"GORGOEPEKOOS"
Collegamento
Iconografico tra Loreto – Platì – Polsi
– Messina
(uno studio di p. Stefano De Fiores, monfortano,pubblicato sulla rivista
"Il Messaggio della Santa Casa" del
Santuario di Loreto-n° 2-Febbraio 1994)
Tale statua aveva subìto
nell' Ottocento un restauro che ne aveva in parte modificato i connotati. Essa
era stata interamente ricoperta di uno strato di gesso che ne addolciva le
linee ma insieme velava il primitivo modello ligneo. In particolare Gesù
Bambino risultava spostato verso destra e adagiato con il gomito sul petto di
Maria, mentre la mano sinistra sorreggente il mondo ( in greco oikoumenikòn)
veniva capovolta.
Questi accorgimenti avevano
ovviamente lo scopo di rendere meno esposta ad urti la piccola statua di Gesù
Bambino. Giustamente il restauratore fiorentino, per motivi intrinseci alla
statua, ha raschiato lo strato di gesso che la ricopriva ed ha spostato in
avanti il Bambino, capovolgendogli la mano sinistra in modo da sorreggere con
essa l' oikoumenikòn.
Con queste
modifiche la statua ha riacquistato la somiglianza con il prototipo da cui trae
popolarmente il nome, cioè Madonna di Loreto (in calabrese " A Madonna du
Ritu").
Il prototipo
lauretano
A questo punto si
pone il problema dell' icona venerata a Loreto nella Santa Casa nei primi
secoli dell' esistenza della chiesetta di S. Maria (1294): un dipinto o una
scultura?
E' risaputo che
nell' incendio del 1921 è andata distrutta l' antica statua del secolo XIV, la
quale venne sostituita un anno dopo con una di uguale struttura in cedro del
Libano dei giardini vaticani dallo scultore Leopoldo Celani su modello di
Enrico Quattrini. Le caratteristiche di questa statua, di solito soggiacenti
alla ricca dalmatica di cui è rivestita, consistono nell' atteggiamento del
Bambino che benedice con la destra mentre con la sinistra sostiene il globo e
nella posizione eretta della Madonna, che a sua volta con una mano sorregge il
Bambino e con l' altra accompagna la falda del manto.
Questo ultimo
particolare è una probabile contaminatio o modifica della mano della Madre che
dovrebbe indicare il Figlio, secondo il modello iconico della Hodigitria
(=colei che indica la strada, cioè Cristo). Tale gesto appare chiaramente in
un' antica statuetta della Vergine con il Bambino in rame dorato (sec. XIV)
conservata nel Museo Pinacoteca di Loreto. Gesù Bambino è raffigurato mentre con
la destra benedice e con la sinistra tiene un libretto. E' importante notare
con gli studiosi che la statuetta considerata "la più antica immagine
della Madonna di Loreto" reca i "segni d' arte bizantina, emergenti
dall' arcaismo della figurazione, specie dal sorriso del Bambino e della
ieraticità di matrice orientale. Tali indizi sono ancor più evidenti nelle
lettere greche incise sul petto della Madonna e sul petto del Bambino, e
intessute nell' ampio nimbo di quest' ultimo".
Siamo così
rinviati ad un' icona bizantina dipinta su tavola secondo norme fissate dalla
Chiesa d' oriente che avrebbe preceduto la statua, come si evince da alcune
testimonianze. Un atto processuale del 1315 documenta che dei ladri asportarono
"tutte le ghirlande d' argento con perle e senza sopra l' immagine della
Beata Vergine e della sua icona e sopra l' immagine di nostro Signor Gesù
Cristo che stava sopra la detta icona". Un altro riscontro si trova nel
libro dell' umanista G. Ricci Virginis
Mariae Loretae historia (1468-69), scoperto e pubblicato nel 1987 da G. Santarelli,
dove l' autore afferma di aver ammirato alla sommità dell' altare una
"parva tabella", una "pittura tanto dolce e bella" dal
volto "un poco nero, con color rosso". Sia il Ricci che il Teramano e
il Mantovano attribuiscono l' immagine di Maria a s. Luca Evangelista, che
secondo un' antica tradizione è considerato pittore. Non mancano altri
documenti o indizi che sono recensiti da G. Santarelli.
Mentre
la primitiva icona di Loreto era probabilmente del tipo Hodigitria, la tipica
composizione attribuita a S. Luca, l' antica statua (e tutta una serie di
stampe e di dipinti, a cominciare dalla xilografia dei primi decenni del '500
conservata nel Castello Sforzesco di Milano e raffigurante la traslazione della
S. Casa) presenta un sottotipo iconografico da identificare. Il dettaglio più
importante apportato da questo modello è il globo sormontato dalla croce, che
sostituisce nella mano sinistra il libro o rotolo presente nella Hodigitria.
L' icona della
Gorgoepekoos
Per stabilire l'
identità della icona riprodotta dalla statua della Madonna di Loreto (e più
ancora da quella di Platì in cui la Vergine indica Cristo con il gesto della
mano sinistra), passiamo a un' icona conservata nel Santuario di Polsi in
Aspromonte. A parte alcuni particolari propri, come il rotolo spiegato che la
Theotokos stringe nella mano sinistra e la scritta Regina coeli laetare
alleluja sull' aureola maggiore, la Madre e il Bambino presentano le stesse
caratteristiche della Madonna di Loreto. Omologata dallo storico Salvatore
Gemelli al tipo della Platitera, l' icona è stata più esattamente ritenuta
dall' iconografo Gaetano Passarelii come una Hodigitria, con parecchie varianti
e con il titolo Gorgoepekoos (=Veloce ascoltatrice). In realtà questo titolo è
scritto in lettere greche sotto i monogrammi MR
QU sotto la forma seguente: H GORGO EPHKOOS.
Secondo Passarelli
l' icona sarebbe stata dipinta nel 1715, data scritta alla base, ma "su
un' immagine precedente, più antica, del tipo iconografico dell'
Odigitria" e risalente al XIV secolo. La scritta sul rotolo in mano da
Maria contiene l' incipit, la datazione e la chiusura della famosa lettera di
Maria ai messinesi, per cui siamo rimandati alla Madonna della Lettera di
Messina se vogliamo capire l' icona di Polsi e infine la Madonna di Loreto.
Se prendiamo in
mano l' Atlas marianus del Gumppemberg troviamo una bella incisione della Imago
B.V. miraculosa de Littera Messanae corredata da notizie riguardanti la
tradizione della Lettera che Maria avrebbe indirizzato ai messinesi mentre
ancora viveva a Gerusalemme.
Circa questa
icona, che presenta i tipici connotati della mano destra della Madre di Dio che
indica il Figlio e del medesimo che benedice con la mano sinistra e sorregge il
globo con la destra, l' autore gesuita Gumppenberg asserisce che "è
antichissima ed è oggetto di grande venerazione. Comunemente si crede che sia
opera di S.Luca, insignita di questa scritta: H GORGO EPHKOOS:Veloce
ascoltatrice"
Nessun commento
teologico abbiamo finora trovato che prenda in esame questo titolo mariano. G.
Musolino attinge al vol. IV del Nuovo Lessico Enciclopedico, edito in greco ad
Atene per offrire alcune notizie storiche: "La devozione alla Gorgoepikoos
è di origine bizantina, si fregiavano infatti dello stesso titolo l' attuale
tempietto di Santo Eleuterio ad Atene, un monastero del territorio di Mantinea
e il monastero di Docheiario, sul monte Athos. Anche a Costantinopoli nel
secolo XIV vi era un cenobio che prendeva il nome di Gorgoepikoos".
A noi viene in
mente una frase di Saveriano di Gabala che offre il fondamento del titolo dato
alla Madre di Dio, in quanto la presenta non già nello sheol in condizione
umbratile, ma dotata delle funzioni vitali di ascolto delle lodi e preghiere
dei fedeli: "Maria ogni giorno si sente dire da tutti: "Beata! (...)
Ma certo che ode, perché si trova in uno splendido luogo, perché è nella regione dei vivi, lei che è madre
della salvezza, lei che è la sorgente della luce percettibile".
Del resto anche
nella sua vita terrena Maria è stata la "Vergine in ascolto"(MC 17),
poiché ha ascoltato la Parola di Dio e anche i desideri perfino inespressi
degli uomini, come ha fatto a Cana. Ella è l' attualizzazione personificata
dello Shemà Israel: Ascolta Israele. Ora in cielo continua a prestare orecchio
sopratutto al clamore umano, perché partecipa all' atteggiamento del Dio d'
Israele che sente il clamore degli ebrei in Egitto e decide d' intervenire per
liberarli dalla schiavitù (Es.3,7-8).
Maria resta orientata essenzialmente verso Cristo, che
indica con il gesto della mano come colui che è la Via di accesso al
Padre(Gv.14,6), secondo il significato teologico del tipo fondamentale dell' Hodigitria.
Contemplando Gesù tenuto in braccio da Maria occorre sottolineare la sua mano
destra benedicente, che non solo ricorda la fonte trinitaria da cui promana
ogni dono per gli uomini, ma anche la ricchissima teologia biblica della
benedizione. Infatti in Cristo il Padre "ci ha benedetti con ogni
benedizione spirituale nei cieli" (Ef 1,3). La destra del Bambino che
sorregge il mondo indica il suo potere Pantokrator nonostante la sua fragile
condizione umana. E' il paradosso del Dio trascendente che nell' incarnazione
si fa condiscendente. Adesso la Genitrice del Verbo di Dio secondo la natura
umana partecipa al potere misericordioso del Figlio, avendo portato nel grembo
colui che tiene il mondo nel piccolo pugno della mano (cf. inno Quem terra,
pontus, sidera).
Sono accenni di una
teologia dell' icona che dovrebbe essere portata a maggiori approfondimenti.
L' icona
della Gorgoepekoos, con o senza l'iscrizione, è assai diffusa nel mondo. G.
Musolino riporta l' icona della Madonna con Bambino sopra descritto venerata ad
Aieta (sec.XIV) e quella della Madonna della Lettera offerta dai messinesi agli
abitanti di Palmi nel sec.XVI in riconoscenza per gli aiuti da loro inviati in
tempo di carestia. G. Cocchiara da parte sua recensisce per quanto concerne la
Sicilia tre immagini di S. Maria Lauretana specificando che il Bambino
"tiene sulla manina destra un globo mentre coll' altra fa il segno della
s. Benedizione". Inoltre pubblica una Madonna della Lettera del tutto
simile a quella di Polsi, ad eccezione del rotolo nella mano sinistra di Maria.
Simile come tipo, ma con il Bambino sul braccio sinistro è Maria V. del Bosco
di Niscemi, in cui un globo molto evidente è sostenuto dalla mano della Madre e
da quella del Figlio. Ricordiamo anche un simulacro ligneo a mezzo busto (che
sarà poi affiancato poi da una statua intera) raffigurante la Madonna della
Lettera, che dalla Dogana di Messina dove era esposto è finito in mare nel
terremoto del 1783, è approdato alla baia di
S. Margherita Ligure e quindi è venerato nella chiesa di S. Giacomo di
Corte. Del resto anche la celebre icona del santuario di Jasna Gora
(Czestokowa) presenta i connotati della Gorgoepekoos, anche se non ha l'
iscrizione.
Sintesi conclusiva
Siamo partiti dal
restauro della statua della Madonna di Loreto venerata a Platì e potevamo
pensare che si trattasse di una raffigurazione isolata in quel remoto paese
della diocesi di Locri-Gerace. Il nostro itinerario iconografico ci ha mostrato
una rete di collegamenti in Italia e fuori che rendono la statua di Platì un
crocevia di relazioni che comprende Loreto, Messina, Polsi, ma anche
Gerusalemme e il Monte Athos.
La statua di Platì
non è neppure una figurazione generica, ma è veramente la Madonna di Loreto
secondo le caratteristiche che essa presenta nell' antica e nella nuova statua
venerate nella Santa Casa. Un risultato inedito su cui tacciono le fonti
lauretane consiste nell' identificazione del tipo iconografico cui la statua di
Loreto si richiama. Non si tratta soltanto del prototipo fondamentale dell'
Hodigitria, ma anche del tipo meno noto anche se assai diffuso della
Gorgoepekoos, che presenta la Teotockos come colei che è pronta ad ascoltare le
preghiere dei fedeli per intercedere per loro le grazie della salvezza: Veloce
ascoltatrice, e Gesù come colui che sorregge il mondo e benedice. Si tratta di
temi plausibili di approfondimento teologico ricchi di applicazioni vitali.
La
statua di Platì e le raffigurazioni affini collegano le chiese d' occidente e
quelle d'oriente, in quanto il loro prototipo è greco-bizantino. Esse invitano
la Chiesa "a respirare pienamente con i suoi 'due polmoni': l' oriente e
l' accidente" (RM 34) ed a sintonizzare con le Chiese orientali
"profondamente unite dall' amore e dalla lode della Theotokos(RM 31).
Questo orientamento ecumenico deve essere più intimamente sentito dal popolo
calabrese, per vari secoli popolato da monasteri basiliani, centri di
preghiera, di cultura e di carità. Sono i monaci basiliani gli iconoduli che
hanno promosso il culto alle icone della Madre di Dio. Un monaco del monte
Athos scrivendo ai geracesi dopo l' XI incontro di studi bizantini (6-9 maggio
1993) esprime meravigliosamente la comunione che lega la Grecia alla Calabria:
"Per noi la Calabria è una parte della nostra storia e un luogo dove
rifulsero i santi, e così ogni angolo di questa terra, ogni sentiero, ogni
insenatura ed ogni roccia sperduta sono per noi cose tutte venerande e sacre.
(...) Abbiamo sentito che qui accanto spadroneggia la cieca violenza. Ma siamo
certi che il luminoso e possente soffio
dello Spirito di Pentecoste è capace di trasfigurarla. Ogni Liturgia è una
'Pentecoste', basta che noi sforziamo e
purifichiamo noi stessi uccidendo le nostre passioni a maggiori
approfondimenti.
Nessun commento:
Posta un commento