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lunedì 18 gennaio 2016

La città dolente




Erba!
Il ragazzo è di famiglia nobile, ma la sua casa essendo ridotta a un cumulo di macerie sotto il quale giacciono
ancora genitori e fratelli, denaro, documenti e mobili, si guadagna ora da vivere portando cassette di frutta e
di verdura dal porto fino a quel gruppo di capannoni che viene onorato col nome di mercato. Più tardi, quello stesso giorno, ci capitò di passare davanti alla sua casa, situata nei pressi del molo. «La mia casa e la mia famiglia» mi disse, indicando con un gesto di atavica rassegnazione un mucchio di macerie.
Poco distante, fra le rovine, una giovane donna sca-pigliata cantava, estatica. «Ha perso il marito e il Suo cervello ha ceduto ››  spiegò il giovane. «È strano: non facevano che litigare, ed ora lei lo chiama giorno e notte col suo canto, supplicandolo di ritornare.››
L'Amore, secondo i greci, era figlio del Caos. In questa parte della città sorge il museo civico, che tutti i lettori delle armoniose pagine di Gissing: «By the Ionian Sea ›› ricorderanno certamente. È crollato, come tutto il resto che egli visitò a Reggio, come l’albergo in cui prese alloggio, come la cattedrale la cui fiera iscrizione «Círcumlegentes devenimus Rhegium» gli fece una così profonda impressione, come «quel singolare pezzo di avanzata civiltà che mi diede la strana sensazione di essere capitato nel mondo di quei romanzieri che prevedono il futuro: un macello pubblico di armoniose linee, situato in un boschetto di limoni e di palme, che faceva pensare all'ideale sognato da un riformatore il cui palato rifugga dal vegetarianismo ››. Facemmo il giro di tutti quei luoghi, senza dimenticare la casa che porta la lapide commemorativa di un giovane soldato, caduto combattendo contro i Borboni. Dalle sbarre di ferro contorte del suo balcone pende una corda con la quale gl'inquilini hanno tentato di calarsi.
Un mio amico, il barone C . . . di Stilo, appartenente a quella stessa famiglia di patrioti, mi narrò un caso davvero strano. Il giorno della catastrofe, lui era assente da Reggio, ma tre suoi parenti erano in casa. Alla prima scossa si riunirono tutti, terrorizzati, in una sola stanza; il pavimento cedette e, improvvisamente, si trovarono seduti nella loro automobile, l'autorimessa essendo situata sotto a quella stanza. Se la cavarono con poche insignificanti contusioni.
Su di una rovina vicina, un'iscrizione dice che «il palazzo essendo stato gravemente danneggiato nel terremoto del 1783, il suo proprietario l'aveva ricostruito in maniera appositamente studiata per resistere ad eventuali futuri terremoti». Chissà se lo ricostruirebbe ancora?
Ritengo, comunque, che Reggio abbia possibilità di risorgere: la sua prognosi non è senza speranza.
Ma Messina è un caso disperato.

Quel superbo lungomare con la sua lunga fila d'imponenti edifici ... Immaginate uno scenario teatrale di cartone attraverso il quale un mostro di enormi proporzioni e di tendenze sportive abbia saltato con frenetica allegria. Ecco com'è ridotto. E, dentro, tutto è desolazione. Le macerie arrivano fino all'altezza delle finestre e bisogna arrampicarsi per passare. Quale interessante deposito post-terziario per le generazioni future, per l'abile archeologo che decifra la storia dell'umanità da credenze di cucina e da deformi mucchi di cianfrusaglie dimenticate! Tutta la vita sociale dei cittadini, la loro arte, la loro economia domestica, i loro svaghi giacciono sepolti in quei rifiuti. «Una vera gara musicale» concluderà l'archeologo, osservando le numerose vestigia di pianoforti, chitarre e mandolini venute alla luce. Il clima di Messina, dichiarerà poi, deve essere stato molto umido, poiché ovunque si trovano ombrelli infilati tra le macerie, sconsolatamente appoggiati ai muri in rovina, sepolti nella povere. Piovve molto durante quei giorni terribili e gli ombrelli erano ricercatissimi. Ma cinquanta ombrelli non avrebbero acquistato una pagnotta. Goethe ebbe a dire che, delle grandi catastrofi che afflissero l'umanità, nessuna più di quella di Pompei ha procurato piacere ai posteri. Altrettanto non potrà mai dirsi di Messina, le cui reliquie sono in gran parte squallide e meschine. Lo stesso Goethe visitò la città dopo il disastro del 1783 e ne descrive la zackige Ruinenwiiste - parole il cui suono evoca immagini di distruzione e di morte. Tuttavia, la città risorse.
Ma che fu il 1783?
Una semplice prova generale, una rappresentazione da dilettanti.
Norman Douglas, Old Calabria


continua

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