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giovedì 12 gennaio 2017

Una pura formalità (reg. Giuseppe Tornatore - 1994)


Estratto dell’istromento del sedici Giugno mille ottocento settantanove, redatto per Notar Rocco Musitano
Costituiti
   Il molto Reverendo Arciprete Don Pasquale Calabrò fu Lorenzo, da una parte
   E dall’altra  - I Sig.ri Gliozzi Filippo e Francesco fu Domenico
Il costuituito Sig.r Calabrò ha dato ... in fitto al costituito Sig.r Filippo Gliozzi , che accetta, i fondi olivetati denominati Giocana o Giancona, Medico o Maratà, Monaca superiore ed inferiore, Fontana o Monzù in due pezzetti, siti e posti in territorio di Lubrichi, di proprietà dell’Arciprete di Piminoro, di cui oggi il costituito Signor Calabrò è il legittimo rappresentante, e ciò sotto i seguenti patti e condizioni
Primo - Il tempo della locazione sudetta sarà di anni sei, che avranno principio da oggi e termineranno nel giorno primo Maggio Mille ottocento ottantacinque
Secondo - Il medesimo Signor Filippo Gliozzi s’obbliga di corrispondere come fitto od estaglio dei sopra latifondi, coi loro notori confini ad esso Arciprete Calabrò per tutto il tempo della locazione botte ventiquattro d’olio di oliva ad uso di gabella, pari ad ettolitri centoventicinque, e litri sessanta quattro
Terzo - La consengna della su detta quntità di olio esso Gliozzi s’obbliga di eseguirla nel seguente modo cioè: botti otto al primo Dicembre Mille ottocento ottanta, botti otto al primo Dicembre Mille ottocento ottantadue e botti otto al primo Dicembre Mille ottocento ottanta quattro e ciascuna delle scadenze in botti otto dovrà estinguersi da esso Signor Filippo Gliozzi con la consegna di equivalente bono di Marina, da un negoziante ben in vista di Gioia Tauro pagabile e liquidabile a piacere di esso Signor Calabrò
Quarto - La consegna dei su detti tre boni, ciascuno di botti otto stabilite nell’epoche come sopra, viene riguardata come sostanziale nel presente contratto, cosicché trascorsi i termini di sopra indicati e non saranno da esso fittavolo Gliozzi consegnati i boni, il costituito Signor Calabrò senza bisogna di giudiziaria interpellanza, e riserbandosi il diritto di sciogliere il presente contratto, se le piacerà, potrà liberamente prendere ad affittare ad altri le olive che potrebbero in dette epoche nerificarsi nei fondi per quella mercede che gli verrà offerta, ed esso Gliozzi per avere contravvenuto da un patto così essenziale l’obbliga di compensare ed indennizzare il Calabrò di tutti i danni spese ed interessi che potrebbe soffrire per qualche suo fatto. E per evitare qualunque matina di litigio, il compenso di tali danni consisterà nel dover perdere esso Gliozzi, senza dritto ad alcuna indennità  tutte le spese da lui fatte per colture in qualunque moso prestate nei detti fondi, ed inoltre quante ... la mercede offerta dai novelli fittuari fosse inferiore a quelle già ... prestabiliti, l’obbliga pagare al Calabrò quel tanta di merce che potrebbe discapitare per causa di novello fitto che dovrà fare ad altri, quale discapito dovrà regolarsi paragonando la quantità che annualmente dovrà esso Gliozzi con la quantità che verranno offerti dai novelli fittavoli.
Quinto - Esso fittuario Gliozzi Filippo rinunzia a qualunque bonifica o riduzione per qualunque siasi caso fortuito preveduto od impreveduto, ordinario ed estraordinario, cosiché qualunque fosse l’avvenimento sull’albero e sul frutto o sul prodotto del suolo dei fondi locati e sempre ed espressamente rinunzia a qualunque beneficio di Legge, dichiarando  dover sempre corrispondere al Calabrò le botti Ventiquattro olio nelle tre scadenze sopra stabilite come fitto e mercede già ridotta.
Sesto - Esso costituito Gliozzi si obbliga prestare sui fondi locati, a proprie spese, le colture di consuetudine, ma non potrà fare rimonda agli alberi senza permesso del locatore  Signor Calabrò-
Settimo - Esso Gliozzi s’obbliga di custodire i fondi locati da qualunque danno potrà venire cagionato dalla mano dell’uomo, e pure dagli animali agli alberi di ulivo.
Resta ancora pattuito che durante l’affitto avvenendo usurpazioni lo Gliozzi è obbligato immediatamente tenere avvertito il locatore, il che non facendo incorra in una penale uguale al valore della proprietà usurpata.
Ottavo - Il costituito Signor Gliozzi Filippo per ultimo per tutti gli effetti del presente contratto elige il suo domicilio in Oppido Mamertino nella casa Comunale. Il costituito Don Pasquale Calabrò dichiara d’aver venduta all’altro costituito Signor Francesco Gliozzi, pria di oggi, botti quattro di olio di uliva, di qualità accettabile in commercio, pel prezzo d’accordo stabilito di lire ottocento, che il Calabrò trovasi aver ritirato dall’acquirente Signor Gliozzi pria di questa data, in tanta buona moneta avente corso nello Sato, obbliganosi fare la consegna del liquido in parola in botti quattro, pari ad ettolitri venti e litri novanta quattro col dì primo Dicembre Mille ottocento ottanta, misura usuale corrente in Oppido Mamertino luogo in cui dovrà farsi la consegna in epoca nella quale maturerà la prima rata di fitto stabilità come sopra tra esso Signor Calabrò ed il Signor Filippo Gliozzi; e però in via solidale essi ripetuti Signori Calabrò e Gliozzi Filippo s’obbligano adempiervi nella scadenza e luogo come sopra stabilito verso il compratore Signor Francesco Gliozzi, con la rinunzia al beneficio della messa in mora ed a qualunque altra di Legge che potesse dettera a loro favore, bastando la sola e semplice scadenza del termine prefisso per farla presumere, restando tenuti ad ogni danno interesse che l’aquirente Signor Gliozzi Francesco potesse patire pel tardivo adempimento. Resta inoltre pattuito, che il contratto di locazione come sopra prefezzionato fra i Signori Calabrò e Gliozzi Filippo non potrà sciogliersi senza il consendo dell’altro costituito Signor Francesco Gliozzi, se costui non venisse pria pagato delle quattro botti di olio come sopra acquistate
Sieguono le formalità

The Hot Spot (reg. Dennis Hopper 1990)

I pulinaroti al lavoro



mercoledì 11 gennaio 2017

Ricorda il mio nome


Barbaro Giuseppe (12.9.1848) zumpanu
Calabria Maria di Dom.(23.8.1848) piditaru
Carbone Giuseppe di Pasq.(14.9.1848) lignuduru-vir di Staltari Anna
Carbone Rocco 29.8.1848) medaglia
Catanzariti Maria(3.10.1848) accia-moglie di Sergi Giuseppe rumbana
Cusenza Domenica (30.4.1848) - ved.di Sergi Giuseppe prodeu
Cutrì Elisabetta (30.7.1848) ved.di Romeo Giuseppe pilatu
Filardi Maria (4.1.1848) spaccuna
Grillo Elisabetta (12.12.1848) moglie di Trimboli Domenico vajana
Mittiga mfGiuseppe (9.9.1848) calvo
Pangallo Diego (27.11.1848) figlio di Caterina tidoria
Portolise Maria di Dom.(15.8.1848) pintarello
Romeo Giuseppe di Antonino richeo (25.9.1848) tarabba
Sergi Domenico (5.2.1848)  di Antonera
Sergi Francesco (2.1.1848) prodeu
Spagnolo Domenica di Giuseppe zicca (31.8.1848) projhula (come jhuri:fiore)
Spagnolo  Michele di Franc.(16.8.1848) lunaru
Staltari Anna madre di Grillo Antonio (21.2.1848) carijìa
Staltari Elisabetta-moglie di Carbone Saverio(31.1.1848) bambino
Strangio Elisabetta (30.8.1848) lana
Taliano  Elisabetta (20.11.1848) di Michele scigliarda
Triccasi Rocco di Dom. (30.8.1848) palumbaru
Trimboli Domenico di Michele e di Mittiga Nicoletta(24.8.1848) pejaru
Trimboli Pasquale (15.7.1848) di Francesco(ciraru) e di Fera Domenica
Brizzi Maria(16.12.1849) da Ardore-vedova di Romeo Domenico francisi
Carbone Pasquale (12.9.1849)  sorcio
Carbone Anna di Rocco (22.9.1849) sorcio

lunedì 9 gennaio 2017

Il Mulino (reg. Camillo De Riso - 1919)



‘U MULINU di MASTRUMICANTONI E MICHELUZZU’
di Rocco de Marco

Il mulino di Mastru Micantoni e del figlio Micheluzzu con l’immancabile capra che stazionava da mattina a sera legata vicino all’ingresso e le galline. Mentre il funzionamento del ‘ trappitu ‘ di mio nonno mi era chiaro, perché vedevo la ruota Persiana, l’acqua del mulino scorreva sotto la ‘filicìa’ per cui si sentiva ma non si vedeva. Ogni tanto toglievano i tronchi e deviavano l’acqua per fare le riparazioni, ma in quell’oscurità non vedevo niente. Sentivo sempre parlare delle anguille che catturavano con la calce e della ‘fatusa’ catturata da Micheluzzu e che poi Tanino Calanna il figlio del Collocatore legò dietro la Millecento e fece il giro del paese. Alla fine incartò la ‘fatusa ‘ in carta da macellaio e la mandò con un ragazzino a casa del ‘Commendatore Furore’ incaricando la serva di conservarla in frigo.  Furore andò su tutte le furie, perché aveva dovuto buttare tutto ciò che c’era dentro il frigo e la puzza persisteva in tutta la casa. Mi ricordo i suoi famosi intercalari ‘ dicu pe’ dire, veru è tuttu ‘ se non fosse stato per quel brav’uomo di suo padre, lo avrei denunziato ai carabinieri’.

Questa foto è  dell’autunno 1955 o della primavera 1956


Qui sono con mia sorella e mio cugino Saverio compagno di scuola che da lì a poco sarebbe partito per l’Australia. Eravamo insieme in terza elementare con la maestra Ada e ancora ricordo il vuoto che mi lascò. Sedevamo nello stesso banco e a vederlo vuoto capii cosa vuol dire non avere parenti . Avevo ancora i nonni negli Stati Uniti con la sorella di mia madre più giovane, ancora vivente , e che ha tre figli che non conoscono l’Italia. Con la famiglia della sorella di mio papà eravamo molto uniti soprattutto quando mio zio ‘u forgiaru’, emigrò con il fratello in Australia da dove non sarebbe più ritornato.
Partirono  da Messina con la nave Australia del Lloyd Triestino che aveva suo rappresentante a Platì ‘don  Umbertinu da mammina’




Nota
Questo magnifico contributo è di Rocco De Marco, nella foto con mio fratello Saro, l'unico vero hippie platiese. La sua casa era affiancata al mulino sopra descritto, la la prima sulla sinistra all'inizio della via San Nicola - nella foto è  quella alle spalle dei tre bambini. Quella casa.come molte altre,ora ha avuto un nuovo destino e un nuovo colore.
Qui non posso far altro, per ringraziarlo, che ricordagli questo indimenticabile inno di una cultura di cui egli era portavoce mai venuto meno. 



domenica 8 gennaio 2017

Stairway To Heaven - Led Zeppelin


U PAISANU LUNTANU

A Ginu Mittiga no ntantu u canusciu bonu
Sacciu ca staci in Sicilia ma é paisanu
Ntisi riri ca si piaci u nostru cantu e sonu
Nto cori ndavi a Platì puru ché luntanu.

Comu a ijiu ndavi tanti paisani ngiru
Chi dopu tant'anni o paisi tornaru
E rintra a missa in nginocchiu ciangiru
Maronna bella fammi u tornu quatraru.

 O7/O1/17
 Papalia Francesco


mercoledì 4 gennaio 2017

I Magnifici Sette (reg. John Sturges - 1969)


Paisi chi Platì tu si chjiamatu
Stasira vinni u cantu e u ti sonu

Il post di oggi, o meglio, il suo contenuto a più voci, è un ulteriore passo in avanti di un gravoso progetto che l’Associazione Etnoculturale Santa Pulinara di Platì ha deciso di istituire a sostegno di una eredità culturale mai venuta a mancare nelle platiote generazioni susseguitesi. L’intento è quello di portare alla luce un sottosuolo di energie vitali apparentemente sopite se non ignorate dai media, intenti a salvaguardare per il loro uso mediatico un aspetto negativo costruito altrove.
La freschezza di questi madrigali, solo così li posso definire, è nella loro attualità ed immediatezza, dove la soggettività del tema sfocia in una coralità che solo l’idioma può accomunare e l’ultimo scolarizzato cedere il passo al primo analfabeta.
Questa pubblicazione è anche un modo per riavvicinare quanti hanno lasciato il paese tramandando alle generazioni cresciute dove il platioto si è trapiantato, una lingua rimasta intatta dalla partenza, la sola per comunicare ancora con quanti in paese sono invece rimasti.


1)    Papalia Michele (n. 1933, analfabeta)
“Fimmina ca a lu scaluni vi ssettati
E a cui passa lu cuntrafaciti
Rassati stari cui la suja meti
Ca eu lu sacciu chiju chi faciti
A notti vi curcati chi mariti
E llu jornu chi facci mmucciati”

2)    Trimboli Rocco (n. 1943)
“Guardati genti chi succeriu
Lu mundu in peggiu cambiau
E non si poti cchiù pregari a Diu
Ca u viscuvu puru u previti cacciau
Lu cunzigghju pasturali ca sciogghjiu, ca i reguli li disobbediu
Guardati nta stu paisi chi succeri
Ca l’ islam ndi voli ncrementari
Chisti guardati sunnu cosi veri
La religioni vonnu cancellari”

3)    Barbaro Giuseppe (n. 1947)
“Chi brutti tempi e chi brutti maneri
Non si canusci cchjiù pisu e masura
Perdimmu a paci, u sonnu e a religioni
Ndi arbisci e non sapimu sa ndi scura”

4)    Perre Francesco (n. 1959)
“Paisi chi Platì tu si chjiamatu
Stasira vinni u cantu e u ti sonu
Ti ricu ca mi senti assai onoratu
Di l’accoglienza e di lu ben venutu
Nte peri da muntagna si conzatu
E la jhiumara ti passa di latu
Sugnu cuntentu stasira ti ricu
Ca festeggiamu a Madonna du Ritu”

5)    Catanzariti Paolo (n. 1974)
“È jornu ormai, Jornu i Natali, E la ma menti faci giri strani
E sentu li fighjoli parlari, i undi rriva babbu natali
E cercunu u canusciunu ja facci nta genti chi virinu passari
Eu tornu arretu chi penzeri i quandu era eu ad aspettari
Lu meu non portava li rigali e non mbenia mancu a urari strani
Lu gestu soi mi facia penzari e setti di matina sentia chjiamari
E mamma pronta lu facia trasiri”

6)    Perre Giuseppe (n. 1981) poesia
“Cu passu lentu e sonu di chitarra
Nu giuvanottu giura lu soi amuri
E spera mu si lapri ja serranda
Così mu parla chi soi genitori”

7)    Papalia Francesco (n. 1990)
“A castagna nta carrigna
U perzicu nta prugna
U cerasu ca cumpagna
A nucara chi si vagna
Pruna e mendili cu cui voi
Fica e nescula cu li soi
Ogni cosa linzitata
Sempri a luna va guardata”

Nota
Nella foto l' ottantasettenne Michele Papalia








martedì 3 gennaio 2017

L'Argent (reg. Marcel L'Herbier - 1928)


Si dichiara da mé qui sottoscritto Francesco Gliozzi qualmente possiedo da vero padrone un fondarello sito e posto in questo Territorio, e propriamente quello che ho comprato da fratelli Francesco e Vincenzo Calabria che limita la strada pubblica, la casa Cariati, il vallone e Sig. Giuseppe Papalia, quel Fondarello non va soggetto ad alcuna servitù, censo me Franco, allinfuori però del peso Fondiario; e siccome per miei giusti fini è necessità, ho risoluto venderla a mio Sig.Genero e nipote Don Domenico Gliozzi e Don Filippo Gliozzi anche mio nipote figlio di mio Fratello Don Giuseppe Gliozzi per il prezzo e valore di docati dodeci, prezzo bonariamente convenuto tra di noi; e stante la scambievole e finale consensione che lodano ed approvano detti miei nipoti compratori ed io venditore cosi essi compratori sudetti sborzano e consegnano a me venditore li sudetti docati dodeci di moneta di argento, ed incassato, gli dono il possesso di detto Fondarello di sopra confinato di averlo da oggi ed in perpetuum; essi e i di loro successivi da veri padroni, come loro propria robba. Ed a cautela
Platì 1 Aprile mille ottocento quaranta sette 1847

Io Francesco Gliozzi vendo, dichiaro ho ricevuto e mi obbligo come sopra

lunedì 2 gennaio 2017

Il Sud è niente (reg. Fabio Mollo - 2013)



Tutta la sua esistenza di uomo del Sud era intessuta di notti stellate, di aria limpida, di caldo sole generoso.
Accordi di chitarra, lamenti di onde contro le scogliere, tonfi di remi, malinconia delle cose, baci di amanti sulla sabbia, sui prati visitati dalla rugiada, sospiri di fanciulle insonni in rovente delusa attesa alle finestre fiorite di gerani, strascichio di passi, meditazioni sfibranti, romanticismo di una civiltà millenaria, inutile insorgere di desideri, rilascio di progetti respinti dalle nuvole raccolte dalla terra e notti stellate. Stornellate gaie, flauti di pastori, tripudio di canzoni, cori di donne nelle piantagioni di gelsomini, negli aranceti, sugli argini dei torrenti, sonnolenza delle case pluricolori, apatia di uomini, vociare di bambini sui sagrati, piatire di mendicanti, cantilene di zingare, sfrecciare di auto sull’asfalto delle strade senza ombre, gridi di voluttà attutiti, dispersi dal passare del vento, soste ai cannelli ricurvi delle fontane, sgranarsi di processioni votive, boccali ricolmi di vino forte e rosso, spine di fichi d’India, sangue di more, delicate carezze di petali di rose, grappoli di uva e coppie sotto ii pergolati e tanto caldo sole generoso. Richiami di campane, saettare di rondini, belare di armenti, parole d’amore, attese sugli usci e aria limpida.
Il Sud... La nebbia lo uccideva, lo dissolveva nel nulla ed egli era felice anche se col Sud, era tutta l’anima che se ne andava.
Renzo Pettè, Il Ponte sullo Stretto, Gastaldi Editore in Milano, 1953

Nota
Ho idea che neanche il tanto declamato Pasquino Crupi conoscesse questi suoni.
La foto è di don Salvatore C.



domenica 1 gennaio 2017

Nel corso del tempo (reg. Wim Wenders - 1975)



La fine dell’anno appena andato ha visto questo web-log fissarsi su oltre le centomila visualizzazioni di pagine, in base alla statistica che fornisce il browser. Non sono molte ma neanche poche visto il tema principale. Nel corso del tempo si sono acquistati nuovi lettori e altri si sono persi per strada, non venendo meno la stima di chi vede in questo diario qualcosa di alternativo nel campo dei social. Tutto questo rimanendo fuori da qualsiasi congrega che permette di incrementare il numero dei visitatori e, meglio, rifiutando ogni logica AdSense con l’ammorbare le pubblicazioni con propaganda invasiva. E se in un primo momento i visitatori provenivano principalmente dalla penisola successivamente con l’aiuto dei più fidati lettori il bacino di utenza si è allargato agli Stati Uniti, all’Argentina e all’Australia, senza lasciare dietro, quei paesi europei dove i platioti si sono recati spinti dal bisogno.
A questo punto mi piace farvi notare che l’immagine del primo post, risale al 4 febbraio 2011, riporta ad una delle ultime pubblicazioni, ambedue hanno come soggetto lo zio Ernesto il giovane, una continuità sfociata in un premio letterario, merito dei pulinaroti, rivolto a bambini e ragazzi della scuola di Platì.

martedì 27 dicembre 2016

Afferra il tempo (reg. Antonello Branca - 1973)

Come navi che passano nella notte e passando si parlano soltanto con segnali, e voci distanti nell'oscurità; così sull'oceano della vita noi passiamo e ci parliamo, soltanto uno sguardo e una voce; poi di nuovo oscurità e silenzio. Henry Wadsworth Longfellow



Questo libro era posto negli scaffali inferiori della biblioteca dello zio Ernesto il giovane, a Platì, soffocato da altri volumi. Quando lo tirai fuori, dopo una sommaria e frettolosa visione lo riposi subito, snobbandolo. In quei tempi ammettevo solo la lettura dei classici e qualche causale scoperta da loro derivata. Ora quei tempi sono passati e i classici pure. Oltretutto neppure esiste più la biblioteca, solo scansie impolverate che attendono la resa finale.
Sull’autore del romanzo non vi sono informazioni se non quanto riportato nella dedica allo zio Ciccillo e per via di questa ho chiesto alla zia Amalia: “lo si vedeva spesso, a Polsi”, la risposta. Ecco che un minimo di biografia dobbiamo ricavarla dalla lettura del testo.
Nativo di un paese posto nel litorale ionico tra Reggio e Bovalino o forse di uno di quelli collinari, che su quel mare antico si affacciano, ebbe modo di studiare all’Università di Messina provenendo da una famiglia con qualche possedimento. Forse si laureò … Il resto … scopritelo da soli se riuscite ad impossessarvi dell’unica copia in vendita sulla borsa nera eBai, anche quella con dedica.
Roberto il protagonista de Il ponte sullo Stretto è un’anima in pena. La sua è una ricerca della bellezza e dell’amore in un periodo che sembra rigettarle. Per non annoiarvi, e senza nessuna competenza, sarò breve, dopo questa lunga presentazione, attenendomi soltanto ai tempi ed ai luoghi del romanzo.
Stefano D’Arrigo situerà le gesta del suo Orcaferone proprio in quel lembo di mare descritto dapprima da Renzo Pettè, sebbene spostandole verso il Golfo dell’Aria, mentre il nostro fa agire i suoi personaggi fra il Capo d’Armi e la foce del Bonamico, in quel lembo di costa razziato dapprima dai saracini e successivamente dal corsaro dei corsari: Ruggero di Lauria. A corollario anche una parte aspromontana che si estende da Gambarie, Montaldo e attraverso il Sanatorio giunge a Polsi.
La scrittura non ha niente a che vedere con le stelle della calabra letteratura sebbene qualche passo polsiano possa far pensare a Francesco Perri – a questo proposito posso dirvi che il Pettè non lo conoscevano neanche quanti, sotto la spinta di don Giosofattino Trimboli, si radunarono, nel settembre 1988, a discutere su: S. Maria di Polsi storia e pietà popolare -. Francis Scott Fitzgerald (Roberto è un controtipo del Grande Gatsby), Hammett, Chandler, Dos Passos, Ernest Hemingway sono i nomi che mi sorgevano in mente mentre leggevo; autori che ai nostri odierni conterranei delle belle lettere non hanno mai ispirato un rigo; scrittori, questi citati che avevano rinnovato la letteratura influenzati dal cinema e da William Faulkner.
Al termine, il romanzo e la sua composizione non sono altro che la parabola della vita di Pettè: dopo aver condotto una esistenza avventurosa, portato a temine il libro, a seguito di un viaggio purificatorio a Polsi non rimane altro che tuffarsi nell’anonimato di una quotidianità comune a tanti, visti in un primo tempo come un alter da sfuggire.
Fine
No, ancora, lasciatemi dirlo, la nostalgia che mi assaliva mentre leggevo, da falso messinese: certe descrizioni di una città che risorgeva dopo il bombardamento per opera degli americani, la vita che riprendeva sul porto, la nascita di locali alla moda, per quei tempi, adesso passati, come la biblioteca.
Tutte le cose hanno
il loro tempo e tutte
passano sotto il cielo
nello spazio loro prefissato
sono parole dell’ Ecclesiaste poste come incipit de
IL PONTE SULLO STRETTO
Renzo Pettè, Il ponte sullo Stretto, Gastaldi Editore in Milano, 1953

A Don Ciccillo Gliozzi, con il ricordo affettuoso di tutte le giornate passate insieme, quando scrivevo questo romanzo, e con i ringraziamenti per l’amicizia, l’affetto, l’aiuto datemi in quel periodo.
Renzo Pettè, Aprile del 1963