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giovedì 26 novembre 2020

Il ponte dei sospiri [di Mario Bonnard -1940]



SEMBRA CHE IL PROBLEMA SIA ALL' ESAME DELLE AUTORITÀ COMPETENTI 
Da cinque secoli i natilesi attendono 
la costruzione di un ponte sul Careri 
Immancabilmente, ad ogni piena, crolla in pia punti quella specie di passerella che 
snoda come una mostruosa anguilla, attraversando il fiume nel suo tratto più ampio 

Platì, 23 gennaio
Scendiamo con miracoli di equilibrismo per una stradetta selciata costruita per il transito dei natilesi, dopo l'alluvione del 1953.
I grossi ciottoli sono resi viscidi dalla fanghiglia appiccicosa depositata dai piedi dei passanti sulle loro ruvide superfici.
Solo le donne di Natile possono camminare agevolmente sulla massicciata: esse non  portano scarpe, e la pianta del loro piede può appoggiare dovunque con grande stabilità.
Ci accompagna il sindaco di Natile, signor Giugno, che ci fa sostare un momento sulla sommità di una immensa duna di fango per indicarci dallo alto la lunghissima passarella di legno costruita a varie riprese sul torrente Careri dopo l'alluvione del 1951 e a varie riprese distrutta dal torrente stesso.
Già vedendola da lontano, la passarella ci si prospetta in tutta la sua inutilità pratica e in tutta la sua incongruenza: si snoda come una mostruosa anguilla attraversando il Careri nel suo tratto più  ampio. L'acqua torbida del torrente, anziché essere raccolta sotto l'unica luce, scorre placidamente in cinque o sei letti, senza nessuna forza di erosione. E il materiale ghiaioso e sassoso che essa trascina dai fianchi dell'Aspromonte, si ammucchia a poco a poco in un enorme strato lungo tutto il letto del torrente.
Immancabilmente ogni piena del Careri capovolge in uno o più punti quella specie di preistorico ponte, interrompendo il traffico per mesi e mesi.
Procediamo con sforzo verso il Careri, liberandoci con sforzo dall'argilla che ad ogni passo attanaglia i nostri piedi.
Il sindaco Giugno ci espone tutta la storia della passarella: costruita per la prima volta dopo l'alluvione del '51 fu distrutta e ricostruita più volte, impiegando in tale lavoro una spesa che avrebbe potuto coprire le spese per la costruzione del ponte di Brooklin. Ma di un ponte vero, non se n'è ancora mai parlato. Si continuano a buttare via i soldi nella costruzione di questo sgorbio di legno e filo di ferro, che a mala pena regge in piedi.
- «Occorre il ponte» - dicono tutti. Ma per ora il ponte è solo un immenso fantasma a forma di punto interrogativo, che nessun medium è riuscito a concretizzare.
Subito l’alluvione del 1951 fu presentato al Genio Civile di Reggio Calabria un progetto, a cura della popolazione interessata di Natile: non si sa che fine esso abbia fatto.
Comunque, recentemente la questione è stata di nuovo agitata e presa finalmente in esame dalle autorità competenti. Un tecnico è stato inviato ad assumere accertamenti in merito alla redazione di un progetto ex novo per un ponte di cemento.
Ma il bello potrebbe venire adesso, se la cosa avrà un seguito; perché se non si terrà un rigoroso conto della natura dei luoghi, la montagna che s'è finalmente decisa a partorire, partorirà un topolino. La domanda a cui bisogna per ora rispondere con la massima precisione possibile, è questa: — «Dove dovrà sorgere il ponte, per poter salvare il più possibile di agricoltura, e poter garantire la più lunga durata dell'opera?» Procedendo ex contrario dalla valutatone del maggiore inconveniente della attuale passarella, affermiamo anzitutto, senza timore di sbagliare, che il ponte deve essere costruito non più nel punto dove il fiume si allarga a dismisura e la corrente si smorza del tutto; bensì duecento metri più o monte, in località «Patara», vale a dire nel punto più stretto del Careri.
Questo per due ragioni: anzitutto così facendo si raccoglierebbero sotto il medesimo ponte anche le acque del torrente Acone, per il quale, se si agisse diversamente dovrebbe costruirsi un apposto ponte più a valle. Inoltre la corrente delle acque che verrebbero ad essere raccolte nel minimo spazio possibile, provvederebbe automaticamente a liberare le luci del ponte da qualsiasi ingombra di natura alluvionale.
Noi non siamo dei tecnici; ma abbiamo con noi il parere di illustri tecnici locali e inoltre cinque secoli di esperienza tramandataci dai nostri padri. Ecco perché sentiamo il dovere di segnalare ai tecnici che si occuperanno del progetto la opportunità di far sorgere il ponte in località «Patara» anziché in altri luoghi.
Se la secolare aspirazione dei cittadini natilesi, vale a dire dei «paria» della Nazione, riuscirà ad avere attuazione, sia almeno attuata nel migliore possibile dei modi.
MICHELE FERA 
GAZZETTA DEL DUD 24 gennaio 1957

mercoledì 25 novembre 2020

Assalto al treno [di Edwin S. Porter -1903]



UNA VECCHIA VAPORIERA SBUFFANTE
Il trenino degli studenti
Porta ogni mattina a Locri un carico di spensieratezza

   Bruzzano Zeff., 23 genn.
Una vecchia macchina a carbone, un carro postale, qualche vettura di prima classe e tre di seconda formano il trenino che ogni mattina raccoglie, nelle varie e linde stazioncine disseminate lungo il tratto della costa Ionica che da Bova conduce a Locri, una pleiade di studenti rumorosi ed irrequieti, spensierati.
Lo chiamano, appunto, il trenino degli studenti e sbuffa peggio di Ercole al tempo delle sette fatiche: va molto piano e, in ogni traballante ponticello di questa povera e dimenticata Calabria che attende le alluvioni per ottenere qualche aiuto ed il ricordo delle autorità centrali, rallenta e sembra stenti a riprendere la corsa, fa tanta pena.
Gli vogliamo tutti bene, però, malgrado affumichi tutto e sporchi le mani, il volto ed il vestito nuovo; e quindi con un fischio assordante rallenta e si ferma, dai marciapiedi delle stazioni viene letteralmente preso d'assalto da una marea di studenti e studentesse carichi di libri, che sembra un vero abbordaggio degno della migliore descrizione Salgariana.
I più svelti occupano il posto per gli amici o per la ragazza che dovrà salire alla prossima fermata, ed il passeggero ignoto, che viaggia per affari, dovrà accontentarsi di trovare un posticino in piedi nella morsa crudele degli affollati corridoi e muovere la testa quando uno studente irrequieto gli sale sulle scarpe.
Improvvisamente i freddi scompartimenti di seconda classe, popolati all'inverosimile, si trasformano in salottini borghesi dove tutto è permesso ed alle disquisizioni filosofiche, tenute con mille arie dai maturandi, seguono i motti di spirito e le battute umoristiche nei confronti del solito incompreso che si isola a guardare i bianchi paeselli appollaiati dove più alti sono i monti e il tormento del mare quando con violenza si scaglia sulle bianche scogliere ed i faraglioni di Capo Bruzzano.
Gli angoli delle vetture sono il posto preferito dagli eterni sgobboni che danno l'ultima ripassatina alle lezioni prima di giungere alla meta.
Naturalmente non mancano i matti, che quelli sono giunti per primi sul mondo e sono la delizia e la croce dell'intera comunanza; individui capaci di qualunque battuta e di qualunque geniale trovata, poiché giornalmente parecchie sono le colazioni che mancano all'appello, e s'ingrandisce sempre più la schiera di coloro che occupano tutto il tempo del viaggio a lamentarsi della cattiveria e dell'ingordigia umana.
Gli occhi fissi alla dorata marina, l'innamorato di turno, bruciato da una cotta tremenda che gli ha reso gli occhi simili a quelle delle triglie quando sono in amore, sogna ad occhi aperti il volto dell'amata che al ritorno gli sorriderà da una galeotta persiana.
Signorine di ogni età e di ogni ceto sociale, semplici o eleganti, belle o brutte, sono tutte uguali sul vecchio trenino: studentesse spensierate che cercano alla loro giovinezza un palpito d'amore e di vita, un bagaglio di sogni ed illusioni che tenga loro compagnia nelle monotone ore delle lezioni di Storia d'Arte, che allieti le terribili giornate in cui il professore di lettere si è svegliato con la luna e sgrana sul registro ti suo lento, inesorabile rosario di punti cattivi.
Ed il tempo passa e si dilegua in un lento ed assonnato ciclo di vita, in eterno sciogliersi di ore tulle cose del mondo.
Un capello bianco ha ormai steso una grigia patina di tramonto sulla nostra giovinezza. Annamaria, Aurora, Pasquale, Gianni, Marcellina … Nomi scomparsi per sempre, già da tempo ingialliti ed intristiti dalle aride musiche delle vie dell'esistenza. Il trenino degli studenti, quello sul quale vivemmo i giorni più belli della nostra prima giovinezza, è sempre lo stesso come allora, vecchio e sbuffante, pronto ad accoglierci e riscaldarci come in una casa nostra e confortare con il suo ciuf-ciuf le nostre pene.
In quel trenino, quando viaggeremo, saremo il passeggero ignoto che i motti e gli scherzi degli spensierati studenti costringeranno a muovere lentamente la stesa e mugugnare strane parole.
BILL MODAFFERI
GAZZETTA DEL SUD, 24 GENNAIO 1957

Per l'immagine d'apertura sono andato sul sicuro ed al cantore dei treni per eccellenza. Mentre di Bill Modafferi le tracce si sono perse con lo sbuffo dell'ultimo treno a vapore sulla tratta Reggio - Catanzaro Lido.

lunedì 23 novembre 2020

Meglio un mercoledì da leone [di Preston Sturges -1947]




Caro zio Giuseppino
Ho spiegato allo zio Michele la ragione per cui non mi son presentato dal dr. Macrì.
Attualmente mi sento come un leone.
Vi abbraccio tutti, compresi i miei, e mando mille bacetti per Nelluccia.

Vostro
Peppe

A tutti coloro che sono attratti delle sole immagini dico che l'autore della foto in apertura è il cav. Rocco Brancatisano di Bovalino Mare e come già detto: abbiatene cura!

domenica 22 novembre 2020

Scuola elementare [di Alberto Lattuada -1955]


Scafa 29 ottobre 1999 Venerdì
Lettera per il grande maestro –
Io sono Lorenzo De Sanctis e sono uno dei figli di Marilena Ciccotelli, la bambina che è davanti a lei nella foto –
Io frequento la scuola di Scafa e faccio la III elementare, quando ho portato la foto relativa a quando mamma era piccola, ho scoperto che lei ha insegnato anche alla mia maestra Maria Pia Astrologo -
Mamma mi ha parlato di lei e dei suoi insegnamenti e mi ha raccontato che lei era molto bravo ma anche molto severo –
Gli alunni erano un po' intimoriti dalla sua figura ma le volevano bene –
Ancora oggi, dopo tanti anni, mia mamma la ricorda con affetto –
 
In quegli anni era solo un po’ più giovane ma le caratteristiche “salienti” già si evidenziavano.
Con stima
Astrologo Maria Pia

giovedì 19 novembre 2020

Mon oncle d'Amérique [di Alain Resnais -1980]




                                                          Platì  7 Maggio 1906

Mio carissimo Ernesto, 
Come rileverai dall’acclusa lettera con dispiacere ti annunzio la morte del nostro affettuoso zio Michele avvenuta il 19 dello scorso mese.
Per tutto ciò pregoti non disturbarti poiché ci dobbiamo uniformarci ai divini voleri.
All’acclusa lettera risponderai con una lettera di ringraziamento al Musolino e compaesani delle cure fatte in vita e degli onori dati in morte a quel compianto zio.
Farai di tutto s’è possibile ottenere il permesso per venire pel 19 corrente per celebrare i suoi funerali.
L’ubbidiente zio cessò di vivere in casa del suo cugino Portolese Francesco il quale prestò le più energiche cure, nella lettera ringrazia pure questi. Insieme alla moglie e fratello.
Da tante altre lettere venute dall’America parlano degli onori che hanno dato in morte dello zio il quale hanno speso pei funerali ed accompagnamento all’ultima dimora £. 392:00
La lettera del Musolino la farai quanto prima e nel modo che tu sai, porgerai quindi i saluti e ringraziamenti per tutti e da parte da noi tutti.
Non più per ora che dirti ti donano la S. B. papà e mammà io con Serafina un abbraccio dal
Tuo Affmo fratello 
Luigi


Il defunto zio Michele – nato a Platì il 25.02.1849 da Domenico e Gliozzi Elisabetta e deceduto in America nel 1906- lo abbiamo ricordato da poco*, in occasione di un altro lutto e per la precisione quello di Ernesto sen., destinatario, della lettera appena riportata, e quella volta a scrivere era Bettina figlia di Michele. Quando nel 1886 Bettina nacque il padre Michele non era ancora sposato, il lieto evento accadde due anni dopo, nel 1888, allorché contrasse sposalizio con Michela De Maio di Antonio e Vadalà Carmela, careroti.
Chi scrive è il nonno Luigi (Gliozi), all’epoca della missiva sopra riportata Ernesto era in attesa della consacrazione sacerdotale.
*https://iloveplati.blogspot.com/2020/11/un-dolore-improvviso-di-ubaldo-maria.html
A coloro che sono attratti delle sole immagini dico che la lastra in apertura, un negativo in stadio di colliquazione, ritrae un anonimo platiese degli inizi del 1900 e aggiungo: abbiatene cura!

martedì 17 novembre 2020

Dimentica il mio passato - pt. 4 - Da Bergamo con grinta


La scuola di Platì come unica agenzia di corretti modelli educativi
La dottoressa Caterina Autelitano, calabrese di Bova, dopo aver diretto uno dei circoli didattici di Bergamo, dal primo settembre 1991 guida la scuola elementare di Platì. Già dal prossimo anno sarà trasferita in altra sede, ma il suo ruolo in questa scuola è significativo e legittimato anche dalla fredda popolazione platiese nei riguardi di chi vi giunge per la prima volta.
Pure la dottoressa Autelitano crede che sia necessario rompere il circolo vizioso che chiude al proprio interno la società platiese: auspicando che le vie dell'acculturazione giovanile e della rottura dell'isolamento siano quelle adatte per una palingenesi dell'intero paesino, tuttavia rimane scettica che possa realmente essere superato l'impasse culturale atavico.
E molto pessimista per quando riguarda la possibilità di riscatto; pessimista per Platì, ma anche per l'intera provincia di Reggio. E una realtà nella quale e difficile che il riscatto si verifichi «perché questo si ha solo se si possiede una diversa cultura, una diversa formazione della persona, che è molto difficile cambiare».
«Noi abbiamo una cultura di un certo tipo - dice - la cultura del clientelismo, la cultura dell’imbroglio o del piccolo imbroglio. Cioè: quel che è dello Stato non è di tutti e non va difeso. Se possiamo imbrogliare lo Stato per avere dei soldi ci sentiamo in diritto di farlo, dobbiamo imbrogliare, tanto lo Stato cosa perde? Questo pensa il calabrese! Abbiamo questo tipo di mentalità: lo Stato non è di nessuno, allora lo Stato è di tutti. Non crediamo che se l'amministrazione pubblica funziona bene, funziona per tutti».
Per quel che riguarda Platì - aggiunge la dottoressa Autelitano - la situazione è ancora più difficile rispetto a quella che può essere in altre zone. Crede, però, che a Platì la scuola sia l'unica agenzia capace di offrire corretti modelli di comportamento: «Ritengo che in questa zona la scuola debba funzionare meglio che altrove, perché costituisce l'unica agenzia formativa che sia capace di offrire modelli positivi in alternativa alla realtà sociale esterna». Ritiene, altresì, che solo quattro ore di permanenza scolastica siano insufficienti. Ecco perché nel corso di quest'anno si è battuta per ottenere un servizio di refezione che potesse prolungare l'attività scolastica dei bambini.
Dopo la scuola, i ragazzi, in generale, passano la giornata sulla strada. Per fortuna non in tutte le famiglie vige lo stesso clima educativo, la stessa aria culturale. Anche qui ci sono famiglie che curano la cultura dei, figli, che riconoscono l'importanza della formazione dei bambini, che perciò li seguono di più. Tuttavia la maggior parte dei bambini vive sulla strada. Non hanno altri punti di riferimento, oltre alla scuola. Ci sono le suore, ma vale solo perle ragazze. Dei ragazzi nessuno se ne occupa. Ecco perché la scuola dovrebbe occuparsene di più. Oltre tutto esiste una differenza notevole fra la scuola elementare e la scuola media.
Mentre i bambini della scuola elementare frequentano con più regolarità - forse anche perché sono ancora in età tenera e in qualche modo i genitori li seguono di più, o forse la scuola elementare funziona meglio - i ragazzi della scuola media, al contrario, incominciano ad incrementare le fila dell'astensionismo scolastico. E cosi quelle poche famiglie più impegnate non iscrivono i loro figli presso la scuola media di Platì e li fanno studiare altrove, per lo più a Bovalino e ad Ardore.
In generale è così. Il ceto medio alto, per quello che di medio alto si possa dire in queste zone, porta i figli a frequentare le scuole medie in altre località.
Sulla esperienza acquisita al nord e sulle sue convinzioni relative alla necessita che, a causa delle affezioni patologiche della società locale, a Platì la scuola debba funzionare meglio che altrove, Caterina Autelitano indirizza la sua condotta professionale.
La Direttrice è convinta del ruolo positivo dell'acculturazione, ma a suo parere solo questa non e sufficiente: servono altre agenzie formative che facciano da contrappeso. Non si può pensare che si possa cambiare una realtà - non solo di Platì ma anche della intera regione - utilizzando i mezzi coercitivi, i controlli ed i posti di blocco, che più volte non risolvono nulla. Bisogna cambiare soprattutto la cultura ed il modo di pensare. Questa via è molto più difficile e richiede tempi piuttosto lunghi.
La situazione economico-sociale si muove all'interno di un circolo vizioso di clientelismo: chi ha necessità di soddisfare i propri bisogni è costretto a cercare la famosa raccomandazione; questa a sua volta crea la clientela e la mentalità della illegalità. E così la salvaguardia dei diritti e dei doveri in Calabria viene del tutto trascurata.
«A Platì - dice la dottoressa Autelitano - esiste solo una cultura della tolleranza dell'illecito; qui l'illecito spicciolo viene tollerato e addirittura difeso come se fosse un diritto: difeso non dalle cosche mafiose, ma proprio da una cultura diffusa e radicata. Non si  tratta soltanto di reati e di infrazioni censiti, ma di piccoli abusi, di piccole infrazioni, che vengono persino considerate lecite e che, in alcuni casi, vengono presentate come interventi indispensabili per la salvaguardia dei propri diritti».
Dell'illegalità e della criminalità a scuola non si ama molto parlare. l ragazzi non parlano mai di questo. Eppure in alcune classi sono inseriti più ragazzi provenienti da famiglie che hanno mostrato comportamenti devianti. Naturalmente questi temi vengono ignorati e se ne parla solo casualmente.
Tuttavia, quando se ne parla con i genitori, la cosa che stupisce tantissimo è che per loro non è un disonore: ne parlano come se fosse una cosa normale. «Mi e capitato - dice la dottoressa Autelitano - di parlare con una signora che ha il marito in carcere e che faceva riferimento ad un permesso per fare un colloquio. Disse devo andare al colloquio. lo pensavo che avesse dovuto incontrare gli insegnanti o i professori dei figli. Me lo disse con una estrema spontaneità, con tale disinvoltura che non capii. Mi spiegò, allora, che avrebbe dovuto far visita al marito in carcere. Mi ha colpito sul piano personale la sua disinvoltura, come se lei non avvertisse alcun disagio personale o morale nel parlare del marito in carcere. E questo atteggiamento l'ho anche verificato con altri genitori. Per loro, discutere di congiunti in carcere è come se non fosse un disonore. Forse vale la massima: mal comune mezzo gaudio. Ma forse significa anche avere rispetto; appellativo che da queste parti assume un importante significato. Mi ha stupito tanto e mi aspettavo che la donna se ne vergognasse. Mi aspettavo almeno che ne parlasse con prudenza, sottovoce, riservatezza e pudore. Invece ... ».
Cosi continua la dottoressa Autelita: «Contro una mentalità incline alla tolleranza dell'illecito e dell'illegale non può l'Autorità dello stato intervenire solo con i suoi poteri di coercizione. Occorre che intervenga su quelle strutture deputate alla formazione di mentalità e coscienze in grado di riconoscere il primato ed il valore delle regole convenute, della legge, della vita ordinata, fondate sulla giustizia e sulla solidarietà. Per costruire questa mentalità nuova al rispetto della legge occorre soprattutto intervenire sulla scuola, unica agenzia decondizionante in un contesto sociale e familiare deviato».
Nel settembre 1991, la dottoressa Autelitano giunge da Bergamo con la grinta di chi intende dare una regolata al cattivo stato della scuola elementare di Platì.
Uno dei suoi primi atti è di richiedere al Commissario prefettizio del Comune interventi radicali per il suo miglioramento. Dice chiaramente che «le condizioni generali in cui versano le scuole del Circolo testimoniano lo scarso interesse delle Amministrazioni comunali precedenti, nei confronti di una corretta gestione della politica scolastica». Il buon funzionamento della scuola non si fonda solo sulla responsabilità e deontologia professionale dei docenti «ma anche sulla presenza di servizi e strutture che rendono possibile il perseguimento della finalità a cui la scuola tende». La dottoressa Autelitano fa così alcune richieste «che devono essere improrogabilmente soddisfatte per garantire non il buon funzionamento, bensì il funzionamento della scuola stessa».
A Platì - dice la dottoressa Autelitano - i rapporti con l’Amministrazione comunale sono molto difficili, perché manca un sufficiente riscontro. Molte richieste corrispondono anche a molti contrasti. Eppure un Direttore didattico qui non può farne a meno di rivolgersi al Comune, a causa della mancanza dei servizi essenziali e della presenza di strutture assolutamente inadeguate.
Il Commissario prefettizio del Comune di Platì garantisce «alcuni piccoli interventi indispensabili che, coadiuvati dallo spirito di collaborazione di tutti gli operatori scolastici, rendono possibile tamponare una situazione d'emergenza».
Questo di Platì e un circolo didattico molto dispersivo a causa dei numerosi plessi distribuiti nel territorio platiese e perciò è difficile avere un contatto diretto con tutte le sezioni. Dover andare in giro per compiere le visite didattiche, per la Direttrice è un problema arduo perché sono scuole ubicate nelle campagne, a volte anche difficili da raggiungere. Vi sono notevoli difficolta a causa della carenza delle strutture e degli spazi; mancano i servizi più essenziali o sono fatiscenti.
Nonostante il suo impegno per questa scuola, a causa del disagio e della lontananza dalla sua residenza, per il prossimo anno la dottoressa Autelitano preferisce trasferirsi altrove. Ma si rammarica di «lasciare in sospeso le cose» ed anzi «lascia Platì con dispiacere».
Tuttavia, per il buon futuro della scuola di Platì e anche a causa dell'ottimo rapporto instauratosi con la gente del luogo, forse sarebbe meglio che alla dottoressa Autelitano venisse affidata almeno la reggenza di quel Circolo didattico.
Rocco Turi
foto e testo: CALABRIA – A. XX – N. S. - n 83 – giugno 1992

 FINE


lunedì 16 novembre 2020

Intervallo - Kiss the Ground [di Joshua Tickell, Rebecca Harrell Tickell - 2020]




 La citazione inclusa nel film è di Allan Savory ecologista dello Zimbabwe.

domenica 15 novembre 2020

Dimentica il mio passato - pt. 3 - Una mobilitazione culturale

Nulla ci vieta di sognare. Willa Cather


Una provocazione (ma non troppo) per un dibattito
Sarebbe necessario allora considerare Platì alla stregua dei Bronzi di Riace; una località da visitare - paradossalmente - da turisti; anzi - provocatoriamente - come terra di 'ndrangheta; organizzare una forma nuova di turismo esclusivamente non stanziale per evitare di offrire spazio ad illecite attività.
Sarebbe auspicabile un turismo di poche ore per indurre la gente del luogo ad avvicinarsi ai visitatori quasi come «oggetti» da conoscere più da vicino. Immaginare gli autobus che giungono quotidianamente a Platì con gente dall`Emilia o dalla Toscana: da un lato la curiosità di chi intenda conoscere questo luogo che la cronaca dipinge come primitivo e dall`altro la possibilità di socializzare con gente e mentalità differenti, di avere un contatto con persone cosiddette civili. Ciò creerebbe davvero scompensi psicologici a tutti gli indigeni e anche concreti problemi esistenziali. Dopo le iniziali proposte negative la gente, come con la Casella, si avvicinerebbe, cercherebbe l'approccio che deriva dalla curiosità, cercherebbe i contatti ed eliminerebbe la sua proverbiale distanza e la diffidenza che deriva dall`incomunicabilita.
Dopo alcuni anni, o forse mesi, la gente del luogo resterebbe sconcertata e capirebbe che esiste un'altra realtà ed un'altra società moderna ed evoluta. Si verificherebbe certamente un travaso fra il bene ed il male, fra il bello ed il brutto Sarebbe come un fiume con un affluente pulito e con un defluente che porta via il limo. Lo stagno diventerebbe lago ed il processo della civilizzazione inizierebbe ad insinuarsi ed allargarsi ancora. Cruda verità, ma detta con l'affetto e l'amore per questa terra calabrese.
Se oggi attraverso la paura puoi tenere sotto lo scacco un paese intero solo perché isolato al suo interno e racchiuso nelle sue case, una mobilitazione culturale e ideologica collettiva diventerebbe un fiume in piena, cosi come fiume in piena sono diventate le scene a ancora scolpite negli occhi di tutti allorché i paesi dell'est europeo si sono liberati collettivamente dalla oppressione comunista.
Nessuna istituzione può affermare che sia stata compiuta fino ad oggi una reale opera di civilizzazione e di socializzazione nelle aree più chiuse e retrograde dell'interno calabrese. Non appare che la chiesa, al di là dei suoi messaggi, delle denunce e dei suoi normali interventi pastorali abbia fatto altro. Perché non organizzare un raduno di massa in Aspromonte - anche a Platì - per cercare un contatto pubblico e collettivo con la gente e discutere con essa? La celebrazione di messe al campo, ad esempio, anche con il Papa, che offra l'avvio di una consapevolezza collettiva e pubblica, coraggiosa sui fatti tristi di questa società darebbe un segno di mobilitazione e di impegno. Sarebbe l'inizio di quella opera di contatti e di socializzazione auspicata e la dimostrazione di una reale volontà di immergersi anche nei contesti sociali difficili e problematici.
Iniziative del genere non costituiscono solo atti simbolici, ma vere e coraggiose azioni per superare quell’impasse e gli ostacoli che tengono chiusi al loro interno le famiglie del paese.
Attraverso questa opera di partecipazione e di socializzazione verrebbe fatto un tentativo di risolvere i problemi che oggi appaiono insormontabili per lo Stato. Lo Stato realizzerebbe così i suoi progetti attraverso un'opera auspicabile di acculturazione. Ma c'è ancora dell'altro.
Attraverso questa strategia, perché non riportare Platì sullo scenario mondiale con una grande riunione di uomini della cultura e personaggi dello spettacolo? Perché non pensare ad un Concerto per Platì? Venditti, De Gregori, Guccini, Dalla, De Andrè e, perché no, pure i grandi geni della musica capaci di attirare migliaia di giovani e di cittadini italiani, sarebbero ben lieti di parteciparvi. Perché non pensare ad un grande raduno? Se Venditti ha tenuto concerti in Eritrea o in Somalia per un'altra opera di socializzazione e di fratellanza collettiva, perché non pensare in grande anche per Platì?
Ma giusto per pensare ancora in grande, quasi sognando, Platì potrebbe costituire un laboratorio di idee per la sua salvezza sociale allo stesso modo con cui si interviene per salvare Venezia dal degrado fisico. Perché non pensare ad un raduno di un grande partito, delle grandi associazioni, dell`Azione cattolica, degli scout, ad un raduno sindacale fra questa gente e a contatti che continuano nel tempo e non solo lo spazio di un incontro fugace? Così vanno affrontati i problemi sociali di questa terra, con la pazienza e la perseveranza; con la costanza di tentare e ritentare. Vedrai che tutto, anche qui, si adeguerebbe: è certo e fisiologico!
Solo così sarebbe possibile superare l'impasse e lo scacco sulle singole famiglie, le quali tutte insieme reagirebbero a quella che chiamano barbarie. Le vie della socializzazione nelle aree emarginate appaiono proprio queste.
Allora un consiglio comunale che in altri luoghi appare semplice da costituire, potrebbe esserlo anche a Platì. (continua)
Rocco Turi
CALABRIA – A. XX – N. S. - n 83 – giugno 1992

 


giovedì 12 novembre 2020

Dimentica il mio passato - pt. 2 - Grazie signora Casella

A respectful, quite  observer of the truth.*

Le vie dell'acculturazione
La rozzezza della vecchia Calabria è stata superata dalla facilità con cui è stato possibile avere rapporti culturali con il resto del paese. Cosi anche una località come Camigliatello, ad esempio, ex terra di briganti e considerata oggi la località turisticamente più sviluppata della montagna calabrese, ha dovuto subire la sua metamorfosi. Camigliatello, per via delle presenze turistiche, è cambiata, ha «dovuto» subire il suo cambiamento!
La via dell’acculturazione, che deriva dai contatti e dalla consapevolezza che esiste un altro mondo ed una società diversa a cui uniformarsi, rimane allora quella auspicabile.
Sotto questo aspetto la signora Casella è stata una pioniera che probabilmente segnerà una svolta nella storia sociale della Calabria. La sua presenza in Aspromonte - dai oggi, dai domani ha costretto la gente a porgerle attenzione; allorché la signora Casella si incantenò in piazza per reclamare il figlio, nei primi momenti nessuno Si avvicinò ed anzi tutta la popolazione le fu ostile, ma poi- lentamente – ottenne la solidarietà di ognuno e forse solo allora tanti capirono che esiste anche una società non arcaica, che esiste una società nuova e desiderabile a cui uniformarsi, che esistono valori non materiali da acquisire. (continua)
Rocco Turi
Foto e testo: CALABRIA – A. XX – N. S. - n 83 – giugno 1992

* E' per l'autore dell'articolo, l'ho rubato a:
Rian Johnson, Knieves out (Cena con delitto), 2019

 

 



mercoledì 11 novembre 2020

Dimentica il mio passato [di Primo Zeglio -1954] - Una blognovela in quattro episodi

You must always be willing to truly
consider evidence that contradiots
your beliefs, and admit the
possibility that you may be wrong.
Anonimous*


NONOSTANTE GLI ANNI
IL PAESE NON E’ CAMBIATO 

Nel corso degli anni Platì non ha subito alcun segno di sviluppo e di adeguamento. Ma davvero a Platì non esiste lo Stato? Ed e proprio vero che a Platì non esista una forma di controllo sociale? Forse sarebbe il caso di affermare che a Platì esiste un potere particolare che esercita un effettivo controllo a ogni livello. Se è così la domanda stringente cui dare risposte serie è: come uscire da questa difficile situazione?
di ROCCO TURI

Per chi arriva a Platì l`impatto non è certo piacevole. Una strada sconnessa, antiquata e con tanti rifiuti ben in vista ai suoi margini, dà l'annuncio che il luogo è triste e malinconico. Lo scenario e anche tetro, a causa di quei necrologi che tappezzano i muri del paese. Poi un triste silenzio e qualche automobile, con targa lombarda, parcheggiata ai margini della strada che taglia il centro abitato. Finalmente un uomo a cui poter richiedere informazioni sulla qualità della vita in questo ormai celebre paese aspromontano. Le risposte sono essenziali e sfuggenti ed il silenzio di chi gli sta accanto è d'obbligo. La scuola elementare è a due passi. Delle forze dell'ordine neanche l’ombra. Un asino e due donne vestite di nero che si allontanano silenziosamente dal paese sono le altre forme animate che si incontrano.
Ma c'è una ragione.
Più avanti si scorgono alcune decine di donne - in rigoroso lutto - in compagnia di pochissimi uomini, di ritorno dal cimitero, dopo aver reso omaggio ad un congiunto recentemente ucciso. Giovanissime ragazze, quasi bambine, con abiti rigidamente neri, sollecitano riflessioni sulla severità dei costumi e delle tradizioni platiesi.

Tradizioni ancestrali
Agli antichi viaggiatori inglesi, veri scienziati della conoscenza, era noto che l’attraversamento della Calabria avrebbe costituito una impresa del tutto rischiosa. Così, prima di intraprendere l`esplorazione, molti di loro redigevano addirittura il testamento per indicare i destinatari della loro eredità. Tanta era l'angoscia di non ritornare vivi da questa regione, ma tanto era il desiderio e la curiosità scientifica di scoprirne i suoi aspetti primitivi e i risvolti culturali. Non si trattava di fisime, ma di vere preoccupazioni scaturite dalla lettura dei precedenti viaggiatori.
Attraversando la Calabria sarebbe stato possibile perdere la vita anche a seguito di banali contatti con la gente del luogo, del tutto ostili ad aperture con occasionali viandanti. Macché parlare di ospitalità e di senso dell'accoglienza da parte dei calabresi!
L`unica precauzione dei viaggiatori, che fino ai primi del secolo attraversarono la Calabria, era di farsi accompagnare da guide locali che meglio avrebbero potuto sostenere e dirimere eventuali controversie con gli indigeni.
A Platì vivevano tanti carbonai chiusi ciclicamente e selvaggiamente riprodotti; attraversare Platì - o altri luoghi dell'entroterra calabrese - cercando un semplice contatto con la gente sarebbe stato davvero rischioso. Uno dei viaggiatori, infatti, dovendo provare il proprio archibugio e l'efficacia della polvere da sparo, a Platì mirò ad un gatto. Certo, probabilmente esagerò, ma la reazione della gente fu superiore ad ogni aspettativa e così solo per poco sfuggì al linciaggio ed alla sua uccisione. Ecco, solo una società chiusa come questa può reagire in maniere estreme; una società che non ha scambi culturali rimane una società che conduce vita del tutto arretrata.
Naturalmente Platì non è l'unico luogo della Calabria su cui additare, per il passato, gli strali del sottosviluppo. Fino ai primi anni del secolo, la Calabria era tutta così e solo i più coraggiosi raggiungevano la Sicilia attraverso la nostra regione, evitando il passaggio navale dal porto di Napoli.
Ma nel corso degli anni, Platì non ha subito alcun segno di sviluppo e di adeguamento. Il motivo esiste di certo e da qui non si sfugge. Sarebbe plausibile una seria ricerca etno antropologica per risalirne alle cause; magari Platì trova origine da un particolare gruppo etnico da cui sarebbe possibile ipotizzarne scientificamente i motivi ed i tratti della sua radice culturale e biologica. Tuttavia Platì è solo la punta
di un iceberg retrogrado tipicamente calabrese; in questa regione vi sono ben altri paesi dell`entroterra reggino e catanzarese - senza escludere alcune località del cosentino che non hanno nulla da invidiare a Platì.
Platì, come pure altre località di questa regione, non ha mai subito alcuna immigrazione. In tal modo la gente è rimasta chiusa nel proprio guscio e nel proprio mondo, fatto di egoismi e della presunzione culturale che i rapporti con gli altri debbano essere esclusivamente di ostilità e caratterizzati unicamente da conflittualità e violenza ritualizzate. E una verità cruda che è necessario riconoscere, com'è pure necessario riconoscere - ma appare inutile - che Platì presenta anche i tratti, sia pure limitati, della civilizzazione, della cultura e della modernità. Non se la prendano perciò gli intellettuali e gli uomini di cultura di questo simpatico e antico paesino aspromontano.
L'emigrazione ed i mass media, poi, hanno fatto il resto: dopo gli anni del boom economico la situazione è peggiorata a causa di un furioso allettamento del denaro. La pubblicità ha concluso l'opera.
A chi non piace un bell'oggetto? La casa bella è uno status symbol, la villa, i viaggi, i locali dove ingozzarsi di prelibatezze e calorie costituiscono il miraggio per chi si rende conto di essere vissuto sempre nella assoluta precarietà economica. Cosi l'inconscio collettivo per la volontà di arricchirsi risulta maggiore in questo tipo di società che non nei luoghi benestanti e ricchi. Per rendersene conto basta guardare le favolose auto, gli occhiali da sole da 400 mila, gli orologi da cinque milioni, i bracciali e le catene d`oro al collo di chi - all'interno delle realtà socio culturali degradate - ostenta ai propri ex simili l'obiettivo raggiunto. Il sottoproletariato marginale si comporta così nella maggior parte dei casi.
Non importa conoscere la via per la quale gli obiettivi siano stati raggiunti, ma bastano solo questi comportamenti per scatenare l'emulazione e l'imitazione in chi intenda raggiungere l'identico risultato, interpretato come momento di riscatto da una esistenza di emarginazione e incolore. Non importa neanche qui selezionare le vie opportune: importa l'obiettivo. E una reazione a catena che si innesca soprattutto nelle società più povere e nelle aree più escluse. Platì è una di queste e non c'è di che meravigliarsi.
Oggi a Platì non esistono vie per innescare un processo inverso di civilizzazione, perché in questa località, ma anche in tutte le altre piccole aree culturalmente chiuse della Calabria, il controllo sociale capillare da parte di chi intenda conservare lo status quo è assoluto.
Allora non desta nessuna sorpresa che a causa di tale controllo si riesca a mantenere un grado di civiltà antica e retrograda, da attirare l'attenzione del mondo intero allorché se ne parli. L'escalation continua, il miraggio dell'arricchimento illecito e i comportamenti illegali divengono tanto acquisiti nella mentalità e tanto normali. Non a caso, allora, sorgono le difficoltà nel formare un consiglio comunale che gestisca Platì e queste appaiono insuperabili.
Accetteresti di formare una lista per le elezioni comunali sotto il giogo delle intimidazioni? Non si tratta allora di una protesta popolare nei confronti dello stato «che non c'è». Questo e un dato riferito anche per il passato, ma nel passato non vi furono grosse difficoltà nel formare un'amministrazione comunale. Se qualcosa oggi e cambiata, ciò appare attribuibile alla constatazione che per alcuni e meglio che da ora in poi lo Stato non esista neanche in tali sembianze, affinché si possa dimostrare la sua assenza non per volontà dell'elettorato, ma per volontà di gruppi di pressione, ad esso ostili, che detengono il controllo della situazione e degli equilibri locali.
Ma davvero non esiste lo Stato? E’ certo che a Platì non esista una forma di controllo sociale? Forse sarebbe il caso di affermare, al contrario, che esista un potere particolare - non riconosciuto solo da chi non vi abita – e questo esercita un effettivo controllo ad ogni livello ed anche coercitivo sugli altri. Se così fosse, più che non esistere lo Stato, sarebbe forse meglio dire che la gente di Platì non riconoscerebbe lo Stato reale ma, al contrario, quello che viene chiamato antistato.
Come uscirne? Non certo solo attraverso il controllo militare o delle forze dell'ordine; questo non e un luogo affinché tali autorità possano da sole ottenere risultati decisamente positivi.
L'Aspromonte non è paragonabile alla montagna silana, nella quale è possibile e anche molto facile esercitare un controllo sociale sulle popolazioni e una sorveglianza geografica capillare. L'Aspromonte pare avere nelle sue viscere catacombe inesplorabili. Ben altre appaiono le vie da seguire. (continua)
Testo e foto: CALABRIA – A. XX – N. S. - n 83 – giugno 1992
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https://iloveplati.blogspot.com/2020/11/dimentica-il-mio-passato-pt-4-da.html

 Propongo questo vecchio articolo del Signor Rocco Turi, cittadino di Amendolara(CS), in più parti data la lunghezza. Vi dico subito che a lui un certificato di onestà intellettuale lo si può francamente negare. Come molti altri calabresi ha fatto di tutto per sbucare nella notorietà. Nel 1992 la rivista CALABRIA pubblicò un numero unico tutto su Platì. Da quel cartaceo ho già bloggato un pezzo "onesto" di Gianni Carteri. Ora è la volta di questo, il quale dubito che qualche platiese abbia sfiorato con gli occhi. Le conclusioni sono libere in clima covidiano. Io all'egregio signore vorrei chiedere solo dove pescò quella storia del gatto sparato, visto che da Platì non è passato nessun viaggiatore, lasciando qualche frase in un ricordino.

* Rubato a Namrata Singh Gujral, America's Forgotten, 2020