Powered By Blogger

giovedì 10 marzo 2016

Il colore della menzogna (reg. Claude Chabrol - 1998)




PLATI’ – Perché criminalizzare un intero paese?
Dove nasce la ‘ndrangheta
Troppo facile per gli inviati del Nord fare di tutte le erbe un fascio

Platì --- E’ nato un caso Platì. Fiumi di inchiostro descrivono ormai da cima a fondo questo paesello abbarbicato sui contrafforti aspromontani. Chi come noi è attaccato visceralmente a questo paese, lavorandovi in esso come segretario della locale scuola media da otto anni, sente il bisogno di evitare, con qualche riflessione, che si compia un orrendo crimine. E‘ facile asserire Platì è mafia, Platì è delinquenza dedita ai sequestri di persona. Platì droga. E’ semplicistico. Il mio maestro mi insegnava a cogliere in ogni aspetto della realtà le cose più apparentemente più insignificanti, per leggere meglio gli accadimenti. Un dubbio mi assale leggendo tutti quesii articoli: chi ha interesse a criminalizzare questo centro aspromontano. Certo il sequestro di persona è un crimine orrendo che va perseguito con severità, specie se consumato su vittime indifese e bambini innocenti. Siamo stati i primi a chiedere giustizia per Marco Fiora. Ma scrivere che il parroco è piccoletto, tozzo e dall’aspetto contadino (quando questi, tra l’altro, è alto e di aspetto distinto) senza offendere la suscettibilità dei contadini, è per lo meno ridicolo, denota dilettantismo nella ricerca giornalistica che spesso si affida a soffiate sbagliate che generano solo confusione di uomini e cose. Se si vuole rendere un utile servizio al paese di Platì, bisogna starci almeno due o tre giorni e sforzarsi di capire perché esso oggi sale agli oneri della cronaca nazionale. In campo ci sono erbe cattive ed erbe buone; allora cerchiamo di capire perché da una piccola società sana, amante delle lettere e della musica, dove il mestiere di sarto e falegname erano diffusissimi e la pastorizia e l’agricoltura fonti di lauti guadagni, è nata, a sentire i giornali, una contadina mafiosa e dedita a ogni sorta di traffico illecito.  E’ naturale poi, che i platioti si chiudano a riccio e affermino che la ’ndrangheta non esiste! Quali servizi sociali sono stati creati in questo paese? Lo Stato si è posto il problema del ruolo che la scuola deve esercitare in questo paese aspromontano? Sanno i giornalisti delle grandi testate che gli insegnanti della scuola media per sette anni non hanno avuto una lavagna e una cattedra e solo quest'anno hanno ricevuto questo premio, dopo la visita del signor Provveditore? Perché poi lamentarsi se lo Stato è visto come un nemico? Perché non si perseguono con identica e rabbiosa mordacia i centri del malaffare politico, i nuovi ricchi che prosperano indisturbati? Perché solo la gente semplice, indifesa e non protetta, quando si consumano giornalmente soprusi che restano impuniti? Aveva ragione da vendere Sant’Agostino quando affermava che “quando ne sia bandita la giustizia che altro sono i regni se non ladronerie”? Se questa compagnia si accresce fino ad occupare un paese, a impadronirsi di città, soggiogare i popoli: allora essa prende ii titolo di regno; titolo che gli assicura non la rinuncia alla cupidigia ma l’acquisto delle impunità.
Questo sta accadendo a Platì: il ladrone è definito corsaro perché ha una piccola e fragile nave che lo proteggere; le consorterie partitiche che hanno occupato lo Stato e hanno una grande flotta sono chiamati imperatori! Restituiamo perciò le giuste dimensioni ad un paese che non presenta pericolose forme di delinquenza, ma ha in sé energie sufficienti che vanno coraggiosamente tirate fuori.
Sono andati a leggersi i signori giornalisti le poesie di un poeta del luogo, un certo Tassone? O i famosi carteggi del maestro Rosario Fera commissario in Platì ai tempi del fascismo? Con debito di riconoscenza a questo figlio di Platì voglio citare il tratto terminale di una delle sue epistole datata 14 marzo 1924: “Avremo modo di vedere e documentare da quale parte stanno le azioni turpi”.
Allora sì, egregio signor maestro, che potremmo divertirci e sollazzarci; allora sì che la predica sarebbe stata proficua in questa Santa Quaresima e gli amici ne avrebbero tratto ammirazione.
Perciò cari politici e giornalisti, prima di assumere atteggiamenti schizofrenici con inutili e dispendiose parate sull'Aspromonte, cerchiamo di non assumere decisioni che poi sono destinate a tramutarsi in vere e  proprie disfatte. Platì non può conoscere solo le manette come presenza dello stato. Ha bisogno di un grosso intervento sul piano occupazionale, sul piano delle strutture scolastiche, ricreative e culturali. Solo così si eviterà l’incancrenirsi del male e si renderà giustizia ad una popolazione che non merita la criminalizzazione indiscriminata.
Gianni Carteri, Giornale di Calabria, venerdì 12 agosto 1988

Cercatemi per favore il giornalista che ha descritto lo zio Ernesto piccoletto, tozzo e dall’aspetto contadino  vorrei dirgli che lo zio per ben due volte ha ricevuto la visita, entravano dal balcone, dei Reparti Operativi Speciali, per incarico del Grande Inquisitore, terrorizzando la zia Amalia. Al galantuomo voglio mandare una pignolata messinese o una cassata palermitana ogni anno.
Questo vecchio articolo dell’ormai compianto Gianni Carteri lo potete non condividere o aggiustarlo a piacere vostro, rimane fresco l’omaggio e l’incitamento al paese per spianarsi un futuro a testa alta, con le proprie forze, senza interventi forestieri.


Nessun commento:

Posta un commento