Nella rozzezza della forma, che sparisce nell’onda melodiosa di tante
chiare voci elleniche, si sentono i fremiti più ardenti di cuori appassionati.
La frase incisiva, scultorea, del caratteristico linguaggio calabrese
riveste meravigliosamente il concetto, senza torgli punto della sua ingenua
semplicità: è la creazione che sorge spontanea dall’anima di un popolo forte,
fantasioso, che sente così vivamente e con tanta potenza, il bello, e che ricca
d’immagini e di affetto, si presenta come poesia vera, sentita, profonda, che
assurge talvolta fino alla sublimità.
Domenico Giampaolo,Un viaggio al Santuario di Polsi in
Aspromonte, prima edizione 1913, ristampa, Grafiche Marafioti, Polistena
1976
Si era ritrovato con Tano ed Alfonso sopra un sudicio carro merci ed avevano impiegato dodici ore per coprire poco più di cento chilometri di strada ferrata. Lungo tutto il percorso avevano incontrato i segni della guerra che era passata da poco. Gli alleati erano sulla linea di Cassino e il governo di Salerno era troppo debole e troppo impegnato con le clausole dell'armistizio per curarsi di quanto avvenisse nell'estrema punta della penisola e nella Sicilia sconvolta dal separatismo e infestata da innumerevoli bande di rapinatori che arrivavano a bloccare i treni, i pulmanns, le auto, per poter predare i passeggeri. Sul carro c'erano militari sbandati, borsari neri, profughi, donne macilente con i segni della stanchezza e della fame patita impressi sui volti pallidi, precocemente appassiti, e bimbi che piangevano e urlavano. La stessa folla l'avevano rivista dinanzi all'ufficio adibito al rilascio dei passaporti che davano diritto ad attraversare lo stretto.
Era una lunga fila, interminabile, rassegnata e avevano dovuto attendere per delle ore prima che giungesse il loro turno.
Alla fine, tutti ebbero i passaporti. Pure i contrabbandieri. Tutti. Tutti meno loro. I profughi, i militari sbandati ritornavano alle loro case, i borsari neri dovevano vendere caffè, stoffa, tabacchi ed acquistare pasta, farina, sale. Ma loro? Loro perché volevano traghettare?
Renzo Pettè, Il Ponte sullo Stretto, Gastaldi Editore Milano, 1953
PS. Le foto, sull'Amendolea, con quella luce del mezzogiorno nostrano, avvolgente, sono di don Salvatore Carannante.
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