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giovedì 13 gennaio 2022

Matrimonio in famiglia [di Rick Famuyiwa - 2010]



DIVAGAZIONI IN CASA NOSTRA
Il rito nuziale
negli usi calabresi
Ad Africo, la cittadina dell'ultima punta
della Penisola, il matrimonio assume la più
vasta eccezione alla semplicità dei popoli
 
Africo 19 gennaio
Ad Africo la citta più strana dell'ultima, punta dì Calabria il rito del matrimonio non poteva che assumere la più vasta eccezione alla semplicità dei popoli rivieraschi. Nella compagine della città chimerica, che vive appollaiata sul cocuzzolo di un monte, come il purgatorio dantesco, distaccata quasi del tutto dalla gente, i matrimoni avvengono solo tra parenti ed addizionano, così, i difetti secondo una autorevole teoria fisiologica — niella scala delle generazioni, tramandando ai nascituri tare ed infermità. Sono i parenti a disporre delle parentele e così, in segreto che i soggetti da convogliare a nozze neppure lo sanno. Cosi come nel Sesto di S. Martino a Firenze nel 300, gli sponsali servivano ad integrare i rapporti di parentela, ugualmente ad Africo, le nozze non volgono che a colmare partite vuote nei bilanci famigliari della gente più in vista. Solo più tardi i designati s'incontreranno nella loro qualità di fidanzati, che vale soprattutto a stabilire in rapporti di reciproca suggestione da intensificare in un certo qual modo l’amore attraverso gli sguardi ansiosi dei futuri fidanzati. Poi un distacco reciso, fin tanto che i parenti non avranno sistemato le loro faccende, certamente più serie. Quando è stabilito il giorno delle nozze la vicinanza dei parenti s'intensifica ed i loro cori di gioia, si faranno sentire più da vicino. Viene così stabilito da certi decreti intimi il giorno delle nozze ed in tal giorno, le donne, completeranno nell'interno delle case agghindate a festa, l'abbigliamento della sposa; mentre gli uomini, fuori estraggono con mossa fulminea delle tasche castagnole ben dosate per scaraventarle con tutta forza contro le mura che custodiscono il loro amato bene e le gravi detonazioni faranno trasalire la verginità inquietante della sposa. I più vecchi scaricano di tanto in tanto in aria vecchi archibugi dalle polveri antiquate ma efficienti, mentre i sumpesseri, (i genitori dei rispettivi sposi), eseguono in aria lanci di confettini variopinti e con la verga bastoneranno di santa ragione i monelli che non vogliono allontanarsi.
Il corteo sfila davanti alla Chiesa. In testa la sposa col velo bianco e le donne; dietro lo sposo con la sempreviva al petto, e gli uomini. Al ritorno le madri spargeranno con solerte premura il grano sulla soglia di casa, prima dell'ingresso dei nuovi arrivati. Quindi i baci ed i convenevoli.
Ma, a sera, quando fa buio tutto tace, la sposa entrerà di soppiatto nella casa del tuo uomo e li riceverà ti bacio del primo incontro. Fuori, intanto, fervono le feste danzanti. Una gran torcia arde nei cortili che richiama tutto il vicinato. La serata è ad ingresso libero. La torcia, fatta di resina indiana e che l'uso popolare chiama Leda, sprigiona nuove fiamme rischiarando i volti degli intervenuti accoccolati intorno al fuoco, talvolta con aria stanca, se le libazioni della giornata sono stati abbondanti. Poi intorno all'allegra fiammata si snoderà la tarantella.
ARTURO GIURLEO
Foto e testo: GAZZETTA DEL SUD 20 gennaio 1957
 
Il testo di Arturo Giurleo è un piccolo tesoro di scrittura che riporta alla luce tradizioni ormai sepolte, anche tra i fogli di giornali di provincia, che diventano patrimoni di cultura. Dell'autore, come di tanti altri che hanno scritto sulla locride nella Gazzetta del Sud, le tracce si perdono negli archivi dello stesso giornale. 

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