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giovedì 9 maggio 2013

Quando i campi sono in fiore ( reg. Hampe Faustman - 1946)


Così Ovidio:
hac mihi Nomento Romam cum luce redirem,              
     obstitit in media candida turba via:
flamen in antiquae lucum Robiginis ibat,
     exta canis flammis, exta daturus ovis.
protinus accessi, ritus ne nescius essem;
     edidit haec flamen verba, Quirine, tuus:              
'aspera Robigo, parcas Cerialibus herbis,
     et tremat in summa leve cacumen humo.
In questo giorno tornando a Roma da Nomento,

a metà della strada mi imbattei in una turba vestita di bianco:
il flàmine andava nel bosco sacro all’antica Ruggine,
per ardere viscere di cane e fibre di pecora.
Subito mi avvicinai per non restare ignaro di quel rito;
il tuo flàmine, o Quirino, pronunciò queste parole:
 “O aspra ruggine, risparmia gli steli d’erba di Cerere,
 e le loro cime vibrino a fior di terra “.
Ovidio, op. cit.


Riporto dal Messale Quotidiano, edizione 1951, Latino-Italiano che apparteneva alla mamma:

 “ Rogazioni “ è un termine usato in Gallia, equivalente alle romane “ Litanie” cioè solenni suppliche ad impetrare la divina benedizione sopra i raccolti della terra.
  Litanie dette Maggiori hanno luogo il 25 Aprile. Queste ebbero origine a Roma e costituiscono la cristianizzazione della processione pagana “ Robigaglia”.
  Litanie  dette Minori hanno luogo nei tre giorni che precedono l’Ascensione. Queste furono istituite da S. Mamerto in Gallia nel sec. V.

Benedizione dei campi

Tu, o Dio, coroni l’anno coi tuoi benefici.
E fai ripieni i campi  di ubertà.
Tutti gli animi sperano in te, o Signore.
E tu dai loro il cibo in tempo opportuno.
Signore, esaudisci la mia preghiera.
E fino a Te giunga il mio grido.

Preghiera

 Supplichiamo la tua misericordia, o Dio onnipotente, perché i frutti della terra, che ti degni di alimentare con l’influsso dell’aria e della pioggia, li voglia fecondare con la rugiada della tua benedizione.  Concedi, o Signore, a questo popolo di poterti sempre ringraziare dei tuoi doni; colma perciò con la fertilità della terra ed i frutti copiosi, gli affamati, così che il povero ed il bisognoso lodino sempre il tuo nome glorioso.
 La benedizione di Dio onnipotente, del Padre, del Figlio e dello Spirito Santo discenda abbondante sopra i campi e qualsiasi bene di questo luogo e vi rimanga sempre. Amen



Ciò che ricordo è poco. Una striscia di pellicola impressa, lunga trenta secondi, che si dispiega a ventiquattro fotogrammi al secondo: in tutto 720. La distanza tra quel momento e il cumulo di anni successivi che li ricoprono diviene fondo marino, è come guardare attraverso un acquario. Mi sveglia un compatto vocio di donne e uomini che proviene dalla strada. Lascio le coperte e corro nella camera da letto di papà e mamma; la finestra del balcone che si affaccia sulla strada è aperta e vi entra una luce grigia, ancora il sole deve uscire fuori, aldilà del Calvario, e avvolgere di rosa quanto gli fa da ostacolo. E’ una processione che proviene dal ponte: la apre un uomo che porta una croce posta su un’asta di legno nero, segue lo zio Ciccillo che indossa solo la cotta bianca e la stola, dietro di lui le donne, molte quelle vestite di nero, ed infine gli uomini. La maggior parte sono anziani; le donne indossano in testa il velo, alcuni tra gli uomini la coppola. Lo zio Ciccillo intona in latino delle suppliche, ad ogni frase i fedeli rispondono “ ora pro nobis “. Arrivati al crocevia dove c’è il bar di papà, svoltano a sinistra per rientrare in chiesa, mentre io, senza parole, ritorno sotto le coperte.

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