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lunedì 8 febbraio 2016

La città dolente

Vagando in questo mondo di fantasmi, passai da-vanti al ristorante dove avevo gustato il pesce-spada, ora ridotto a un cumulo di pietre e di calcinacci, e giunsi alla cattedrale. Di essa non rimangono che le figure gigantesche che sovrastano l’altare, futilmente benedicenti il caos: insensate, terrificanti. Questa è dunque la casa della feudale Signora del fortiter in re, che inviò un terremoto e lo chiamò Amore. Amava l'oro e le pietre preziose come tutte le donne, e il suo favoloso tesoro fu ricuperato insieme a una copia di una lettera latina da lei inviata ai cattolici di Messina per mano di San Paolo.
E poco dopo, non so davvero come in quella confusione, i miei passi volsero in direzione di una strada assai stretta con le rovine di un palazzo recante, sull'ampio portale d'ingresso smozzicato, un' iscrizione che mi fece sobbalzare. Era un titolo storico che mi era familiare; e subito rivissi un susseguirsi di ricordi sonnecchianti nel profondo della mia mente. Sì, non c’era alcun dubbio: il vecchio «proprietario ›› e i suoi nipoti, quelli del giardino pubblico. . .
Mi chiesi quale fosse stato il loro destino in quella fredda alba invernale. È assai improbabile che, in quello spazio così ristretto, qualcuno sia riuscito a salvarsi: le macerie, ancora intatte, coprivano i loro resti.
Fu ricordando il vecchio e la sua pacata conversazione di quella sera, sotto gli alberi, che il vero significato della catastrofe cominciò ad affiorare in me dai suoi aspetti accidentali e superficiali. Devo confessare che il massacro di una miriade di cinesi mi lascia freddo: fra noi e quelle creature c'è poco più del fragile legame di comune discendenza dalla scimmia; sono troppo lontani in tutti i sensi per la nostra comprensione ristretta. Ma questi italiani sono nostri cugini spirituali: abbiamo radici profonde in questa calda terra d'Italia, che ci ha dato una buona parte di ciò che costituisce il meglio della nostra vita, della nostra arte, delle nostre aspirazioni.
Pensai ai due nipoti, alle loro giovani membra maciullate e distorte sotto un cumulo di vile spazzatura, in attesa di un brutale dissotterramento e di una tomba senza nome. Questa omicida violazione della vita non può considerarsi legittima morte. Immaginare un bel corpo giovane, divino strumento di gioia, ridotto a un informe mucchio di carne; un tempo amato, ora aborrito da tutti, e infine gettato con disgusto in una fossa comune brulicante di vermi. . .
Un tipo nordico - ecco di nuovo un valido legame, un legame di sangue, questa volta, fra la nostra razza e quei sovrani del sud, le cui imprese in questa terra di aranci e di mirto superarono ogni fantasia romanzesca.
Senza l’effimera amicizia stretta quella sera, la Messina di oggi sarebbe forse stata per me poco più di un semplice spettacolo e l'ecatombe dei suoi abitanti non mi avrebbe strappato che un convenzionale sospiro di compassione. Siamo fatti così. Il cuore umano è stato costruito su basi che mancano di generosità. I moralisti (se pure ne esistono ancora) potranno generalizzare con eloquenza, riferendosi alle masse; ma i nostri poeti si sono da tempo arresi al pathos dell'individuo singolo. Si dice che persino gli angeli del Cielo si rallegrino maggiormente per un solo peccatore pentito che per cento giusti; il che, se giustamente inteso, non è che un'applicazione dello stesso principio illiberale.
Una corda di lenzuola annodate era legata a una delle finestre superiori, con l'estremità penzolante a mezz'aria, all’altezza del secondo piano. Sono precauzioni che si prendono spesso a Messina - disperatimezzi di salvezza. Alcuni vasi di gerani e di cacti, tristemente in fiore, adornavano le altre finestre dai vetri intatti. Se non fosse stato per la sinistra luce del sole che le attraversava «dall' interno ››, la facciata sarebbe parsa quasi illesa. Ma l”imponente ingresso attraverso il quale avevo sperato di entrare era ostruito da macerie e fui quindi costretto a compiere una piccola scalata per portarmi nel cortile.
Se una lama gigantesca avesse tagliato il palazzo per il senso della lunghezza, l”operazione non sarebbe potuta riuscire con maggior precisione. Tutto l'interno era crollato, ad eccezione di una parte delle stanze che davano sulla strada, tranciate in due così da rivelare una sezione ideale di economia domestica. La casa, coi suoi inquilini e tutto quello che conteneva, giaceva  fra le alte macerie sotto ai miei piedi - grandi frammenti di muro cosparsi di calcinacci e inframmezzati da sbarre di ferro che si contorcevano in superficie o si tuffavano tetre nel profondo. Nelle macerie si aprivano fetidi squarci dai cui fianchi affioravano vasi rotti, candelabri, cappelli, bottiglie, gabbie per uccelli, quaderni, tubi, divani, cornici, tovaglie e tutto il banale armamentario della vita di ogni giorno. Nessuna stratificazione: né orizzontale, né verticale, né obliqua. Sembrava che gli oggetti fossero stati gettati in aria da un vulcano in vena di scherzi e lasciati depositare a caso. Due immensi blocchi di marmo intagliato (il primo disteso sul fondo di un burrone in miniatura, il secondo fieramente ritto come un monumento druidico) mi ricordarono l”esistenza delle scale, delle diaboliche scale.
Alzai lo sguardo nel tentativo di ricostruire le abitudini degl' inquilini, ma dovetti rinunciarvi quasi subito, l'unica sezione rimasta non essendo sufficientemente profonda. Il loro colore preferito doveva essere l'azzurro cielo. La cucina era chiaramente individuabile col suo focolare, la cassetta del carbone, i tegami di rame appesi in fila ordinata e la credenza aperta, piena di utensili. La stanza adiacente (le porte di comunicazione erano scomparse), con tendine di pizzo alle finestre, possedeva ancora un tavolo, una lampada e un libro, mentre la spalliera di un letto stava in precario equilibrio sull’abisso. Una terza stanza, ricca di tappeti e di quadri, rivelava un grande specchio sbiadito sotto al quale correva una fila di scaffali, gementi sotto il peso di una nutrita collezione di flaconi e di fiale.
I linimenti del vecchio . . .
FINE

Norman Douglas, Old Calabria

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