giovedì 23 ottobre 2025
venerdì 17 ottobre 2025
Non c'è due... senza tre [ Irving Pichel, 1946]
È in via di ultimazione il secondo volume di
- Copia del Parlamento delli Deputati
- Ordine da notificassi li Deputati
- Giuramento alli Deputati e apprezzatori
- Fede del Regim[ento?] per li fuochi assenti, ed esteri Possessori
- Si folia lo libro dello apprezzo e colli numeri per ogni pagina
- Ordine per li Possessori esteri
- Fede del regim[ento] e per della rend[ita] delli altri. Si deve rifare
- Stato d’introito ed esito dell’Unità del Regim[ento] sotto pena di falso sugellata
- Fede del Regim[ento] per li beni pos[seduti] il Barone possessore
- Ordine per la rivela del B[arone] Er[ario]
- Fede delli deputati per approvare la fede del Regim[ento] per la rendita dell’altri
- Stabilimento delli deputati per lo prezzo de’ vettovagli
- Volume delle rivele de cittadini ad alfabeto
- Volume delle vergini e vedove
- Forestieri abit[itanti]
- Cittadini Ecclesiastici
- Barone
- Volume de’ forestieri
- Ecclesiastici forestieri
- Spoglio delle rivele
- Banno per la discussione
- Ordine a Deputati ed Estim[atori] per la discussione
giovedì 16 ottobre 2025
La macchina da scrivere [Mario Landi, 1971]
16 –
12 – 1948Caro
Cugino,Rispondo
la vostraLettera, e mi dispiace molto
che quest’anno per la grande Solennità Cristiana, non riceverete i miei auguri,
come nemmeno io ne ho voglia di riceverne. Spero che un altro anno si sia
alquanto rimarginato il vostro dolore e ci scambieremo di nuovo gli auguri. Del
resto, non possiamo andare contro le Leggi Divine.Il nostro caro congiunto mi
aveva assicurato, che ogni giorno pregava per me nel Santo Sacrificio della
Messa.Spero che ora mio cugino vorrà
fare le sue veci, e pregare per me quando Celebra il Sacrificio della Messa,
che ne ho tanto bisogno.Voi non sapete quanta pena mi è
rimasta che non ho risposto la Sua lettera. Non me lo credeva affatto ch’era
prossima la sua fine. Ora non ci rimane altro che
pregare per il riposo della Sua Benedetta anima, invocando la sua protizione
per la nostra lotta quotidiana.Riguardo come dite di scusarvi
che avete scritto a macchina, solo mi dispiace della vostra indisposizione.
Come sapete ora in America non si usa più questa etichetta. Tutto si scrive a
macchina, tanto per fatti commerciali e tanto per intimità. E se non fosse di
moda, per me era lo stesso. Scrivetemi come meglio vi
aggrada. Mi dispiace che io non mi sono mai interessata di questa macchina, che
le mie occupazioni giornaliere non mi permettevano. Le mie figlie quando erano
a casa, ne facevano assai uso, ora di questi che sono rimasti qui con noi, solo
Michele la sa maneggiare, ma noi lo vediamo a casa solo quando è l’ora della
tavola. Il resto della sua giornata dopo ritorna dall’ufficio appartiene agli
sport e due ore al giorno deve studiare che fra due o tre anni dovrò avere il
diploma di ingegnere industriale, e per miracolo se qualche voltami può
scrivere una direzione. Questa settimana la Compagnia ha fatto un Bollettino di
tutti gli uffici. Abbiamo tagliato questo pezzettino del suo ufficio lui è al
primo seduto. Spero che a quest’ora avete ricevuto i due pacchi che vi ho
mandati. Il primo fu spedito il giorno 20 di ottobre, ed il secondo dopo siamo
ritornati da New York nel mese di novembre. Nel secondo pacco ci stanno abiti
nere, che le mie ragazze quando hanno inteso la ferale notizia, me li hanno
dati per le vostre figlie. Qui, il nero, si usa per gala più di ogni altro
colore, e speriamo che non serve sempre per lutto. Ancora me ne sono rimaste un
poco se le ragazze vostre le vogliono li posso mandare in un altro pacco, che
mi sono rimaste scarpe pure in ottime condizioni. Veramente il mio piacere
sarebbe di comprarle nuove, ma voi vi regolate, che una famiglia numerosa non
può disporre di quello che vuole. Ancora vi faccio una domanda. Se ci vuole
qualche cosa per la cugina Serafina, tengo un abito di velluto nero ed un
cappotto nero che posso mandare per essa. Per la cugina vostra moglie ho l’idea
di comprare un pezzo di stoffa nera. Vi ripeto ancora quando non potete
scrivere voi, i vostri figli faranno le vostre veci, e non badate a
convenienze, fate a come vi rende più comodo. Vi ricevete tanti saluti dalla
mia famiglia, estensibile alla vostra famiglia. Inviandovi i miei più
affettuosi saluti mi dico vostra aff.ma cugina Bettina
Bettina Gliozzi in realtà si chiamava Maria ed era nata a Platì il 22 giugno 1886 da Michelangelo di anni trentatre, vaticale, e dalla sua unione con donna non maritata non parente né affine con lui nei gradi che ostano al riconoscimento. Studiò e divenne maestra di scuola. A Platì il 2 febbraio 1907 sposò Pasquale Romeo di Antonio e Francesca Papalia di anni 29 e con lui un anno più tardi emigrò in America e precisamente a Massena NY dove vissero. Bettina morì il 9 marzo 1968. Il cugino della lettera era Luigi Gliozzi figlio di Francesco e Rosa Fera. Michelangelo e Francesco erano figli di Domenico ed Elisabetta Gliozzi. L'altro cugino di cui lamenta l'improvvisa perdita Bettina era il sacerdote e poeta Ernesto Gliozzi il vecchio (1883-1948), fratello di Luigi e Serafina. Nella foto d'apertura Michele [Mike] il figlio ingegnere industriale è il primo a partire da sinistra.
La precedente lettera di condoglianze è qui: https://iloveplati.blogspot.com/2020/11/un-dolore-improvviso-di-ubaldo-maria.html
martedì 14 ottobre 2025
La strada della vergogna [ Kenji Mizoguchi, 1956]
VIABILITA’
IN CALABRIA La
sistemazione definitivadella
“112” d’Aspromonte I
danni prodotti dalle alluvioninon
sono stati ancora riparati
Platì,
23 Aprile
Uno
spettacolo desolante offre oggi la strada statale 112 d’Aspromonte, che fu una
delle strade
più belle e più importanti della Penisola.
Raffazzonata
alla meglio dopo l’alluvione del 1861 [1951?], con passerelle di legno montate sui gabbioni,
questa strada subì anche i danni dell’alluvione del 1953, che aggiungendosi a quelli
precedenti non ancora sanati, la ridussero in uno stato veramente pietoso.
Ci
meraviglia moltissimo la evidente riluttanza dello Stato ad affrontare con decisione
e definitivamente il problema della distribuzione di una strada di tale
importanza.
Dal
1951 ad oggi i provvedimenti presi per essa, furono scarsi, e con carattere di
provvisorietà. Tutt’oggi, dopo ben cinque dall’ultima alluvione la strada
suddetta è ancora interrotta al traffico: e lo sarà
ancora per molto tempo data l’esasperante lentezza con cui procedono i lavori.
Una sistemazione
razionale di questa strada, non è, invero, impresa da “pigliarsi a gabbo”; ma
trova comunque una piena giustificazione sul piano dell’economia nazionale,
data la grande importanza della strada medesima, che congiunge
direttamente l’Jonio al Tirreno.
Vogliamo
pertanto sperare che questa nostra istanza venga presa in considerazione dalle
autorità competenti.
GAZZETTA
DEL SUD, 24 APRILE 1954
Il testo di cronaca non porta firma. Le inadempienze dello Stato sono testimoniate dalle immagini d'apertura: la prima del 1954, la seconda di qualche mese fa. Come di qualche mese fa è il rilancio sul piano economico della "112".
lunedì 18 agosto 2025
La Minaccia [Alain Corneau, 1977]
PER
INFILTRAZIONI D’ACQUAMinacciate
le fondamenta di alcune abitazioni a PiatìIn
via 24 Maggio le cunette di scolo non rispondono allabisogna
per cui si verificano conseguenze molto dannose
Platì, 30 giugno
(M.F.) - A seguito di
segnalazione di molti cittadini Interessati, rendiamo noto che lungo il tratto
della stradale 112 che attraversa Piati e che viene denominato: «Via 24 Maggio»,
si verifica da molto tempo una situazione del tutto contraria alla Pubblica Utilità.
Molte abitazioni situate su detta strada, hanno il piano terreno sotto il
livello della medesima e il primo piano sopra. Le cunette di scolo costruite ai
margini della strada da parte dell'A.N.A.S., cunette cosiddette «alla francese»
sono costruite così male, e servono così male al loro scopo, che nei plani
delle abitazioni che sottostanno al livello stradale, si verificano continue e
dannosissime infiltrazioni d'acqua, che fanno imputridire le travature dei
pavimenti, con conseguenti minacce di crollo dei medesimi.
Più volte i cittadini si sono rivolte
agli organi competenti dell'A.N.A.S. per chiedere la costruzione di canali più
razionali, o la drenatura del fondo stradale in prossimità delle abitazioni, ma
non hanno ottenuto niente di niente.
La cosa è gravissima di per se
stessa; ma diventa ancora più grave se si pensa che per fabbricare queste inutili
e irrazionali cunette «alla francese», sono state demolite le vecchie cunette «all'italiana»,
che anche se non avevano una affascinante denominazione esotica, tuttavia
raggiungevano benissimo lo scopo per le quali erano state costruite.
MICHELE FERA
GAZZETTA DEL SUD, 1 luglio 1956
In apertura l’ingresso della
nostra CASA in via XXIV maggio n° 25, di seguito un particolare delle cunette
in questione. Demolita la casa, demolite le cunette.La pubblicazione serve anche per ricordare la nascita di papà, 19 agosto 1908.
GAZZETTA DEL SUD, 1 luglio 1956
In apertura l’ingresso della nostra CASA in via XXIV maggio n° 25, di seguito un particolare delle cunette in questione. Demolita la casa, demolite le cunette.
domenica 3 agosto 2025
Salita al Cielo - True Stories about Amalia Gliozzi (1925/2025) #2
Charles Dickens, A Tale of Two Cities, 1859
La zia
Amalia in realtà si chiamava Maria Amalia. Ecco come andò. Maria Amalia Gliozzi
nacque il 7 agosto del 1925, un venerdì. Il nonno Luigi per tempo si fece una
bella pensata e convinto che il nascituro probabilmente sarebbe stato l’ultimo
della sua progenie, allo stato civile ne aveva registrati già sette, tutti con
nomi familiari a lui o alla sua diletta sposa, la nonna Lisa che di cognome
andava Mittiga. Rimaneva ancora la mamma di sua mamma, Maria Amalia. Quest’ultima era figlia di Don
Rosario Zappia e Donna Rosa Lenzi, a diciannove anni sposò il trentaseienne Don
Giuseppe Fera. Con i cognomi citati siamo nel pieno del settecentesco Catasto
Onciario platiese e il Don è d’obbligo. Maria Amalia Gliozzi non ebbe una vita
facile e felice. Fin dalla sua adolescenza dovette occuparsi dei genitori, delle sorelle e dei fratelli. Gli anni trascorrevano e le sorelle più grandi andavano
spose, una, Serafina, vergine e sposa di Cristo. Costretta single, alla
morte del padre dovette occuparsi della madre e dei due fratelli sacerdoti, della
casa. In quei tempi, nei paesi dell’entroterra calabrese, governare la casa non
voleva dire fare le pulizie, rammendare o cucinare. Bisognava aver continuamente
cura dell’olio, del vino e del formaggio, che stavano negli angoli più riposti
e freschi della casa. Bisognava fare il sapone con l’olio più vecchio e con i
pomodori che arrivavano da Sfalassi in agosto fare la salsa, riempire le
bottiglie, metterle a bollire in enormi, affumicati calderoni di rame zincato,
che raffreddate bisognava mettere anch’esse in quegli angoli riposti. Prima
della Quaresima, a carnevale, c’era il maiale e i suoi derivati: sangue, cardara
con frittole e sajimi, pulire e riempire le budella con conseguente
stagionatura. Come anticipato, la zia Amalia fu anche al servizio dei due
fratelli preti, da giovane quando questi venivano spediti nei paesi della
diocesi, da grande quando gli stessi ebbero la cura della Parrocchia. Essi,
destinati ad essere gli ultimi parroci nati e vissuti in Platì. Le toccò in
sorte anche di doversi occupare dei predicatori quaresimali, e di quelli
delle feste: Ritu, San Rocco, Madonna del Rosario, Immacolata, San
Nicola, varie ed eventuali. Così, essa diventò la loro sposa e non ebbe
facilità e felicità alcuna. Dopo una vita al servizio di tutti lasciò la Terra lontano
da quella Casa che la vide nascere e sacrificarsi.
In apertura la zia Amalia in abito tradizionale calabrese e l'agendina dove il nonno Luigi il 7 agosto del 1925 fissò: "ore 7 nacque M. Amalia".
sabato 14 giugno 2025
La sconosciuta [Giuseppe Tornatore, 2006]
Except seeds blowin' up the highway in the south wind"
Ancora
una volta qualcosa di “Ignoto”, frutto di una fortuita visita in un vivaio
nella vallata del Careri: il fagiolo Platì. Naturale l’accostamento ai
Catasti Onciari della Motta Platì. Notizie sull’origine di questa pianta non si
trovano, bisogna affidarsi all’inventiva: certamente è una pianta coltivata nei
tempi andati, gradualmente dispersa, risorta per merito di un’azienda della
Campania. Come i citati Catasti sono conservati a Napoli, i semi Platì sono un
prodotto della valle del Sarno. Essa ha tutte le caratteristiche del paese di
cui porta il nome: generosità e calore, adattandosi a qualsiasi territorio in
cui migra.
Le foto ritraggono esempi di ciurramesca coltivazione.
lunedì 9 giugno 2025
Zangiku Monogatari (残菊物語) Storia dell’ultimo crisantemo [Kenji Mizoguchi, 1939]
Signori,
L’imponente corteo mi dice che scende nella tomba un uomo dabbene. Oh, il fascino irresistibile della carità di Cristo! Un uomo che possegga tutte le lingue, un dotto e arcigno, un uomo insomma, per così dire, di lettere - senza la carità - non è altro se non un cembalo, un campanello squillante... e ce lo dice San Paolo.
Veramente, ai giorni nostri, gli sguardi delle masse si fermano meglio sopra i cuori che amano, anziché sulle teste che pensano.
La carità è tutto: è il sole che illumina, rianima, riscalda tutte le creature vive; e l’astro maggiore dell’universo: cieco chi non vede! Quando un uomo, da cui emana questo sole di carità, si oscura o si ecclissa, si sente come un sintomo di freddo nelle ossa, si vedono grandi ombre proiettarsi sui vicini e sui lontani, un sentimento di malinconia e di malessere invade tutti. Ecco - dicono i superstiti - era pur buono! e piangono ...
Il pianto che fu dato all’uomo per distinguerlo dai bruti; il pianto che esalta le creature umane sino a renderle divine; il pianto non e l’esponente dei cuori deboli e fiacchi, ma dei cuori nobili e forti.
Voi piangete, o popolo di quattro comuni riuniti, voi siete grandi e civili.
Ma perché piangete? Forse, perché un signore, avanzato negli anni, scende nella tomba, assistito da una siepe di parenti e munito dei conforti della nostra santa religione? 0, non pure perché quest’uomo era il padre del nostro Podestà, la figura magnifica, la più nobile e rappresentativa di Samo di Calabria?
Non è per questo, mi dite. Ah, comprendo! Qualche cosa ci viene dunque a mancare, qualche cosa a cui ci eravamo abituati per lunga teoria di anni, che ci arrecava un sollievo, senza che noi lo sapessimo!
Questa esistenza che s‘inabissa, o meglio, che passa dalle tenebre per camminare nella perpetua luce - questa esistenza era come un faro che risplendeva di luce propria. Chi si avvicinava a lui, scorgeva in quell'anima come una lampada quieta, serena, ardente - e questa lampada era la sua bontà.
Quella bontà non negativa, ma fattiva; bontà fatta di disinteresse, di amore vero per tutti, di beneficenza occulta, di compiacimento per il bene degli altri, una bontà schietta, senza infingimenti, senza sottintesi, senza ombre.... ecco quello che brillava in lui e faceva del nostro amico un uomo buono val quanto dire un galantuomo.
«Ma vale proprio la pena» mi dirà qualcuno «venirci a dire che Don Giulio era un uomo buono; sia pure un uomo santo ... quasiché la bontà, la santità non dovesse formare per un gentiluomo che si rispetta, la parte integrale del suo galantomismo?»
«Si, basta» rispondo io «quando la bontà è tutta di un pezzo, il galantomismo é a tutta prova ed una vita intemerata sia coronata da una morte edificante.»
Voi conoscete bene la sua vita - io conosco bene la sua anima. - Quell‘uomo pacifico, buono, sereno, sorridente - galantuomo del vecchio stampo – che aveva sempre un consiglio, o un sorriso da regalare - amava la Religione e la Patria, credetemi. Anni fa venne tra voi un missionario zelante. Non ricordo il nome, né l’ordine a cui il buon padre apparteneva; questo ricordo: che il nostro Cavaliere Don Giulio Mezzatesta era in quei giorni animato di giovanile e santo entusiasmo. Seguiva le prediche con desiderio crescente, con gioia di sentire le bellezze ed i trionfi della fede e serrava nell’anima l’augurio che la missione fosse apportatrice di un miglioramento civile, morale e religioso di un popolo affidato alle cure del suo diletto figliuolo.
Non so se ne sia rimasto deluso.
A me, qualche volta, è riuscito pure di sondare la sua bell’anima, materiata di religiosità. Avrebbe voluto che non ci fossero il fariseismo e neppure il rispetto umano - cose d’altronde che spiacciono.
Dall’amore di Dio scaturisce l’amore della famiglia e della Patria. Non credete a coloro che asseriscono e dicono di praticare il contrario.
Giulio Mezzatesta oltre che il sangue purpureo, sgorgato dalle ferite del figlio Capitano Rocco (minorato di guerra) offrì alla grande causa della libertà dei popoli il suo censo e il suo consenso.
Mi fu detto con quale ansia seguiva le notizie dei giornali, in quegli anni di guerra; le tappe gloriose dei nostri eroici fanti nella conquista immancabile dei naturali confini.
E mentre - altrove - i disfattisti, i Graiano d’Asti*, gioivano alle notizie funeste dopo Caporetto - il Cavaliere Don Giulio Mezzatesta non disperò, non cadde, ma ebbe a dire solamente «Noi vinceremo lo stesso!» Vennero poi le giornate del Piave e di Vittorio Veneto, venne pure il bolscevismo controbattuto dalla costituzione dei fasci; venne infine l’ordine, mantenuto da una muraglia di camicie nere - e quella di Don Giulio - lo sapete - fu una delle prime.
Oggi è morto!
Non resta. di lui che la mortale spoglia – contesa alle braccia affettuose delle figlie, del figlio, della moglie e d’ una siepe di parenti, che si stringono intorno alla bara come un mucchio di naufraghi.
L’anima è volata via, verso il cielo, verso altri orizzonti, verso la patria dei buoni.
Che Dio l’ammetta nella perpetua luce!
Pregate!
Ma intanto, dinanzi a salma di questo galantuomo emerito, di questo padre affettuoso, di questo cittadino integerrimo, scopriamoci riverenti, gettiamo sopra di lui i fiori del nostro affetto, l’edera della nostra riconoscenza perenne ed i crisantemi pallidi del nostro dolore sincero.
Signori,
Ha dovuto seminare il Morto grande copia di bene se raccoglie - in questo giorno - si grande messe di lacrime.
Inchiniamoci!
Arciprete ERNESTO GLIOZZI
lunedì 2 giugno 2025
Salita al Cielo - True Stories about Amalia Gliozzi (1925/2025)
Tutta questa fantasiosa introduzione serve a un serial, come va di moda oggi, di pubblicazioni per commemorare il centenario della nascita della zia Amalia (1925 – 2017), l’otto agosto prossimo venturo.
martedì 6 maggio 2025
L'ascesa [Larisa Shepitko, 1977]
Ode
Salve,
Divinità del Tevere, creata
In
questo giorno, mai ricordato, in cui
Vedi
gli anni di Pietro, e salve ancora,
O
Sommo dei Devoti!
I
popoli che vedono questo giorno esultano,
Poiché
credono che proprio allora per Te
Trasformi
le lacrime in riso, e in alma
Pace
la guerra.
Tu
per cinque lustri illimitate,
Barbaramente
preparate contro tanti figli,
Nel
corpo a malincuore sopportasti tollerante
Nel
cuore fatiche.
Donde
tanti eventi, se non per il fatto che fosti
L’integro
custode delle Tradizioni e della Fede?...
Che
tu insegni con la tua parola e la tua penna accorte,
Con
la morte proteggi!...
Di
qua ferve la Potenza di questo secolo putrido,
E
ferve il Principe che giace nelle Tenebre,
Stridono
con i denti e stolti tentano
Di
rovinare il Sacro[1]!
Ma
contro la Fede potranno pochissimo
Le
porte degli Inferi, come un’alta canna,
Subito,
anzi, spezzate periranno,
Testimone
il Maestro.
Come
il cane morde la pietra gettata,
Quando,
rabbioso, non può mordere la mano di chi gliela scaglia,
Così
fanno anche quelli che vedono il dono della Fede,
Ma
non possono toccarlo.
I
perfidi insultano il trono di Pietro e quella
Che
in tutto il mondo è venerata con pia devozione,
La
tua vecchiaia, la insultano tra la gente,
Dicendo
il falso!...
E
Dio stesso, per confondere gli ingiusti,
E
garantirti di nuovo cari fedeli,
Questo
Sole con nuova e insolita luce
Fece
sorgere.
L’ascesa
al soglio in questo giorno manifesta al Mondo
Che regni
col cuore, con l’anima, sui tuoi,
Che
s’impegnano tutti insieme per pagare il tributo
D’un tenero
amore.
Da qui
celebrano felici la tua vecchiaia,
Ti
salutano a gran voce, con le mani piene
Di corone
il seggio reale del duplice diritto[2]
Ornano di
fiori.
Testimonino
la loro gratitudine per un favore così grande,
Di qui si
dirigono in chiesa e chiedono calorosamente
Che il
Signore almeno fino a un secolo di vita
Ti
protragga gli anni.
Li
protrarrà!... verrà il tempo in cui i ribelli
Tristi
vedrai coi tuoi occhi
Implorare
il perdono ai tuoi piedi, con la fronte
Cosparsa
di polvere.
O Padre
benevolo, gioisci di una grande felicità,
Dio
prepara allori trionfali[3]
Per la
nave dei misteri e per te che la governi,
Percossi i
flutti[4].
Allora la
gioia sarà piena per il popolo e per Te,
Che
l’avrete ottenuta, con lo stupore delle persone,
Allora
“PIO NONO” e “salve” ripeteranno
Entrambi i
Mondi!
………………………………………………………………………………………………………………......
Vincenzo Fragomeni, Canonico Penitenziario della
Chiesa Cattedrale di Gerace
Il
celeberrimo Don Antonio Pujia, Arcipresbitero di Filadelfia, una volta che ebbe
letta quest’Ode, onorò molto l’autore, che era un suo Amico, con i seguenti
versi, composti secondo lo stesso schema metrico:
Modulando
la strofe saffica, o amico,
Prepari
innumerevoli allori,
Oh!
voglia il cielo rendere realizzati
Gli auspici formulati.
La
Volontà della Provvidenza divina, del Vecchietto sacro che indossa l’emblema
della dignità sacerdotale,
Che
conserva le chiavi del fedele Pietro,
Finché
supererà i colpi ostili
Protrarrà
l’esistenza[5].
[1] Il punto dopo Sacra andrebbe eliminato per recuperare il senso del periodo, che
così torna (stolidi, nominativo
plurale maschile, si riferisce sia a Potestas
che a Princeps e la concordanza viene
rispettata). Un’ipotesi più indolore potrebbe essere quella di tramutare il
punto in virgola, anche se in linea di principio qualsiasi modifica al testo
tràdito per me risulta sempre dolorosa. Notevole la frequenza delle iniziali
maiuscole, che ho cercato di mantenere, compatibilmente con le esigenze della
traduzione.
[2] Chiaramente umano e divino.
[3] Endiadi.
[4] Le virgole nel testo sono un po’
libere, ma questo è il caso più particolare: nell’ablativo assoluto fluctibus ictis, stando almeno a questa dispositio verborum, non dovrebbe
esserci alcun elemento separatorio.
[5] Ho mantenuto la
disposizione dell’originale latino, ma in realtà il periodo andrebbe riordinato
nel seguente modo, per una sua migliore fruibilità: «La Volontà della
Provvidenza divina protrarrà l’esistenza del Vecchietto sacro che indossa l’emblema
della dignità sacerdotale e conserva le chiavi del fedele Pietro, finché
supererà i colpi dei nemici».
Il Canonico Vincenzo Fragomeni (16 dicembre 1814 - 10 maggio 1884), geracese, compose l'ode in occasione del faustissimo giorno 23 agosto 1871 in cui Pio IX raggiunse gli anni ed i giorni del supremo pontificato di San Pietro in Roma.
Don Antonio Pujia (Filadelfia, 1818 -1886), fu arciprete di Filadelfia (VV)
Il documento originale apparteneva al sacerdote Prof. Rosario Oliva di Platì, ceduto dallo stesso ad Ernesto Gliozzi il vecchio.
Questo post è un'occasione per ricordare Larisa Yefimovna Shepitko (1938 - 1979) "one of the most prominent Soviet filmmakers".

























