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lunedì 14 febbraio 2022

Brigata volante [di Silvio Siano - 1946]

Corpo delle Guardie di Finanza
Luogotenenza di Bovalino Brigata volante in Siderno
 
Processo Verbale di trasferimento
di una rivendita di generi di privativa
L’anno 1883 quest’ giorno 14 del mese di Giugno Noi Sorrentino Vincenzo sotto Brigadiere delle Guardie di Finanza col seguito della Guardia Scelta Frustari Luigi giusto gli ordini ricevuto dal Sig. Comandante la Luogotenenza  ci siamo recati nel Comune di Platì Circondario di Gerace Provincia di Reggio Calabria, allo scopo di autorizzare il trasferimento dello spaccio N. 1 di questo Comune esercitato dal Sig. Gliozzi Francesco che dal locale dove attualmente trovasi passa nel corso S. Nicola al civico N. 49, essendo stato riconosciuto da noi il nuovo locale in buono stato e decente, e ciò avvenuto in nostra presenza e di ciò ne abbiamo redatto il presente verbale che viene sottoscritto da tutti gli intervenuti. Oggi stesso mese ed anno come sopra
Gli agenti di Finanza                                                    Il Ricevitore
Sorrentino Vincenzo                                                        Gliozzi Francesco
Fugaci Luigi

 

giovedì 10 febbraio 2022

L'anguilla [di Imamura Shohei - 1997]

RACCONTI CALABRESI
Per colpa di un'anguilla

Platì 17 febbraio
Raccolti in circolo vicino alla gora, appoggiati con una mano sul fondo ghiaioso del canale, e brandendo nell'altra una forchetta affilatissima, aspettavamo la preda pazientemente. Sbucò quando meno ce l'aspettavamo, una enorme anguilla che sferzava l'acqua facendola gorgogliare, nella corsa.
Passata a sorpresa, Ciccio Donarom vibrò il primo colpo; era stato sempre un ottimo tiratore, ma stavolta invece di colpire l'anguilla, colpì la mano di 'Ntoni Conio. Se ne accorse subito e ritirò prontamente la forchetta; Anche l'altro se ne dovette accorgere, però, a giudicare dall'urlo che cacciò e che disorientò la stessa anguilla, mentre a noi fece perdere la bussola.
Fummo tutti intorno al povero 'Ntoni, che agitava la mano in aria, e continuava a urlare come un bue scannato.
In quel parapiglia, l'anguilla pensò bene di filarsela verso altri lidi.
Una parte di colpa nella faccenda che seguì, l’ebbe pure lei, l’anguilla, perché invece di farsi prendere dagli altri cacciatori, appostati più a valle, avrebbe potuto filare via verso il mare.
Ecco che non sarebbe mai nata la questione che mutò in odio aperto, il leggero antagonismo che esisteva da anni tra la squadra del Nord e la squadra del Sud, (corrispondenti rispettivamente alla parte alta e alla parte bassa del paese).
Quando quelli del nord vennero a mostrarcela, tutti felici e sorridenti, la riconoscemmo subito: non capitava tutti i giorni di catturare un'anguilla di tal fatta! Provammo una fitta di rimpianto e di invidia e tacemmo.
Ma accompagnato a casa quell'animale di 'Ntoni, corremmo subito a fare valere i nostri diritti; Ciccio Donarom capo della squadra del Sud, cercò di spiegare come era andata la faccenda, e come l'anguilla spettava a noi perché avevamo speso due chili dì calce per snidarla;
Avremmo consentito, disse, anche a una spartizione dell'anguilla in parti uguali.
Giusi Toriv, comandante in capo della squadra del Nord, lo lasciò parlare e quando finì gli rise in faccia;
— «se l'anguilla vi fa gola, disse, siamo disposti a cedervela, purché a vostra volta ci cediate per un mese l'uso del «serro avvelenato»; Ma se siete venuti ad accampare diritti che non avete, potete anche risparmiare il fiato».
Questo disse, e lo disse con una tale arroganza, che davvero restammo senza fiato. Era un sopruso, una ruberia!!
Girammo dignitosamente sui tacchi, e la sera stessa, senza perder tempo, la squadra del Sud si riunì sul «serro avvelenato», il quartiere generale. Eravamo in tutto circa un centinaio, mentre quelli del Nord erano più di duecento; Nonostante tutto, decidemmo all'unanimità di dichiarare la guerra. Le ostilità avrebbero avuto inizio il giorno dopo.
Avvertimmo alcuni nordisti che passavano, che dall'indomani, chiunque avesse osato portarsi nella nostra zona, vale a dire nella bassa del paese, l'avrebbe pagata cara.
Eravamo fiduciosi soprattutto nella energia e nella decisione del nostro capo che era di gran lunga più forte del loro: Ciccio Donarom, infatti, lanciava le pietre molto più lontano di Giusi Toriv.
Per molti giorni dalla dichiarazione di guerra, quelli del Nord non si fecero vedere nella nostra zona; Né noi, osavamo fare scorribande nel Nord; ci accampavamo la sera nel nostro quartier generale, e giocavamo ispirandoci alla guerra reale, quella di cui sentivamo le notizie alla radio «Tizio — comandava il capo — vai a bombardare Milano, Torino e Genova!».
Tizio apriva le braccia, metteva fuori un rombo prolungato, e decollava con le tasche piene di sassi. (I «bombardieri» avevano l'obbligo di tenere sempre le tasche piene di sassi; Una volta uno dei più quotati subì un grave castigo: era stato mandato a bombardare alcune zone, e si era fermato in volo, per giocare alle ghiande!! Fu declassato a caccia, senza pietà).
Ma torniamo alla nostra guerra; — Dopo molte sere, finalmente il capo dei nordisti si fece vedere, tronfio e baldanzoso, nella nostra zona, in segno di sfida. Fu subito spedita una spedizione di caccia a mitragliarlo. Noialtri ci fermammo sul ciglio della collina a goderci lo spettacolo. I caccia arrivarono rombando in zona di operazioni, e aprirono il fuoco con le fionde. Ma non appena furono partiti i primi colpi, sbucarono da ogni parte torme di nordisti, armati dì un'arma insolita; enormi fasci di ortiche, coi quali colpirono a lungo le gambe indifese dei nostri caccia. Quando finalmente, arrivammo noi sul campo, non c'era più nessuno: anche i caccia, avevano pensato bene di tornarsene a casa, anziché al campo.
Non ci restò che tornarcene al quartiere a meditare sul tradimento.
Giurammo di vendicarci: loro avevano adoperato le ortiche? ebbene, noi avremmo messo in atto, qualche altro «colpo basso».
Dopo due settimane di preparativi, una sera ci avviammo in schiera verso l'alto.
Arrivammo indisturbati fino alla casa di Giusi Toriv: A un cenno del capo i bombardieri partirono velocissimi, e scagliarono il loro carico sui vetri della casa del capo avversario, e di quelle vicine.
Successe un parapiglia: la squadra del Nord si mobilitò tutt'a un tratto, e d insegui fino al serro: (noi fingevamo di scappare, ma in realtà volevamo allontanarci dall'ira dei «grandi» a cui avevamo rotto i vetri, e attirare il nemico nel nostro campo).
Giunti al serro, a voltammo, repentinamente e facemmo roteare ì nostri bastoni sulle teste avversarie; i caccia ci giravano intorno, scagliando all'impazzata con le fionde i loro pezzetti di piombo; tanta che una buona metà dei proiettili ce li ricevemmo noialtri invece degli avversari.
E quella vittoria fu per noi peggio di una sconfitta: oltre alle randellate nemiche e alla mitraglia dei nostri caccia, buscammo un'altra dose di botte (botte vere, questa volta!) dai nostri familiari che il fragore della mischia aveva richiamato a frotte sul luogo.
Intanto le famiglie dei «bombardieri» dovettero pagare le spese dei vetri rotti alle famiglie bombardate; Un nostro carro armato stava perdendo un occhio a causa di un «autogol» di un nostro caccia; E per lungo tempo, le rispettive famiglie ci vietarono le riunioni sul serro. Tutto per colpa di un'anguilla.
Michele Fera
GAZZETTA DEL SUD, 18 febbraio 1956

Il testo è riproposto con la punteggiatura originale

 


 

lunedì 7 febbraio 2022

Qualcosa di personale [di Jon Avnet - 1996]




La musica è un’altra vita nella vita, ma la vita è il vino
Platì 3 – 4 – 1921
L’astemio
Rosario ... Oliva



Essere il sacerdote un oscurantista blasfemo
a quattro venti i biechi ministri di Satana
Meschini! Ciò affermano poiché la luce
della Cristiana Religione, non è dato loro di
vedere –
Nella settimana di Passione del 1919
G. Tassoni Oliva



Nei primi anni del suo ministero il sacerdote Ernesto Gliozzi il vecchio (1883 - 1948) tenne un album con dediche autografe di amici, uomini di passaggio da Platì e sacerdoti più anziani. L'album è sicuramente unico per il paese non essendoci notizie di altri appartenuti ad autorevoli personaggi platiesi. 

mercoledì 2 febbraio 2022

L'albero della vita [di Darren Aronofsky - 1952]

DALLE RIVOLTE POPOLARI PER IL PANE
ALLE LOTTE PER IL LAVORO
IL RUOLO CULTURALE E FORMATIVO
DELLA CAMERA DEL LAVORO DI PLATI’


Trascorro a Platì gli anni '40 e '50. Sono gli anni della mia fanciullezza.
Platì, come altre realtà, vive, in quel periodo, una situazione di grave turbamento, di forte sofferenza e malessere.
La guerra mondiale, nel suo terrificante passaggio, lascia dietro di sé una scia di macerie, ma soprattutto di lutti e dolori.
La nostra cittadina conosce perfino i bombardamenti, pur essendo un centro periferico rispetto ad altre zone di valore strategico-militare. Gli americani, infatti, per facilitare l’avanzata delle truppe alleate sbarcate nel Sud, intraprendono, con i loro bombardieri, un’azione di distruzione della SS. 112.
Strada che i tedeschi utilizzano per la loro ritirata. E qualche volta gli aerei USA, confondendo la SS. 112 con il letto, in certi periodi asciutto e bianco, della fiumara che cinge |’abitato, sganciano potenti e micidiali bombe, che provocano danni e vittime nei pressi dell’abitato.
Ma pure sull’Aspromonte, nella parte della montagna di Platì, a Zilastro, nella fase conclusiva del conflitto, proprio l’8 settembre del '43’, si registra uno scontro armato tra i paracadutisti italiani e gli alleati, come è ricordato dalla lapide di cui viene, in questo volumetto, pubblicata la foto. Sono gli ultimi bagliori dello scontro armato tra l’esercito italiano e gli alleati angloamericani. Anche Platì, quindi, ha avuto, nella guerra, i suoi momenti di prima linea.
Finita la guerra, Platì presenta un aspetto di grande sconvolgimento e turbamento. La gente è provata da tanti dolori e lutti per i molti caduti in guerra, dalle sofferenze dei mutilati ed invalidi. Non si contano le donne vestite in nero per il lutto del padre, del fratello, del figlio caduto sui campi di battaglia.
Altre donne, prive di sorriso, attendono, con molta trepidazione, il ritorno dei loro familiari, reduci e prigionieri. Alcuni di questi non faranno mai ritorno. Andranno ad infittire le schiere del Milite Ignoto, nella lontana Russia e nei deserti dell’Africa.
Assieme alle ferite della guerra, nel periodo in esame, c’è da annoverare una crisi economica di grandi proporzioni. Manca perfino il pane, la pasta ed anche il sale e lo zucchero. E fame.
Sul piano commerciale, a causa delle difficolta delle vie di comunicazione, ma anche della carenza di generi alimentari in tutto il territorio nazionale, si torna al baratto, allo scambio dei prodotti con paesi vicini raggiungibili attraverso le strade di campagna, le mulattiere, percorsi impervi. Impera, nello scambio, il mercato nero, o meglio il contrabbando. (Quasi sempre il baratto). I rapporti commerciali sono sviluppati con i cristinoti, bagnaroti, bovalinoti, oppidisi... Viene importato dalla piana molto vino, che, con l’aggiunta, quando c’è, di zucchero si rileva un alimento molto importante, assieme alle arance prodotte in loco o importate dalle marine, per garantire le vitamine necessarie. Vino che viene tracannato anche dai bambini, che spesso camminano brilli e barcollanti per le vie del paese. Il pane, nella carenza della produzione di grano per via delle terre non coltivate, essendo state private del lavoro dei giovani contadini e braccianti impegnati al fronte, viene spesso sostituito dalle "pizzate di paniculu” (granturco).
In questa situazione di grande disagio e malessere, ripetuti sono i tumulti e le rivolte popolari. Soprattutto per il pane contro coloro (commercianti, consorzio, i potenti detentori del piccolo potere locale...) che, a torto o a ragione, la gente sospetta di operazioni di speculazione, attraverso l’imboscamento dei prodotti alimentari, che, invece, devono essere distribuiti con le famose tessere annonarie. Ma, per fortuna, non si va al di là delle manifestazioni di piazza. Anche se qualche raro e strano personaggio, alla ricerca di capri espiatori, soffia sul fuoco.
E fatti gravi non si verificano. Neanche nella fase di transizione dal fascismo al sistema democratico.
D’altronde il crollo del fascismo a Platì si risolve con l'assalto notturno alla casa del fascio e l’invasione, più che altro simbolica, dell’abitazione di qualche gerarca, concludendo il tutto con qualche falò per bruciare bandiere, stendardi, materiale propagandistico del regime.
In questo contesto inizia la fase politica della transizione al sistema democratico. I partiti si organizzano. Ma soprattutto si organizzano le associazioni sindacali ed i patronati di assistenza.
Per prima la Camera del Lavoro e poi, successivamente, le Acli, la CISL...
Ma nel '51, ad un quinquennio dalla fine della guerra, quasi a completamento della sua opera di devastazione, si abbatte su Platì una terribile alluvione. Semina morti e danni eccezionali al gracile sistema economico, ancora provato dalle conseguenze belliche.
Molte case vengono travolte dalla furia delle fiumare in piena. I deboli argini cedono e le fiumare inondano di acqua, fango e detriti il centro abitato. Ma, oltre e più dei torrenti, sono le frane che colpiscono pù duramente e devastano le povere aziende agricole dei contadini e dei pastori. Diciotto pastori e contadini, alcuni bambini, sorpresi nel sonno, vengono trovati esanimi sotto le macerie delle loro ”casette” o capanni in campagna.
Ma l’alluvione, come la guerra, non fiacca la forza di resistenza e la voglia di vivere della gente che reagisce trovando momenti di unità, di aggregazione, di solidarietà. Questa nuova calamita mette a dura prova la gente, ma, nel contempo ne stimola la battaglia contro gli elementi avversi della natura e contro lo stato di abbandono e di isolamento, in cui è cacciata da una politica non benevola dei governi nazionali. Si riaccende la lotta per lo sviluppo, la rinascita, la ricostruzione.
In questo panorama una funzione di grande valore viene esercitato dalla Camera del Lavoro, che diventa strumento di combattimento e di unita.
Più ordinate ed organizzate delle rivolte popolari diventano le manifestazioni di lotta. Vengono proclamati e promossi scioperi, cortei e manifestazioni di piazza. Ma soprattutto sono frequenti gli scioperi a rovescio, per dare lavoro e per dotare l’ambiente delle opere pubbliche necessarie. Nonostante la repressione, i fermi, gli arresti, le denunzie, la mano pesante dell’intimidazione delle autorità preposte all’ordine pubblico.
La Camera del Lavoro, decisa e determinata, è animata da un forte spirito unitario, contestando ed isolando estremisti e settarismi di ogni genere. Lotte e scontri sociali che meritano un capitolo a parte, più completo ed approfondito, anche per ricordare la passione, lo spirito di sacrificio di tanti combattenti e rendere omaggio alla memoria di molti di loro che non sono più con noi. E non di questo, che richiederebbe molto spazio e tempo, intendo, per il momento, scrivere.
Intendo, invece soffermarmi succintamente su altri aspetti dell’attività sindacale dell’organizzazione platiese. La componente culturale, formativa, ricreativa, spesso in ombra e che, invece, va osservata e valutata specie in un momento di crisi morale, ed a volte d’imbarbarimento e degrado, come quello che si sta attraversando. Crisi che viene presa a pretesto con intenti strumentali e di demonizzazione e criminalizzazione generalizzante. E la faccia dell’altra medaglia degli amari fatti delittuosi della nostra Platì, questa componente che vogliamo sondare. Anche per lanciare messaggi nel presente per la fuoruscita dal tunnel delle devianze e per offrire elementi di riflessione.
Non è stata la Camera del Lavoro, come la CISL e le ACLI, solo strumento di lotta contro la disoccupazione, le ingiustizie ed i privilegi, ma anche strumento cli educazione civile, di formazione culturale, scuola di democrazia, di socializzazione.
E’ significativo che nella sede della Camera del Lavoro, vengono organizzati, senza alcun finanziamento pubblico, corsi di scuola elementare o meglio di alfabetizzazione, con l’ausilio di un gruppo consistente di studenti. I quali assolvono, all’uopo, una funzione di insegnanti. E molti pastori, contadini, operai seguono questi corsi di apprendimento. Anziché frequentare le botteghe di vino, il ritrovo della povera gente.
E la sede sindacale diventa anche sede di lettura e di commento dei giornali. E cosi i lavoratori si tengono informati delle cose del mondo e dell’Italia. Informazione che stimola la partecipazione, il dibattito sugli avvenimenti politici e sociali, rompendo cost una concezione e visione di chiusura localistica.

Il televisore della gente
In quegli anni arriva in Italia la televisione. Ed a Platì, nella stragrande maggioranza, non si è in condizione di dotarsi di questo formidabile strumento d’informazi0ne. Provvede a questa esigenza la Camera del Lavoro, promuovendo una sottoscrizione popolare attraverso la quale si provvede all’acquisto del televisore. E la Camera del Lavoro, diventa, cosi, ogni sera il luogo per ritrovarsi, a centinaia uomini, donne e bambini.
E’ bello, invece di vedere frequentare le bettole, trovare tanta gente per intrattenersi e sviluppare, ad altro livello, rapporti sociali nell’ambiente locale.
Diventa così la sede dei lavoratori luogo di recupero, di formazione civile e democratica diresistenza e riscatto rispetto ai pericoli della devianza.
 
L'albero di Natale dei lavoratori
Ma oltre che momento di formazione e di educazione civica, la Camera del Lavoro svolge anche un ruolo di svago e di festa, in certe occasioni, grazie alla solidarietà di tutta la comunità.
Come non ricordare la festa ed il famoso albero di Natale della Camera del Lavoro? A Platì, come per il televisore, salvo qualche eccezione, non ci si può consentire il lusso di addobbare, per la festa, l’albero di Natale. Molti non sono nella possibilità di provvedere all’acquisto di giocattoli o panettoni da appendere all’albero. Ad un gruppo di lavoratori viene |’idea di fare come per la televisione.
E subito viene piazzato, in bella vista, sulla piazzetta antistante la sede sindacale, un albero gigantesco portato dall’Aspromonte. Un albero splendidamente illuminato ed addobbato con ricchi e molteplici doni, frutto di generose donazioni dei commercianti, dei professionisti, dei benestanti.
Un albero che attira l’attenzione di tutti i passanti, specialmente dei bambini.
Ed è così che, a Natale, tra le grida festanti e sorrisi di gioia, specie dei bambini, in una piacevole confusione di applausi scroscianti, si procede al sorteggio ed all’attribuzione dei doni a quelli toccati dalla dea bendata.
Ho voluto soffermarmi su questa parte dell'attività della Camera del Lavoro, che ho tentato di tratteggiare senza tinte forti, ma con semplicità perché ritengo sia necessario per la nostra comunità riflettere anche su queste pagine nel momento in cui viene portato avanti questo tentativo nobile per arrestare processi degradanti e d’imbarbarimento che vedono la caduta dei valori e la crisi del sistema democratico.
Possono fornirci elementi importanti per dominare anomalie ed egoismi, per un ritorno in termini aggiornati e moderni, a valori, sentimenti, ideali di civiltà e di promozione del progresso civile, economico, sociale e, soprattutto culturale.
Francesco Catanzariti

Il testo è apparso sulla rivista di Mimmo Marando PLATI’ gennaio 1998
All'Onorevole Ciccio Catanzariti, da poco ha compito 89 anni, è dedicato il Super Toscanini che segue:

domenica 30 gennaio 2022

Fratelli d'Italia [di Fausto Saraceni - 1952]

Nel settembre del 1861 Platì è stato teatro, con palcoscenico finale il Mulino Nuovo alle porte di Natile, delle tragiche gesta della Banda capitanata da Ferdinando Mittiga. Napoli è italiana e in quella città si pubblica già da un anno Il Popolo d’Italia, quotidiano voluto da Giuseppe Mazzini. Al di là delle gesta del Comandante Mittiga la Calabria è decisamente italiana. Giusto mentre il Comandante sta passando a miglior vita, Reggio è in subbuglio a causa di un attacco sferrato sul numero 227 del quotidiano mazziniano dal titolo «Disinvoltura ed impudenza Borbonica» che prende di mira il Ricevitore Generale Francesco Saverio Melissari, cittadino e consigliere comunale reggino, tant’è che la stessa Giunta chiama a far breccia attorno al Melissari i Comuni e i Cittadini della provincia i quali “sentono il dovere di attestare con piena coscienza, che il signor Francesco Saverio Melissari ha nutrito e professato in ogni tempo sensi di vero patriottismo”. Per Platì l’attestato viene sottoscritto da:

Filippo Arciprete Oliva
Sacerdote Rosario Oliva, assessore
Economo Saverio Oliva
Sacerdote Giovanni Andrea Oliva, giudice conciliatore
Sacerdote Michelangelo Fera, consigliere
Sacerdote Saverio Fera
Diacono Saverio Milliga
Diacono Rocco Mittiga, consigliere
Lettore Pasquale Zappia
Giacomo Oliva, luogotenente della guardia nazionale
Sacerdote Francesco Maria Furore, consigliere
Giosofatto Furore, dottor fisico
Fortunato Furore di Giosofatto
Filippo Zappia, guarda bosco
Francesco Mittiga
Francesco Zappia fu Domenico
Stefano Oliva, sindaco
Francesco Oliva fu Arcangelo
Stefano Oliva, dottor fisico
Francesco Fera, farmacista
Giuseppe Fera, segretario comunale
Domenico Fera, maggiore
Rosario Fera fu Francesco
Giuseppe Fera fu Francesco
Francesco Fera fu Rocco
Domenico Fera di Francesco
Giuseppe Papalia
Domenico Papalia
Giacomo Papalia
Luigi Oliva fu Michele
Francesco Oliva fu Michele
Filippo Rossi
Girolamo Oliva di Stefano
Pasquale Miceli
Domenico Trimboli
Ferdinando Oliva fu Michele
Carlo Zappia, sottotenente della guardia nazionale
Silverio Spadaro, consigliere
Nicola Oliva di Giacomo, consigliere
Tommaso Oliva di Giacomo
Domenico Marando
Ferdinando Zappia
Michele Oliva di Giacomo
Saverio Caruso
Giuseppe Virgara
Bruno Grillo
Rosario Marando
Giuseppe Zappia
Pasquale Termirello
Francesco Zappia fu Pasquale
Francesco Gliozzi fu Carlo
Francesco Morabito
Raffaele Oliva fu Filippo
Fortunato Furore fu Francesco
Francesco Mittiga fu Rocco
Ferdinando Avenoso
Francesco Pangallo
Giuseppe Pangallo
Giuseppe Miceli
Giuseppe Ciampa
Antonio Sergi
Antonio Sergi fu Bruno
Francesco Ciampa
Domenico Ciampa
Visto per la legalità delle firme
Il Sindaco di Platì
Firmato, STEFANO OLIVA

Di seguito la carriera politica di Francesco Saverio Melissari (Reggio Cal. 23 luglio 1832 – 9 marzo 1900) si tinse di gloria, fu Deputato del Regno d’Italia nella X, XI e XII Legislatura. Molti dei platiesi sopra citati sono protagonisti di queste pagine, molti sono in attesa di apparizione. Tutti sono testimoni della sorte del Comandante.

- La lista dei platiesi appare su:
Attestato pubblico in favore del ricevitore generale Francesco Saverio Melissari, di risposta ad un articolo del giornale “Il Popolo d' Italia”  Reggio Cal. tipografia Domenico Siclari,1861
- In apertura Iolanda Gliozzi (Platì 1923 - MishawakaIN 2008) sposa Tripepi

 

mercoledì 26 gennaio 2022

Giustizia di popolo [di Ray Nazzarro - 1950]

E notti e jornu c’è riunioni, vasciu ‘o sindicu di democristiani,
i forza vonnu u vincinu i lezioni chi suli voti di li pegucciani*.
Don Peppi Zappia e so frati u rutturi
cu populu i platì vonnu lottari,
ma sta vota su persi i so lavuri
ca si ccorgiru tutti li cristiani.
O don Peppinu
a spica chi vinciu era di ranu,
non mindi futtu cchiu ru vostru vinu,
caru don Peppinu.
Anonimo platiese

*Pegucciani sono quelle comari che vanno messa e chiesa e dimentiche di aver fatto la comunione, spettegolano degli altri, anche in chiesa mentre dicono le orazioni.

Possiamo considerare il testo dell’Anonimo platiese come una sorta di versetti satanici,  nel loro background si nasconde una folta schiera di scontenti. Sono gli anni del fitto esodo, il paese politicamente è diviso, anche se c’è buona parte che ondeggia da uno schieramento all’altro. La pubblicazione del testo è stata a lungo dibattuta per via di possibili risentimenti, d’altro canto il contenuto è una testimonianza diretta di un’epoca trascorsa, per molti, la stragrande maggioranza, dimenticata.

 

domenica 23 gennaio 2022

Ultimissime della notte [di Ladislao Vajda - 1950]

NEI GIORNI SCORSI
UCCISO UN LUPO
sull' Aspromonte ?
Sembra che alcuni cacciatori si sarebbero
imbattuti con la belva, ferendola a morte

Platì, 14 gennaio
(M. F.) - Secondo il racconto resoci da alcuni montanari del nostro centro, negli scorsi giorni, sulle balze dell'Aspromonte e precisamente in contrada Zillastro - Arcopallo, alcuni cacciatori si incontravano accidentalmente, anziché con le mangerecce quaglie di cui andavano in cerca, con un grossissimo e affamatissimo lupo.
Uno della comitiva, borbottando all'indirizzo della belva, (che se ne stava a distanza di una cinquantina di metri), «Ti ammazzerò come un cane!» faceva fuoco due o tre volte e colpiva in pieno il suo obbiettivo. Ma strana circostanza - la feroce belva, anziché cadere con un ululato, come si addice ai lupi feriti a morte, si accasciava a terra con un pietoso guaito, proprio come se fosse stata veramente un cane.
Comunque né gli intrepidi protagonisti dell'avventura, né i pastori presenti, hanno potuto identificare con certezza se si trattasse di un cane lupo, oppure di un lupo vero. Quest'ultima ipotesi è da accettare senz'altro, giacché non è la prima volta che sull'Aspromonte si trovano dei lupi, e spesso se ne sono visti anche con la voce da cane.
 
A Platì una variante
del «Roch and Roll»
Platì, 14 gennaio
Un giovane nostro concittadino ha in questi ultimi giorni ideato una simpatica variante al Roch And Roll, il famoso e vorticoso ballo americano; la variante consiste più propriamente in una completa rivoluzione dei tempi e dei movimenti del ballo qual' era in origine, ed ha conseguito un successo enorme, non solo nel nostro centro ma anche nella vicina Natile, dove i giovani vi si dedicano completamente.
Il nuovo ballo è stato denominato dal suo autore con un nome simile a quello del ballo da cui ebbe origine: «Roch and Stall».
Gazzetta del Sud 15 gennaio 1957

Branchi di lupi
si aggirano
sull’Aspromonte?
(M. F.) - Stando alle affermazioni di alcuni montanari, in località Arcopallo dell'Aspromonte, alcuni giorni fa si sarebbero visti girare dei lupi. Le belve non erano riunite in bran chi, ma isolati. Comunque non aggrediscono le persone, infatti, alla vista di alcuni pecorai che guidavano il loro gregge si sono squagliati

DOPO IL TEMPORALE
Una abbondante nevicata
È caduta sull’Aspromonte
Nella zona di Piatì danni considerevoli
causati della furia degli elementi


Plati, 19 gennaio
(M. F.) - Un violentissimo temporale ha infuriato la notte scorsa nelle campagne e nell'abitato del nostro centro; il vento ha avuto una parte preponderante, specialmente nelle campagne dove ha provocato danni ingentissimi.
La temperatura, dopo il fortunale, è scesa, e si mantiene a zero gradi; le montagne dell'Aspromonte sono coperte di neve sciabile in più punti. Gli esperti affermano che il vento, la notte scorsa ha raggiunto i novanta chilometri orari di velocità.
E sembrano confermare le loro asserzioni, gli innumerevoli tronchi di querce e di olivi abbattuti ovunque.


Cassetta per lettere a Platì
Platì, 19 gennaio
(M. F.) - Dato l'accresciuto volume della corrispondenza che parte dai nostri centri sarebbe opportuno che i locali uffici postali fossero dotati di cassette per le lettere, di maggiori dimensioni, onde evitare, anche al personale di dover effettuare più levate giornaliere.
 
A buon punto i lavori
sulla Statale 112
Platì, 19 gennaio
(M. F.) - Abbiamo constatato con piacere come i lavori per la risistemazione della S. S. 112 d'Aspromonte, procedano alacremente sotto la esperta direzione deli Ingegnere capo dell'ANAS, ingegnere Dragoni. Si spera che in estate il traffico sarà definitivamente riaperto.

 M. F. Michele Fera

martedì 18 gennaio 2022

Prima del calcio di rigore [di Wim Wenders - 1971]

 

Ricordi di gioventù
Una partita di calcio

Il trillo del telefono rompe la routine noiosa di una certa parte della giornata lavorativa.
La voce dall’altro capo del filo ha l’inflessione a me cara, e questo basta per farmi rasserenare, poi il motivo della telefonata mi ha catapultato all’indietro di quarant’anni.
Quante emozioni mi ha procurato quel trillo, richiamandomi ricordi buoni e cattivi, volti e nomi, giochi e sofferenze, amici, tanti amici.
La scuola, i compagni, i professori, le marachelle e le conseguenti sospensioni, gli amori primi e indimenticati. Ovviamente solo platonici. Spesso note solo a me e non alle destinatarie dei miei innamoramenti, tipici di quell’età.
Infine, un amore, questa volta praticato: il calcio, letto, parlato, e praticato appunto.
Giocavamo al campo del “Vignale” dietro la villa “Galatti” che di primavera si riempiva di glicini profumatissimi (ora è disabitata e diroccata e mi fa sanguinare il cuore quando, arrivando, la cerco per trovare i miei ricordi giovanili).
Il calcio, dicevo. Quante battaglie a parole e a calci, quando giocavamo.
Quelli di “Susu” contro quelli di “Jusu” oppure scontri tra classi diverse dell’avviamento ad indirizzo agrario che ebbi la fortuna di frequentare. Da lì è partita la mia laurea in Economia. Vedete come fruiscono i pensieri; questo “brainstorming” e proprio una tempesta del cervello, un torrente in piena come il Bonamico il 18 ottobre ’51!
Memorabile e rimasto il sonoro 11 a 0 che beccammo a Natile Nuovo, una calda domenica di giugno, a ridosso della festa di San Pietro che, se ricordo bene, è il patrono di Natile.
Partimmo a piedi da Platì alle otto di mattina, arrivammo a Natile verso le 10.
Cominciammo la partita con la stanchezza nelle gambe, oramai diventati di legno e la testa che era bloccata al pensiero che, a piedi, avremmo dovuto tomare al paese!
Ebbene le prendemmo di brutto, senza alcuna scusante. Lascio a voi immaginare con quanto entusiasmo ci siamo rimessi sulla via del ritorno con il peso schiacciante dello “scorno" delle undici “papagne" incassate.
Io facevo l’ala destra e, tifando per la Juve, mi chiamavano Charles, per la mia irruenza. Lui era il “gigante buono”, io invece...
Ecco ho voluto fissare alcune sensazioni tra le moltissime che velocemente mi sono passate davanti, al solo sentire che avrei dovuto scrivere per ricordare qualcosa della mia vita al paese.
Ecco ho fissato questi fatti insieme alle emozioni sicuramente insignificanti per chi legge. Non per me che mi hanno dato modo di rivivere attimi di cui ho rimpianto, a quest’ora, in questo mio studio, sicuramente bello e comodo, ma senza la spensieratezza e la gioia dei momenti appena rievocati.
Ho scritto di getto, senza neanche rileggere, probabilmente la dattilografa penserà che sono “uscito pazzo". Non sono pazzo, ho solo “vomitato” parte dell’immenso affetto che ho per la mia terra per la quale vorrei fare tanto e ho fatto niente.
Ecco ora ricordo l’odore che emana di questi tempi la “crizza” (come si chiama in italiano?) al sole, mentre asciuga dalla brina notturna di settembre.
Certo, un messaggio vorrei che arrivasse a qualche giovane che dovesse leggere questo scritto: non pensi al solito retorico vecchio che gronda nostalgia ed autocontemplazione dei bei tempi passati. No, sbaglierebbe. Si tratta sicuramente di una persona che ha passato i cinquanta, ma che nella vita ha lottato con “fede
ed ardimento" per affermare sé stesso e i valori positivi seminati e coltivati in una terra aspra e portati in giro per l’Italia.
Valori che ancora oggi danno forza ed entusiasmo per lottare e vincere le battaglie che quotidianamente la vita riserva. Questi momenti rievocativi servono a dare una rinfrescata ai valori suddetti e servono a rilanciarmi.
Guai a non avere momenti o angoli privatissimi che conservano la giocosità della fanciullezza, non ci sarebbe entusiasmo senza queste piacevolezze, dove rifugiarsi nei momenti di crisi della propria identità.
Servono per ritrovarsi e ripartire alla grande per nuove mete positive e di valore alto.
Attilio Caruso

Il testo originale è in

PLATI’ PERIODICO DI CULTURA E INCONTRO ANNO 0 - NUMERO 0 - NOVEMBRE 1996

rivista fondata e diretta da Mimmo Marando 

domenica 16 gennaio 2022

Le cinque rose di Jennifer [di Tomaso Sherman - 1989]


 

Ciao … Mi chiamo Jennifer frequento la classe 4a, ho 10 anni e vivo a Cirella, un paesino ai piedi dell’Aspromonte. Io se mi affaccio dalla finestra posso ammirare il fascino dell’Aspromonte ma posso ammirare Pietra Cappa. Pietra Cappa è il monolite più alto d’Europa, è alta 140 metri e occupa 4 ettari di terreno, a pensare che tanti turisti partono da lontano per visitare l’Aspromonte mi fa sentire fortunata. Nella montagna Aspromonte si possono trovare diversi animali tra cui: il cinghiale, il lupo, la volpe, invece tra i rettili la più diffusa è la vipera e tante altre specie. Nella flora troviamo principalmente il faggio, abeti, il castagno, la quercia mail più diffuso nelle colline Aspromontane è l’ulivo.
Mio nonno nel piccolo paese di Cirella ha fondato il Frantoio Perre dal 1964 ad oggi, con molti sacrifici ha iniziato a comprare sempre più terreni, abbiamo circa 170 ettari di terreni ai piedi dell’Aspromonte. Nonno era papà di 8 figli e voleva inventare qualcosa per dare un futuro ai suoi figli, ha iniziato con un piccolo frantoio che aveva la macina in pietra stiamo parlando del 1964. E man mano che gli anni passavano i figli maschi che tutt’ora sono eredi, tra cui mio padre e due miei zii, si sono innovati con la tecnologia moderna e macchinari di ultima generazione. Abbiamo un imbottigliamento, cosa che una volta non c’era. Esportiamo il nostro olio a livello intercontinentale, negli Stati Uniti, in Canada, in Francia, Germania e in tutta Italia. Oh!!! Dimenticavo a dire una cosa molto importante, il nostro olio arriva direttamente dalle colline ed è tutto certificato bio, senza conservanti e le nostre piante non hanno alcun trattamento chimico. La macinatura delle olive viene lavorata a freddo nella stessa giornata della raccolta perciò l’olio è super buono; la raccolta ha inizio in ottobre e finisce a marzo. Io abito sopra al frantoio sin da quando ero piccolina, per me svegliarsi col profumo di olio appena macinato è una cosa che se non si sente non si può spiegare a parole. Io appena posso vado ad ammirare come avvengono i procedimenti della macinatura. Con il primo olio di ogni stagione, mi vado a fare direttamente la bruschetta giù insieme a tutta la famiglia.
Infine, più di una volta tutta la mia scuola è venuta a visitare la mia azienda, i miei compagni sono rimasti meravigliati, pur essendo dello stesso paese non avevano mai visto tutta la procedura che avviene, da piccoli ulivi a olio direttamente in bottiglia. Io sono molto fiera che mio nonno ci ha lasciato questa bellissima eredità, mi auguro che noi nipoti riusciremo a tramandare questa attività perché è una tradizione di famiglia e siamo fieri di averla.
Nonna mi racconta che nei paesi Aspromontani sino a non molto tempo fa le persone conducevano una vita sicuramente più dura e molto diversa specialmente le famiglie contadine.
I contadini Aspromontani passavano la giornata nei campi a coltivare e allevare il bestiame. Però la sera si radunavano nelle stradine o davanti un camino a raccontare storie successe realmente.
I miei nonni da bambini hanno vissuto la guerra del 1943. Nonna mi racconta che l’8 settembre ci fu una guerra tra forze armate italiane e gli alleati. La guerra si svolse in pieno Aspromonte (tra le montagne di Platì e Oppido Mamertina) Ci furono molti morti e prigionieri ma quella fu l’ultima guerra. Loro vivevano nella paura perché saccheggiavano le case.
L’Aspromonte è una terra meravigliosa e ricca di risorse, Aspromonte vuol dire “Monte aspro”, io sono contenta delle mie origini e tradizioni e orgogliosa di essere Aspromontana.
Jennifer Perre classe 4a primaria
Plesso Cirella istituto Platì
 

Testo partecipante al Premio "E. Gliozzi" organizzato dall'Associazione Etno- Culturale Santa Pulinara, edizione 2021.


A dieci anni Jennifer Perre oltre che essere “contenta delle mie origini e tradizioni e orgogliosa di essere Aspromontana”, ha già una prosa sciolta e sicura e con il suo nome e cognome promette anche di finire sulle copertine dei libri. È una speranza, solamente nostra, come poche altre, anche perché la Calabria ha una letteratura tutta maschile. Per ora le possiamo consegnare solo un virtuale olivo d’oro.



giovedì 13 gennaio 2022

Matrimonio in famiglia [di Rick Famuyiwa - 2010]



DIVAGAZIONI IN CASA NOSTRA
Il rito nuziale
negli usi calabresi
Ad Africo, la cittadina dell'ultima punta
della Penisola, il matrimonio assume la più
vasta eccezione alla semplicità dei popoli
 
Africo 19 gennaio
Ad Africo la citta più strana dell'ultima, punta dì Calabria il rito del matrimonio non poteva che assumere la più vasta eccezione alla semplicità dei popoli rivieraschi. Nella compagine della città chimerica, che vive appollaiata sul cocuzzolo di un monte, come il purgatorio dantesco, distaccata quasi del tutto dalla gente, i matrimoni avvengono solo tra parenti ed addizionano, così, i difetti secondo una autorevole teoria fisiologica — niella scala delle generazioni, tramandando ai nascituri tare ed infermità. Sono i parenti a disporre delle parentele e così, in segreto che i soggetti da convogliare a nozze neppure lo sanno. Cosi come nel Sesto di S. Martino a Firenze nel 300, gli sponsali servivano ad integrare i rapporti di parentela, ugualmente ad Africo, le nozze non volgono che a colmare partite vuote nei bilanci famigliari della gente più in vista. Solo più tardi i designati s'incontreranno nella loro qualità di fidanzati, che vale soprattutto a stabilire in rapporti di reciproca suggestione da intensificare in un certo qual modo l’amore attraverso gli sguardi ansiosi dei futuri fidanzati. Poi un distacco reciso, fin tanto che i parenti non avranno sistemato le loro faccende, certamente più serie. Quando è stabilito il giorno delle nozze la vicinanza dei parenti s'intensifica ed i loro cori di gioia, si faranno sentire più da vicino. Viene così stabilito da certi decreti intimi il giorno delle nozze ed in tal giorno, le donne, completeranno nell'interno delle case agghindate a festa, l'abbigliamento della sposa; mentre gli uomini, fuori estraggono con mossa fulminea delle tasche castagnole ben dosate per scaraventarle con tutta forza contro le mura che custodiscono il loro amato bene e le gravi detonazioni faranno trasalire la verginità inquietante della sposa. I più vecchi scaricano di tanto in tanto in aria vecchi archibugi dalle polveri antiquate ma efficienti, mentre i sumpesseri, (i genitori dei rispettivi sposi), eseguono in aria lanci di confettini variopinti e con la verga bastoneranno di santa ragione i monelli che non vogliono allontanarsi.
Il corteo sfila davanti alla Chiesa. In testa la sposa col velo bianco e le donne; dietro lo sposo con la sempreviva al petto, e gli uomini. Al ritorno le madri spargeranno con solerte premura il grano sulla soglia di casa, prima dell'ingresso dei nuovi arrivati. Quindi i baci ed i convenevoli.
Ma, a sera, quando fa buio tutto tace, la sposa entrerà di soppiatto nella casa del tuo uomo e li riceverà ti bacio del primo incontro. Fuori, intanto, fervono le feste danzanti. Una gran torcia arde nei cortili che richiama tutto il vicinato. La serata è ad ingresso libero. La torcia, fatta di resina indiana e che l'uso popolare chiama Leda, sprigiona nuove fiamme rischiarando i volti degli intervenuti accoccolati intorno al fuoco, talvolta con aria stanca, se le libazioni della giornata sono stati abbondanti. Poi intorno all'allegra fiammata si snoderà la tarantella.
ARTURO GIURLEO
Foto e testo: GAZZETTA DEL SUD 20 gennaio 1957
 
Il testo di Arturo Giurleo è un piccolo tesoro di scrittura che riporta alla luce tradizioni ormai sepolte, anche tra i fogli di giornali di provincia, che diventano patrimoni di cultura. Dell'autore, come di tanti altri che hanno scritto sulla locride nella Gazzetta del Sud, le tracce si perdono negli archivi dello stesso giornale.