Quando e
perché il Bruzio cominciò ad essere chiamato Calabria
Alcuni storici affermano che i Greci, quando le città
principali dell'antica Calabria furono occupate da Romualdo, duca di Benevento,
abbiano trasferito il nome della provincia perduta al Bruzio che ancora ad essi
restava soggetto. E questa tendenza dei superbi, per quanto inetti, bizantini,
si vede chiara dal fatto che restrinsero a poco a poco anche il nome di « Romagna ››
ossia terra dei Romani, all'esarcato che sempre più si andava assottigliando,
ma che, nel loro sciocco orgoglio, formava la loro eredità dell'impero
occidentale; ed ugualmente diedero il nome di « Sicilia » poi, al tempo dei
Normanni, detta « Sicilia cismarina » all' Italia meridionale, quando fu conquistata
dagli Arabi l’isola di tal nome; (donde in seguito la denominazione di regno delle due Sicilie) - e
similmente in seguito chiamarono Romania la provincia d’oriente che più a lungo
continuò a re- star loro soggetta. Ma del tempo preciso in cui per il Bruzio un
tale cambiamento di nome sia avvenuto nessuno sa dirci: poiché quegli stessi,
che affermano che un tale cambiamento sia stato fatto con gran pompa per
un’ordinanza imperiale, fanno vedere la loro esitanza e il dubbio della propria
opinione, dicendo che probabilmente quell'ordinanza non aveva data.
Osservo però che tra le firme dei vescovi che, nel Concilio
romano, sottoscrivono l'epistola sinodica di papa S. Agatone agli Augusti
imperatori d'oriente, per celebrazione del VI Concilio ecumenico, terzo di Costantinopoli,
in data del 680, si trovavano anche le firme dei vescovi delle nostre regioni e
il nome della provincia a cui essi appartengono. Ma dalle sottoscrizioni pare
che quei vescovi non sappiano neppur essi a qual provincia appartengono; cosa certamente
impossibile se quel cambiamento di nome fosse avvenuto solennemente per un
ordine imperiale. Le sottoscrizioni infatti sono tali che, dei nove vescovi del
Bruzio, cinque si dicono della Provincia di Calabria, cioè ; Stefano di Locri,
Teofane di Turio, Gregorio di Taureana, Teodoro di Tropea, e Crescente di
Vibona - e quattro si di- cono della provincia dei Bruzii, cioè: Giuliano di
Cosenza, Abondazio di Tempsa, Pietro di Crotone, e Paolo di Squillace. Mentre
dall'altra parte, dei vescovi della penisola Salentina, Giovanni di Otranto si sottoscrive
della provincia dei Bruzii, e Germano di Taranto, della provincia di Calabria.
E mentre l occupazione del Duca Romualdo avvenne nel 675,
ecco, appena cinque anni più tardi, una tale promiscuità di nomi nelle due
provincie che gli stessi vescovi non sanno quale sia il nome di quella a cui essi
appartengono; manifesto che il cambiamento di nome non era avvenuto per un
rescritto imperiale.
Io penso invece che i Bizantini, non volendo rassegnarsi
alla perdita della Calabria, quando essa fu occupata dal duca Romualdo,
continuavano ad eleggere i magistrati che continuarono a mandare in Italia col
titolo, ormai vuoto di senso, di governatori di Calabria. Ma questi, non potendo
più dimorare nell'antica regione, le cui città principali appartenevano al duca di Benevento,
cominciarono da quel tempo a risiedere nel Bruzio, ancora sotto la dominazione
bizantina, pur ritenendo il nome di governatori di Calabria, e di qua governando
il Bruzio e le piccole terre che ancora possedevano nell'antica Calabria.
Quando però si cominciarono ad accorgere che il solo titolo poco valeva,
giacché il duca Romualdo aveva ben fermato il piede nell'antica loro provincia,
cominciarono a chiamare indifferentemente Bruzio o Calabria tutte le terre da loro dipendenti nel mezzogiorno d'Italia, quindi
tanto l'antico Bruzio quanto le poche terre che ancora ad essi restavano
soggette nella penisola Salentina. Si riferirebbe cosi a questo tempo la lettera
sinodica di papa Agatone, da cui si vede che i vescovi non sanno quale sia il
vero nome della provincia a cui essi appartengono; e la ragione sarebbe l’indifferente
promiscuità dei due nomi, dati in quel tempo, si all’una che all'altra provincia.
In seguito però il nome dei governatori passò a poco poco, ma definitivamente,
alla regione da essi amministrata: e mentre il Bruzio mutava, quasi insensibilmente,
il suo nome in quello di Calabria, nella penisola Salentina si estendeva da
Nord a Sud il nome di Apulia (Puglia).
È vero che anche dopo la fine del secolo settimo si continua
a trovare testimonianze col nome di Bruzio: non ultima fra le quali la
ripartizione geografica dell’ltalia, fatta da Paolo diacono verso il primo
decennio del secolo IX, quantunque l’antico nome si trovi in essa corrotto in «
Briccia » segno manifesto che quel nome non si pronunziava più; - ma è
piuttosto l’ostentazione di un ricordo storico, anziché il vero nome della provincia
in quel secolo. Appunto come facciamo ancor noi quando chiamiamo Bruzio e Magna
Grecia la nostra terra; o come i nostri vecchi, i quali, per abitudine
contratta, continuano a dire ancora « Calabria citra « e « Calabria ultra ›› mentre
noi intendiamo invece soltanto i termini geografici di Provincia di Reggio, di Catanzaro, di Cosenza. E tante sono le testimonianze,
anche anteriori ai tempi di Paolo diacono, che non se ne può più dubitare.
Senza pero che io mi dilunghi per questo in vane citazioni, chi ne avesse voglia
veda il Morisani.
Questo in quanto al tempo.
E la causa d’un tale cambiamento di nome? Io penso che la
residenza dei governatori bizantini nelle nostre province ne sia stata soltanto
la causa occasionale. La causa però intima e sconosciuta, ma causa efficiente
io penso che sia stata la vergogna della propria abbiettezza in quel tempo, paragonata
alle glorie dell'antichità. E qui cedo interamente la parola al Faccioli. A questo
proposito così egli scrive: « Dopo l'annullamento politico delle nazioni italiche
la caduta dell' Impero portò seco il cambiamento generale dei loro rispettivi
ed antichissimi nomi ; quei nomi che ricordano i fasti, i giorni e di secoli della loro passata grandezza ; nomi dei quali, dopo
il medio evo, fu sentito il bisogno di sperdere la memoria, perché i posteri
ignorino di qual sangue e di quali padri discendano: e perché anche ignorino di
esser dessi nati e di vivere in quel medesimo suolo, sotto quel medesimo cielo,
patrie onorate dei loro avi ed illustri per tante grandezze e vittorie.
La nostra terra, che
fu magna pars della Magna Grecia e Bruzio glorioso, quando comincerà ad essere
magna e gloriosa Calabria?
Occhiuto B.
POPSIS, Anno
III, fascicolo 1 - 2, 1912