Lettera aperta a Mons. Mittiga
Rev.mo Superiore di Polsi
Poiché non posso credere ispirati da voi i varii gazzettieri
che dalle colonne d'innumerevoli giornaletti
dàn fiato alle trombe della vostra rèclame, mi permetto
amichevolmente di pregarvi che li facciate
desistere.
Già qualche amico mi scrive e mi domanda : « questo nuovo cavaliere francese è quello
stesso Mittiga dell’anno scorso?.. Donde si rileva che i vostri amici
riescono colle loro esagerazioni, a destare
qualche vespaio che sembra tuttora sedato.
E, poi, non è certamente né decoroso né bello che costoro,
dietro le spalle del Santuario e vostre, si
sbizzarriscano a confezionare polpettoni laudativi di quella
fatta! E, tutto sommato, a qual fine? Per
decantare una svizzera che non ha mai interessato, come
tale, i pellegrini calabresi: per blandire la vostra vanagloria, mentre è certo
che voi riconoscete di cingere con disagio lo spadino di Carlo VII, che
vi mette accanto ad uomini come Augusto Conti, il Cantù, l’Arcoleo;
e per fare la bottegaia rèclame a
ristoranti, caffè e tabaccherie che smagando il tradizionale
disagio della circostanza, rallentano nell'animo dei fedeli la più cospicua suggestione.
Non vi pare che questo sfoggio si differenzii completamente
dal culto, sia anche esterno, e che voi i non dobbiate permettere lo si perpetri
in vostro nome, e, peggio mediante scrittareili pedestri, infarciti di
sperticatissimi incensamenti?
Poiché da
quest’ultimi nessun vantaggio vi deriva; che i lontani i non si occuperanno
giammai di voi,
e i vicini vi conoscon bene per credere che, in poco tempo,
si possa i diventar grandi per santità e dottrina.
Consigliate perciò ai varii strimpellatori di lodi che vi
lascino nell’angusto guscio, fuori del quale i vostri nemici avran più agio di brandirvi
sul capo la spada di Temi e farvi tremar sotto i piedi l’aspro granito del
monte.
In attesa di constatare che m’avrete dato ragione, vi riverisco.
Dott. G. Fera
IL
COMPASSO ORGANO SOCIALE
ANNO II n. 52, Gerace 16
settembre 1914
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