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domenica 17 gennaio 2021

Il genio [di Stephen Herek -1998]


CREDENZE POPOLARI CALABRESI
L’ANTICA LEGGENDA
 della città di Teranico
Questo centro è esistito circa otto secoli fa – 
Nacque in una maniera molto strana, in una notte di bufera


Platì, 5 marzo
Se vi capita di stare ad ascoltare qualche cantastorie dell’Aspromonte, lo udrete narrare, senza alcun dubbio, la leggenda delta città di Teranico. E’ una leggenda che contrariamente a quel che si crede non è del tutto inventata dalla fantasia popolare; i ruderi di Teranico, infatti, esistono tuttora, e per di più, tra di essi si aggira qualche strano abitatore dal profilo asinino. Per lo memo, molti nascono così.
Fu precisamente la sera del 10 luglio 1032, che da una modesta altura, sulle rive del Tirreno, precipitò, con inaudito fracasso, una frana. Centinaia di massi precipitarono verso il mare, spaccandosi e cincischiandosi nella discesa. Per un raggio di qualche chilometro, la riva, del mare si coperse di rocce, taglienti come lame di coltello. Nascosto da una folata di vento e di pioggia passò su quelle lame il Genio “Ciavurrino”; e poiché, come si sa, a quell’epoca i geni andavano scalzi, le aguzze pietre fecero il loro dovere e lacerarono i piedi al poveraccio. Ciavurrino urlò nella notte tutto il suo strazio, e corse di qua e di là come impazzito, insanguinando la spiaggia. Al mattino prese una decisione straordinaria: stabilì di chiedere l’aiuto di qualche uomo, per alleviare il dolore delle sue piaghe.
Per poter attuare la sua decisione, si trasformò in uomo e andò difilato a bussare alla porta di una casupola che sorgeva nei pressi.
Gli apri un uomo vecchio e cencioso, con un profilo asinino: aveva il lungo muso prensile, che gli serviva per afferrare il cibo senza muoversi dal letto dove passava la maggior parte dei suoi giorni.
Fu gentilissimo con Ciavurrino, e gli regalò, dopo averlo medicato a dovere, un paio di ottime scarpe. Al Genio l’idea delle scarpe andò proprio a ... genio, e gli suggerì il modo di dimostrare tutta la sua riconoscenza. Prima di sparire, Ciavurrino regalò all’uomo un lussuoso cappello di feltro: “Tu”, disse il genio, “mi hai protetto Ie estremità inferiori, io ti proteggo la estremità superiore”.
Quando l'uomo dal muso prensile ebbe il feltro sulla testa, si sentì essere un altro, e decise di cambiar vita. Camminò con sussiego per il mondo, sempre tenendo in capo il cappello del Genio, lo utilizzò per raccogliere i soldi che la gente gli offriva rispettosamente, credendolo un fenomeno da baraccone, e raccolto un bel gruzzolo, tornò alla sua casupola e vi fondò un villaggio.
A questo villaggio voleva in un primo momento dare il nome del Genio e chiamarlo “Urbe Ciavurrina”; ma in un secondo tempo si ricordò di feltro e di essere, dunque, be più importante del Genio, cosi diede al villaggio il suo nome: “Urbe di Taranico”.
Gli abitatori di Taranico ebbero tutti il suo stesso profilo asinino, e il lungo muso prensile. Ma, in compenso, ebbero tutti il cappello di feltro in testa.
Le rocce su cui il Genio si era fagliati i piedi, restarono, naturalmente, al loro posto e il fondatore di Teranico pensò bene di utilizzarle, denominandole scogliere di “Teranico”. I turisti, a suo tempo, arrivarono a frotte sulla suddetta scogliera e vi si tagliarono i piedi. Da ciò trassero enorme vantaggio due negozi di scarpe e di bende che erano sorta nel piccolo centro. Ma il fondatore capiva che se non si eliminava l’inconveniente delle pietre taglienti, il turismo chissà dove andava a finire: e meditò tutta la notte per risolvere il problema.
I casi erano due: o arrotondare le pietre con delle buone lime e renderle inoffensive. O rinunciare al turismo e ai connessi vantaggi economici. Il fondatore optò per la prima soluzione; e due giorni dopo, le pietre della scogliera di Tranico esponevano al sole le loro rotondità.
Qui accadde l’imprevisto. Avevamo detto che i Geni di allora non conoscevano scarpe; e Ciavurrino, che le aveva conosciute per caso, volle farsi bello con i colleghi e giocare loro uno scherzo: li chiamò nei pressi della scogliera che in quella lontana notte di tempesta gli aveva tagliuzzato i piedi, passò sopra le pietre, con le scarpe infilate ai piedi, e li invitò a fare altrettanto. Pregustava la gioia di vederli urlare dal dolore e contorcersi sulla sabbia insanguinata. Figuratevi come rimase quando vide che i colleghi, sia pure senza scarpe, passavano sulle pietre senza avvertire nessun malessere!
Credette cli essere stato truffato, e per la gran rabbia afferrò tutto intero il villaggio, e lo capovolse; poi, coscienziosamente, capovolse pure il cervello di ogni abitante, mettendoglielo nei piedi; e questo fece al fine di impedire che il suo cappello di feltro riparasse il cervello a tutta quella gentaglia.
Da quel giorno, con quel capovolgimento, tutto avvenne alla rovescia, dentro la città di Teranico: l’erba crebbe sui tetti delle case, i pecorai andarono seminudi ma con l’orologio al polso, i cervelli degli abitanti restarono posti nei loro piedi, e i cappelli di feltro torreggiarono sulle teste vuote.
Le cose restarono così per un lungo periodo si tempo, per molti secoli; infine, un terremoto distrusse tutto il villaggio, e costrinse gli abitanti a sparpagliarsi per il mondo.
Tra i ruderi di Teranico, che ancora si vedono, su una spiaggia lontana, restò solo qualcuno dei successori del fondatore dal muso prensile, che, attaccato alle tradizioni, non si decide ad abbandonare la patria terra, e tantomeno il patrio... cappello di feltro.
MICHELE FERA
GAZZETTA DEL SUD 6 marzo 1956


NOTA. Teranico corrisponde all’anagramma di Nicotera città tirrenica del vibonese di cui si riporta un’antica stampa prelevata da qui: http://www.poro.it/nicotera/
In quel luogo dell’aspetto asinino nulla si intravede, permane però il cognome Caprino. Che non avesse l’aspetto caprino il vecchio salvatore di Ciavurrino?
 
 

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