Nel 1631, il detto casale fu visitato da D. Giovanni Mottamaros che, in sede di visita fiscale, vi eseguì un
censimento della popolazione attraverso il registro dei defunti della chiesa si
S. Maria di Loreto. Il controllo effettuato porta per porta, (ostiatim) potè
accertare la presenza di 80 famiglie e di 210 abitanti. Nel 1642, una « nova
numeratio Casalis fundaci, alias Platì », vide decrescere la popolazione a 132
abitanti,dediti, per la maggior parte, alla pastorizia. Oltre a un esiguo
gruppo di case, esisteva, allora, un’altra chiesa, nella parte centrale
dell'abitato, più « un carcere senza carcerati» ed una sola via di transito.
Durante il terremoto del 5 febbraio 1783, il nuovo centro che contava 1143
abitanti, subì la distruzione di gran parte dei suoi edifici, con 25 vittime e
danni considerevoli, per l’ammontare di centomila ducati, in base alle cifre
della perizia condotta dalla Giunta di corrispondenza e della Cassa Sacra.
Nel 1861 il territorio di Platì fu teatro di un sanguinoso brigantaggio
capeggiato da Ferdinando Mittiga, il quale aveva inquadrato nella sua banda,
grosse schiere di contadini renitenti alla leva e di delinquenti comuni, al fine di provocare la reazione contro il nuovo Stato unitario
italiano. Tale banda fece credere ai legittimisti di Francia e di Napoli che il
Mittiga disponesse di forze ingenti, sicchè fu inviato il generale spagnolo Josè Borjes, con altri 22
ufficiali, che avevano il compito di galvanizzare le velleità combattive dei
banditi.
Ma la spedizione militare dall’esterno non poteva che fallire, ciò che
determinò l'uccisione del Mittiga e la fuga del Borjes. Si concludeva così, tristemente, uno dei
tanti episodi del brigantaggio politico, fenomeno non trascurabile della questione
meridionale, dalla quale, peraltro, non andavano disgiunte le cause di ordine
economico e sociale.
A distanza di un secolo
dall’unità italiana il comune di Platì ha visto il graduale aumento della sua
popolazione, nonostante il salasso di due grandi guerre, e la forte spinta migratoria
verso il Nord e i rovinosi effetti delle più recenti alluvioni.
L'espansione demografica in atto, accompagnata da vivi fermenti di
rinascita, induce alle migliori speranze sull'avvenire economico e civile del
Paese, che ha, tra l'altro, un'eccellente posizione geografica, a cavaliere
dell' Jonio e del Tirreno.
Antonio Delfino
ALBO D’ONORE
1 Giuseppe Delfino,
maresciallo dei carabinieri, ebbe notorietà in Calabria, col nome di « massaro
Peppe ››, per le sue brillanti azioni poliziesche. Corrado Alvaro gli dedica una
novella, nel libro « L'amata alla finestra ›
2 Giuseppe Fera (vivente),
insigne medico e valoroso combattente, è
la persona più rappresentativa della cultura locale aperta, nello stesso tempo,
al culto delle lettere e delle scienze.
3 Vincenzo Papalia, medico
chirurgo, scrisse alcune opere di carattere scientifico, andate purtroppo
disperse. Professionista e filantropo, egli seppe coraggiosamente affrontare le
vessazioni dell'odio politico, senza mai rinnegare le sue idee.
4 Agostino Mittiga, avvocato
e giornalista, visse a Roma, esercitando l'attività forense, presso la Sacra
Rota. Era una delle figure più note nella Capitale, per la sua profonda conoscenza
dei problemi giuridici.
5 Francesco Portolesi,
professore di chiara fama, latinista rinomato e poeta versatile, pubblicò numerose
poesie che trovarono larghi consensi. Più famoso è il libro intitolato: «La luce
››.
6 Giacomo Tassone,
agricoltore e poeta umorista, scrisse decine di poesie, già tanto ricercate, e
anche oggi non prive di freschezza immaginativa. Letterato ed uomo di profonda
cultura, ha lasciato di sè durevole ricordo.
7 Nicola Spadaro, farmacista
attivissimo, fu uomo di grandi virtù e chimico esperto.
Con generoso altruismo, egli profuse, intorno a sè, la luce del sapere
e della bontà.
Tratto da:
STORIA E CULTURA DELLA LOCRIDE,
a cura di G. Calogero, Editrice LA SICILIA Messina, 1964
Note:
-
Saverio Mittica, per l’esattezza Mittiga,
sacerdote, professore e scrittore, trascorse buona parte della sua vita
lavorando e servendo Dio a Napoli. Egli era fratello di Rocco Mittiga, padre
della nonna Lisa. Mentre Giuseppe Fera, sempre alla nonna, veniva cugino per via della mamma, Caterina Fera.
Agostino Mittiga era cugino del primo Abate Nullius di Polsi, Mons Giosofatto Mittiga.
Il suo personale albo d’onore il simpatico e
lodevole Toto Delfino lo apre e chiude in famiglia: per altro, la sua cronistoria
platiota è indiscutibile, illuminante, facendo sorgere l’idea che un tempo,
inizialmente, esistessero due comunità in quel territorio, quella di Sancta Barbara e quella che avrebbe dato
origine al paese vero e proprio. Su questo può indagare solo Francesco di
Raimondo.
SDG