Ricordi di gioventù
Una
partita di calcio
Il
trillo del telefono rompe la routine noiosa di una certa parte della giornata lavorativa.
La
voce dall’altro capo del filo ha l’inflessione a me cara, e questo basta per farmi
rasserenare, poi il motivo della telefonata mi ha catapultato all’indietro di quarant’anni.
Quante
emozioni mi ha procurato quel trillo, richiamandomi ricordi buoni e cattivi,
volti e nomi, giochi e sofferenze, amici, tanti amici.
La
scuola, i compagni, i professori, le marachelle e le conseguenti sospensioni, gli
amori primi e indimenticati. Ovviamente solo platonici. Spesso note solo a me e
non alle destinatarie dei miei innamoramenti, tipici di quell’età.
Infine,
un amore, questa volta praticato: il calcio, letto, parlato, e praticato appunto.
Giocavamo
al campo del “Vignale” dietro la villa “Galatti” che di primavera si riempiva
di glicini profumatissimi (ora è disabitata e diroccata e mi fa sanguinare il
cuore quando, arrivando, la cerco per trovare i miei ricordi giovanili).
Il
calcio, dicevo. Quante battaglie a parole e a calci, quando giocavamo.
Quelli
di “Susu” contro quelli di “Jusu” oppure scontri tra classi diverse
dell’avviamento ad indirizzo agrario che ebbi la fortuna di frequentare. Da lì è
partita la mia laurea in Economia. Vedete come fruiscono i pensieri; questo
“brainstorming” e proprio una tempesta del cervello, un torrente in piena come
il Bonamico il 18 ottobre ’51!
Memorabile
e rimasto il sonoro 11 a 0 che beccammo a Natile Nuovo, una calda domenica di
giugno, a ridosso della festa di San Pietro che, se ricordo bene, è il patrono
di Natile.
Partimmo
a piedi da Platì alle otto di mattina, arrivammo a Natile verso le 10.
Cominciammo
la partita con la stanchezza nelle gambe, oramai diventati di legno e la testa
che era bloccata al pensiero che, a piedi, avremmo dovuto tomare al paese!
Ebbene
le prendemmo di brutto, senza alcuna scusante. Lascio a voi immaginare con
quanto entusiasmo ci siamo rimessi sulla via del ritorno con il peso schiacciante
dello “scorno" delle undici “papagne" incassate.
Io facevo
l’ala destra e, tifando per la Juve, mi chiamavano Charles, per la mia irruenza.
Lui era il “gigante buono”, io invece...
Ecco
ho voluto fissare alcune sensazioni tra le moltissime che velocemente mi sono
passate davanti, al solo sentire che avrei dovuto scrivere per ricordare qualcosa
della mia vita al paese.
Ecco
ho fissato questi fatti insieme alle emozioni sicuramente insignificanti per
chi legge. Non per me che mi hanno dato modo di rivivere attimi di cui ho rimpianto,
a quest’ora, in questo mio studio, sicuramente bello e comodo, ma senza la
spensieratezza e la gioia dei momenti appena rievocati.
Ho
scritto di getto, senza neanche rileggere, probabilmente la dattilografa penserà
che sono “uscito pazzo". Non sono
pazzo, ho solo “vomitato” parte dell’immenso
affetto che ho per la mia terra per la quale vorrei fare tanto e ho fatto niente.
Ecco
ora ricordo l’odore che emana di questi tempi la “crizza” (come si chiama in
italiano?) al sole, mentre asciuga dalla brina notturna di settembre.
Certo,
un messaggio vorrei che arrivasse a qualche giovane che dovesse leggere questo
scritto: non pensi al solito retorico vecchio che gronda nostalgia ed autocontemplazione
dei bei tempi passati. No, sbaglierebbe. Si tratta sicuramente di una persona
che ha passato i cinquanta, ma che nella vita ha lottato con “fede
ed
ardimento" per affermare sé stesso e i valori positivi seminati e
coltivati in una terra aspra e portati in giro per l’Italia.
Valori
che ancora oggi danno forza ed entusiasmo per lottare e vincere le battaglie
che quotidianamente la vita riserva. Questi momenti rievocativi servono a dare
una rinfrescata ai valori suddetti e servono a rilanciarmi.
Guai a
non avere momenti o angoli privatissimi che conservano la giocosità della
fanciullezza, non ci sarebbe entusiasmo senza queste piacevolezze, dove rifugiarsi
nei momenti di crisi della propria identità.
Servono
per ritrovarsi e ripartire alla grande per nuove mete positive e di valore alto.
Attilio Caruso
Il testo originale è in
PLATI’ PERIODICO DI CULTURA E
INCONTRO ANNO 0 - NUMERO 0 - NOVEMBRE 1996
Ginu i barva: sei una persona irrispettosa, invidiosa e di una cattiveria inaudita, tutto tuo zio Luigi (il pretucolo). “Evidentemente mentre Dio distribuiva la finezza tu ti stavi scaccolando.”
RispondiEliminaChi sono io ha poca importanza ( per adesso). Spero di incontrarti per poterti dire sul grugno tante altre cosette......