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martedì 27 dicembre 2016

Afferra il tempo (reg. Antonello Branca - 1973)

Come navi che passano nella notte e passando si parlano soltanto con segnali, e voci distanti nell'oscurità; così sull'oceano della vita noi passiamo e ci parliamo, soltanto uno sguardo e una voce; poi di nuovo oscurità e silenzio. Henry Wadsworth Longfellow



Questo libro era posto negli scaffali inferiori della biblioteca dello zio Ernesto il giovane, a Platì, soffocato da altri volumi. Quando lo tirai fuori, dopo una sommaria e frettolosa visione lo riposi subito, snobbandolo. In quei tempi ammettevo solo la lettura dei classici e qualche causale scoperta da loro derivata. Ora quei tempi sono passati e i classici pure. Oltretutto neppure esiste più la biblioteca, solo scansie impolverate che attendono la resa finale.
Sull’autore del romanzo non vi sono informazioni se non quanto riportato nella dedica allo zio Ciccillo e per via di questa ho chiesto alla zia Amalia: “lo si vedeva spesso, a Polsi”, la risposta. Ecco che un minimo di biografia dobbiamo ricavarla dalla lettura del testo.
Nativo di un paese posto nel litorale ionico tra Reggio e Bovalino o forse di uno di quelli collinari, che su quel mare antico si affacciano, ebbe modo di studiare all’Università di Messina provenendo da una famiglia con qualche possedimento. Forse si laureò … Il resto … scopritelo da soli se riuscite ad impossessarvi dell’unica copia in vendita sulla borsa nera eBai, anche quella con dedica.
Roberto il protagonista de Il ponte sullo Stretto è un’anima in pena. La sua è una ricerca della bellezza e dell’amore in un periodo che sembra rigettarle. Per non annoiarvi, e senza nessuna competenza, sarò breve, dopo questa lunga presentazione, attenendomi soltanto ai tempi ed ai luoghi del romanzo.
Stefano D’Arrigo situerà le gesta del suo Orcaferone proprio in quel lembo di mare descritto dapprima da Renzo Pettè, sebbene spostandole verso il Golfo dell’Aria, mentre il nostro fa agire i suoi personaggi fra il Capo d’Armi e la foce del Bonamico, in quel lembo di costa razziato dapprima dai saracini e successivamente dal corsaro dei corsari: Ruggero di Lauria. A corollario anche una parte aspromontana che si estende da Gambarie, Montaldo e attraverso il Sanatorio giunge a Polsi.
La scrittura non ha niente a che vedere con le stelle della calabra letteratura sebbene qualche passo polsiano possa far pensare a Francesco Perri – a questo proposito posso dirvi che il Pettè non lo conoscevano neanche quanti, sotto la spinta di don Giosofattino Trimboli, si radunarono, nel settembre 1988, a discutere su: S. Maria di Polsi storia e pietà popolare -. Francis Scott Fitzgerald (Roberto è un controtipo del Grande Gatsby), Hammett, Chandler, Dos Passos, Ernest Hemingway sono i nomi che mi sorgevano in mente mentre leggevo; autori che ai nostri odierni conterranei delle belle lettere non hanno mai ispirato un rigo; scrittori, questi citati che avevano rinnovato la letteratura influenzati dal cinema e da William Faulkner.
Al termine, il romanzo e la sua composizione non sono altro che la parabola della vita di Pettè: dopo aver condotto una esistenza avventurosa, portato a temine il libro, a seguito di un viaggio purificatorio a Polsi non rimane altro che tuffarsi nell’anonimato di una quotidianità comune a tanti, visti in un primo tempo come un alter da sfuggire.
Fine
No, ancora, lasciatemi dirlo, la nostalgia che mi assaliva mentre leggevo, da falso messinese: certe descrizioni di una città che risorgeva dopo il bombardamento per opera degli americani, la vita che riprendeva sul porto, la nascita di locali alla moda, per quei tempi, adesso passati, come la biblioteca.
Tutte le cose hanno
il loro tempo e tutte
passano sotto il cielo
nello spazio loro prefissato
sono parole dell’ Ecclesiaste poste come incipit de
IL PONTE SULLO STRETTO
Renzo Pettè, Il ponte sullo Stretto, Gastaldi Editore in Milano, 1953

A Don Ciccillo Gliozzi, con il ricordo affettuoso di tutte le giornate passate insieme, quando scrivevo questo romanzo, e con i ringraziamenti per l’amicizia, l’affetto, l’aiuto datemi in quel periodo.
Renzo Pettè, Aprile del 1963



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