E' lunga questa orazione funebre. Leggerla per una sola volta non è tempo sprecato, visto come siamo costretti a sentire quelle di oggi, dette da persone che non hanno mai conosciuto i nostri cari.
E' anche storia del paese e del suo coinvolgimento con la Grande Guerra.
Ha
un fior la vita per la speranza,
Ha
un fior la morte per l’avvenir.
G.
Prati
Signori,
E pure, mente l’ecatombe immane tinge il mondo di sangue, mentre le
giovani vite mietute dalla mitraglia, giacciono insepolti ancora sulle balze
del Trentino e del Carso, qui, dove la voce rauca del cannone non schianta i
cuori, siamo riuniti ad una mesta cerimonia. La funebre cerimonia, se non è
un’inferie di sangue da strappare dei cuori il grido, come dalla belva ferita;
è non di meno un contributo di lacrime e di preghiere. Voi certamente non
condividerete l’idea anticristiana del “ sacro egoismo “, e se vi stringete in
questi giorni, ai petti i panni insanguinati dal dolore, guardate anche
compassionevoli a coloro che piangono; a coloro che furono colpiti dalla
sventura, sia essa acerba e crudele come quella per un caduto in battaglia, sia
essa blanda e confortabile come quella di una madre che serenamente s’invola.
È il dolore che amalgama tutti, che stringe i vincoli dell’affetto; è
il dolore che rifulge maggiormente l’idea cristiana, è, insomma intorno alle
tombe che si cementano i cuori. E il vostro spontaneo accorrere in questo
tempio, parato a lutto, la vostra solidanza nel dolore di un figlio che piange
amaramente la madre molto mi danno affidamento; ond’io mi accingo a intessere
parole dio lode per Donna Mariantonia Mittiga nata Gliozzi la quale, fra le
virtù comuni a tutte le donne cristiane, si ebbe anche quella di amare
intensamente, profondamente tutti i suoi parenti da formare in lei come un’esagerazione
di amore, il che non è poco.
Il dovere, quindi, di riconoscenza mi lega ad onorare questa donna che
come una madre ebbe per me palpiti di tenerezza; il pensiero che se vivesse mio
padre mi avrebbe baciato con più affetto per questa azione, mi anima ..e se io
arrivassi a convincervi che l’ardenza del suo cuore irradiava anche gli
estranei, farei cosa utile anche per voi che mi ascoltate, perché voi sapete,
l’esempio è tutto: è la scuola del genere umano. Ah si io vorrei che nelle
parentele ci fossero di tali soggetti; ci fossero di queste donne che
sentissero la missione di stringere i legami del sangue e si adoperassero a
raccogliere intorno a loro tutti i membri della famiglia e del casato da
formare un solo tetto, un focolare solo. Io vorrei che le famiglie patriarcali
esistessero in questi tempi critici e che il comando di esse fosse affidato a
una donna forte, energica e buona come quella che si è dipartita da noi in
questo mese.
Ella vide compiuta la sua missione, vide realizzato il suo ideale e si
addormentò nel Signore nella tarda età di ottant’anni, benedetta e compianta da
quanti la conobbero.
Basterebbe tutto questo per tessere una corona ed ella, passata dalle
ombre alla luce, potrebbe essere contenta, perché, alla fine dei conti, a noi
tutti è dato di conseguire tanto e noi sappiamo che le giovani querce cadute
accanto agli alberi secolari nella foresta, gemono di più quando l’uragano passa e li schianta.
Ma io credo che qualche cosa di più ci abbia lasciato, se non fosse
altro; quell’amore tenero e compassionevole verso i suoi parenti che la faceva
soffrire ed inquietare per loro, per la loro salute, per i loro beni. Gioiva
delle loro gioie, ne condivideva i dolori, era sempre vigile, anelante per loro
e, se non poteva aiutarli, sacrificava tutto, anche se occorresse il sangue
delle sue vene. Quest’amore era, come vi dicevo, poc’anzi, qualche cosa di
anormale, un’esagerazione, una malattia, delle volte anche incompresa, perché
non tutte le malattie dell’anima hanno una facile diagnosi. Ed anche sul letto
di morte, dimenticava i suoi dolori per interessarsi di noi che l’assistevamo “
Voglio che stiate sano ”, mi diceva poche ore prima della sua morte, quando,
nell’esercizio del ministero sacerdotale, io supplivo il figlio dolorante, “
che stiate sano – mi diceva – e vi ricordiate di me nel Santo Sacrifizio della
Messa “. Fu allora che la mia mente corse a Santa Monica, la madre del grande
Agostino ed alle parole che la morente rivolgeva al figlio là, sulle rive del
Tirreno.
E non è questo pio desiderio che manifesta il suo amore e la sua fede? Non c’è in queste parole tutta l’anima sua
che visse della vita dei sui parenti, vicini e lontani; la manifestazione
dell’Ideale per il quale era vissuta e che s’imprometteva di raccogliere i
frutti di là della tomba, in un luogo dove “ l’umano spirito si purga e di
salire e di salire al ciel diventa degno “?
Ecco l’Ideale!
L’uomo deve proporsi nella vita un fine e a quello tendere
costantemente. E quando questo ideale è santo, quando al conseguimento di esso
si uniscono tutte le forze della mente e delle braccia e si arriva a
raggiungerlo … oh allora è grande la soddisfazione che si sente: è una
soddisfazione divina. Che se poi ostacoli insormontabili si superano e si
arriva stanchi, affaticati, sanguinati ad occupare la meta, anche gli astanti
allora applaudiscono a l’eroe, egli è un grande che merita tutto quanto
l’entusiasmo e la lode.
Quante virtù domestiche ed ignorate rassomigliano a questo genere di
eroismo, che se si potessero raccontare tutte, non ci sarebbe bisogno di
mendicare nei libri un po’ d’entusiasmo per solleticare gli animi nell’apatia
della vita.
Donna Mariantonia Gliozzi, uscita dalla casa paterna in cui con mano
assidua era stata educata come un fiore di bellezza e di virtù, uscita, dico,
per cominciare la vita coniugale, cullava il più bello ideale; quello di avere
un figlio e di farlo prete. Dio aveva stabilito intanto che ella non avesse
altri figli maschi se non il primogenito. Non importa! Pensa che questo figlio
l’aveva promesso a Dio, che dovrebbe vederlo salire l’altare ed assisterla poi
sul letto di morte … ed oltre tomba. Oggi il figlio, come vedete, scioglie
l’ultimo voto della genitrice.
Ma per giungere a questa meta, quanti sacrifizii superati, quante
vittorie oscure!
Non è questo il luogo né il momento che io debba ricordare di che
genere fossero i patimenti, le strettezze, le contraddizioni e le noie che si
opponevano a questo ideale; non si contano le giornate d’ansie, le fatiche, gli
ostacoli … ed il sogghigno dell’invidia, le vendette dei patenti, i castighi
della miseria. Basta!
Con fermezza volle, sempre volle, fortissimamente volle e finalmente
vide salire l’altare il Novello Unto del Signore. Il suo desiderio era
appagato!
Oh chi può dire la gioia di una madre che vede il figlio, ministro
dell’Altissimo, messo in alto, sull’altare, tra i ceri fiammanti e l’incenso
odoroso, che stende la mano per chiamare la Divinità sulla terra e sulle teste
abbassate e i cuori commossi dispensa celestiali benedizioni? E questa gioia
divina la ricompensò largamente dei passati travagli, si vide rispettata,
amata, venerata da tutto un popolo riconoscente e buono e si raccolse in se
stessa per aspettare la fine. La fine giunse in questi orribili tempi che
misero, ancora una volta, l’assenzio dentro il suo cuore. Contristata dal
pensiero della guerra, l’ansie indicibili dei parenti richiamati, il pericolo
della partenza imminente del figlio; tutto un cumulo di timori, affrettarono la
catastrofe; sebbene a scongiurarla ancora il figlio non lasciasse mezzo
intentato e la morente si rivolse a noi con pietoso affetto, implorando la
carità di un ricordo.
La tomba è santa, è cosa che non si nega a chi muor.
Che se poi è vero come non dubito, che la religione del Nazareno è la
religione dei sepolcri, come quella che è nata tra le tombe le tombe infiora con speranza, se è vero,
dico, che i viventi si affacciano sulle tombe per accompagnare le anime di là
coi suffraggi delle preghiere e dei voti; io credo che Donna Mariantonia
Gliozzi si sia molto bene regolata nella vita, facendo il figlio prete, come
colui, come colui che dovesse rischiararle il cammino d’oltre tomba, quando
dall’altare, offrendo l’Eterna Vittima di espiazione, la prega che conceda alla
madre sua “ la luce perpetua, l’eterna pace “.
Oh, si riposa in pace e ti sia lieve la terra che ti ricopre. A te che
per l’Ideale combattesti e vincesti; a te sorrida l’Eterno Ideale Dio, che è il
premio dei buoni, la luce delle anime, la meta verso cui cammina fidente lo
stuolo innumerevole di tutte le creature vive. Salve!
Sac:
E Gliozzi sen.
Platì 5 – 3 - 1917
Donna Mariantonia Mittiga nata Gliozzi - sposò Mittiga Nicola e furono
i genitori dell’arciprete Francesco, di Giovanna e Angiolamaria,
Fu zia di Francesco Gliozzi padre di zia Serafina e zio Ernesto sen. e quindi di nonno Luigi