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giovedì 30 ottobre 2025

Verso il sole - Miniserie In Progress pt. 2


LA POPOLAZIONE DEL LUOGO ATTENDE FIDUCIOSA

A quando il collegamento
Cirella di Platì-Bombile?

Sembra che il Prefetto voglia interessarsi in modo
concreto per la soluzione dell’annoso problema

                                                                                                      Locri, 13 Aprile

(f. t.) -- Torniamo volentieri sulla tormentata e tormentosa questione della realizzazione di un collegamento stradale tra l’abbandonata frazione di Cirella di Platì e Bombile, interpreti delle delusioni, delle sofferenze, della incapacità di assuefarsi alle ingiustizie degli uomini di quella magnifica gente e vi torniamo esclusivamente in segno di doverosa solidarietà nel diritto ad esigere dai Cirellesi quel tanto che lo stato ha il dovere di dare a tutti quelli, da cui si pretende compiano il proprio dovere di cittadini.
Questa volta, e lo sottolineiamo con viva soddisfazione, sempre che le informazioni in nostro possesso rispondano al vero, pare che il Pretetto dr. Rizzo, che si era mostrato tanto sensibile alle richieste avanzate dal Comitato di agitazione della Frazione, allorché lo ricevette alla presenza dei tecnici della Amministrazione provinciale, voglia, decisamente operare in senso concreto, perché la strada venga aperta, secondo il tracciato più rispondente alla bisogna degli abitanti di Cirella e degli agglomerati di Illiciuso, Lauro, Gioppo e Potito e, a tal fine, avrebbe assicurato di recarvisi personalmente.
Potrà così il Capo della Provincia scoprire fra quella gente tanti motivi di dolore, di pieta e di tristezza da rappresentare autorevolmente ai Ministri competenti.

GAZZETTA DEL SUD, 16 Aprile 1956                
f. t. Francesco Tedesco                                                        

martedì 28 ottobre 2025

Verso il sole [Michael Cimino, 1996] Miniserie In Progress


INTERROGAZIONE PARLAMENTARE
Il problema della strada
Cirella di Platì – Bombile
Locri, 7 aprile
(f. t.) - In riflesso al malcontento che regna fra la popolazione di Cirella, frazione del Comune di Plati, per la mancata costruzione della strada che dovrebbe unire quel centro abitato con il consorzio umano, l’on. Minasi* ha presentato la seguente interrogazione:
«Il sottoscritto chiede d’interrogare il Ministro Presidente del Comitato dei Ministri per la Cassa del Mezzogiorno ed il Ministro dei LL. PP., al fine di conoscere se intendano dare una definitiva soluzione al problema della strada che congiunga Cirella di Plati - frazione di o1tre 2000 abitanti — alla frazione Bombile di Ardore e per essa, agli altri centri abitati della zona.
La popolazione di Cirella da tempo ebbe a lamentare, e talvolta a protestare in forma, sempre unanime, il suo stato di secolare abbandono, aggravato dolorosamente dall’isolamento a cui resta condannata.
In atto vi è fra quella popolazione una viva agitazione» a causa delle delusioni patite, in seguito ad assicurazioni elettoralistiche ed ai tentativi mancati da parte dei competenti ministeri di dare una soluzione a quel problema».
L’interrogante ha chiesto risposta scritta.
GAZZETTA DEL SUD 8 Aprile 1956

f. t. Francesco Tedesco

*Rocco Minasi (1910 - 1994) è stato un parlamentare calabrese attivo tra gli anni cinquanta e sessanta del secolo trascorso.
 

 





 

giovedì 23 ottobre 2025

I bambini ci guardano (reg. Vittorio De Sica - 1943) REUP



Video Banned by YOU TUBE

Please, VIEW FULL SCREEN and TO BE PLAYED AT MAXIMUM VOLUME.
 

venerdì 17 ottobre 2025

Non c'è due... senza tre [ Irving Pichel, 1946]

 


È in via di ultimazione il secondo volume di 

IPSE IGNORO
I CATASTI ONCIARI DELLA MOTTA PLATI'
1742 - 1754

esso conterrà le seguenti parti dell'anno 1754:

- Banno per le rivele
- Banno per l’elezione delli deputati
- Copia del Parlamento delli Deputati
- Ordine da notificassi li Deputati
- Giuramento alli Deputati e apprezzatori
- Fede del Regim[ento?] per li fuochi assenti, ed esteri Possessori
 - Si folia lo libro dello apprezzo e colli numeri per ogni pagina
- Ordine per li Possessori esteri
 - Fede del regim[ento] e per della rend[ita] delli altri. Si deve rifare
- Stato d’introito ed esito dell’Unità del Regim[ento] sotto pena di falso sugellata
- Fede del Regim[ento] per li beni pos[seduti] il Barone possessore
- Ordine per la rivela del B[arone] Er[ario]
- Fede delli deputati per approvare la fede del Regim[ento] per la rendita dell’altri
- Stabilimento delli deputati per lo prezzo de’ vettovagli
- Volume delle rivele de cittadini ad alfabeto
- Volume delle vergini e vedove
- Forestieri abit[itanti]
- Cittadini Ecclesiastici
- Barone
- Volume de’ forestieri
- Ecclesiastici forestieri
- Spoglio delle rivele
- Banno per la discussione
- Ordine a Deputati ed Estim[atori] per la discussione

giovedì 16 ottobre 2025

La macchina da scrivere [Mario Landi, 1971]


16 – 12 – 1948
Caro Cugino,
Rispondo la vostra
Lettera, e mi dispiace molto che quest’anno per la grande Solennità Cristiana, non riceverete i miei auguri, come nemmeno io ne ho voglia di riceverne. Spero che un altro anno si sia alquanto rimarginato il vostro dolore e ci scambieremo di nuovo gli auguri. Del resto, non possiamo andare contro le Leggi Divine.
Il nostro caro congiunto mi aveva assicurato, che ogni giorno pregava per me nel Santo Sacrificio della Messa.
Spero che ora mio cugino vorrà fare le sue veci, e pregare per me quando Celebra il Sacrificio della Messa, che ne ho tanto bisogno.
Voi non sapete quanta pena mi è rimasta che non ho risposto la Sua lettera. Non me lo credeva affatto ch’era prossima la sua fine.
Ora non ci rimane altro che pregare per il riposo della Sua Benedetta anima, invocando la sua protizione per la nostra lotta quotidiana.
Riguardo come dite di scusarvi che avete scritto a macchina, solo mi dispiace della vostra indisposizione. Come sapete ora in America non si usa più questa etichetta. Tutto si scrive a macchina, tanto per fatti commerciali e tanto per intimità. E se non fosse di moda, per me era lo stesso.
Scrivetemi come meglio vi aggrada. Mi dispiace che io non mi sono mai interessata di questa macchina, che le mie occupazioni giornaliere non mi permettevano. Le mie figlie quando erano a casa, ne facevano assai uso, ora di questi che sono rimasti qui con noi, solo Michele la sa maneggiare, ma noi lo vediamo a casa solo quando è l’ora della tavola. Il resto della sua giornata dopo ritorna dall’ufficio appartiene agli sport e due ore al giorno deve studiare che fra due o tre anni dovrò avere il diploma di ingegnere industriale, e per miracolo se qualche voltami può scrivere una direzione. Questa settimana la Compagnia ha fatto un Bollettino di tutti gli uffici. Abbiamo tagliato questo pezzettino del suo ufficio lui è al primo seduto. Spero che a quest’ora avete ricevuto i due pacchi che vi ho mandati. Il primo fu spedito il giorno 20 di ottobre, ed il secondo dopo siamo ritornati da New York nel mese di novembre. Nel secondo pacco ci stanno abiti nere, che le mie ragazze quando hanno inteso la ferale notizia, me li hanno dati per le vostre figlie. Qui, il nero, si usa per gala più di ogni altro colore, e speriamo che non serve sempre per lutto. Ancora me ne sono rimaste un poco se le ragazze vostre le vogliono li posso mandare in un altro pacco, che mi sono rimaste scarpe pure in ottime condizioni. Veramente il mio piacere sarebbe di comprarle nuove, ma voi vi regolate, che una famiglia numerosa non può disporre di quello che vuole. Ancora vi faccio una domanda. Se ci vuole qualche cosa per la cugina Serafina, tengo un abito di velluto nero ed un cappotto nero che posso mandare per essa. Per la cugina vostra moglie ho l’idea di comprare un pezzo di stoffa nera. Vi ripeto ancora quando non potete scrivere voi, i vostri figli faranno le vostre veci, e non badate a convenienze, fate a come vi rende più comodo. Vi ricevete tanti saluti dalla mia famiglia, estensibile alla vostra famiglia. Inviandovi i miei più affettuosi saluti mi dico vostra aff.ma cugina
Bettina


Bettina Gliozzi in realtà si chiamava Maria ed era nata a Platì il 22 giugno 1886 da Michelangelo di anni trentatre, vaticale, e dalla sua unione con donna non maritata non parente né affine con lui nei gradi che ostano al riconoscimento. Studiò e divenne maestra di scuola. A Platì il 2 febbraio 1907 sposò Pasquale Romeo di Antonio e Francesca Papalia di anni 29 e con lui un anno più tardi emigrò in America e precisamente a Massena NY dove vissero. Bettina morì il 9 marzo 1968. Il cugino della lettera era Luigi Gliozzi figlio di Francesco e Rosa Fera. Michelangelo e Francesco erano figli di Domenico ed Elisabetta Gliozzi. L'altro cugino di cui lamenta l'improvvisa perdita Bettina era il sacerdote e poeta Ernesto Gliozzi il vecchio (1883-1948), fratello di Luigi e Serafina. Nella foto d'apertura Michele [Mike] il figlio ingegnere industriale è il primo a partire da sinistra.

La precedente lettera di condoglianze è qui: https://iloveplati.blogspot.com/2020/11/un-dolore-improvviso-di-ubaldo-maria.html






 

martedì 14 ottobre 2025

La strada della vergogna [ Kenji Mizoguchi, 1956]


"Come on inside
Takin' that ride to nowhere"
David Byrne, 1985


 

VIABILITA’ IN CALABRIA
 La sistemazione definitiva
della “112” d’Aspromonte
 I danni prodotti dalle alluvioni
non sono stati ancora riparati
 
Platì, 23 Aprile
Uno spettacolo desolante offre oggi la strada statale 112 d’Aspromonte, che fu una delle strade più belle e più importanti della Penisola.
Raffazzonata alla meglio dopo l’alluvione del 1861 [1951?], con passerelle di legno montate sui gabbioni, questa strada subì anche i danni dell’alluvione del 1953, che aggiungendosi a quelli precedenti non ancora sanati, la ridussero in uno stato veramente pietoso.
Ci meraviglia moltissimo la evidente riluttanza dello Stato ad affrontare con decisione e definitivamente il problema della distribuzione di una strada di tale importanza.
Dal 1951 ad oggi i provvedimenti presi per essa, furono scarsi, e con carattere di provvisorietà. Tutt’oggi, dopo ben cinque dall’ultima alluvione la strada suddetta è ancora interrotta al traffico: e lo sarà ancora per molto tempo data l’esasperante lentezza con cui procedono i lavori.
Una sistemazione razionale di questa strada, non è, invero, impresa da “pigliarsi a gabbo”; ma trova comunque una piena giustificazione sul piano dell’economia nazionale, data la grande importanza della strada medesima, che congiunge direttamente l’Jonio al Tirreno.
Vogliamo pertanto sperare che questa nostra istanza venga presa in considerazione dalle autorità competenti.
GAZZETTA DEL SUD, 24 APRILE 1954 

Il testo di cronaca non porta firma. Le inadempienze dello Stato sono testimoniate dalle immagini d'apertura: la prima del 1954, la seconda di qualche mese fa. Come di qualche mese fa è il rilancio sul piano economico della "112".

 


lunedì 18 agosto 2025

La Minaccia [Alain Corneau, 1977]




PER INFILTRAZIONI D’ACQUA
Minacciate le fondamenta di alcune abitazioni a Piatì
In via 24 Maggio le cunette di scolo non rispondono alla
bisogna per cui si verificano conseguenze molto dannose
 
Platì, 30 giugno
(M.F.) - A seguito di segnalazione di molti cittadini Interessati, rendiamo noto che lungo il tratto della stradale 112 che attraversa Piati e che viene denominato: «Via 24 Maggio», si verifica da molto tempo una situazione del tutto contraria alla Pubblica Utilità. Molte abitazioni situate su detta strada, hanno il piano terreno sotto il livello della medesima e il primo piano sopra. Le cunette di scolo costruite ai margini della strada da parte dell'A.N.A.S., cunette cosiddette «alla francese» sono costruite così male, e servono così male al loro scopo, che nei plani delle abitazioni che sottostanno al livello stradale, si verificano continue e dannosissime infiltrazioni d'acqua, che fanno imputridire le travature dei pavimenti, con conseguenti minacce di crollo dei medesimi.
Più volte i cittadini si sono rivolte agli organi competenti dell'A.N.A.S. per chiedere la costruzione di canali più razionali, o la drenatura del fondo stradale in prossimità delle abitazioni, ma non hanno ottenuto niente di niente.
La cosa è gravissima di per se stessa; ma diventa ancora più grave se si pensa che per fabbricare queste inutili e irrazionali cunette «alla francese», sono state demolite le vecchie cunette «all'italiana», che anche se non avevano una affascinante denominazione esotica, tuttavia raggiungevano benissimo lo scopo per le quali erano state costruite.
MICHELE FERA
GAZZETTA DEL SUD, 1 luglio 1956

In apertura l’ingresso della nostra CASA in via XXIV maggio n° 25, di seguito un particolare delle cunette in questione. Demolita la casa, demolite le cunette.
La pubblicazione serve anche per ricordare la nascita di papà, 19 agosto 1908.


 

domenica 3 agosto 2025

Salita al Cielo - True Stories about Amalia Gliozzi (1925/2025) #2

"Era il tempo migliore e il tempo peggiore, la stagione della saggezza e la stagione della follia, l'epoca della fede e l'epoca dell'incredulità, il periodo della luce e il periodo delle tenebre, la primavera della speranza e l'inverno della disperazione. Avevamo tutto dinanzi a noi, non avevamo nulla dinanzi a noi; eravamo tutti diretti al cielo". 
Charles Dickens, A Tale of Two Cities, 1859




La zia Amalia in realtà si chiamava Maria Amalia. Ecco come andò. Maria Amalia Gliozzi nacque il 7 agosto del 1925, un venerdì. Il nonno Luigi per tempo si fece una bella pensata e convinto che il nascituro probabilmente sarebbe stato l’ultimo della sua progenie, allo stato civile ne aveva registrati già sette, tutti con nomi familiari a lui o alla sua diletta sposa, la nonna Lisa che di cognome andava Mittiga. Rimaneva ancora la mamma di sua mamma,  Maria Amalia. Quest’ultima era figlia di Don Rosario Zappia e Donna Rosa Lenzi, a diciannove anni sposò il trentaseienne Don Giuseppe Fera. Con i cognomi citati siamo nel pieno del settecentesco Catasto Onciario platiese e il Don è d’obbligo. Maria Amalia Gliozzi non ebbe una vita facile e felice. Fin dalla sua adolescenza dovette occuparsi dei genitori, delle sorelle e dei fratelli. Gli anni trascorrevano e le sorelle più grandi andavano spose, una, Serafina, vergine e sposa di Cristo. Costretta single, alla morte del padre dovette occuparsi della madre e dei due fratelli sacerdoti, della casa. In quei tempi, nei paesi dell’entroterra calabrese, governare la casa non voleva dire fare le pulizie, rammendare o cucinare. Bisognava aver continuamente cura dell’olio, del vino e del formaggio, che stavano negli angoli più riposti e freschi della casa. Bisognava fare il sapone con l’olio più vecchio e con i pomodori che arrivavano da Sfalassi in agosto fare la salsa, riempire le bottiglie, metterle a bollire in enormi, affumicati calderoni di rame zincato, che raffreddate bisognava mettere anch’esse in quegli angoli riposti. Prima della Quaresima, a carnevale, c’era il maiale e i suoi derivati: sangue, cardara con frittole e sajimi, pulire e riempire le budella con conseguente stagionatura. Come anticipato, la zia Amalia fu anche al servizio dei due fratelli preti, da giovane quando questi venivano spediti nei paesi della diocesi, da grande quando gli stessi ebbero la cura della Parrocchia. Essi, destinati ad essere gli ultimi parroci nati e vissuti in Platì. Le toccò in sorte anche di doversi occupare dei predicatori quaresimali, e di quelli delle feste: Ritu, San Rocco, Madonna del Rosario, Immacolata, San Nicola, varie ed eventuali. Così, essa diventò la loro sposa e non ebbe facilità e felicità alcuna. Dopo una vita al servizio di tutti lasciò la Terra lontano da quella Casa che la vide nascere e sacrificarsi.

In apertura la zia Amalia in abito tradizionale calabrese e l'agendina dove il nonno Luigi il 7 agosto del 1925 fissò: "ore 7 nacque M. Amalia".




 

sabato 14 giugno 2025

La sconosciuta [Giuseppe Tornatore, 2006]

"You ain't gonna find nothin' down here friend
Except seeds blowin' up the highway in the south wind"
Bruce Springsteen, 1985






Ancora una volta qualcosa di “Ignoto”, frutto di una fortuita visita in un vivaio nella vallata del Careri: il fagiolo Platì. Naturale l’accostamento ai Catasti Onciari della Motta Platì. Notizie sull’origine di questa pianta non si trovano, bisogna affidarsi all’inventiva: certamente è una pianta coltivata nei tempi andati, gradualmente dispersa, risorta per merito di un’azienda della Campania. Come i citati Catasti sono conservati a Napoli, i semi Platì sono un prodotto della valle del Sarno. Essa ha tutte le caratteristiche del paese di cui porta il nome: generosità e calore, adattandosi a qualsiasi territorio in cui migra.

Le foto ritraggono esempi di ciurramesca coltivazione.


 




lunedì 9 giugno 2025

Zangiku Monogatari (残菊物語) Storia dell’ultimo crisantemo [Kenji Mizoguchi, 1939]


Signori,

Oggi, la riconoscente Samo di Calabria, è in lutto per la morte del Cavaliere Don Giulio Mezzatesta.
L’imponente corteo mi dice che scende nella tomba un uomo dabbene. Oh, il fascino irresistibile della carità di Cristo! Un uomo che possegga tutte le lingue, un dotto e arcigno, un uomo insomma, per così dire, di lettere - senza la carità - non è altro se non un cembalo, un campanello squillante... e ce lo dice San Paolo.
Veramente, ai giorni nostri, gli sguardi delle masse si fermano meglio sopra i cuori che amano, anziché sulle teste che pensano.
La carità è tutto: è il sole che illumina, rianima, riscalda tutte le creature vive; e l’astro maggiore dell’universo: cieco chi non vede! Quando un uomo, da cui emana questo sole di carità, si oscura o si ecclissa, si sente come un sintomo di freddo nelle ossa, si vedono grandi ombre proiettarsi sui vicini e sui lontani, un sentimento di malinconia e di malessere invade tutti. Ecco - dicono i superstiti - era pur buono! e piangono ...
Il pianto che fu dato all’uomo per distinguerlo dai bruti; il pianto che esalta le creature umane sino a renderle divine; il pianto non e l’esponente dei cuori deboli e fiacchi, ma dei cuori nobili e forti.
Voi piangete, o popolo di quattro comuni riuniti, voi siete grandi e civili.
Ma perché piangete? Forse, perché un signore, avanzato negli anni, scende nella tomba, assistito da una siepe di parenti e munito dei conforti della nostra santa religione? 0, non pure perché quest’uomo era il padre del nostro Podestà, la figura magnifica, la più nobile e rappresentativa di Samo di Calabria?
Non è per questo, mi dite. Ah, comprendo! Qualche cosa ci viene dunque a mancare, qualche cosa a cui ci eravamo abituati per lunga teoria di anni, che ci arrecava un sollievo, senza che noi lo sapessimo!
Questa esistenza che s‘inabissa, o meglio, che passa dalle tenebre per camminare nella perpetua luce - questa esistenza era come un faro che risplendeva di luce propria. Chi si avvicinava a lui, scorgeva in quell'anima come una lampada quieta, serena, ardente - e questa lampada era la sua bontà.
Quella bontà non negativa, ma fattiva; bontà fatta di disinteresse, di amore vero per tutti, di beneficenza occulta, di compiacimento per il bene degli altri, una bontà schietta, senza infingimenti, senza sottintesi, senza ombre.... ecco quello che brillava in lui e faceva del nostro amico un uomo buono val quanto dire un galantuomo.
«Ma vale proprio la pena» mi dirà qualcuno «venirci a dire che Don Giulio era un uomo buono; sia pure un uomo santo ... quasiché la bontà, la santità non dovesse formare per un gentiluomo che si rispetta, la parte integrale del suo galantomismo?»
«Si, basta» rispondo io «quando la bontà è tutta di un pezzo, il galantomismo é a tutta prova ed una vita intemerata sia coronata da una morte edificante.»
Voi conoscete bene la sua vita - io conosco bene la sua anima. - Quell‘uomo pacifico, buono, sereno, sorridente - galantuomo del vecchio stampo – che aveva sempre un consiglio, o un sorriso da regalare - amava la Religione e la Patria, credetemi. Anni fa venne tra voi un missionario zelante. Non ricordo il nome, né l’ordine a cui il buon padre apparteneva; questo ricordo: che il nostro Cavaliere Don Giulio Mezzatesta era in quei giorni animato di giovanile e santo entusiasmo. Seguiva le prediche con desiderio crescente, con gioia di sentire le bellezze ed i trionfi della fede e serrava nell’anima l’augurio che la missione fosse apportatrice di un miglioramento civile, morale e religioso di un popolo affidato alle cure del suo diletto figliuolo.
Non so se ne sia rimasto deluso.
A me, qualche volta, è riuscito pure di sondare la sua bell’anima, materiata di religiosità. Avrebbe voluto che non ci fossero il fariseismo e neppure il rispetto umano - cose d’altronde che spiacciono.
Dall’amore di Dio scaturisce l’amore della famiglia e della Patria. Non credete a coloro che asseriscono e dicono di praticare il contrario.
Giulio Mezzatesta oltre che il sangue purpureo, sgorgato dalle ferite del figlio Capitano Rocco (minorato di guerra) offrì alla grande causa della libertà dei popoli il suo censo e il suo consenso.
Mi fu detto con quale ansia seguiva le notizie dei giornali, in quegli anni di guerra; le tappe gloriose dei nostri eroici fanti nella conquista immancabile dei naturali confini.
E mentre - altrove - i disfattisti, i Graiano d’Asti*, gioivano alle notizie funeste dopo Caporetto - il Cavaliere Don Giulio Mezzatesta non disperò, non cadde, ma ebbe a dire solamente «Noi vinceremo lo stesso!» Vennero poi le giornate del Piave e di Vittorio Veneto, venne pure il bolscevismo controbattuto dalla costituzione dei fasci; venne infine l’ordine, mantenuto da una muraglia di camicie nere - e quella di Don Giulio - lo sapete - fu una delle prime.
Oggi è morto!
Non resta. di lui che la mortale spoglia – contesa alle braccia affettuose delle figlie, del figlio, della moglie e d’ una siepe di parenti, che si stringono intorno alla bara come un mucchio di naufraghi.
L’anima è volata via, verso il cielo, verso altri orizzonti, verso la patria dei buoni.
Che Dio l’ammetta nella perpetua luce!
Pregate!
Ma intanto, dinanzi a salma di questo galantuomo emerito, di questo padre affettuoso, di questo cittadino integerrimo, scopriamoci riverenti, gettiamo sopra di lui i fiori del nostro affetto, l’edera della nostra riconoscenza perenne ed i crisantemi pallidi del nostro dolore sincero.

Signori,

Possiamo dire che un accompagnamento simile, difficilmente si ottiene e scarsamente si merita.
Ha dovuto seminare il Morto grande copia di bene se raccoglie - in questo giorno - si grande messe di lacrime.

Inchiniamoci!

Ed alta echeggi per Lui la voce possente di tutto un popolo, la voce rotta dai singhiozzi della famiglia addolorata, la voce dei sacerdoti, nella preghiera cristiana dicente: «Riposo eterno dona a Lui, o Signore: Requiem aeternam dona ei, Domine.»
Arciprete ERNESTO GLIOZZI

*Grajan d’Aste partecipò alla Disfida di Barletta (1503) e fu ritenuto da Massimo d’Azeglio, un traditore, accusa recepita nel ventennio fascista e da Alessandro Blasetti nel film Ettore Fieramosca (1938). 

Il testo dello zio Ernesto il vecchio con tutta la sua drammaturgia, letto oggi suscita, nei più, ilarità, tuttavia esso è una testimonianza di un'epoca difficile da rimuovere.