Sperdute per le campagne, piccole casupole sono albergatrici di tanta
povera gente che, vive lontana dal mondo e dalla civiltà, priva di ogni bene e
talvolta anche di sostentamento. E laggiù, tra quei sentieri, per gli erti
colli, e le anguste vie noi raggiungiamo i tuguri, cui l’idea non potrebbe
costruire nell’immaginazione, e se gli occhi non si posano a guardare, se la
pietà non spinge i passi fin laggiù.
Quanto è provvidenziale il nostro sacrificio! Come quella infelice
umanità ci tende la mano con un volto stirato dal dolore ed un fievole lamento
sulla bocca = ed accoglie la pasta e la farina per il fisico sfinito, ma
crederemmo ancora molto opportuno poter offrire dei formaggi e dei biscotti a
quei bambini, il cui sorriso innocente e imploratore penetrando, commuove il
nostro cuore. E non senza difficoltà da parte nostra, ma tanto sacrificio ci
costa tal missione, poiché sotto il sole e la pioggia, il vento oppur la bora,
noi raggiungiamo instancabilmente e senza mezzo di trasporto i più reconditi e
lontani borghi, appunto poiché la nostra coscienza di cristiane e la nostra
tenerezza di donna comprende l’opportunità di continuare questo umanitario
compito.
Dapprima la povera gente giungeva al nostro ufficio per prelevare il
materiale loro diretto, ma ormai attendono alle proprie case, ove ci accolgono
e, con una lacrima di gratitudine, che vela il senso vivo del loro
ringraziamento, ripetono commosse: ritornate!
Questa breve commovente prosa anonima era tra le carte
conservate dallo zio Ernesto il giovane. Leggendolo viene alla mente lo stile
letterario e la partecipazione di Umberto Zanotti Bianco. La femminile scrittura fa pensare ad una suora con un cuore infinito.
Leggetela con sottofondo questa bella canzone di Mavis Staples
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