò Riganò Rachele fu Antonio e Mittiga Carolina di anni 20… da questi nacquero tra gli altri Antonino, Rosario, Angela e Carolina.
Angela andò sposa di Lentini Giuseppe da cui nacque Ciccina (Francesca) sposa di Peppino, muttuiu, Caruso.
Antonino andò sposo di Creazzo Francesca da cui nacquero Francesco, Rosario e Antonino che nacque dopo la sua prematura morte violenta.
Carolina rimase nubile.
Rosario sposò Trimboli Maria e nacquero: Francesco, Giuseppe, Rachele, Rosa e Giuseppina ...

e quindi 
Pino, Angelina, Saro, Gaetano, Lia, Saro, Maria, Gino e Gianni.

Nota. Questa genealogia a me sconosciuta la compilò lo zio Ernesto il giovane, prima di scoprirla  avevo noto solo il mio sangue Riganò. La polaroid è una delle poche immagini in cui appare la zia Angeluzza - la prima alla vostra destra - assieme alla nonna Lisa e alle sue spalle la zia Amalia, lo zio Pepé e lo zio Ciccillo. Sulla zia Serafina e di suo marito Antonio Zappia ho scritto qualche post addietro.

domenica 26 maggio 2019

Strade di fuoco [di Walter Hill,1984]

La mafia è un problema, non il problema del Mezzogiorno. Un partito che riduce la realtà alla sola questione criminale commette un doppio errore. Un errore di analisi, e un errore politico”. Francesco Renda

That’s the press, baby, the press. And there is nothing you can do. Nothing”. Humphrey Bogart in L'ultima minaccia (Deadline - U.S.A.),1958 di Richard Brooks


Paese feudo della 'ndrangheta
A Platì, dove chi non è con la mafia è un «morto vivo»
Efferati omicidi, ma la paura cuce le bocche - Greggi «sgarrettate»

Dal nostro inviato

PLATÌ (RC) — Mentre cammini sulla strada che appena fuori il paese porta all'Aspromonte, all'improvviso ti accorgi che non sei più solo. Ti seguono. Da vicino, con le macchine nuove e luccicanti e i vestiti buoni della domenica, i gregari ed i capi mafiosi sorvegliano «l'estraneo». Qui niente sfugge, tutto deve essere «sotto controllo», magari con spavalderia e arroganza.
Platì, quattromila abitanti, è un paese arroccato sulle prime falde dell'Aspromonte. Ci si arriva lasciando la statale Ionica 106 all'altezza di Bovalino, per la strada che costeggi il torrente Bonamico. Oltre la montagna c'è già la Piana di Gioia Tauro. È la Calabria più interna e chiusa, dove la miseria e la povertà ricordano veramente altri tempi, quelli descritti da Corrado Alvaro che non a cosa era nato da queste parti, a San Luca.
Chi non è con la mafia è praticamente un morto vivo, non campa più, non esce più di casa e, se lo fa, diventa un morto effettivo. Tutto passa per le mani della 'ndrangheta. Alle sei di sera, quando il sole scompare oltre le montagne, Platì diventa praticamente un deserto
Per le strade del piccolo centro, in alto, verso la chiesa, o giù dove c'è la scuola elementare, non circola più anima viva. Una decina di giorni fa hanno ucciso un vigile urbano, un ragazzo di trenta anni, padre di tre bambini, si dice, perché aveva fatto un torto ad una famiglia mafiosa.
Da pochi giorni il sindaco di Platì è stato sostituito: hanno chiamato un altro democristiano perché il precedente, anche lui della DC, era stato condannato ad un anno e mezzo di carcere per favoreggiamento
In un processo per duplice omicidio conclusosi con tre ergastoli.
Domenico De Maio – questo il nome del sindaco sospeso — aveva appoggiato la tesi difensiva di tre noti mafiosi del paese accusati di un tremendo fatto di sangue avvenuto a luglio di due anni fa. Un brigadiere di Pubblica sicurezza e suo nipote erano stati barbaramente trucidati da un commando mafioso solo per il fatto dì avere leggermente investito una autovettura. Nel processo — tenutosi due settimane fa a Locri — si è accertato che i tre mafiosi hanno fatto inginocchiare il brigadiere e suo nipote e poi — con la pistola del poliziotto — hanno fatto fuoco senza pietà, a bruciapelo.
Un episodio efferato, emblematico, in un ambiente — così lo ha definito il PM a quel processo, il dottor Carlo Macrì - intriso di spavalderia e dì barbarie».
Un paese, Platì, dove la mafia è ormai tutt’uno col potere pubblico, al punto che qui non si fa mistero sui reali «personaggi» che stanno dietro il sindaco e il Comune che comandano i «burattini». Del resto, non più tardi di due mesi fa, Platì fu teatro di una clamorosa protesta di cinquanta donne, mogli o parenti di altrettanti presunti mafiosi, che occuparono il Municipio e quindi, con alla testa il sindaco ed il deputato democristiano Ludovico Ligato (800 voti di preferenze nel paese), protestarono dal prefetto per l'arresto dei loro congiunti accusati di associazione a delinquere e di molti altri reati.
Impunità, spavalderia, arroganza e oppressione fanno dunque tutt'uno, combinando alla perfezione vecchi ritualismi della «onorata società» e nuovi interessi dei mafiosi imprenditori. Qui infatti la 'ndrangheta è cresciuta in fretta, ha subito conquistato un ruolo «autonomo» rispetto alle cosche più importanti del Reggino, ora in prima fila nei sequestri di persona — in Calabria o in Lombardia — e tira le fila di un avviato traffico di droga con l'Australia.
Attraverso i gregari mafiosi passa tutto; finanche la pastorizia, l'unica misera risorsa che offre un territorio avaro di tutto fuorché di disastrose alluvioni, è in mano loro. Raccontano di intere greggi messe su senza i consensi «dovuti»: gli animali sono stati ritrovati dopo pochi giorni «sgarrettati», con le zampe tagliate. Attraverso il Consorzio di bonifica passano le assunzioni come guardiani e come capi squadra nella Forestale, l'ufficio di collocamento è praticamente legge privata.
A Platì l'antica miseria non è stata cancellata. I «nuovi ricchi» dell'accumulazione mafiosa hanno preferito il trasferimento a valle, nel centri della vicina costa ionica, a Bovalino, a Bianco, dove in fretta sono divenuti imprenditori di prim'ordine, proprietari di terre, di appartamenti, di palazzi interi. Nel paese, dove l'emigrazione (dal '51 a oggi ci sono cinquemila abitanti in meno) ha lacerato nel profondo il tessuto umano e sociale, sono rimasti in pochi. Le pensioni e l'assistenza rappresentano l'unica entrata «pulita». Per chi tenta di infrangere questo muro di violenza e di sopraffazione c'è la risposta più decisa: intimidazione e bombe. O, come è successo alla sezione comunista tre anni fa, colpi di pistola sparati ad altezza d'uomo. E del resto, dicono i più decisi, se non ci fosse questa paura e questa sopraffazione, «loro» non sarebbero niente.
La risposta dello Stato democratico nel microcosmo di Platì, dove la convivenza civile è, come si è visto, ormai inesistente, è racchiusa in poche raggelanti cifre: tre carabinieri in tutto, di cui due in servizio di leva, e un brigadiere; neanche un pretore. Ogni commento è veramente superfluo.
Filippo Veltri
l’UNITA’, Domenica 21 febbraio 1982

NOTA. L’epigrafe in apertura, già riportata come citazione, basta da sola a rispondere all'articolista di un giornale voce di un partito su cui si riponevano le speranze di numerosi suoi lettori/elettori molti dei quali platiesi che per diverse legislature lo sostennero. La visione è unitaria con gli altri fogli nazionali. L’astuto giornalista avanza addirittura sospetti sull’integrità morale di Corrado Alvaro “che non a cosa era nato da queste parti”. A Platì, lo ricordo, misero piede solamente Alcide De Gasperi nel 1952 e più recentemente un ministro di social fam(e)a. Del partito leader d’opposizione non si vide mai nessuno eccetto l’on Francesco Catanzariti e Michele Crea.

mercoledì 22 maggio 2019

María llena eres de gracia [di Joshua Marston, 2004]




SURSUM CORDA

Ecco il bel mese dei fiori, il soave e tiepido Maggio. Ritornata è con esso la giovinezza nei cuori, negli occhi si riflette il fior de la speranza, ne le menti risuonano i cantici sublimi de la felicità e de la gioia.
Dai prati smaltati di variopinti fiori, da le valli echeggianti per mille gorgheggi, da l'alture, donde scendono rumoreggianti le acque, - come festante allodola – s’eleva giuliva la nota di plauso, la strofa alata e profumata al Maria.
A questo coro festivo di palpiti e di preghiere s'unisca la nostra voce o fratelli. D'intorno a noi ferve minacciosa la lotta; il campo sociale è invaso dai combattenti; molte bandiere s’agitano svolazzanti al vento. Anche noi abbiamo la nostra da difendere coraggiosamente: - E’ l’insegna papale – Siamo giovani; il sangue ci scorre, forte ne le vene, e l'alto dovere c' incombe di pugnare e vincere ne le feconde lotte de la vita. Spetta a noi - speranza e riscossa de la bianca bandiera - scendere tra le masse ammutinate e spezzare il pane del Vangelo, la parola novella de la Santa Democrazia Cristiana. Avanti, dunque, o fratelli a la riscossa: «chi non pugnò non vinse».
Lassù, in alto, cinta di stelle, folgorante di luce, sta il nostro Ideale: Maria. A Lei il nostri canti in questo mese, i nostri palpiti, le nostre aspirazioni. Ella possiede una forza magnetica che ci attrae; ci attira con la bellezza de le sue forme, ci chiama con la bontà de la sua virtù, con la potenza dinamica de la sua grandezza. Andiamo a Lei. Maria ci porgerà un'arma potente per vincere ne le battaglie vitali, ci darà la chiave prodigiosa per risolvere la grande ed intricata quistione sociale; e questa chiave è l'Amore. – E qual potenza mai se non l’amore ispirato da Lei, potrà disarmare il braccio de l'affamato ed illuso operaio che conculcato ne la miseria e nel fango – si leva minaccioso per vendicare i suoi dritti? Chi potrà mai far comprendere a quel vampiro de l'usuraio che è fratello de l’abbattuto e conculcato nel fango? Eh! via, disinganniamoci, non c'è via di mezzo: o nel campo sociale torreggi Maria, o la lotta sarà aspra, sanguinosa, terribile: scegliete. Fratelli, io ivi esorto con tutte le potenze de l'anima, andiamo e Maria.
Noi abbiamo bisogno d'amor vero, santo, immacolato vien da l’alto. Un deserto sconfinato ci circonda: è il tetro egoismo regnante; l'oceano rumoreggiante d'intorno è l’accanita lotta per l'esistenza; il cielo nuvoloso senza  luna e senza stelle che ci copre è la cecità de l’anima nostra, fratelli.  
Ma, tra gli strappi di nuvole un lembo azzurro di cielo ci sorride su l’oceano lontano, brilla da lassù: è la Stella del Mare in alto i cuori! …
A lei drizziamo la vela de la nostra nave; verso quel lembo azzurro di cielo spingiamoci arditi. Maria da l'alto ci sorriderà, amorevole, ci stenderà la mano, c'ìnfonderà la forza, la fede, l’amore e vinceremo: Sursum Corda.
E. GLIOZZI-FERA
LA SCINTILLA GIORNALE DELLA DOMENICA ANNO IV – N. 18  MATERA 3 MAGGIO 1903

NOTA - Tra il film citato e l’articolo di Ernesto Gliozzi il vecchio – nelle pubblicazioni giovanili Gliozzi-Fera –sono scivolati via cento anni. La realtà in cui il film ci addentra è delle più tremende, di seguito il coltello nella piaga lo affonderanno Clint Eatwood con The Mule e più recentemente Steven Craig Zahler con Dragged Across Concrete; cosa aggiungere quando nel testo in questione si arriva a “Un deserto sconfinato ci circonda: è il tetro egoismo regnante; l'oceano rumoreggiante d'intorno è l’accanita lotta per l'esistenza; il cielo nuvoloso senza luna e senza stelle che ci copre è la cecità de l’anima nostra, fratelli” … chi non pugnò non vinseDa difendere non è più l’insegna papale o la parola novella de la Santa Democrazia Cristiana. Ma, tra gli strappi di nuvole un lembo azzurro di cielo ci sorride … Tra voi chi ricorda un maggio come quello corrente?


lunedì 20 maggio 2019

Capriccio passeggero [di Yasujirō Ozu, 1933]



Da Gallico si fa prima

Sambatello è un grappolo
di strade, la riserva animale
di un secolo.
                   Rosa l'esemplare
più raro vive nella casa
della chiesa. A terra tiene
saletta da ballo a nuovo
e teatrino parrocchiali, mentre
l'edera del giardino è sul terrazzo,
si contano le fila trai muri
scalcinati.
                         Dimmi Rosa se sei
sopravvissuta agli antenati
tuoi gli:
non c'è a morire
per prima nessuna metafora.

(Ottavio, Mema e Zio Arciprete)

Conosco dalle foto a Sambatello
un loro sembiante
(e i nomi ripetuti da mia madre).
Rosa invece si guarda allo specchio
specchiandosi li forma la polvere.

DEMETRIO MARRA

Quello che avete letto lo devo a Nina (A.) Balena che si è ricordata, leggendole, di quanto vado facendo. L'autore, reggino, è forse il livello più alto delle calabre arti, come pure l'autore della foto in apertura, Enzo Penna. Leggere e vedere non vi costa tempo e per una volta tanto vado fuori strada. Forse! L'unico a cui è lecito accostarsi in questi casi è il maestro giapponese.
Gli originali li trovate qui:

e qui Demetrio Marra conversa con Enzo Penna:
https://inchiostro.unipv.it/2017/09/27/intervista-enzo-penna-fotografo/

domenica 19 maggio 2019

L'ombra del passato [di Edward Dmytryk, 1944]


Gente, il passato è disordinato.
Si intromette come un parente indesiderato rovesciando vino e sugo al tavolo della cena.
Ma non possiamo crescere come città o popolo senza l'onesta contemplazione del nostro passato disordinato.
Inoltre, le rinominazioni delle strade sono costose e deleterie.
Se nascondiamo tutto, si mette in discussione non tanto che siamo la città a cui importa dimenticare ma più che altro, siamo la città che ha dimenticato.
Con gli occhi spalancati dovremmo veramente ricordare il nostro passato e non creare una versione falsa di esso.
William Faulkner lo ha detto meglio, ha detto, "Il passato non è morto, non è nemmeno passato."

Gente, non sono parole mie, sono rubate al film, niente di che, l’unico per cui vale la pena vederlo è James Caan, di Carol Morley, Out of the Blue del 2018 ma William Faulkner ancora parla, e spara, chiaro! Il titolo d'apertura rimanda a Chandler e il posto dove si trova la foto, rubata, lo trovate citato in precedenza.

giovedì 16 maggio 2019

L'oro di Napoli [di Vittorio De Sica - 1954]



Se l’umanità progredisce, se la libertà anziché soccombere al tutto si fa strada di continuo …” Giuseppe Ricciardi, Memorie

Tutto poteva accadere a questo “outsider – ribelle – romantico – populista – propugnatore di giustizia e libertà – attento alla questione femminile”, Giuseppe Ricciardi, antiborbonico dapprima, repubblicano europeo dopo il 1860, educato dalla madre Luisa Granito dei marchesi di Castellabate, dissidente col padre Francesco, giurista e Ministro di Grazia e Giustizia al tempo di Gioacchino Murat e di Ferdinando I, che dare in sposa la sua diletta primogenita ad un rampollo di una famiglia come gli Oliva di Platì, filo borbonici di razza per dirla con Michele Papalia.
E’ quanto si apprende da questa illuminata tesi di dottorato scritta dalla dottoressa Angela Russo: - Nel desiderio delle tue care nuove” Scritture private e relazioni di genere nell’Ottocento risorgimentale - dell’Università Federico II di Napoli, disponibile anche presso Franco Angeli editore. Lavoro scoperto da Pina e Rosalba a seguito di un colloquio con Tota Oliva.
Ancora inedite allo studio sono le connessioni tra il paese di Platì e la capitale del Regno delle due Sicilie e il capoluogo campano, tra gli anni successivi al 1860 e la Grande Guerra: Napoli.
Varcato il XXI° secolo il paese di Platì sembra ritornato in località Santa Barbara, i segni del progresso, che pure hanno servito per molti, sono ancora ignorati se non sono facili macchine ruba-pensieri. A questo si cerca si sopperire con le periodiche pubblicazioni che scaturiscono dalla sede in cui state ora e che serviranno a chi verrà non si sa quando.
A Luisa Ricciardi il titolo nobiliare le derivava da editto di Gioacchino Murat conferito al nonno Francesco con Decreto Legge nel 1813, con diritto di trasmetterlo alla primogenitura. Essa era nata il 31 dicembre 1840 negli anni che vedevano il padre Giuseppe e la madre Clorinda Not girovagare in esilio tra la Francia e la Svizzera. Così Luisa e la sorella Elisabetta furono allevate con la lingua francese, apprendendo successivamente quella italiana. Luisa era un ”diavolo in carne” come il padre.
A Napoli la vita della famiglia Ricciardi si svolgeva tra la residenza del Vomero e la villa di Posillipo. E’ da quest’ultima (Posilipo) che provenivano a don Filippo Gliozzi le missive con le massime per amministrare i beni di Filippo Oliva e di già pubblicate in queste pagine. C’è da ritenere che l’unione tra Luisa e Filippo, avvenuta il 18 aprile del 1865, fu motivata dalle ristrettezze economiche in cui versavano i Ricciardi a seguito dei continui spostamenti dovuti all’esilio di Giuseppe. Filippo venne a mancare prematuramente nel 1868 lasciando a Luisa i figli nati dalla loro unione: Filippo e Maria. Essa si è poi sposata in seconde nozze con il marchese Salvatore Spiriti di Casabruna, da cui ha avuto altri due figli.
Questa breve storia la sospendiamo qui lasciando ad altri volenterosi il suo sviluppo.
Su Giuseppe Ricciardi e le sue vicende il testo citato ed il web vi potranno aiutare non poco. 

Qui di seguito i temi riguardanti Filippo e Luisa