lunedì 27 settembre 2021
La vita risorge - Natile, gli Oliva & Platì
(1) https://iloveplati.blogspot.com/2019/02/la-piu-bella-del-reame-di-cesare.html
sabato 25 settembre 2021
La vita risorge [di Victor Vicas - 1955]
La nascita di Natile Nuovo
Una storia del Prof. Pino Pipicella (*)
''E' una civiltà che scompare, e su di
essa non c'è dapiangere ma bisogna trarre da chi ci è
natoil maggior numero di memorie '' C. Alvaro
L' alluvione del 18 ottobre 1951 provocò nella vallata della fiumara Careri, tra Natile e Platì, circa 30 morti. L'eco della tragedia richiamò l'attenzione del governo Nazionale, guidato da Alcide De Gasperi.
Quando si diffuse la notizia che il Presidente del Consiglio dei Ministri si sarebbe recato a Platì, nella minuscola comunità natilese, sconvolta dal lutto generale provocato da 10 morti, si formò un comitato spontaneo con l'obiettivo di far conoscere al governo anche la situazione in cui si trovava l'abitato di Natile, sovrastato da una frana.
Il giorno programmato per la visita di De Gasperi a Platì, di buon mattino, un drappello di persone, formato prevalentemente da donne e bambini delle scuole elementari, guidato dal cav. Giovanni Napoli ed accompagnato dal segretario della sezione degli ex combattenti, raggiunse la SS 112 proveniente da Careri.
In attesa del transito del corteo presidenziale, i convenuti si disposero ai bordi della strada con in testa i bambini, (di cui facevo parte anch' io); lo spazio occupato era quello compreso tra la casa cantoniera e la fontana Angelica.
Il corteo era preceduto da motociclisti che si attivarono ad avvertirci di non ostacolare il transito, ma appena arrivata l'autovettura del Presidente, il portabandiera, agitando il tricolore, si accostò alla vettura che si fermò per far scendere l'illustre Statista
Una mamma, ''Brandina'', prese la parola:” L’alluvione ci portò via tutto. I dieci morti hanno provocato un lutto profondo in tutti noi. La frana che sovrasta l'abitato ci schiaccerà come sorci nella tana, dimenticati da Dio e dagli uomini.”
Questi concetti espressi con lessico approssimativo, ma con fervore appassionato e con le guance solcate dalle lacrime, colpirono profondamente il Presidente. Questi, con gesto confortevole, si rivolse prima alla donna che era intervenuta e poi a tutti i presenti con queste parole: “Da oggi non sarete più soli. Mi ricorderò di voi e il governo si farà carico dei vostri problemi.”
Le forze dell'ordine trassero un sospiro di sollievo e il corteo proseguì per Platì.
Il Presidente effettivamente non si dimenticò di Natile e dei suoi problemi.
In tempi brevi giunsero funzionari ministeriali che, assieme a quelli provinciali, effettuarono i sopralluoghi che si conclusero con il giudizio di totale trasferimento dell'abitato.
Superata questa fase, con l'emissione del relativo decreto ministeriale, ancora vigente, bisognava indicare l'area dove far sorgere il nuovo abitato.
A tal proposito c'era chi proponeva una zona vicinissima al vecchio abitato e chi preferiva una zona più ampia al di là della fiumara. Tale divisione perdurò per molti anni, tanto che quelli che si trasferivano nel nuovo centro abitato venivano definiti ''Cantuneroti'' da chi avrebbe preferito restare a Natile Vecchio.
La prima proposta era sostenuta dai cosiddetti 'Gnuri', la seconda era caldeggiata dal Cav. Napoli. Passò la seconda, anche per l'astuzia del Cav. Napoli, che presentò come Parroco di Natile il sacerdote don Antonio Sculli, allora docente presso il Seminario di Gerace, favorevole al trasferimento del paese e non don Filippo Ietto, che apparteneva alla famiglia 'Gnuri' invece contrario.
Quindi l'area indicata fu contrada Angelica nel comune di Careri lungo la SS122, esattamente dove c' era stato l'incontro con il Presidente. Proprietaria dell'aria da urbanizzare era la famiglia Zappia-Principato di Platì che possedeva una chiesetta patronale a cui era molto legata donna Chiara Principato, prodigale benefattrice. Forse non a caso la titolare della parrocchia di Natile Nuovo è S. Chiara Vergine.
I lavori per la preparazione del piano regolatore richiesero l'utilizzo della manodopera locale, pastori e i contadini diventarono manovali e muratori
La seconda fase si sviluppò con la realizzazione della chiesa, della sede municipale e degli alloggi di pronto soccorso.
Ma per procedere all' assegnazione degli stessi si presentò in tutta evidenza il problema della burocrazia e della legalità.
Anche in questo caso essenziale fu il contributo del Cav. Napoli, il quale, essendo impiegato comunale e conoscendo la situazione di ogni cittadino di Natile, riuscì a far coincidere situazioni di fatto e di diritto.
Ultimati gli alloggi popolari si passò all' assegnazione, per sorteggio, del terreno sui cui costruire l'abitazione distrutta a Natile Vecchio con i fondi dello Stato.
Un discreto numero di cittadini ottenne l'assegnazione ma non ricevette mai il contributo statale per la ricostruzione: probabilmente a causa della generosità del reperimento degli aventi diritto.
Per qualche anno ancora le ditte che si erano aggiudicati gli appalti garantirono il lavoro per alcuni cittadini, mentre gli altri presero la via dell'emigrazione prima per Milano e Torino e successivamente per la Francia e la Germania.
Intanto a Natile Vecchio continuarono a vivere non solo le famiglie che non avevano ottenuto il contributo, ma anche coloro che cedettero l'abitazione realizzata a Natile Nuovo ai propri figli appena sposati. I terreni agricoli che appartenevano all' 80 % al latifondista Galatti, fin da quando Natile e Platì costituivano un unico Comune, furono frazionati e acquistati dai natilesi che cercarono ulteriori spazi estendendosi oltre il comune di Careri, Benestare ed Ardore.
Alla luce di questa situazione l'Amministrazione Comunale di Careri ''1997-2001'' , approssimandosi il cinquantesimo anniversario del tragico evento alluvionale, decise di ricordare il sacrificio dei dieci morti dedicando un monumento ai caduti dell' alluvione .
Nello stesso tempo conferiva al prof Antonino Ietto, ordinario di geologia presso l'Università della Calabria, l'incarico di ''studio geologico e tematiche affini per quanto occorrente ad una redazione di PRG, con particolare interesse alla verifica di una conferma o meno al trasferimento del nucleo urbano di Natile Vecchio'' .
Tale studio geologico è stato consegnato al comune di Careri in data 10/11/2002.
Da questa data si sono susseguite tre Amministrazioni comunali e due Commissariamenti a seguito dello scioglimento per mafia.
Ma nessuno ha dato seguito alle sagge indicazioni dell'illustre geologo in merito alle emergenze relative ai tre centri abitati del Comune.
Tanto meno è stato tenuto in considerazione il parere favorevole ad un decreto di consolidamento del prof. Ietto in sostituzione del decreto del 1951 che aveva determinato il totale trasferimento per l'abitato di Natile Vecchio.
Edizione a cura di Rosalba Perri
(*) https://iloveplati.blogspot.com/2021/09/la-vita-risorge-natile-gli-oliva-plati.html
domenica 19 settembre 2021
La più bella serata della mia vita [di Ettore Scola - 1972]
voglio
ritornare Voglio ritornaredove il fuoco,splende vampe
d'orofiammeggianti
sugli alari.Voglio ritornaredove siedela mia famiglia,muta nelle lunghe
sere d'inverno,dove la mia
infanziarivive.
Per
un foglio
di carta
Ho tardato nella biblioteca a studiare
per un esame che ora ho
rimandato;
ho asceso e disceso lunghe
rampe di scale
per affaticarmi il corpo e
la mente.
Sotto la pioggia riparato
dal mio
ombrello bucato, ho
camminato
e sostato in attesa
dell'autobus
che non passava mai.
E come uccello bagnato che
vola al suo nido,
son tornato al mio rifugio.
La fame e il sonno,
che mi punzecchiavano
durante le ore di studio,
si sono inimicate quando
riparato,
fra le mura della mia casa,
come
un mendicante tendevo le
mani al fuoco
per asciugare la mia
casacca
e riscaldare le mie ossa.
Serata bella, stupenda,
incantevole,
e come quella tante ancora
ne passerò
per consumare i risparmi di
mio padre,
per un foglio di carta
che dicono si chiami «laurea››.
La foto è rubata dalle pagine FB di Mimmo, mentre le poesie erano nell'archivio di Ernesto Gliozzi il giovane
venerdì 17 settembre 2021
I sogni nel cassetto [di Renato Castellani - 1957]
Valerio Giacoia
Nota
mercoledì 15 settembre 2021
La grande festa [di Edmund Goulding - 1934]
TRADIZIONI DI FEDEFesteggiamenti a Platìin onore di San RoccoHanno tenuto palco i due complessi bandistici “Città di
Pizzo”, e “Città di Antonimina” Platì, 18 settembre
(M. F.)
Hanno avuto luogo nei giorni 15 e 16 settembre, i festeggiamenti che ogni anno
ricorrono nel nostro centro in onore di San Rocco. Si è rinnovata la
tradizionale processione dei penitenti, che vanno scalzi e coperti di spine per
le strade del paese, con in mano enormi mazzi di candele che lasciano sul
selciato una lunga teoria di goccioline di cera.
Ha suonato
sulla piazza Gramsci il complesso vocale strumentale «Città di Pizzo». Ma
l'aspetto più interessante della festa è stato però costituito dal famoso
personaggio tradizionale del «Capitamburo»; esso è stato quest'anno interpretato
dal «Complesso Città di Antonimina» diretto dal maestro Raco. Un particolare
elogio tra i componenti il complesso, spetta al piccolo Antonino Raco, ragazzo
prodigio di appena quattro anni, che suonava in maniera stupefacente.
MICHELE FERA
GAZZETTA DEL
SUD, 19 settembre 1956
Ancora una
volta dobbiamo all'avvocato Michele Fera le tradizioni perdute e con esse i ricordi: dove
sono Piazza Gramsci, i penitenti, i «Capitamburo»; la “lunga teoria di
goccioline di cera”?- “Tutti, tutti
dormono sulla collina” direbbe Edgar Lee Masters.
Il Santo dei Santi era apparso qui:
https://iloveplati.blogspot.com/2020/11/la-statua-errante-di-fritz-lang-1920.html
https://iloveplati.blogspot.com/2019/09/una-preghiera-prima-dellalba-di-jean.html
https://iloveplati.blogspot.com/2019/09/il-santo-dei-santi-di-amerigo-anton-1963.html
https://iloveplati.blogspot.com/2021/09/la-grande-festa-di-edmund-goulding-1934.html
https://iloveplati.blogspot.com/2015/03/il-cavaliere-della-carita-reg-flavio.html
sabato 11 settembre 2021
Faccia a faccia [di Sergio Sollima - 1967]
IL PASSERO
A
Vocale era andato a cercarlo e poi al passo della Cerasara, nelle foreste della
Ruffa e tra le pareti incassate del Duverso. Finalmente l'aveva preso.
Con i
ceppi ai polsi lo portava verso il paese mentre la nebbia salendo dal Buonamico
rendeva Pietra Longa come un punto esclamativo in un mare di nuvole.
Il
Passero era un temibile ladro. Intere mandrie di pecore e capre sparivano tra
le grotte di Calivia ed i fianchi di Pietra Cappa. Il versante orientale
dell'Aspromonte era una groviera. Non si trovava traccia. Da solo teneva a bada
branchi di cani selvaggi. Era imprendibile. I pastori lo scambiavano per il
lupo Cola e gli lanciavane tizzoni ardenti quando si avvicinava agli stazzi. Con
i ceppi ai polsi sperava ancora di farla franca. Verso i piani di Carrà, il
sentiero diventava stretto, tortuoso e tra gli arbusti di erica arborea
s'intravedevano le donne sul greto bianco del torrente a raccogliere legna.
Sembravano
tante formiche. Ad un certo punto il Passero disse: «Brigadiè, io soffro di vertigine.
Ho paura del vuoto. Fatemi passare dall'altra parte». Fu subito accontentato.
Ad un certo punto dove il pendio era più ripido, con un balzo felino diede uno
strattone al brigadiere. Ed avvinti finirono in fondo al burrone. Massaro Peppe
restò stordito e contuso. Il Passero prese il volo, convinto che il brigadiere fosse
morto.
E
giunto sul ciglio del burrone gli gridò; «ora si ca tu 'mbarri 'u pani du
guvernu! (Ora si che t'abbuffi del pane dello Stato)». Il Passero prese la via,
per Natile a cercare Beniamino lo zoppo nella vecchia forgia di novello
Vulcano. Liberò il Passero dai ceppi mettendolo in libertà provvisoria. A San
Luca arrivarono decine di carabinieri. Ed il medico Fera con l'arciprete Giorgi
si trasferì in caserma più per l'immancabile tressette che per le cure
dell'ammalato. Massaro Peppe, pesto ed ammaccato, trascorreva le giornate in
caserma a guardare lo sterminato greto della fiumara di Buonamico che spuntava
dietro la collina del Saracino. Mangiava poco. E la fidata Caterina quando sentiva
il banditore che annunziava la vendita di carne a basso macello perché una
vacca era caduta in un burrone, si precipitava dal Puglisi. I cani randagi
stavano acciambellati davanti alla porta balzando ogni volta che qualche lembo
di carne si liberava dai fili di ginestra dove era legato. Non c'era carta da
avvolgere. Molti pastori con la scusa di parlare di armenti si attardavano
nella macelleria del Puglisi per avere notizie del Massaro Peppe. Ed il
macellaio in un dialetto forestiero si abbandonava ad espressioni
tranquillizzanti. «Non mangia nenti. 'Ncuna nticchia i ficatu. E malanova mavi.
Chimmu moriva! (Non mangia niente. Un pò di fegato. Che avesse maledizione.
Dovrebbe morire)». Era la fibbia o l’imbasciata per i latitanti che potevano
rientrare in paese per un pò di riposo.
Massaro
Peppe sapeva tutto e dal terrazzo mandava in aria ampie volute di fumo
dall'immancabile pipa. Erano segnali di guerra.
La
sera di Natale il Passero forte delle notizie avute dal Puglisi era alle prese
con una montagna di maccheroni avvolti da ricotta salata. Dal vico della Pivula
si udì il suono di una zampogna. Quando lo zampognaro fu davanti all'uscio del Passero
modulò le prime note della novena di Natale. L'uscio si apri ed il boccale di
vino apparve la Colt.
«Cicco,
andiamo» - disse Massaro Peppe.
«Aspettate
che finisca i maccheroni», fu la risposta.
Il
Passero fu accontentato!
Testo e foto di Antonio
Delfino
lunedì 6 settembre 2021
Pellegrini d'amore [di Andrea Forzano - 1951]
Affluenza
di platiesi al
Santuario di Polsi
Platì,
2 settembre(M.
F.) — Si è verificata in questi giorni la solita grande affluenza di devoti
platiesi al Santuario della Madonna di Polsi.A
differenza dalle abitudini di altri centri vicini al nostro, le comitive che si
recano al santuario partono a piedi si trattengono in preghiera per almeno una
settimana.MICHELE FERA
ANTICHE TRADIZIONI DI FEDE
IL PELLEGRINAGGIO
al Santuario di Polsi
Chi non conosce
il sito noi può comprendere la poesia che da queste balze trae vita, voci,
canti
Polsi, 2 settembreAnche quest'anno, una infinità di fedeli, si è spinta fra le forre
d'Aspromonte, per rinnovare il tributo d'amore filiale alla Vergine, per
deporre ai suoi piedi di Madre, le umane miserie ed averne in compenso, un
particolare conforto.Lunghe teorie di uomini,
donne, fanciulli, s'inerpicano difatti, da giorni, per le balze malfide, lungo
aerei viottoli che sconfinano in sottostanti burroni paurosi; fra pendii che
sanno di fuoco, di balsami e dei sospiri
degli umili. Ma la fatica non conta,
quando si ha da sciogliere un voto, invocare una ennesima grazia, per sé, pel
congiunto lontano, per l'amico morente. In ogni angolo, qui, e per miglia e
miglia all'intorno, insieme con le preghiere più calde, perché commiste di
pianto, vi aleggia la leggenda, dolce, cara leggenda, che si perpetua nei
secoli e che ha sentore di mistero:«Conti
Ruggeru, cacciandu iva, — cacciandu
dassau gran nominata. — E
mentri appuntu la caccia faciva, sintiù di lu divreru la chiamata. — Subitu curriu a vidiri ch'aviva: — vitti la santa Cruci scupirchiata, —
nc'era lu toru chi la riviriva, —
cu li dinocchia l'aviva schiavata».«II conte
Ruggero (dei Normanni), andava cacciando e nel cacciare, lasciò gran rinomanza,
e mentre appunto batteva la caccia, avvertiva il latrare del cane. Subito
accorso a veder cosa vi fosse, vedeva la santa Croce dissotterrata e il
torello, che l'aveva con lo aiuto delle ginocchia, portato alla luce, in
preghiera».Questa leggenda,
che sa tomistico e di misterioso insieme, corre più o meno falsata, più o meno
abbellita, per le bocche dei
vegliardi, di questa ferace Calabria, di questa buona gente dei monti, che
veste ancora d'orbace, come qualcosa che interessi più direttamente questo
popolo, la sua sentita religiosità, lo attaccamento alla miracolosa Madonna
della Montagna, come meglio preferiscono chiamarla.E' questa, la festa che
registra una maggiore affluenza di pellegrini, e che più di ogni altra,
presenta delle attrattive difficilmente raggiungibili. Ma più ancora è un mistico appuntamento dei pastori, dei cosiddetti massari,
di tutta la gente più vicina alla Vergine.Alla vista di tanti
pastori, portanti i più una candida agnella, e dei pifferai in ciocie,
modulanti agresti note all'ombra di secolari elci; delle madri, delle spose in
preghiera, ci sembra di rivivere visioni d'altre epoche, ore di accentuato
misticismo. La Montagna. Si, la Vergine che il popolo tutto proclama a gran voce
regina e che ad Essa confida i riposti segreti del cuore. La Madonnina, sul cui
altare i montanari formulano, sovente nel grigiore di una serata invernale, una
promessa e dove si realizzano molto spesso i sogni più belli d'un amore talora
contrastato, fra la rustica gente.E' il crepuscolo.
Nell'aria algente e fortemente ossigenata è un acuto odore di resine. Intorno,
e giù da noi, all'ombra di annosi timi è tutta una tendopoli, un esercito di
gente, d'ogni età e condizione e dai dialetti più vari ed impensati. Poco
discoste da queste intere mandrie di pecore, guidate da una centuria di cani, ed
infine i pastori, sorridenti, pacifici, quasi antichi patriarchi.Chi non conosce questi
siti, non può pienamente avvertirne il fascino che da essi
si sprigiona, né comprendere sia pure «grosso modo» la poesia che
da queste balze trae vita, voci, canti.V.
VERDUCIGAZZETTA DEL SUD 3 settembre 1956
mercoledì 1 settembre 2021
Anime in tumulto [di Giulio Del Torre - 1941]
Stato
dell’Anime
di questa Motta PlatìDiocesi di Gerace di quest’anno 1753Redatto da Don Tolentino Oliva*
Francesco
Taliano d’an 36
Carmela
Virgara moglie an 36
Antonio
figlio d’an. 3
Elisabetta
figlia an 6
Bernardo
Agresta d’an 40
Caterina
Catanzariti moglie d’an 44
Domenico
figlio an 18
Giuseppe
figlio d’an 12
Candido
figlio d’an 6
Antonia
figlia d’an 10
Antonio
Barbaro di Francesco d’an 41
Anna
Trimboli an 33
Francesco
Carbone di Antonio d’an 40
Antonia
Nacrì moglie d’an 31
Antonio
figlio d’an 12
Paolo
figlio d’an 2
Mastro
Giovanni Fera d’an 60
Antonia
Romeo moglie d’an 45
Andrea
figlio d’an 20 pasquale figlio d’an 16
Domenico
figlio d’an 13
Giuseppe
figlio d’an 11
Maria
figlia d’an 23
Nicola
Barbaro d’an 90
Saverio
Zappia d’an 53
Antonia
Cusenza moglie d’an 40
Giuseppe
figlio d’an 6
martedì 24 agosto 2021
La piscina [di Jacques Deray - 1969]
Platì, 26 luglio
(M. F.) — II forte caldo di questi giorni ha determinato nel nostro centro, un insolito fortissimo afflusso di cittadini verso il piccolo bacino idroelettrico del Ciancio, e altri luoghi del fiume dove l'acqua forma delle profonde polle adattissime per il bagno e per il nuoto.
I bagni fluviali non sono nuovi nella storia del nostro centro: già moltissimi anni addietro c'era l'usanza di fare i bagni nei profondi gorghi del fiume Ciancio e del fiume Sanello.
sabato 21 agosto 2021
Diritto di cronaca [di Sidney Pollack - 1981]
(M. F.) Mentre si eseguivano alcuni scavi In contrada «Stabilimento» di Platì, sono venuti a un tratto alla luce numerose pipe grezze di radica. Non si tratta però, come penserà qualche lettore, di una scoperta archeologica del tipo di quella delle «gragne» rinvenute ad es. a Locri.
Le pipe rinvenute si trovavano evidentemente in una fabbrica di pipe sbozzate, che si trovava in contrada Stabilimento, e che scomparve nella notte dell'alluvione del 1951. Le pipe erano in perfetto stato di conservazione.
GAZZETTA DEL SUD 4 agosto 1956
Platì, 20 agosto
torretta di cemento armato che sarà posta sull'altissimo massiccio di granito che domina l'abitato di Platì, a Nord. Il trasferimento tornerà a tutto vantaggio della visibilità e audìbilità a grandissime distanze dell'orologio e della sirena su mensionati.
Quali siano state le cause del provvedimento non sapremmo dirlo con precisione ma è certo che sull'alta torretta di cemento l'orologio assolverà la sua funzione molto meglio che su quella specie di campanile-nano di cui è purtroppo dotato il nostro Duomo.
GAZZETTA DEL SUD 21 AGOSTO 1956
Platì, 20 agosto
(M. F.) - A causa del fortissimo caldo della stagione, si era verificato in molte abitazioni del nostro centro il quasi totale disseccamene delie fontane, male alimentate dall'acquedotto comunale.
Con un opportuno provvedimento il Sindaco Zappia ha fatto limitare in tutte le abitazioni il flusso dell'acqua, fino all'indispensabile, in modo che in tutte le abitazioni cittadine scorre adesso l'identico quantitativo di acqua corrente, regolarmente alimentato dall'acquedotto che ha visto nuovamente
pieni i suoi serbatoi.
GAZZETTA DEL SUD 21 AGOSTO 1956
Le cronache sono di MICHELE FERA
- Della contrada «Stabilimento» si sono perse le tracce, forse sorgeva a monte della fiumara d’Acone.