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lunedì 11 maggio 2015

Terra di conquista (reg.William C. McGann - 1942)


Alla presenza di noi qui sottoscritti Donna Carolina Mittiga, suo figlio D. Ferdinando, e sua figlia Donna Mariantonia Gliozzi hanno dichiarato, che col consenso del loro Padre D. Francesco Gliozzi marito della prima si hanno ricevuto dal Sacerdote D. Filippo Gliozzi, la somma di docati trentasette per loro vestimenti, e sovvenimenti, quale somma loro fu data perché gli dessero il possesso, come glielo hanno dato, di altrettanta valuta consistente in quattro piedi di olivi della valuta di docati quindeci, e docati ventidue di terra boscosa, che in una formano docati trentasette, come sopra. Gl’olivi e la terra boscosa suddetta limitano da una parte col suddetto Sacerdote D. Filippo Gliozzi, e dall’altra con gli stessi dichiaranti. Il sentiero della parte di sotto, dove sono i quattro piedi di olivo, che attaccano colla terra boscosa, quanto prima verrà formato da una maceria, che principia dal primo piede di olivo dei quattro suddetti e termina nella maceria di divisione della terra così detta Colacchiata colla rasola della vigna d loro pertinenza. Di questi due punti di maceria poi in linea dritta per sopra sino alle pietre volte vicino il lacco del rimanente della terra boscosa nella contrada Petto, ossia Boschetto, formano i quattro lati dei sentieri divisori di detta estensione, che cedono a cono dei docati cinquantadue, che avea il dritto D. Francesco Fera, e li ha ceduti a D. Filippo Gliozzi suddetto e che ancora non aveano ceduto, perché il compratore Sig.r Gliozzi non avea dato loro il complimento, giusta la loro convenzione, di docati cinquanta, riserbandosi di dare l’altro possesso quando verrà aggiustata la somma di docati cinquanta. I due ultimi si obbligano ancora solidalmente all’evizione. Ed alla cautela, ecc.
Platì li 4. Aprile. 1861
Diacono Saverio Mittiga ho scritto e sono testimone
Ferdinando Gliozzi

domenica 10 maggio 2015

La leggenda del santo bevitore (reg. Ermanno Olmi - 1988)

Da oggi pongo alla vostra attenzione una raccolta di poesie dovute a  Giacomo Tassone Oliva solo di recente ritornate alla luce. Vengono da una trascrizione a macchina, Olivetti Lettera 22, dovute allo zio Pepé; una, su carta velina, illeggibile, ebbe pure la bontà, per noi, di riportarla anche con la sua bellissima calligrafia. Eccovi la prima.


P A S C O L I A N A

          Se arde il sole oppur fiocca la neve
MASTRO MICHELE BEVE ... BEVE ... BEVE ... !!!
Giacomo Tassone Oliva

In tutto tredici voci, nove puntini e tre punti esclamativi. E, il piccolo mondo antico platiota si erge davanti ai nostri occhi. C’è solo da chiedersi chi fosse Mastro Michele, ora nella leggenda!

mercoledì 6 maggio 2015

All'ombra della montagna - redux

Anche lo zio Ciccillo fu a Polsi, nel 1950, aiutante di monsignor Antonino Pelle di Antonimina. Allora il viaggio, a piedi, da Platì avveniva risalendo la montagna alle sue spalle, prendendo per Misafumera si arrivava ai Piani di Zervò e così al Sanatorio. Quindi imboccando u passu da cerasara si scendeva a Polsi.

19 Aprile 1950
Carissimo papà
Lunedì scorso vi ho fatto spedire un telegramma per farvi sapere che ho fatto un buon viaggio. Domenica sono arrivato qui alle quattro e un quarto. Il viaggio è stato ottimo, solo un pò prima del sanatorio c'è stata una leggera pioggia e per conseguenza mi son riparato' presso il guardiano del Sanatorio. Per circa mezzora, poi ,scomparsa la nebbia e cessata la pioggia, mi sono messo di nuovo in cammino. E' inutile dirvi che sono stato accolto bene da tutti e specialmente dal Superiore. Ho a mia disposizione una bella stanza, letto con rete metallica e due materassi di lana ecc. La luce elettrica funziona bene e nella mia stanza ci sono due lampadine da 50 candele l'una. Vedete dunque che sfarzo di luce. Il mangiare è ottimo. Tutti già incominciano a volermi bene
Domani il Superiore partirà per Roma e io gli darò una lettera per Fina, che lui andrà a vedere. Al suo ritorno io verrò a casa per alcuni giorni. Non mi resta che inviarvi i più cari abbracci e baci per tutti in famiglia, comprese Rosina e Cata coi bambini e lo zio Michele, che spero sia già guarito. Saluti agli altri parenti tutti. A voi e alla mamma bacio pure la mano, chiedendovi di benedirmi

Aff.mo
Ciccillo
P.S. Scrivetemi e ditemi come state.




 (A Polsi)Vi erano i rappresentanti di quasi tutta la provincia: i Sanluchesi vestiti di orbace, agili e aitanti, coi panciotti di panno turchino e i bottoni azzurri di acciaio, i riccioli sulla fronte, le cicatrici delle pustole in mezzo alla guancia; vi erano i pastori selvaggi di Solano, coi berretti di lana muniti di un fiocco, e le zampitte allacciate con corregge sottili intorno alla gamba, come i sandali nelle antiche statue; le donne di Bagnara con le tradizionali sette sottane a piccole pieghe, strette intorno ai fianchi, e aperte a campana in fondo. Portavano i capelli spartiti sulla fronte, le trecce a corona, le camicette di colori vivaci; i loro occhi color nocciola lampeggiavano come lame. Si diceva portassero  iraisoi nei capelli, e maneggiassero il coltello più arditamente degli uomini; E poi i mulattieri di Platì, i pastori di Natile sudici, alti, dalla parlata strascicante; i Benestaresí con accanto le loro donne dai busti fortemente colorati; le popolazioni della marina, vestite di chiaro, e col volto di un bronzeo partico1are; le Cardítane che avevano fama di essere le più

Francesco Perri, Emigranti, Garzanti, edizione del 1941 XIX

lunedì 4 maggio 2015

La città dolente (reg. Mario Bonnard - 1949)

Da oggi, e per qualche tempo, do inizio alla trascrizione di Caos, capitolo contenuto in Old Calabria di Norman Douglas, ricordo che l’edizione è quella di Aldo Martello. Tema è la città dove vivo parte del mio tempo: Messina, vista com’era prima e dopo il terremoto del 28 dicembre 1908. E’ un capitolo allo stesso tempo elegiaco e doloroso. Nessuno, come Norman Douglas, ha saputo cogliere il senso e il luogo di questa città, ricostruita più volte, che occupa un sito che solo avendo il senso della mitologia si può sottrarre. 



O gioventù d'ltalia in alto i cuori

Cantante Domino Canticum novumm  

Potessero ritornare in vita le povere 
vittime del terremoto del 28 dicembre  1908,
per opporre questo cantico di Dio 
alle canzoni di Satana pubblicate nel 
giornale “ il Telefono ,, e diffuse per le 
vie e le case di Messina alla vigilia del- 
l' immane distruzione !... 

-          Voto e ricordo.  
-
Quaresima del 1914.

 CAN. TEOL. V. RASCHELLA’ 


CAOS
Non ho mai avuto occasione di ammirare la magica  Fata Morgana dello Stretto di Messina quando, in determinate condizioni atmosferiche, palazzi fantasmagorici di meravigliose forme appaiono sulle acque -  non riflessi, ma come sorti dal mare; quasi tangibili,  eppur diafani come un velo. 
Un monaco domenicano di nome Minasi, corrispondente dell'Accademia di Napoli e amico di Sir  W. Hamilton, scrisse una dissertazione su questa beffa  atmosferica. Molti l'hanno vista e descritta: fra questi,  Pilati de Tassulo. Nicola Leoni riferisce il resoconto di  un testimone oculare del 1643; e troviamo un altro  resoconto nel libro di A. Fortis, Mineralogische Reisen,  1788. L'apparizione è timida. Tuttavia, alcune immagini del fenomeno appaiono in un articolo del Dr. Vittorio Boccara in «La Lettura», nel quale l'autore accenna anche a un trattato scientifico scritto da lui  stesso sull'argomento; e anche nel volumetto Da  Reggio a Metaponto di Lupi-Crisafi, stampato a Gerace  alcuni anni fa. Cito questi scrittori per coloro che,  più fortunati di me, potranno assistere al fantastico  spettacolo e interessarsi delle sue origini e della sua  stona. 
Le cronache di Messina registrano le sovrumane  imprese del tuffatore Colapesce. Gli oscuri paesaggi  sottomarini dello stretto, con le loro grotte e le loro  foreste, non avevano segreti per lui: i suoi occhi conoscevano i misteri marini quanto quelli di un pesce.  Alcuni ritengono che la leggenda risalga a Federico II,  al quale Colapesce riportò quella coppa d'oro che venne poi immortalata nella ballata di Schiller, Der Taucher. Ma Schneegans asserisce di aver trovato documenti normanni che parlano di lui. C’è poi l'altra leggenda, secondo la quale Colapesce, novello Glauco,  avrebbe esplorato il mare alla ricerca della fanciulla  amata, inghiottita dalle onde.
 Fra le numerose favole che si raccontano sul suo  conto, ecco la più portentosa: un giorno, durante uno  dei suoi vagabondaggi sottomarini, Colapesce scoprì  le fondamenta di Messina. Erano pericolanti! La città  posava su tre colonne, la prima delle quali era intatta,  la seconda completamente crollata e la terza parzialmente corrosa. Spuntando dalle azzurre profondità,  avvertì allora con un distico i cittadini della minaccia  che incombeva su di loro. In questi profetici versi  attribuiti al favoloso Colapesce riecheggia un”apprensione generale, anche troppo giustificata.  Anche F. Münter, uno dei viaggiatori che esplorarono la zona dopo il terremoto del 1783, espresse i  suoi timori che Messina non avesse ancora sofferto  tutto quello che il Destino le riservava.        
Norman Doulglas, Old Calabria






domenica 3 maggio 2015

All'ombra della montagna (reg. Alois Johannes Lippl - 1940)


Nell’estate del 1847 lo scrittore inglese Edward Lear compì un lungo viaggio a piedi in Calabria e Basilicata. Il tour ebbe inizio da Reggio. L’8 e il 9 di agosto soggiornò a Polsi e qui ebbe modo di incontrare e conversare con il superiore di allora, Domenico Fera di Platì, già avanti negli anni. Questa la sua narrazione ed la sua picture.



August 8. The noontide hours were employed in sketching in the cloisters, and in
examining the relics and treasures of the church under the auspices of the Padre
Superiore. The subjects which weigh most heavily on his mind are " Quel tunnel," * and
"Quei Preti maritati ! Vescovi sposati ! o cielo ! Una moglie di arcivescovo ; O che
stravaganza ! The afternoon we passed in strolling about the fine scenes around this
hermit-home ; but, though containing endless material for foreground study, its general
picturesque character is limited, and we decide on leaving S. ta Maria di Polsi
tomorrow. We must retrace our steps as far as San Luca, and then make for Gerace,
sleeping either at Bovalino or Ardore, as time may allow.

August 9. The worthy Superior presented us with a medal and a print of the Madonna
di Polsi, the original picture having been discovered by a devout ox, who inveigled one
of the early Norman Conquerors of Sicily all the way from Reggio to this place, for the
particular purpose of inducing him to build a monastery. The excellent ox, said the
monk, led on the prince from hill to hill till he reached the proper spot, when,
kneeling down, he with his pious horns poked up the portrait of the Virgin Mary, which
was miraculously waiting some inches below the ground for its bovine liberator.
 Edward Lear,Journals of a Landscape Painter in Southern Calabria, 1847

Nel precedente post si è accennato ai superiori che Platì offrì a Polsi. L’elenco era incompleto mancando dei nomi di Enrico Macrì (dal 1874 al 1879)e Antonio Macrì (dal 1879 al 1903)ambedue originari della frazione Cirella. Il canonico Francesco Pangallo fu invece vice superiore di Giosofatto Mittiga dal 1927 al 1929 quando fu elevato superiore, titolo che tenne fino  all’1 dicembre 1939 quando sopraggiunse la sua morte. Questi era nato a Plati il 24 dicembre del 1876 da Giuseppe Pangallo e Portulesi Maria. Qui sotto il suo ritratto (per gentile dispensa di Francesco di Raimondo)


lunedì 27 aprile 2015

Il piccolo conte (reg.Carl Lamac - 1935)



                                                                                     Pax
Passan le glorie come
fiamme di cimiteri
Come scenari vecchi
crollano regni e imperi
                        (Carducci)

Eterna vive solo l’Idea che c’innamora
                                               (Victor Hugo)

Signori,
Vi è un occhio spalancato nell’infinito che ci guarda - Iddio!-  Vi è una voce nel mondo che parla .. e questa voce non conosce le mistiche flessuosità della Sibilla, questa voce collettiva è la voce del popolo.
Giudice inesorabile, esso è terribile nei suoi verdetti, come è solenne nelle sue assoluzioni – questo giudice, il popolo, comparisce, delle volte, intorno a le bare, non chiamato, non contattato – da solo – comparisce e pronunzia delle sentenze …
Da qui la pia credenza che la voce del popolo sia la voce di Dio – ed io ci credo.
XXX
Il conte Filippetto Oliva era un buono! – Una delle qualità che il popolo apprezza –
Era buono di quella bontà – forse esagerata – ma che non conosceva infingimenti.
Incapace del male, inclinevole al bene, molti sono i beneficiati, nessuno l’offeso.
E se oggi volessi lanciarvi la sfida, che Gesù Cristo, un giorno lanciava ai Farisei – Se volessi dirvi in altri termini: “ Chi ha ricevuto un torto da Filippo Oliva, si appressi e lanci la prima pietra “- Io son sicuro che, non per la pietà de le tombe, ma per un sentimento di giustizia e di onestà, nessuno si appresserebbe!
Non è vero?
XXX
Io, del resto, non intendo perorare una causa già vinta e tu, o popolo, parlasti con la tua rimostranza stamane.
Ne intendo raccogliere le lacrime di una vedova e di quattro orfani per intenerire il vostro cuore e vincere così il terno della celebrità – Giammai!
Vengo per sciogliere un voto di dovere, di riconoscenza e mi spiego, subito, in due parole.
Ero bambino, frequentavo le classi elementari e studiavo un poco. Il Contino – così lo chiamavano allora – non so più per quale ufficio – vigilava le scuole. Ebbene, fu proprio in quei due anni che io acquistai un certo amore allo studio e stava per risentirsi il mio organismo. La spinta, l’incoraggiamento e i premii, tutto mi veniva da lui e gli sono stato riconoscente in vita, riconoscente in morte, Fo bene?
XXX
Altro da lui non ho preteso.
Ne crediate che questa specie di “ mecenatismo “, l’abbia esercitato con me solo. Se fossero qui tutti i miei compagni d’allora vi ripeterebbero le stesse parole mie, Filippo Zappia di Carlo e Pasquale Miceli già morti, furono più amati e incoraggiati, perché più buoni – assai più buoni di me!
E sempre col sorriso sulle labbra, con la bontà nel cuore, mi prodigava i consigli più saggi, mi spianava la via del dovere, de l’onestà, del vero galantomismo, di quel galantomismo che non si trincera dietro l’interesse o l’inganno, ma che forma l’Ideale degli uomini veramente buoni.
Quest’Ideale accompagnò sempre Filippetto Oliva nelle più orribili convulsioni finanziarie che minacciarono la sua casa … finché una donna forte non strinse con le sue braccia di ferro tutto l’edifizio della sua fortuna e la risparmiò per i figli.
Visse quell’Ideale di bontà soprastante rovine, ma si riconcentrò, come i raggi diffusi di una stella, ad illuminare e riscaldare una famiglia – Fu un male? – Chissà!  “ Nessuno – dice Victor Hugo – ha il diritto di spegnere il sole per illuminare se stesso o il covo dei propri amori “ – E basta.
XXX
Il mio Amico, dunque, è morto; non è morta la riconoscenza in me, la riconoscenza in voi. Siete venuti ad accompagnarlo alla tomba. E’ giusto! Ma egli è passato dalla grande ombra alla grande luce, dalla terra al cielo, dalla materia a Dio; è morto come è vissuto: calmo, sereno e buono! – Che rimane? Un dolore atroce nella famiglia, una tomba ed una croce nel camposanto. E il resto? Oh, il resto non ha bisogno di noi, dei nostri cari ricordi, dei nostri amari rimpianti! Forse, e senza forse, egli ci vede, ci ascolta ed è presente.
Come dalla crisalide nasce la farfalla, così, da questo corpo, messo in dissoluzione si è sprigionata un’anima.
E’ l’ultima fase della vita, anzi è il principio de la vita stessa e le parole – solenni come un monito – che il Mio Maestro ripeteva su la tomba di Lazaro risuonano perfettamente così:
“ Chi crede in me, anche se morto, vive! “
Filippetto Oliva credeva; ebbe il Pane de la Vita, ieri, - il Viatico – ebbe il Battesimo di questa nuova vita, e fu segnato con l’olio, simbolo de l’immortalità. Iddio, con le sue grandi ali, proiettò un’ombra su quel corpo ed una luce sull’anima.
XXX
Addio, amico buono, mite e generoso! Addio Filippetto Oliva, addio per sempre.
Verrò sulla tua tomba a pregare ed attingere forza. Ne le traversie de la vita, ne l’afosità d’un ambiente saturo di fumo e di polvere, è bello riposarsi, “ a l’ombra dei cipressi e accanto a l’urne “ pregando pace
Addio!
Platì 22 Giugno 1913
Sac. Ernesto Gliozzi sen.


domenica 26 aprile 2015

La signora di tutti (reg. Max Ophuls -1934)



Questa è la copertina di un testo facilmente scaricabile da Google libri (a me è stato segnalato da Francesco di Raimondo) scritto da Domenico Fera di Platì, arciprete e superiore del Santuario di Polsi dal 1832 fino alla sua morte avvenuta sempre a  Platì l'1 Luglio1856 e per suo espresso desiderio seppellito nel recinto dove vi erano i suoi predecessori. Incerta è la data di nascita. Riporto di seguito i Fera Domenico nati a Platì trascritti dai registri dei battesimi della chiesa per mano dello  zio Ernesto il giovane
Fera Domenico di Giuseppe e Zappia Domenica 13.02.1766
Fera Domenico di Giuseppe e Cutrì Giovanna 15.11.1774
per l'esattezza vi sono anche un
Fera Domenico Antonio di Michele e Zappia Elisabetta 5.03.1773 
e un
Fera Domenico Ferdinando di Mich.Ang. e mfNirta Candida 10.09.1792
Il libro, scritto con il gusto dei suoi tempi, ricco di  leggende e miracoli per i posteri, trasuda venerazione verso la Taumaturga Signora della Montagna.
Ricordiamo ancora che da Platì  oltre monsignor Fera partirono per reggere il Santuario, più volte citato in queste pagine, Don Giosofatto Trimboli e Monsignor Giosofatto Mittiga di cui leggerete nei  post avvenire.

giovedì 23 aprile 2015

Il principe e il povero (reg. William Keighley - 1937)



A Sua Signoria Ill.ma
Il Signor Prefetto della Provincia di
                                    Reggio Calabria

Il sottoscritto, Catanzariti Francesco residente in Platì, (Reggio Calabria) si permette inoltrare rispettosa domanda alla S. V. per esporre quanto segue.
Essendo egli un povero padre di famiglia senza messi di fortuna da poter vivere e dare da vivere a questa; e di più avendo due figli sotto le armi, l’uno a nome Antonio della classe 1893 nel 17° Regg.to Artiglieria d’istanza, Novara, e l’altro Pasquale classe 1888 di leva 1892,nel 41° Regg.to Fanteria (Savona); prega caldamente V. S. Ill.ma, affinché gli venga corrisposto un sussidio giornaliero, concesso alle famiglie bisognose dei richiamati.
L’esponente si rivolge a Vostra Signoria Ill.ma, perché il piccolo villaggio di Platì manca d’un Comitato per l’assistenza civile, e di un segretariato analogo, che espleti le pratiche, come la presente, a favore di poveri padri di famiglia, che hanno sì la fortuna di avere dei figli sacrati sui campi d’Italia per la gloria della Nazione e del suo Re, ma che hanno pure la sfortuna d’essere poveri nel più stretto senso della parola. Il sottoscritto, entrato nel 60° anno di età, trovasi nella più squallida miseria, e per giunta con la moglie e con una figlia ammalate da più tempo. Prega perciò S. V. Ill.ma ripetutamente, affinché voglia prendere in considerazione tale stato, e disponga gli si accordi un sussidio.
Ove la S. V. troverà di sua competenza il provvedere, si umilia la preghiera di volere inviare la presente istanza all’Autorità o al Comitato competente.
       Platì, (Reggio Cal:) 12 Luglio 1915
         Di V: S: Ill.ma Dev.mo Servitore
         Francesco Catanzariti fu Antonio

P. S. Per le debite informazioni sarà pregata la S. V. Ill.ma di rivolgersi al Maresciallo dei Reali Carabinieri di questo Comando.


Al Sig. Commissario Prefettizio Platì
N. 1 Istanza di sussidio di Catanzariti Francesco
Per gli eventuali provvedimenti della Commissione locale
17 – 8 – 915 Prefetto Reggio
Fa conoscere che la commissione negò il sussidio non  trovandosi il Catanzariti in alcuno dei casi richiesti dalle istruzioni.
Il Prefetto
Giuffrioli

mercoledì 22 aprile 2015

Ieri, oggi, domani (reg. Vittorio De Sica - 1963)





La religiosità del popolo calabrese - pur oscurata da istinti e passioni inferiori - ha qualcosa di fervido, di ingenuo e di appassionato, che uomini non schiavi di vani timori o di volontarie catene potrebbero trarre dalle profondità nebulose dello spirito all'azione, nella luminosità della vita.
G. Malvezzi e U. Zanotti Bianco, L’Aspromonte occidentale, 1910



lunedì 20 aprile 2015

Ricorda il mio nome

-Ielasi Domenico(13.6.1935/32-58)di Domenico carzivirdi e Catanzariti Catanzariti caterina di Domenico gajìna.
-Marando Giuseppe Saverio(29.6.1935/33-60)di Rosario testelignu e Sergi Caterina di Saverio.
-Zappia Bruno(1.7.1935/34-63)di Giuseppe cirejotu e Zappia Immac.di Pasq.
-Violi Caterina(14.7.1935/35-68)di Antonio riggineju e Ielasi Fr.sca di Dom.
-Catanzariti Maria(1.8.1935/36-71)di Franc. mussubeju e Carbone Marianna di Rocco surdineju.Antonio piscilongu..
-Calabria Anna(28.3.1935/23-30)di Franc.tizzuni e Ciampa Fr.sca di Gius.
-Pangallo Domenico(21.4.1935/24-35)di Pasquale batazzinu e Sergi Elis.di A
-Catanzariti Francesco(21.4.1935/25-38)di Gius. grugna e Carbone Maria di Francesco..
-Bartone Marianna(2.5.1935/26-40)di Antonio brigante e Pangallo Filom.di Fr
-Carbone Francesco(26.5.1935/28-47)di Franc.prunarisi e Demarco Caterina di Francesco catojino.
-Carbone Michele(26.5.1935/29-48)di Dom. tridicinu e grillo Maria di Michele.
-Perre Saverio(26.5.1935/29-50) di Gius.pascalici e Barbaro Anna di Dom.
-Agresta Domenico(19.5.1935/30-51)di Saverio ddommìcu e Perre Elisabetta
-Barbaro Domenico(15.5.1935/30-52)di Dom.zumpanu e Catanz.Cater.di D.
-Sergi Domenica(6.6.1935/31-54)di Franc. birrozzu e Sergi Caterina di Paolo.
-Iermanò Francesco(9.6.1935/31-55)di Antonio pitera e Taliano Ant.a di Gius.
-Iermanò Antonio(9.6.1935/31-56)di Giuseppe pitera e Zappia Maria di Gius.
-Pangallo Rosario(9.6.1935/32-57)di Franc.batazzinu e Portolesi Gius.a di R.