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lunedì 19 novembre 2018

Tribute - Serata d'onore [di Bob Clark,1980 ]


Quello che andrete a leggere, se ne avete voglia, vista l’ampiezza del testo, è il resoconto più completo e sincero di una serata e di un evento che mai in Platì si siano visti. Fino all’attuale momento, il testo è sconosciuto anche tra i promotori di quell’evento. In questa sede è riproposto a causa di una dolente nota unita ad amarezza: la mancata, continua, persistente, inesistente partecipazione delle donne platiote a qualcosa che non abbia come riferimento la Signora di Loreto, come hanno sottolineato le soavi voci che arrivavano dal contiguo duomo proprio durante il corso di quell’avvenimento. L’autrice, tra il pubblico di quella sera, lavora per una testata di (quasi) solo donne. La sensibilità tutta femminile ci ha restituito integro quell’episodio che ha visto partecipi tra il pubblico solo distinte signore risalenti dalle marine joniche, tra cui la signora che mi ha fatto notare tale resistenza.

Quanti vorranno conoscere il programma di fimminatv possono aprire questa pagina:

Platì: Prima edizione del Premio letterario giornalistico Totò Delfino



Ieri sera si è tenuta a Platì la prima edizione del Premio letterario giornalistico Totò Delfino, organizzata dall’ associazione “Santa Pulinaria” in ricordo del giornalista calabrese. È stato volutamente scelto il 5 Novembre, giorno in cui avrebbe compiuto 84 anni, non solo per commemorare la sua figura, ma per farla rivivere in un ambiente di piacevoli aneddoti e ricordi.
Grande uomo di cultura Totò Delfino ha esaltato la terra calabra non solo nella letteratura, ma esponendo anche e soprattutto le cronache giornalistiche nei quotidiani locali e nazionali. Il valore della sua amata gente è stato sempre messo in primo piano, in special modo le narrazioni ambientaliste, la cultura, le tradizioni e la vita di quel territorio da sempre martoriato. Il volto letterario della Calabria ritrova in Delfino una posizione di rilievo. La Calabria diventa nella narrativa delfiniana un locus amenusfatto di ambienti fiabeschi, attraverso uno stile ironico-satirico che mette in luce il carattere goliardico dello scrittore-giornalista.
Ad aprire la serata è Michele Papalia dell’associazione Santa Pulinaria il quale definisce Delfino “un grande meridionalista che non aveva prezzo e quindi non aveva padroni. Ha sempre speso parole per gli ultimi, nonostante la numerosa cronaca sulla ‘ndrangheta che attanaglia la nostra terra. Dopo dieci anni di silenzio ufficiale, ricordarlo oggi davanti a così tanta gente vuol dire molte cose e più che un evento è una festa di compleanno”.
Scrittore, giornalista, critico, impegnato politico, ma soprattutto vicino all’istruzione dei giovani, il Preside Totò Delfino, per tutta la vita si è prodigato affinché la cultura fosse un punto di riferimento per i calabresi, tanto da organizzare gite nella sua bella Calabria, facendo riscoprire non una terra maledetta dall’arretratezza mentale e dalla mafia, ma un mondo di bellezze paesaggistiche e di accoglienza.
A monitorare la serata c’era Maria Teresa D’Agostino che parla di Totò Delfino come una “figura di riferimento, intellettualmente onesto e dirompente. Per questo – prosegue la giornalista – è una gioia essere oggi qui insieme alla sua famiglia”.
Presente all’evento era anche il piccolo Antonio Delfino, che con il suo temperamento, vivacità e forza d’animo somiglia ogni giorno di più al nonno.
A presenziare il tavolo degli ospiti, lo scrittore Mimmo Gangemi il quale conobbe Totò Delfino negli anni ’70 “quando era assessore alla provincia”. Gangemi fa di Delfino un piccolo racconto, narrando gli incontri, le vicende che li hanno avvicinati, la personalità e spiegando la narrativa che ha contraddistinto il compagno: “Delfino è stata una voce autorevole che ha portato alta l’immagine del meridione riuscendo a farsi ascoltare anche dall’Italia intera”.
La voce di Totò Delfino infatti è arrivata all’intera nazione attraverso le principali testate giornalistiche italiane come Il Giornale e l’Europeo diretto da Vittorio Feltri il quale, alla presentazione di uno dei libri più riusciti di Delfino, Amo l’Aspromonteesprime parole di stima verso il giornalista e la sua Calabria.
Ciò che invece viene rimproverato a Feltri è il fatto di “non averlo commemorato alla sua morte”, annuncia Paride Leporace, direttore della Lucania Film Commission e fondatore e direttore di Calabria ora. “Totò Delfino era come un padre per me. Amava definirsi un fratello d’asino, perché la montagna condizionò fortemente il suo essere e la sua produzione bibliografica”. Un giovanissimo Leporace e il già affermato giornalista Delfino si erano conosciuti al tribunale di Palmi durante i processi di Giacomo Mancini e, da qual momento era nata una profonda amicizia e collaborazione professionale. “Totò non era solo un libertino, ma un libertario, è un esponente del New Journalism che mescola giornalismo e letteratura”.
Infatti Delfino era un “cronista narratore”, perché non solo captava la notizia, ma ci entrava dentro per trasmetterla con una profonda capacità retorica. Ed è proprio l’oratoria, molte volte ironica e puntigliosa, ad aver posto Totò Delfino in una posizione di primo piano in Calabria.
Lo scrittore Mario Nirta ha parlato di Delfino con grande commozione, giudicando che “le sue opere andrebbero lette nelle scuole. Era uno scrittore con i parandranguli in una cultura calabrese spesso fatta da eunuchi”.
In ultimo la signora Leila, moglie di Delfino ha proclamato il vincitore del premio letterario giornalistico Ilario Ammendolea, direttore editoriale del settimanale Riviera: “Sono orgoglioso di ricevere questo premio nella sua amata Platì per la quale mi sono sempre speso per rivalutarne l’immagine”.
Il dibattito sul giornalismo “delfiniano” si è protratto per un’altra ora, come in una di quelle serate, magari una festa di compleanno tra amici, durante la quale si passa a raccontarsi i bei vecchi tempi passati insieme.
Totò Delfino respirava attraverso la scrittura, piangeva e rideva per la sua bella Calabria, cantava le lodi dell’amato Aspromonte e raccontava la vita quella gente umile      quasi come fossero personaggi fiabeschi. La figura di Delfino, la sua narrativa e il suo giornalismo hanno contribuito a educare la mente, alla costruzione di un personale pensiero critico svincolato da qualsiasi influenza esterna e da buon “libertino della penna” ha insegnato ad essere finalmente liberi.
Cristina Caminiti

Foto e testo qui:

domenica 18 novembre 2018

Fatti corsari - Hydraulicae machinae rotis



-La Nera Maria (Mo.28.11.1874/41) di Domenico e Staltari Anna, di 2 anni.
-Trimboli Domenico (Mo.17.4.1874/8) di Saverio, fu trovato morto in loc. Porcejeri.
-Zappia mf Filippo (Mo.1.9.1874/28) di Pasq. e di Sergi Rosa, fu ucciso a colpi di scure.
-Miceli Giuseppe (Mo.29.3.1875/10) di Francesco e Grillo Maria, a 20 anni, mentre attraversava il fiume in località Misavrico, fu travolto dall' abbondanza delle acque.
-Mittiga Rosario(Mo.5.1.1875/1) di d. Gius. e mf Rachele Mittiga, involutus hydraulicae  machinae rotis, illico obiit.
-Frascà d.Teresa (Mo.28.11.1875/26) di Vincenzo, moglie di d. Francesco Papalia, da Ardore.
-Mittiga mf Marianna (Mo.20.12.1875/33) di Rocco e Perre Giuseppa.
-Gliozzi Elisabetta (Mo.4.4.1876/20) di d. Giuseppe e mf Garreffa Francesca, di 4 anni.
-Fera mf Rosario (Mo.16.5.18976/36) di Francesco e Lentini Anna, celibe, vir bonus, laboriosus et eminente virtute praeditus.

Nota - Donna Teresa Frascà era la mamma del dottor Vincenzo, Lividure Eteroclite, Papalia. Vi ricordo, come se non bastasse, che tutto questo lavoro è per mano, lavoro e tempo, di Ernesto Gliozzi il giovane. La foto con vista sul Bonamico risalgono alla primavera passata.

giovedì 15 novembre 2018

Le tegole [di Roberto Mauri, 1960 ]



Le tegole

Questo racconto parla del mio bisnonno Antonio e della sua famiglia vissuti negli anni 30. Avevano una fabbrichetta nella quale costruivano tegole. Per farle dovevano fare un impasto di creta che prendevano nel “Marcatu” un terreno fuori Cirella.
La creta veniva lavorata con acqua, e con i piedi per formare un impasto omogeneo e liscio.
Successivamente prendevano questo impasto e lo mettevano in una forma fatta di legno, lo modellavano con un panno bagnato per non formare crepe e farlo liscio. Infine questo impasto lo mettevano in un’aia per farlo asciugare un paio di giorni.
Successivamente preparavano il forno, che era costruito sotto terra, poi mettevano le tegole, in fila ordinata per farle cuocere. Coprivano il foro e accendevano sopra il fuoco per un paio di ore, poi lo lasciavano raffreddare per alcuni giorni. Le toglievano dal forno e le mettevano tutte in ordine sugli scaffali del loro magazzino. Una volta non c’erano i nostri mezzi di trasporto ma c’erano gli asini.
Le tegole venivano messe nelle sporte in mezzo alla paglia e portate a destinazione. Per venderle chi le voleva comprare e non aveva i soldi faceva degli scambi con olio vino, grano e fichi.
Giuseppe Macrì IV a
Cirella 16 Aprile 2018

NOTA. Il testo di Giuseppe Macrì di Cirella è stato premiato nell'ultima edizione dell' Ernesto Gliozzi award. Devo sottolineare che nella citata edizione 2018 le sorprese sono venute fuori proprio da Cirella di Platì.

mercoledì 14 novembre 2018

Il piacere della sua compagnia [di George Seaton,1961]



Totò Delfino era un vero platiese e del paese amava tutto: persone, luoghi e cose. Anche dopo che si era trasferito a Bovalino, godeva nel ritornare a percorrere le strade dove era cresciuto, seguiva i tornanti della montagna soffermandosi a immortalare con la sua macchina fotografica le cime, le vallate e i torrenti. Volendo parafrasare il titolo del romanzo dello scrittore Thomas Mann, per lui, l’Aspromonte era “la Montagna incantata”. Terra, casa e vita di cui si nutriva ogni giorno di storie, leggende, colori, odori e suoni come quello dello scorrere dell’acqua della fiumara, che per lui era musica che lo accompagnava durante le ore di studio o di scrittura. Lui per noi era un amico, un goliarda che amava la compagnia. Sono indimenticabili le serate d'estate quando si passeggiava fino a notte fonda scherzando e ridendo. In sua compagnia non c’era la separazione per gruppi d’età e molti eravamo più giovani di lui, ma si trovava benissimo perché aveva la leggerezza dello spirito giovanile. A quel tempo la strada era luogo d’incontro, il circolo di tutti, il teatro all’aperto dove ognuno recitava la sua parte. Noi, più giovani lo ascoltavamo con piacere perché era una fucina di aneddoti, di racconti scherzosi e lui amava raccontare e raccontarsi, compiacendosi di essere ascoltato. Totò Delfino è stato un giornalista attento alle problematiche sociali, professore e preside stimato. Da politico ricoprì il ruolo di consigliere e assessore provinciale. La sua penna era proverbiale per l’ironia leggera e mai offensiva. Alcuni suoi pezzi giornalistici sono quadri di vita quotidiana. Una vita semplice, umile, ingenua e decorosa da cui traeva la sua ispirazione. Basta ricordare qualche suo brano come “Rocco in frac”, “Il cappotto”, “Le anime del Purgatorio” che sono dei piccoli capolavori. I suoi libri, “Gente di Calabria”, “Amo l’Aspromonte”, “Il raglio dell’asino”, rappresentano il grande affresco di una terra dalle mille sfaccettature, il condensato di storie e uomini osservati e descritti nei tratti somatici e caratteriali con pennellate simili a quelle di un abile pittore. Sono passati dieci amai dalla sua scomparsa ed oggi ci siamo riuniti per ricordarlo. Ci piace immaginare che lui sia qui di fronte a noi che ci osserva con aria ironica e divertita, contento di ascoltarci. Noi lo salutiamo, dicendogli: “Ciao caro Totò, ben tornato nel tuo amato paese.”
 Pasquale Violi

Nota. Alla serata del cinque novembre scorso Pasqualino Violi non potette intervenire. Il testo inviato agli organizzatori si sarebbe dovuto leggere durante il corso della manifestazione ma il tempo gli fece danno e così lo scalpitare dei presenti dato il prolungare degli interventi. Oggi si tenta di riparare anche perché il tributario dell’evento è (ri)visto con gli occhi di un altro platiotu. La foto d'apertura la trovate dispersa nel web.






lunedì 12 novembre 2018

I Origins - Platì e oltre



Caro Luigi,
mi piace questa corrispondenza che ha il sapore delle antiche lettere che pubblichi nel tuo blog. Quando ci sentimmo per telefono tu mi parlasti del tuo ritorno alle origini e dell’interesse per Platì ed io ti risposi che, al contrario, non avevo alcun interesse. Era in parte una bugia (detta a me stessa) perché per tutti gli anni da quando ho lasciato la Calabria (avevo 9 anni) ho dovuto prendere una distanza emotiva da un luogo che mi provocava il dolore della lontananza. Ho vissuto fra questa nostalgia per un paradiso perduto e la soddisfazione di essere proiettata nel mondo. La questione e le riflessioni sono tante e sarebbero da affrontare forse in inverno davanti ad un camino acceso. Comunque, a seguito di alcune domande di mia sorella e di uno dei miei fratelli, mi sono messa alla ricerca dei nostri avi e ciò che mi è successo è che la diga, che avevo costruito a contenere quelle emozioni legate al passato, è crollata. Mi sono resa conto che potevo vivere ricordi ed emozioni perché non più legata alla contingenza del lavoro e dei doveri e mi sono immersa nei registri degli archivi di stato consultabili online. Di lì sono nate altre emozioni, interessi e ricerche che sto perseguendo e che ho intenzione di continuare anche durante un soggiorno di qualche mese in Calabria, a Locri dove sono nata e dove il ricordo emotivo è più forte, legato soprattutto a mia madre e a mia nonna.
...

Non so se te ne ho già accennato, ma io ho vissuto alcuni anni in Australia ed ho anche abitato con la mia prozia Bettina Perri madre di Rosario (Rosi per la famiglia). Lei è morta ultranovantenne ed anche lui è deceduto da qualche anno. Peppino Mittiga era parente (cugino, credo) di Giuseppe Ielasi che ha sposato la sorella di mio padre, Ada. Entrambi erano sarti e qui ci sarebbe da fare tutto un discorso a parte sulle botteghe di sarto di Platì e sui sarti che lì si formarono.
Ciao
Rosalba

Nella foto Rosalba e Pasqualino Perri. Bettina Perri ,madre di Rosi, era sposata con Peppino Mittiga.

domenica 11 novembre 2018

Una storia vera [di David Lynch, 1999 ]


Io sono la mia storia”. Wim Wenders Nel corso del tempo, 1975

Caro Luigi, …
mi sto divertendo a ricostruire le famiglie nell’800 e sono così incorsa nella piccola saga di cui ti parlavo…

Il 07/10/1803 nasce a Platì Michelina Papalia figlia di Giuseppe e Teresa Mittiga.
Il 09/05/1804 muore suo padre Giuseppe Papalia.
Il 09/02/1818 sposa Rocco Cutrì di Messignadi. Sul registro dei matrimoni viene dichiarata di anni 19 (mentre in effetti ne aveva 15) e di professione “civile”. Tale termine veniva assegnato a coloro che erano benestanti e le cui professioni non erano inquadrate. Quindi Michelina Papalia apparteneva ad un ceto sociale di un certo rilievo per lo meno economico. Rocco Cutrì ha ventun anni e viene dichiarato anche lui di professione “civile”, figlio di un Massaro di Bovi che, non potendo essere presente a Platì per dare il proprio consenso al matrimonio, invia un altro Rocco Cutrì, Arciprete di Messignadi, a fare le proprie veci.
Il 18/05/1819 il giovane marito muore a Messignadi lasciandola vedova senza figli (non vi sono nati di questa coppia né a Messignadi né a Platì) e Michelina torna a casa dalla madre, infatti:
Il 08/05/1822 sposa Mastro Giuseppe Fera d’anni 28, mastro ferraro, figlio di Michele e della Signora Candida Nirta (da notare che le mogli dei mastri venivano riportate sui certificati ufficiali con l’appellativo di Signora). Michelina viene dichiarata di anni 22, in effetti ne ha diciannove. Fra i documenti elencati come presentati, vi è l’atto di morte del primo marito.
Il 02/10/1831 nasce il figlio della coppia: Domenico Rosario Fera.
Il 06/02/1836 muore il secondo marito.
Il destino sembra essersi accanito con Michelina, che però non desiste e nel 1838 prepara i documenti per un terzo matrimonio con Francesco Stefano Domenico Collufio (o Collusio) nato il 02/04/1813 (quindi di 10 anni più giovane) a Tresilico, figlio di Giuseppe Antonio (civile) e Concetta Lando. La professione del futuro sposo è quella di “fallegname”. Il comune di Tresilico provvede alle pubblicazioni (Atto di notificazione), ma…
Il 26/02/1838 l’usciere presso la Regia Giustizia del Circondario di Ardore, invia al Sig. Don Giosafatto Furore, Sindaco ed ufficiale dello Stato Civile del Comune di Platì, istanza di opposizione al matrimonio da parte di Francesco Fera (Istante), proprietario, in qualità di cugino del defunto marito della Signora Michelina Papalia, proprietaria, con Mastro Domenico Collufio, falegname, domiciliato in Trisilico, per i seguenti motivi:
1° Perché essa Papalia dimenticando i doveri di Madre verso il di lei unico figliuolo Domenico Fera dell’età di anni sei, dopo aver barattato e trafugato tutto ciò che formava l’asse ereditario del fu di lui padre Mastro Giuseppe Fera, ed abbandonato snaturatamente il … pupillo alla discrezione altrui ha pensato passare ad un terzo matrimonio negando non solo ogni sussidio della sua propria roba, ma senza neppure restituire ciò che al Minore si appartiene, e che ascende a valore di circa ducati cinquecento, di che l’istanza si riserba di chiedere il redde conto come per Legge. 2° Perché essa Papalia avea promesso al fu di lui marito di non passare ad ulteriori nozze con chichesia dopo la di lui morte ed ora trasgredendo questo patto si vuol dare in moglie ad una persona inferiore di condizione e che soffre degli intervalli di demenza. Per tali motivi adunque si oppone l’Istante al preteso Matrimonio che si vorrebbe contrarre tra loro. Quindi è che in virtù del presente atto ho inibito esso Sig. Sindaco e uffiziale dello Stato Civile di procedere alla solenne promessa dello Stato Civile protestandogli l’Istante in caso diverso di tutti i danni ed interessi e di agire in linea criminale contro di esso Sig.r Sindaco quante volte non si uniforma a quanto prescrive la Legge nell’Articolo 69 e 70 delle LL. Civili prescrivendo gli stessi che l’uffiziale dello stato civile subito che viene a lui notificata opposizione di Matrimonio non può passare oltre, ma deve notare della opposizione nel Libro addetto e vistare l’originale, e di rispondere di tutti i danni, ed interessi, non che alla Multa di ducati sessanta ed alla perdita della carica, come anche alla pena di prigionia giusta Articolo 244 delle LL Penali.
Tale opposizione viene comunicata anche ai due pretesi futuri sposi. Ora non è dato sapere quali passi abbia intrapreso Michelina, o chi per lei, fatto sta che:
L’anno milleottocento trentotto il giorno ventotto del mese di maggio in Platì. Ad istanza del Signor Francesco Fera proprietario, domiciliato in Platì, Io Vincenzo Gliozzi, Usciere presso la Regia Giustizia del Circondario di Ardore ivi domiciliato, ho dichiarato al Signor D. Giosafatto Furore nella qualità di Sindaco ed Ufficiale dello stato Civile del Comune di Platì, non che a Donna Michelina Papalia, proprietaria ivi domiciliata, che l’istante non più si oppone al matrimonio contraendo con Mastro Dom.co Collufio di Tresilico dalla prefata Signora Papalia, vedova del fu Giuseppe Fera, e formalmente rinunzia all’atto di opposizione del giorno ventisei Febbrajo milleottocento trentotto.
E così il giorno stesso, 28/05/1838, il sindaco emette il Certificato da presentarsi al Parroco per la celebrazione del matrimonio che viene registrato al numero d’ordine 6 dell’anno 1838.
Il 06/02/1839 Michelina Papalia dà alla luce a Platì un figlio maschio a cui viene imposto il nome di Giuseppe Alfonso Carlo Collufio.
Il 06/11/1841 Michelina Papalia dà alla luce una figlia a cui viene imposto il nome di Maria Concetta Teresa Collufio.
And that’s all, folks!
Ciao
Rosalba

giovedì 8 novembre 2018

PLATOON [di Oliver Stone,1986 ]



Platì cinque novembre duemila diciotto ore diciassette. I sogni e gli sforzi di un plotone di platioti sembrano essersi realizzati: il cinema Loreto di nuovo gremito di spettatori, non accorsi per la visione di immagini scaturite da uno schermo, che all’epoca della sua età dell’oro, i piccoli astanti ingigantivano con la fantasia, in realtà, la sua estensione era di due metri e mezzo per due, poca cosa al confronto con i Garden, gli Odeon, i Metropol delle megalopoli. L’evento è del tutto inedito: la celebrazione con conseguente resurrezione dell’Ultimo Glorioso Figlio. E come oggi sull’altare maggiore dell’annesso duomo si avvicendano temerari ministri venuti da fuori, così sono accorsi da vicino e da lontano, ad affiancare i parenti del personaggio celebrato, uomini di Stato, scrittori, politici, giornalisti ed una piccola, locale, emittente televisiva. Così quell’esiguo drappello, unito attorno al simbolo of life and hope, l’ulivo, ha dimostrato coraggio e fede per la rivincita di un territorio e di una popolazione emarginata, ghettizzata, a causa di trame sovversive altrove, ancora oggi, pianificate. Al solito: finito l’Ufficio i patriotti sono dovuti rientrare nei ranghi della dura, scura, quotidiana, ingrata realtà, senza per questo smettere di fare progetti per l’avvenire.

Tornando al titolo sopra citato eccovi per Totu Delfinu Samuel Barber e Leonard Bernstein al top


mercoledì 7 novembre 2018

Una lucertola con la pelle di donna [di Lucio Fulci, 1971 ]


A zafrata, opera in argilla fiorentina con cui il Maestro Domenico Carteri di Ferruzzano ha contribuito alla riuscita della prima edizione del Premio Giornalistico Letterario "Antonio Delfino" organizzato dall'Associazione Santa Pulinara di Platì e consegnata al giornalista Ilario Ammendolia il 5 novembre 2018, nell'ex Cinema Loreto di Platì.


MOTIVAZIONI
La scelta del Professor Ilario Ammendolia tra una rosa ristretta di candidati, quale vincitore del primo Premio Antonio Delfino, non è stata influenzata dalle sue pubblicazioni o dallo stile letterario dello stesso. Abbiamo scelto di premiarlo, perché nei suoi scritti, nei suoi articoli pungenti e senza filtri Ilario Ammendolia ricorda molto da vicino il temperamento e la passione che animava Totò Delfino. Siamo andati a rileggere diversi articoli pubblicati nelle varie testate giornalistiche, comprese quelle on-line, dove la sua libertà di pensiero e di penna ci ha favorevolmente convinti della integrità morale e del grande senso di appartenenza alla nostra Terra di Calabria. Ci ha colpito uno dei più recenti, in cui il professore scriveva: “La legalità è un valore, solo se illuminata dalla Costituzione, intesa come Patto Sociale vincolante per tutti, altrimenti diventa una camicia di forza da fare indossare ai più deboli per renderli inoffensivi e servi”. Ammendolia con garbo giornalistico, solleva il lenzuolo per mostrarci che il Re è nudo, e lo fa per denunciare le vittime di Giustizia, battendosi per una Calabria secondo Costituzione, ergendosi a difensore dei deboli come ha fatto il compianto Totò Delfino. Totò non è morto, non si muore mai completamente.
Complimenti Professore.




domenica 4 novembre 2018

Le meteore: Paolina - due volte bella - Furori

Come richiesta dal gentile lettore,


A l’anima benedetta
De la signorina Paolina Furori
Due volte bella
Ne lo spirito e ne le sembianze

( Versi )

Oh non mi date i pallidi
Crisantemi di morte onde si copre
Ogni superbo tumulo:
Pallidi come i fior sono le opre
Oggigiorno de i nobili
Neppur domando lacrime bugiarde
Spremute per miracolo
A cuor che per amor giammai non arde
Come la cartapecora.
Non lacrime né fior io vi domando
Per il beato spirito
Che da la terra al ciel salì trillando
Come festante allodola.
Oh datemi la palma di vittoria
E l’ulivo pacifico
Faremo una corona a la memoria
De la defunta vergine
Che nella valle dove regna il pianto
Spiccò d’un tratto il rapido
Volo verso l’azzurro dove il Santo
Regna Gran Dio di Sabaoth.


Sac. Ernesto Gliozzi sen


mercoledì 31 ottobre 2018

The Little House (小さいおうち) [di Yoji Yamada,2014 ]

Premessa: Questo atto di vendita a distanza di 114 anni si è trasformato in una piccola novella piena di dati, nomi illustri o meno e alias. Ognuno vi può trovare informazioni necessarie sul proprio passato di famiglia. E il notar Carmelo Febbo ne deve aver sfiancato di muli per venire al paese per poi tornarsene al luogo di partenza.


Vendita. Regnando Vittorio Emanuele Terzo per grazia di Dio e per volontà della Nazione Re d’Italia. – Nel giorno dieci Marzo mille novecento tre in Platì, nella casa di Francesco Mittiga d’Agostino, via Fornacia. Innanzi a Noi Notar Carmelo Febbo residente in Ciminà qui all’ogetto dell’atto presente iscritto presso il Consiglio Notarile Distrettuale di Gerace, ed il presenza dei testimoni da Noi ben conosciuti e forniti dei requisiti richiesti dalla Legge, Rosario Trimboli fu Francesco, possidente, e Giovanni Iermanò fu Antonio egualmente possidente, ambo nati e domiciliati in Platì; si sono personalmente costituiti – La Signora Caterina Trecase di Saverio, maritata Francesco Mittiga d’Agostino, che si costituisce al solo scopo di autorizzarla all’atto presente, possidente da una parte. E dall’altra Domenico Ciampa di Vincenzo muratore. Tutti e tre nati e domiciliati in Platì, ben noti a Noi Notaio e testimoni.  La costituita Caterina Trecase dichiara avere e possedere in questo abitato di Platì sulla strada San Nicola e via Filanda, due terze parti di una stanzetta, oggi affatto distrutta, e soprapposta ad un basso di proprietà del costituito Domenico Ciampa, limitata dalla strada S. Nicola, da Saverio Barbaro Miroci e Domenico Zappia Cipri e dal ridetto Domenico Ciampa di Vincenzo franca e libera detta stanzetta  da qualunque  ipoteca o servitù  o non riportata in catasto perché distrutta dal terremoto 16 novembre 1894. Quale due terze parti di detta stanzetta, oggi ridotta al solo dritto d’aria superiore si è risoluta essa Caterina Trecase di venderla, ed avendo trattato la  cessione con l’altro costituito Domenico Ciampa, il quale vi aderì così vende e liberamente alieno a favore dello stesso tutti ed intieri  i di lei dritti vi possiede sulla stanzetta sopra descritta pel prezzo bonario di lire duecento, somma che essa cedente Caterina Trecase alla nostra presenza e dei testimoni se la riceve dall’acquirente Domenico Ciampa e ne rilascia a favore dello stesso la quietanza, e sin da questo giorno lo immette sul pacifico e legale possesso di tutti i di lei dritti vi possiede sulle due terze parti della venduta stanzetta , oggi distrutta, quindi garentisce all’acquirente i dritti vi possiede sull’aria superiore del precennato basso; e senza nessuna riserva o condizione di sorta da parte di essa venditrice Caterina Trecase che garentisce la presente vendita all’acquirente nel più lato senso di legge. L’atto presente verrà sottoscritto dalle parti meno della Trecase per essere analfabeta.
In seguito di ciò Noi Notar abbiamo letto a voce chiara ed intellegibile il presente atto ad esse parti in presenza dei testimoni, ed interrogato le parti medesime in questo atto si contiene la di loro precisa volontà ci hanno riposto affermativamente, e perciò l’approvano e l’accettano. Fatto pubblicato e ricevuto in Platì, Circondario di Gerace, Provincia di Reggio Calabria, oggi sudetto giorno, alla presenza delle parti di sopra costituite ed individuate nonché dei sudetti testimoni i quali con le sudette parti e Noi Notaio sottoscriviamo l’atto presente che consta di un foglio di carta di legale incisione in tre facciate meno righe di nostro carattere e da Noi medesimo compilato.
Mittiga Francesco - Ciampa Domenico – Rosario Trimboli teste – Iermanò Giovanni teste – Notar Carmelo Febbo residente in Ciminà ho stipulato – Registrato in Gerace a 28 Marzo 1903