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giovedì 2 febbraio 2017

Strada sbarrata- ovvero - Contestazione generale (reg. Luigi Zampa - 1969)



NON SI AFFRONTANO NEANCHE I PICCOLI PROBLEMI
Lo Stato è latitante:
allora provvediamo noi

NOSTRO SERVIZIO PARTICOLARE
PLATI’, 28 –Avevano avvisato persino Michele Giamba a tenersi pronto con il suo tamburo di pelle d’asino  a suonare il tam tam della contestazione. Ma Michele Giamba, preso dai suoi studi danteschi, si è addormentato. Avrebbe fatto senza dubbio la parte di Fronte di Rocca che capeggiava i careresi quando al grido di “viva il re, viva la regina“ come dice Francesco Perri, andavano ad occupare le terre  di Ancona, Carruso, Angelica e Flavia usurpate dai grossi e pingui agrari. Qualcuno avrebbe voluto vedere come nel dipinto “Fragalà” di Ernesto Treccani la scena delle occupazione delle terre del Marchesato.
Ma questo non è successo.
All’alba quando l’ultima stella scompariva dietro il Calvario dai vicoli dell’Ariella al Vignale, al Giardinello sino alla chiesuola si sono trovati tutti in piazza. C’era da scalare l’Aspromonte, dall’aria un po’ corrucciata, con la siepe di nubi a grondaia su Monte Scorda.
Si riempirono i camion, ogni mezzo si stipò come nei vecchi autobus di linea, quando, nel secondo dopoguerra, le persone si accovacciavano persino sul tetto. Si utilizzarono persino gli asini, mancò all’appuntamento soltanto uno, il più vecchio, falcidiato tempo fa, ahimè, dai colpi di mitra e lupara.
L’appuntamento era al Fonte di Cromatì sulla statale 112 impropriamente detta strada. Qualche buontempone intrecciò con oleandri, ginestre e mirti una corona con la scritta “ANAS”. Fu buttata fra la commozione generale nel ruscello sottostante. La commemorazione fu significativa. Quindici anni fa il ponte fu coperto sa una montagna di detriti a qualche giorno dal collaudo. L’ANAS era arrivata, come si disse, a “tumulazione avvenuta”
Al Passo della Rondinella 600 persone erano precedute dalla ruspa rumorosa di Peppe “u maistru”, allegro e scanzonato. Spesso si ride per non piangere. Dietro con badili e picconi tutti gli altri ad aprire al traffico una strada statale su cui da tempo l’ANAS aveva steso un certificato di morte. Un amara storia di intrallazzi, beghe, progetti scomparsi e riapparsi come nel cilindro del più bravo prestigiatore.
Questa volta a Platì hanno detto basta. Si sonno sostituiti alle carenze dello stato, hanno offerto le proprie braccia per garantire un pubblico servizio che una burocrazia borbonica e lontana un anno luce ha sempre negato.
La strada statale 112 di Aspromonte è persino scomparsa dalla più aggiornata cartografia europea. Chiusa al traffico dopo l’alluvione del 1951, fu ripristinata per garantire soltanto un sicuro rifugio a branchi di capre e pecore allo stato brado che dimoravano fra i colpi assordanti dei clacson degli automobilisti. È stata sempre considerata come il termometro della strafottenza burocratica e del pressapochismo politico. Una volta si bruciava il municipio o l’ufficio delle tasse, oggi i cittadini di Platì hanno messo in mostra una nuova forma civile di contestazione. Ci sostituiamo allo Stato, dicono contenti.
In due giorni di lavoro si sono fatti miracoli. Le previsioni catastrofiche di miliardi che si dovevano spendere per ridare una strada decente ai due versanti dell’Aspromonte sono state smentite. Si è rifatta una strada con pane e olio. Un pane duro e raffermo, tagliuzzato a dadi, di cui in platiesi non buttano neppure le briciole. Una lezione di coraggio e dignità che fa meditare tutti.
ANTONIO DELFINO
GAZZETTA DEL SUD, 29 Luglio 1972

Nota
Bisogna riconoscere che Toto Delfino il paese di Platì lo portava nel cuore. La foto, conservata da Francesco di Raimondo, è pure sua.


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