mercoledì 2 febbraio 2022
domenica 30 gennaio 2022
Fratelli d'Italia [di Fausto Saraceni - 1952]
Filippo Arciprete Oliva
Sacerdote Rosario Oliva, assessore
Economo Saverio Oliva
Sacerdote Giovanni Andrea Oliva, giudice conciliatore
Sacerdote Michelangelo Fera, consigliere
Sacerdote Saverio Fera
Diacono Saverio Milliga
Diacono Rocco Mittiga, consigliere
Lettore Pasquale Zappia
Giacomo Oliva, luogotenente della guardia nazionale
Sacerdote Francesco Maria Furore, consigliere
Giosofatto Furore, dottor fisico
Fortunato Furore di Giosofatto
Filippo Zappia, guarda bosco
Francesco Mittiga
Francesco Zappia fu Domenico
Stefano Oliva, sindaco
Francesco Oliva fu Arcangelo
Stefano Oliva, dottor fisico
Francesco Fera, farmacista
Giuseppe Fera, segretario comunale
Domenico Fera, maggiore
Rosario Fera fu Francesco
Giuseppe Fera fu Francesco
Francesco Fera fu Rocco
Domenico Fera di Francesco
Giuseppe Papalia
Domenico Papalia
Giacomo Papalia
Luigi Oliva fu Michele
Francesco Oliva fu Michele
Filippo Rossi
Girolamo Oliva di Stefano
Pasquale Miceli
Domenico Trimboli
Ferdinando Oliva fu Michele
Carlo Zappia, sottotenente della guardia nazionale
Silverio Spadaro, consigliere
Nicola Oliva di Giacomo, consigliere
Tommaso Oliva di Giacomo
Domenico Marando
Ferdinando Zappia
Michele Oliva di Giacomo
Saverio Caruso
Giuseppe Virgara
Bruno Grillo
Rosario Marando
Giuseppe Zappia
Pasquale Termirello
Francesco Zappia fu Pasquale
Francesco Gliozzi fu Carlo
Francesco Morabito
Raffaele Oliva fu Filippo
Fortunato Furore fu Francesco
Francesco Mittiga fu Rocco
Ferdinando Avenoso
Francesco Pangallo
Giuseppe Pangallo
Giuseppe Miceli
Giuseppe Ciampa
Antonio Sergi
Antonio Sergi fu Bruno
Francesco Ciampa
Domenico Ciampa
Visto per la legalità delle firme
Il Sindaco di Platì
Firmato, STEFANO OLIVA
Di seguito la carriera politica di Francesco Saverio Melissari (Reggio Cal. 23 luglio 1832 – 9 marzo 1900) si tinse di gloria, fu Deputato del Regno d’Italia nella X, XI e XII Legislatura. Molti dei platiesi sopra citati sono protagonisti di queste pagine, molti sono in attesa di apparizione. Tutti sono testimoni della sorte del Comandante.
- La lista dei platiesi appare su:
Attestato pubblico in favore del ricevitore generale Francesco Saverio Melissari, di risposta ad un articolo del giornale “Il Popolo d' Italia” Reggio Cal. tipografia Domenico Siclari,1861
mercoledì 26 gennaio 2022
Giustizia di popolo [di Ray Nazzarro - 1950]
i forza vonnu u vincinu i lezioni chi suli voti di li pegucciani*.
Don Peppi Zappia e so frati u rutturi
cu populu i platì vonnu lottari,
ma sta vota su persi i so lavuri
ca si ccorgiru tutti li cristiani.
O don Peppinu
a spica chi vinciu era di ranu,
non mindi futtu cchiu ru vostru vinu,
caru don Peppinu.
Anonimo platiese
*Pegucciani sono quelle comari che vanno messa e chiesa e dimentiche di aver fatto la comunione, spettegolano degli altri, anche in chiesa mentre dicono le orazioni.
Possiamo
considerare il testo dell’Anonimo platiese come una sorta di versetti satanici, nel loro background si nasconde una folta schiera di scontenti. Sono gli anni del fitto
esodo, il paese politicamente è diviso, anche se c’è buona parte che ondeggia
da uno schieramento all’altro. La pubblicazione del testo è stata a lungo dibattuta
per via di possibili risentimenti, d’altro canto il contenuto è una
testimonianza diretta di un’epoca trascorsa, per molti, la stragrande
maggioranza, dimenticata.
domenica 23 gennaio 2022
Ultimissime della notte [di Ladislao Vajda - 1950]
NEI GIORNI SCORSIUCCISO UN LUPOsull' Aspromonte ?Sembra che alcuni
cacciatori si sarebberoimbattuti con la belva, ferendola a
morte
Platì, 14 gennaio
(M. F.) - Secondo il racconto resoci da alcuni
montanari del nostro centro, negli scorsi giorni, sulle balze dell'Aspromonte e precisamente in contrada Zillastro - Arcopallo, alcuni cacciatori si
incontravano accidentalmente, anziché con le mangerecce quaglie di cui andavano
in cerca, con un grossissimo e affamatissimo lupo.
Uno della comitiva, borbottando all'indirizzo
della belva, (che se ne stava a distanza di una cinquantina di metri), «Ti
ammazzerò come un cane!» faceva fuoco due o tre volte e colpiva in pieno il suo
obbiettivo. Ma strana circostanza - la feroce belva, anziché cadere con un ululato,
come si addice ai lupi feriti a morte, si accasciava a
terra con un pietoso guaito, proprio come se fosse stata veramente un cane.
Comunque né gli intrepidi protagonisti
dell'avventura, né i pastori presenti, hanno potuto identificare con certezza
se si trattasse di un cane lupo, oppure di un lupo vero. Quest'ultima ipotesi è
da accettare senz'altro, giacché non è la prima volta che sull'Aspromonte si
trovano dei lupi, e spesso se ne sono visti anche con la voce da cane.
A Platì una
variantedel «Roch and
Roll»Platì, 14 gennaio
Un giovane nostro concittadino ha in questi
ultimi giorni ideato una simpatica variante al Roch And Roll, il famoso e vorticoso
ballo americano; la variante consiste più propriamente in una completa
rivoluzione dei tempi e dei movimenti del ballo qual' era in origine, ed ha
conseguito un successo enorme, non solo nel nostro centro ma anche
nella vicina Natile, dove i giovani vi si dedicano completamente.
Il nuovo ballo è stato denominato dal suo
autore con un nome simile a quello del ballo da cui ebbe origine: «Roch and Stall».
Gazzetta del Sud 15 gennaio 1957Branchi di lupi
si aggirano
sull’Aspromonte?
(M. F.) - Stando alle affermazioni di alcuni
montanari, in località Arcopallo dell'Aspromonte, alcuni giorni fa si sarebbero
visti girare dei lupi. Le belve non erano riunite in bran chi, ma isolati.
Comunque non aggrediscono le persone, infatti, alla vista di alcuni pecorai che
guidavano il loro gregge si sono squagliati
DOPO IL TEMPORALE
Una abbondante
nevicata
È caduta sull’Aspromonte
Nella zona di
Piatì danni considerevoli
causati della furia
degli elementi
Plati, 19 gennaio(M. F.) - Un violentissimo temporale ha
infuriato la notte scorsa nelle campagne e nell'abitato del nostro centro; il
vento ha avuto una parte preponderante, specialmente nelle campagne dove ha
provocato danni ingentissimi.La temperatura, dopo il fortunale, è scesa, e
si mantiene a zero gradi; le montagne dell'Aspromonte sono coperte di neve
sciabile in più punti. Gli esperti affermano che il vento, la notte scorsa ha
raggiunto i novanta chilometri orari di velocità. E sembrano confermare le loro asserzioni, gli
innumerevoli tronchi di querce e di olivi abbattuti ovunque.
Cassetta per lettere a Platì
Platì, 19 gennaio
(M. F.) - Dato l'accresciuto volume della
corrispondenza che parte dai nostri centri sarebbe opportuno che i locali
uffici postali fossero dotati di cassette per le lettere, di maggiori dimensioni,
onde evitare, anche al personale di dover effettuare più levate giornaliere.
A buon punto i lavori
sulla Statale 112
Platì, 19 gennaio
(M. F.) - Abbiamo constatato con piacere come
i lavori per la risistemazione della S. S. 112 d'Aspromonte, procedano alacremente
sotto la esperta direzione deli Ingegnere capo dell'ANAS, ingegnere Dragoni. Si
spera che in estate il traffico sarà definitivamente riaperto.
M. F. Michele Fera
Un giovane nostro concittadino ha in questi ultimi giorni ideato una simpatica variante al Roch And Roll, il famoso e vorticoso ballo americano; la variante consiste più propriamente in una completa rivoluzione dei tempi e dei movimenti del ballo qual' era in origine, ed ha conseguito un successo enorme, non solo nel nostro centro ma anche nella vicina Natile, dove i giovani vi si dedicano completamente.
Il nuovo ballo è stato denominato dal suo autore con un nome simile a quello del ballo da cui ebbe origine: «Roch and Stall».
Gazzetta del Sud 15 gennaio 1957
Branchi di lupi
si aggirano
sull’Aspromonte?
(M. F.) - Stando alle affermazioni di alcuni
montanari, in località Arcopallo dell'Aspromonte, alcuni giorni fa si sarebbero
visti girare dei lupi. Le belve non erano riunite in bran chi, ma isolati.
Comunque non aggrediscono le persone, infatti, alla vista di alcuni pecorai che
guidavano il loro gregge si sono squagliati
DOPO IL TEMPORALE
Una abbondante
nevicata
È caduta sull’Aspromonte
Nella zona di
Piatì danni considerevoli
causati della furia
degli elementi
Plati, 19 gennaio(M. F.) - Un violentissimo temporale ha
infuriato la notte scorsa nelle campagne e nell'abitato del nostro centro; il
vento ha avuto una parte preponderante, specialmente nelle campagne dove ha
provocato danni ingentissimi.La temperatura, dopo il fortunale, è scesa, e
si mantiene a zero gradi; le montagne dell'Aspromonte sono coperte di neve
sciabile in più punti. Gli esperti affermano che il vento, la notte scorsa ha
raggiunto i novanta chilometri orari di velocità. E sembrano confermare le loro asserzioni, gli
innumerevoli tronchi di querce e di olivi abbattuti ovunque.
DOPO IL TEMPORALE
Una abbondante
nevicata
È caduta sull’Aspromonte
Nella zona di
Piatì danni considerevoli
causati della furia
degli elementi
Plati, 19 gennaio(M. F.) - Un violentissimo temporale ha
infuriato la notte scorsa nelle campagne e nell'abitato del nostro centro; il
vento ha avuto una parte preponderante, specialmente nelle campagne dove ha
provocato danni ingentissimi.La temperatura, dopo il fortunale, è scesa, e
si mantiene a zero gradi; le montagne dell'Aspromonte sono coperte di neve
sciabile in più punti. Gli esperti affermano che il vento, la notte scorsa ha
raggiunto i novanta chilometri orari di velocità. E sembrano confermare le loro asserzioni, gli
innumerevoli tronchi di querce e di olivi abbattuti ovunque.
Cassetta per lettere a Platì
Platì, 19 gennaio
(M. F.) - Dato l'accresciuto volume della
corrispondenza che parte dai nostri centri sarebbe opportuno che i locali
uffici postali fossero dotati di cassette per le lettere, di maggiori dimensioni,
onde evitare, anche al personale di dover effettuare più levate giornaliere.
A buon punto i lavori
sulla Statale 112
Platì, 19 gennaio
(M. F.) - Abbiamo constatato con piacere come
i lavori per la risistemazione della S. S. 112 d'Aspromonte, procedano alacremente
sotto la esperta direzione deli Ingegnere capo dell'ANAS, ingegnere Dragoni. Si
spera che in estate il traffico sarà definitivamente riaperto.
M. F. Michele Fera
martedì 18 gennaio 2022
Prima del calcio di rigore [di Wim Wenders - 1971]
Ricordi di gioventù
Una
partita di calcio
Il
trillo del telefono rompe la routine noiosa di una certa parte della giornata lavorativa.
La
voce dall’altro capo del filo ha l’inflessione a me cara, e questo basta per farmi
rasserenare, poi il motivo della telefonata mi ha catapultato all’indietro di quarant’anni.
Quante
emozioni mi ha procurato quel trillo, richiamandomi ricordi buoni e cattivi,
volti e nomi, giochi e sofferenze, amici, tanti amici.
La
scuola, i compagni, i professori, le marachelle e le conseguenti sospensioni, gli
amori primi e indimenticati. Ovviamente solo platonici. Spesso note solo a me e
non alle destinatarie dei miei innamoramenti, tipici di quell’età.
Infine,
un amore, questa volta praticato: il calcio, letto, parlato, e praticato appunto.
Giocavamo
al campo del “Vignale” dietro la villa “Galatti” che di primavera si riempiva
di glicini profumatissimi (ora è disabitata e diroccata e mi fa sanguinare il
cuore quando, arrivando, la cerco per trovare i miei ricordi giovanili).
Il
calcio, dicevo. Quante battaglie a parole e a calci, quando giocavamo.
Quelli
di “Susu” contro quelli di “Jusu” oppure scontri tra classi diverse
dell’avviamento ad indirizzo agrario che ebbi la fortuna di frequentare. Da lì è
partita la mia laurea in Economia. Vedete come fruiscono i pensieri; questo
“brainstorming” e proprio una tempesta del cervello, un torrente in piena come
il Bonamico il 18 ottobre ’51!
Memorabile
e rimasto il sonoro 11 a 0 che beccammo a Natile Nuovo, una calda domenica di
giugno, a ridosso della festa di San Pietro che, se ricordo bene, è il patrono
di Natile.
Partimmo
a piedi da Platì alle otto di mattina, arrivammo a Natile verso le 10.
Cominciammo
la partita con la stanchezza nelle gambe, oramai diventati di legno e la testa
che era bloccata al pensiero che, a piedi, avremmo dovuto tomare al paese!
Ebbene
le prendemmo di brutto, senza alcuna scusante. Lascio a voi immaginare con
quanto entusiasmo ci siamo rimessi sulla via del ritorno con il peso schiacciante
dello “scorno" delle undici “papagne" incassate.
Io facevo
l’ala destra e, tifando per la Juve, mi chiamavano Charles, per la mia irruenza.
Lui era il “gigante buono”, io invece...
Ecco
ho voluto fissare alcune sensazioni tra le moltissime che velocemente mi sono
passate davanti, al solo sentire che avrei dovuto scrivere per ricordare qualcosa
della mia vita al paese.
Ecco
ho fissato questi fatti insieme alle emozioni sicuramente insignificanti per
chi legge. Non per me che mi hanno dato modo di rivivere attimi di cui ho rimpianto,
a quest’ora, in questo mio studio, sicuramente bello e comodo, ma senza la
spensieratezza e la gioia dei momenti appena rievocati.
Ho
scritto di getto, senza neanche rileggere, probabilmente la dattilografa penserà
che sono “uscito pazzo". Non sono
pazzo, ho solo “vomitato” parte dell’immenso
affetto che ho per la mia terra per la quale vorrei fare tanto e ho fatto niente.
Ecco
ora ricordo l’odore che emana di questi tempi la “crizza” (come si chiama in
italiano?) al sole, mentre asciuga dalla brina notturna di settembre.
Certo,
un messaggio vorrei che arrivasse a qualche giovane che dovesse leggere questo
scritto: non pensi al solito retorico vecchio che gronda nostalgia ed autocontemplazione
dei bei tempi passati. No, sbaglierebbe. Si tratta sicuramente di una persona
che ha passato i cinquanta, ma che nella vita ha lottato con “fede
ed
ardimento" per affermare sé stesso e i valori positivi seminati e
coltivati in una terra aspra e portati in giro per l’Italia.
Valori
che ancora oggi danno forza ed entusiasmo per lottare e vincere le battaglie
che quotidianamente la vita riserva. Questi momenti rievocativi servono a dare
una rinfrescata ai valori suddetti e servono a rilanciarmi.
Guai a
non avere momenti o angoli privatissimi che conservano la giocosità della
fanciullezza, non ci sarebbe entusiasmo senza queste piacevolezze, dove rifugiarsi
nei momenti di crisi della propria identità.
Servono
per ritrovarsi e ripartire alla grande per nuove mete positive e di valore alto.
Attilio Caruso
Il testo originale è in
PLATI’ PERIODICO DI CULTURA E
INCONTRO ANNO 0 - NUMERO 0 - NOVEMBRE 1996
domenica 16 gennaio 2022
Le cinque rose di Jennifer [di Tomaso Sherman - 1989]
Ciao … Mi chiamo
Jennifer frequento la classe 4a,
ho 10 anni e vivo a Cirella, un paesino ai piedi dell’Aspromonte. Io se mi
affaccio dalla finestra posso ammirare il fascino dell’Aspromonte ma posso
ammirare Pietra Cappa. Pietra Cappa è il monolite più alto d’Europa, è alta 140
metri e occupa 4 ettari di terreno, a pensare che tanti turisti partono da
lontano per visitare l’Aspromonte mi fa sentire fortunata. Nella montagna
Aspromonte si possono trovare diversi animali tra cui: il cinghiale, il lupo,
la volpe, invece tra i rettili la più diffusa è la vipera e tante altre specie.
Nella flora troviamo principalmente il faggio, abeti, il castagno, la quercia
mail più diffuso nelle colline Aspromontane è l’ulivo.
Mio nonno nel
piccolo paese di Cirella ha fondato il Frantoio Perre dal 1964 ad oggi, con
molti sacrifici ha iniziato a comprare sempre più terreni, abbiamo circa 170
ettari di terreni ai piedi dell’Aspromonte. Nonno era papà di 8 figli e voleva
inventare qualcosa per dare un futuro ai suoi figli, ha iniziato con un piccolo
frantoio che aveva la macina in pietra stiamo parlando del 1964. E man mano che
gli anni passavano i figli maschi che tutt’ora sono eredi, tra cui mio padre e
due miei zii, si sono innovati con la tecnologia moderna e macchinari di ultima
generazione. Abbiamo un imbottigliamento, cosa che una volta non c’era.
Esportiamo il nostro olio a livello intercontinentale, negli Stati Uniti, in
Canada, in Francia, Germania e in tutta Italia. Oh!!! Dimenticavo a dire una
cosa molto importante, il nostro olio arriva direttamente dalle colline ed è
tutto certificato bio, senza conservanti e le nostre piante non hanno alcun
trattamento chimico. La macinatura delle olive viene lavorata a freddo nella stessa
giornata della raccolta perciò l’olio è super buono; la raccolta ha inizio in
ottobre e finisce a marzo. Io abito sopra al frantoio sin da quando ero
piccolina, per me svegliarsi col profumo di olio appena macinato è una cosa che
se non si sente non si può spiegare a parole. Io appena posso vado ad ammirare
come avvengono i procedimenti della macinatura. Con il primo olio di ogni
stagione, mi vado a fare direttamente la bruschetta giù insieme a tutta la
famiglia.
Infine, più di
una volta tutta la mia scuola è venuta a visitare la mia azienda, i miei
compagni sono rimasti meravigliati, pur essendo dello stesso paese non avevano
mai visto tutta la procedura che avviene, da piccoli ulivi a olio direttamente
in bottiglia. Io sono molto fiera che mio nonno ci ha lasciato questa
bellissima eredità, mi auguro che noi nipoti riusciremo a tramandare questa
attività perché è una tradizione di famiglia e siamo fieri di averla.
Nonna mi racconta
che nei paesi Aspromontani sino a non molto tempo fa le persone conducevano una
vita sicuramente più dura e molto diversa specialmente le famiglie contadine.
I contadini
Aspromontani passavano la giornata nei campi a coltivare e allevare il
bestiame. Però la sera si radunavano nelle stradine o davanti un camino a raccontare
storie successe realmente.
I miei nonni da
bambini hanno vissuto la guerra del 1943. Nonna mi racconta che l’8 settembre
ci fu una guerra tra forze armate italiane e gli alleati. La guerra si svolse
in pieno Aspromonte (tra le montagne di Platì e Oppido Mamertina) Ci furono
molti morti e prigionieri ma quella fu l’ultima guerra. Loro vivevano nella
paura perché saccheggiavano le case.
L’Aspromonte è
una terra meravigliosa e ricca di risorse, Aspromonte vuol dire “Monte aspro”,
io sono contenta delle mie origini e tradizioni e orgogliosa di essere
Aspromontana.
Jennifer
Perre classe
4a primaria
Plesso Cirella
istituto Platì
Testo partecipante al Premio "E. Gliozzi" organizzato
dall'Associazione Etno- Culturale Santa Pulinara, edizione 2021.
A dieci anni Jennifer Perre oltre che essere “contenta delle mie origini e tradizioni e orgogliosa di essere Aspromontana”, ha già una prosa sciolta e sicura e con il suo nome e cognome promette anche di finire sulle copertine dei libri. È una speranza, solamente nostra, come poche altre, anche perché la Calabria ha una letteratura tutta maschile. Per ora le possiamo consegnare solo un virtuale olivo d’oro.
giovedì 13 gennaio 2022
Matrimonio in famiglia [di Rick Famuyiwa - 2010]
DIVAGAZIONI IN CASA NOSTRAIl rito nuzialenegli usi calabresiAd Africo, la cittadina dell'ultima
puntadella Penisola, il matrimonio assume la
piùvasta eccezione alla semplicità dei
popoli
Africo 19
gennaio
Ad Africo la citta più strana dell'ultima, punta dì Calabria il rito del matrimonio non poteva
che assumere la più vasta eccezione alla semplicità dei popoli rivieraschi. Nella
compagine della città chimerica, che vive appollaiata sul cocuzzolo di un
monte, come il purgatorio dantesco, distaccata quasi del tutto dalla gente, i
matrimoni avvengono solo tra parenti ed addizionano, così, i difetti — secondo una autorevole teoria fisiologica —
niella scala delle generazioni, tramandando ai nascituri tare ed infermità.
Sono i parenti a disporre delle parentele e così, in segreto che i soggetti da convogliare a nozze neppure lo
sanno. Cosi come nel Sesto di S. Martino a Firenze nel 300, gli sponsali servivano
ad integrare i rapporti di parentela, ugualmente ad Africo, le nozze non
volgono che a colmare partite vuote nei bilanci famigliari della gente più
in vista. Solo più tardi i designati
s'incontreranno nella loro qualità di fidanzati, che vale soprattutto a stabilire
in rapporti di reciproca suggestione da intensificare in un certo qual modo l’amore
attraverso gli sguardi ansiosi dei futuri fidanzati. Poi un distacco reciso,
fin tanto che i parenti non avranno sistemato le loro faccende, certamente più
serie. Quando è stabilito il giorno delle nozze la vicinanza dei parenti s'intensifica
ed i loro cori di gioia, si faranno sentire più da vicino. Viene così stabilito
da certi decreti intimi il giorno delle nozze ed in tal giorno, le donne,
completeranno nell'interno delle case agghindate a festa, l'abbigliamento della
sposa; mentre gli uomini, fuori estraggono con mossa fulminea delle tasche
castagnole ben dosate per scaraventarle con tutta forza contro le mura che
custodiscono il loro amato bene e le gravi detonazioni faranno trasalire la
verginità inquietante della sposa. I più vecchi scaricano di tanto in tanto in
aria vecchi archibugi dalle polveri antiquate ma efficienti, mentre i sumpesseri,
(i genitori dei rispettivi sposi), eseguono in aria lanci di confettini
variopinti e con la verga bastoneranno di santa ragione i monelli che non
vogliono allontanarsi.
Il corteo sfila davanti
alla Chiesa. In testa la sposa col velo bianco e le donne; dietro lo sposo con
la sempreviva al petto, e gli uomini. Al ritorno le madri spargeranno con
solerte premura il grano sulla soglia di casa, prima dell'ingresso dei nuovi
arrivati. Quindi i baci ed i convenevoli.
Ma, a sera, quando fa
buio tutto tace, la sposa entrerà di soppiatto nella casa del tuo uomo e li
riceverà ti bacio del primo incontro. Fuori, intanto, fervono le feste
danzanti. Una gran torcia arde nei cortili che richiama tutto il vicinato. La serata
è ad ingresso libero. La torcia, fatta di resina indiana e che l'uso popolare
chiama Leda, sprigiona nuove fiamme rischiarando i volti degli intervenuti accoccolati
intorno al fuoco, talvolta con aria stanca, se le libazioni della giornata sono
stati abbondanti. Poi intorno all'allegra fiammata si snoderà la tarantella.
ARTURO GIURLEO
Foto e testo: GAZZETTA
DEL SUD 20 gennaio 1957
Il
testo di Arturo Giurleo è un piccolo tesoro di scrittura che riporta alla luce
tradizioni ormai sepolte, anche tra i fogli di giornali di provincia, che
diventano patrimoni di cultura. Dell'autore, come di tanti altri che hanno scritto sulla locride nella Gazzetta del Sud, le tracce si perdono negli archivi dello stesso giornale.
lunedì 10 gennaio 2022
La costa del sole [di John Sayles - 2002]
SI ESTENDEVA DAL FIUME HOLEX A CAULONL'antica regione
della LocrideOggi costituisce una delle zone più
depresse della Calabria, malgradoche un tempo sia stata fiorente, piena
di vita e di intensa civiltà
La regione
della locride si estendeva dal fiume Holex (attuale Amendolea), che segnava il
confine del territorio reggino da quello locrese, al territorio di Caulon, nei
pressi dell'attuale Marina di Monasterace, occupando quasi tutta la fascia
litoranea dell'attuale provincia di Reggio Calabria bagnata dal glauco Jonio.
Una
leggenda vuole che le cicale sulla sponda sinistra dell'Holex, in territorio
locrese, fossero canore, mentre sulla sponda destra, in territorio reggino,
fossero mute. Si spiegava il curioso episodio col fatto che Ercole, giunto
esausto sulla sponda destra del fiume e non potendo prender sonno perché
disturbato dal canto delle cicale, pregò ed ottenne da Giove che divenissero
mute. Un'altra versione attribuisce alla maledizione lanciata da S. Paolo
l'afonia delle cicale del territorio reggino, perché disturbato dal loro canto
mentre predicava.
In
vicinanza dello stesso fiume era Peripoli, colonia locrese messa a guardia del
confine, non lontana dall'attuale Melito Portosalvo, cara alla storia del
Risorgimento per il leggendario sbarco di Garibaldi nel 1860 e per
quello del 1862, che ebbe per doloroso epilogo lo scontro fratricida di Aspromonte.
Vi è ancora sotto le acque della rada di Melito la carinea del piroscafo
«Torino» affondato dalle cannonate delle navi borboniche «Aquila» e «Fulminante»,
le quali inutilmente tentarono di ostacolare lo sbarco del 1860 e il
corso della nuova storia.
Nei pressi
di Melito, l'attenzione è attratta dalla caratteristica roccia di Pentidattilo,
fantasiosamente illustrata in copertina da Sìmbari, una roccia gigantesca che
si staglia nel cielo, a 400 metri di altezza, come una colossale mano dalle
dita aperte, alla base del quale sono abbarbicati i ruderi di un vecchio
castello medioevale, che ricorda le tragiche lotte tra le famiglie Alberti ed
Abenavoli.
Lungo la
linea ferroviaria Reggio-Catanzaro, che corre parallela alla statale 106 e
vicinissima al mare, si allineano numerosi i nuovi paesi, lindi e civettuoli,
scesi dalla marina alle colline retrostanti, attratti dalle nuove esigenze e
dai nuovi mezzi del progresso umano.
Il capo
Bruzzano (Zephyrlum promontonum), che si prolunga nel mare descrivendo un ampio
arco con l'altra estremità di punta Stilo, ci ricorda lo sbarco in questa
località dei primi coloni e la loro primitiva sede, prima di prendere dimora
definitiva sul monte Epopis e fondare, nel VII secolo a. C, la città di Locri.
In alto, a circa 20 Km. a nord del capo
Bruzzano, quasi al centro dell'ampio golfo, si erge maestosa l'amba
conchiglifera sulla quale è ubicata Gerace, dominatrice delle ampie vallate dei
fiumi Novito e S. Paolo. Vero baluardo naturale, Gerace, difesa a monte dal
munitissimo castello, i cui resti testimoniano le vicende bizantine e normanne
della gloriosa città, deve il suo nome alla voce greca «ieròs», sacro (città
santa) o, secondo altri, a «ièrax», sparviero. Infatti, uno sparviero, o meglio
un'aquila ad ali spiegate, è lo stemma del Comune. Vuole la leggenda che i
profughi locresi, guidati dal volo di uno sparviero, si rifugiassero sulla rupe
inaccessibile per sfuggire alle continue invasioni e razzie dei Saraceni.
Quantunque in posizione ritenuta inespugnabile, venne tuttavia saccheggiata più
volte dai Saraceni che, nel 952, inflissero ai Bizantini una grave sconfitta.
La città conserva tuttora la struttura di una munita fortezza bizantina dell'alto
medioevo e vi si accede ancora attraverso le porte del Borghetto e delle Bambarde
per le strade irte e selciate, ai cui lati sono allineati vecchi palazzi,
alcuni con bifore. La Basilica-Cattedrale stessa, vista dalla parte esterna delle
tre absidi, ha il severo aspetto di una fortezza e le strette e lunghe finestre
gotiche somigliano a vere e proprie feritoie.
Questa
costruzione chiesastica - la più grande della regione - ha la forma di un vasto
rettangolo di circa metri 26x75, con l'altezza alla cupola di circa m. 25 e con
un dislivello esterno a est di circa m. 6, dove è situata l'ampia cripta. L'inizio
della costruzione si fa risalire ai primi decenni del secolo, mentre è sicura
la data della sua consacrazione, 1045, come si rileva da una targa in piombo
incastrata nella terza colonna in «corno Evangeli», esistente al tempo
del vescovo Pasqua. Tra le costruzioni coeve occupa un posto importantissimo
l'icnografia della basilica latina a tre navate, divisa da venti colonne greche
di marmo scanalate o lisce, sormontati da capitelli di vario stile e da archi falcati
in tufo; la presenza del transetto sporgente triabsidato e della cupola; la
cripta suddivisa da 24 colonne di granito, provenienti, come quelle delle
navate, dai templi della vicina Locri, sono elementi efficaci a dimostrare
l'ardita e vasta concezione architettonica dell'opera, ideata e portata a termine da esperti architetti.
L'insigne
archeologo Paolo Orsi, al quale tanto deve la nostra terra per le sue
importanti scoperte archeologiche, la definì «la più importante e grandiosa
costruzione della Calabria, il più sontuoso monumento della regione».
Nei recenti
restauri e scavi nella
cripta (1955), si è rinvenuta, tra l'altro, una primitiva sacra mensa e si è riscontrato che la
costruzione dell'XI sec. è sorta con un preesistente complesso edilizio dei
secoli VII e VIII.
Nei pressi della
Basilica-Cattedrale sorge, più in alto, il castello (m. 480), costruito sulla viva
roccia, tagliato particolarmente tutt'intorno per renderlo inaccessibile da
tutti i lati. Un profondo fossato verso il lato est lo divideva dalla città alla
quale era unito solo attraverso il ponte levatoio. Dalla sommità del castello, l'occhio
spazia sul mare da capo Bruzzano a punta Stilo, dalle ampie vallate circostanti
ai pianori della Milea, alle giogaie dell'Aspromonte.
In questo
castello, ormai in gran parte distrutto, sotto la dominazione normanna, nella sala
di Mileto, pare sia avvenuta la pacificazione tra il conte Ruggero e suo
fratello Roberto.
Altri
tesori d'arte contiene la vetusta città: la chiesa di San Francesco, in
completo abbandono e quasi distrutta, in stile romanico - gotico, del 1252 dal
bel portale ogivale a costoloni, con decorazioni di carattere arabo-normanno, e
la piccola chiesa di S. Giovannello, dalle caratteristiche forme (abside
semicircolare).
Gerace
ebbe, nel passato, grande importanza politica, militare e religiosa, e durante la
dominazione borbonica fu capoluogo del distretto e sede di tutti gli uffici.
Nel 1847 ebbe luogo nel suo distretto l’insurrezione liberale, coordinata con i
moti di Reggio e Messina; ma, fallito il moto, dopo sommario processo,
nella sottostante piana della città, il 2 ottobre 1847, vennero fucilati: Michele
Bello, Pietro Mazzoni, Domenico Salvatori, Gaetano Ruffo e Rocco Verduci, antesignani
del Risorgimento della patria.
Ai piedi
della rocca geracese appare, adagiata come in un sonno di secoli, la pianura,
verdeggiante di ulivi e di pampini di vite, e le colline della Mannella, Abbadessa,
Janchini e Patarriti, sulle quali sono vivi e parlanti gli avanzi di una città
dalle tradizioni gloriose e millenarie, che dette al mondo occidentale il primo
codice di leggi scritte: Locri.
Da Locri si
scorge il caratteristico castello di Roccella con torre di vedetta, armato con
artiglierie e caposaldo di resistenza nell'ultima guerra mondiale; sia la
torre, però, che il castello sono in pessime condizioni di staticità e quasi distrutti.
Il castello subì vari assedi da parte dei Saraceni, il cui capo, Dragut, invano
lo assali, rinunziando all'impresa quando ebbe colpite diverse navi dalle
colubrine del castello.
Chiude
l'ampio golfo l'estremità di Punta Stilo (il Concyntum promontorium degli antichi),
sotto il cui faro sono visibili i resti di tempio dorico.
In alto,
alle spalle del Faro, sulla vasta e brulla montagna del Consolino, sorge
abbarbicata alla roccia la storica cittadina di Stilo, della quale l’insigne
archeologo Paolo Orsi scrisse: «Stilo, annidata sulle rocciose pendici del
monte Consolino, sbarrando la pittoresca e storica vallata sottostante, che poi
si serra e sale erta e rapida alla regione centrale e appenninica, selvaggia e
ricca di selve secolari, Stilo così piena di ricordi bizantini e normanni e
patria del fiero e turbolento monaco Tommaso Campanella, che nel secolo XVII
con le sue ardite teorie politiche e sociali mise a soqquadro il Mezzogiorno, è
tutta dominata da questa piccola gemma dell'arte bizantina - la Cattolica -
incastonata su un brevissimo risalto dell'Aspromonte. Ed è oggi entro la
piccola città l'unico e prezioso avanzo superstite della bizantinìtà, che altri
e certo pregevoli monumenti sono tutti scomparsi, travolti dalle tristi vicende,
che per quasi un millennio attraversò Stilo, ultimo il sacco e l'incendio
perpetrato dai Francesi nel 1804».
La Cattolica, bellissima piccola chiesa bizantina dalle
linee caratteristiche orientali, vero gioiello d'arte pervenuto fino a noi
quasi intatto, riproduce un tipo di chiese spesso ripetute in Georgia, in
Armenia e nel Peloponneso. Costruita sopra un limitato ed angusto ripiano del
monte, domina la città di Stilo; è una costruzione quadrata sormontata da
cinque basse cupole con tre absidette volte ad oriente. L'interno, di appena sei
metri di lato, è diviso da quattro colonne in tre piccole navate o nove
quadrati uguali: le colonne, due di cipollino, una di granito ed una di marmo bianco,
provengono da templi antichi e sono dotate di capitelli diversi.
Importantissima la prima colonna a destra, sulla quale è scolpita una greca iscrizione,
che tradotta, dice: «Dio è il Signore apparso a noi».Paolo Orsi, che vivamente
si interessò per i restauri, efficacemente coadiuvato dai mezzi finanziari concessi
dalla sensibilità della Regina Margherita, la definisce «...insigne monumento bizantino,
il più bello, il più completo della Calabria; malgrado la sua piccola mole,
anzi appunto per essa in particolare, desta l'ammirazione degli studiosi».
La plaga descritta, che è tutta la costa jonica della
provincia, è una delle contrade più depresse della regione calabrese, malgrado
che nell'antichità sia stata fiorente, piena di vita e di intensa civiltà.
Deleteria
azione degli agenti atmosferici e tellurici, incuria di uomini, hanno
trasformato gran parte di questa terra in brulle colline argillose e in aridi terreni.
Solo nella fascia costiera, dove la tenacia dell'uomo ha conteso palmo a palmo l'humus
all'avverso destino, la terra è coltivata ad ulivi ed agrumi.
Con
l'avversità degli elementi e la incomprensione dell'uomo fanno stridente
contrasto le bellezze naturali della regione: i panorami paradisiaci, il cielo
di cobalto, i purpurei tramonti, la tradizionale ospitale cortesia del
calabrese, il profumo della zagara che si sposa a quello del gelsomino, la mitezza
del clima, rendono la nostra terra un giardino sempre fiorito.
U. Sorace Marasca
Gazzetta
del sud 17 gennaio 1956
martedì 4 gennaio 2022
Una raffica di piombo [di Paolo Heusch - 1965]
PLATI’ - In contrada «ALATI» la
neve ha raggiunto gli 80 centimetri di neve
GAZZETTA
DEL SUD 12 gennaio 1956