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martedì 17 novembre 2020

Dimentica il mio passato - pt. 4 - Da Bergamo con grinta


La scuola di Platì come unica agenzia di corretti modelli educativi
La dottoressa Caterina Autelitano, calabrese di Bova, dopo aver diretto uno dei circoli didattici di Bergamo, dal primo settembre 1991 guida la scuola elementare di Platì. Già dal prossimo anno sarà trasferita in altra sede, ma il suo ruolo in questa scuola è significativo e legittimato anche dalla fredda popolazione platiese nei riguardi di chi vi giunge per la prima volta.
Pure la dottoressa Autelitano crede che sia necessario rompere il circolo vizioso che chiude al proprio interno la società platiese: auspicando che le vie dell'acculturazione giovanile e della rottura dell'isolamento siano quelle adatte per una palingenesi dell'intero paesino, tuttavia rimane scettica che possa realmente essere superato l'impasse culturale atavico.
E molto pessimista per quando riguarda la possibilità di riscatto; pessimista per Platì, ma anche per l'intera provincia di Reggio. E una realtà nella quale e difficile che il riscatto si verifichi «perché questo si ha solo se si possiede una diversa cultura, una diversa formazione della persona, che è molto difficile cambiare».
«Noi abbiamo una cultura di un certo tipo - dice - la cultura del clientelismo, la cultura dell’imbroglio o del piccolo imbroglio. Cioè: quel che è dello Stato non è di tutti e non va difeso. Se possiamo imbrogliare lo Stato per avere dei soldi ci sentiamo in diritto di farlo, dobbiamo imbrogliare, tanto lo Stato cosa perde? Questo pensa il calabrese! Abbiamo questo tipo di mentalità: lo Stato non è di nessuno, allora lo Stato è di tutti. Non crediamo che se l'amministrazione pubblica funziona bene, funziona per tutti».
Per quel che riguarda Platì - aggiunge la dottoressa Autelitano - la situazione è ancora più difficile rispetto a quella che può essere in altre zone. Crede, però, che a Platì la scuola sia l'unica agenzia capace di offrire corretti modelli di comportamento: «Ritengo che in questa zona la scuola debba funzionare meglio che altrove, perché costituisce l'unica agenzia formativa che sia capace di offrire modelli positivi in alternativa alla realtà sociale esterna». Ritiene, altresì, che solo quattro ore di permanenza scolastica siano insufficienti. Ecco perché nel corso di quest'anno si è battuta per ottenere un servizio di refezione che potesse prolungare l'attività scolastica dei bambini.
Dopo la scuola, i ragazzi, in generale, passano la giornata sulla strada. Per fortuna non in tutte le famiglie vige lo stesso clima educativo, la stessa aria culturale. Anche qui ci sono famiglie che curano la cultura dei, figli, che riconoscono l'importanza della formazione dei bambini, che perciò li seguono di più. Tuttavia la maggior parte dei bambini vive sulla strada. Non hanno altri punti di riferimento, oltre alla scuola. Ci sono le suore, ma vale solo perle ragazze. Dei ragazzi nessuno se ne occupa. Ecco perché la scuola dovrebbe occuparsene di più. Oltre tutto esiste una differenza notevole fra la scuola elementare e la scuola media.
Mentre i bambini della scuola elementare frequentano con più regolarità - forse anche perché sono ancora in età tenera e in qualche modo i genitori li seguono di più, o forse la scuola elementare funziona meglio - i ragazzi della scuola media, al contrario, incominciano ad incrementare le fila dell'astensionismo scolastico. E cosi quelle poche famiglie più impegnate non iscrivono i loro figli presso la scuola media di Platì e li fanno studiare altrove, per lo più a Bovalino e ad Ardore.
In generale è così. Il ceto medio alto, per quello che di medio alto si possa dire in queste zone, porta i figli a frequentare le scuole medie in altre località.
Sulla esperienza acquisita al nord e sulle sue convinzioni relative alla necessita che, a causa delle affezioni patologiche della società locale, a Platì la scuola debba funzionare meglio che altrove, Caterina Autelitano indirizza la sua condotta professionale.
La Direttrice è convinta del ruolo positivo dell'acculturazione, ma a suo parere solo questa non e sufficiente: servono altre agenzie formative che facciano da contrappeso. Non si può pensare che si possa cambiare una realtà - non solo di Platì ma anche della intera regione - utilizzando i mezzi coercitivi, i controlli ed i posti di blocco, che più volte non risolvono nulla. Bisogna cambiare soprattutto la cultura ed il modo di pensare. Questa via è molto più difficile e richiede tempi piuttosto lunghi.
La situazione economico-sociale si muove all'interno di un circolo vizioso di clientelismo: chi ha necessità di soddisfare i propri bisogni è costretto a cercare la famosa raccomandazione; questa a sua volta crea la clientela e la mentalità della illegalità. E così la salvaguardia dei diritti e dei doveri in Calabria viene del tutto trascurata.
«A Platì - dice la dottoressa Autelitano - esiste solo una cultura della tolleranza dell'illecito; qui l'illecito spicciolo viene tollerato e addirittura difeso come se fosse un diritto: difeso non dalle cosche mafiose, ma proprio da una cultura diffusa e radicata. Non si  tratta soltanto di reati e di infrazioni censiti, ma di piccoli abusi, di piccole infrazioni, che vengono persino considerate lecite e che, in alcuni casi, vengono presentate come interventi indispensabili per la salvaguardia dei propri diritti».
Dell'illegalità e della criminalità a scuola non si ama molto parlare. l ragazzi non parlano mai di questo. Eppure in alcune classi sono inseriti più ragazzi provenienti da famiglie che hanno mostrato comportamenti devianti. Naturalmente questi temi vengono ignorati e se ne parla solo casualmente.
Tuttavia, quando se ne parla con i genitori, la cosa che stupisce tantissimo è che per loro non è un disonore: ne parlano come se fosse una cosa normale. «Mi e capitato - dice la dottoressa Autelitano - di parlare con una signora che ha il marito in carcere e che faceva riferimento ad un permesso per fare un colloquio. Disse devo andare al colloquio. lo pensavo che avesse dovuto incontrare gli insegnanti o i professori dei figli. Me lo disse con una estrema spontaneità, con tale disinvoltura che non capii. Mi spiegò, allora, che avrebbe dovuto far visita al marito in carcere. Mi ha colpito sul piano personale la sua disinvoltura, come se lei non avvertisse alcun disagio personale o morale nel parlare del marito in carcere. E questo atteggiamento l'ho anche verificato con altri genitori. Per loro, discutere di congiunti in carcere è come se non fosse un disonore. Forse vale la massima: mal comune mezzo gaudio. Ma forse significa anche avere rispetto; appellativo che da queste parti assume un importante significato. Mi ha stupito tanto e mi aspettavo che la donna se ne vergognasse. Mi aspettavo almeno che ne parlasse con prudenza, sottovoce, riservatezza e pudore. Invece ... ».
Cosi continua la dottoressa Autelita: «Contro una mentalità incline alla tolleranza dell'illecito e dell'illegale non può l'Autorità dello stato intervenire solo con i suoi poteri di coercizione. Occorre che intervenga su quelle strutture deputate alla formazione di mentalità e coscienze in grado di riconoscere il primato ed il valore delle regole convenute, della legge, della vita ordinata, fondate sulla giustizia e sulla solidarietà. Per costruire questa mentalità nuova al rispetto della legge occorre soprattutto intervenire sulla scuola, unica agenzia decondizionante in un contesto sociale e familiare deviato».
Nel settembre 1991, la dottoressa Autelitano giunge da Bergamo con la grinta di chi intende dare una regolata al cattivo stato della scuola elementare di Platì.
Uno dei suoi primi atti è di richiedere al Commissario prefettizio del Comune interventi radicali per il suo miglioramento. Dice chiaramente che «le condizioni generali in cui versano le scuole del Circolo testimoniano lo scarso interesse delle Amministrazioni comunali precedenti, nei confronti di una corretta gestione della politica scolastica». Il buon funzionamento della scuola non si fonda solo sulla responsabilità e deontologia professionale dei docenti «ma anche sulla presenza di servizi e strutture che rendono possibile il perseguimento della finalità a cui la scuola tende». La dottoressa Autelitano fa così alcune richieste «che devono essere improrogabilmente soddisfatte per garantire non il buon funzionamento, bensì il funzionamento della scuola stessa».
A Platì - dice la dottoressa Autelitano - i rapporti con l’Amministrazione comunale sono molto difficili, perché manca un sufficiente riscontro. Molte richieste corrispondono anche a molti contrasti. Eppure un Direttore didattico qui non può farne a meno di rivolgersi al Comune, a causa della mancanza dei servizi essenziali e della presenza di strutture assolutamente inadeguate.
Il Commissario prefettizio del Comune di Platì garantisce «alcuni piccoli interventi indispensabili che, coadiuvati dallo spirito di collaborazione di tutti gli operatori scolastici, rendono possibile tamponare una situazione d'emergenza».
Questo di Platì e un circolo didattico molto dispersivo a causa dei numerosi plessi distribuiti nel territorio platiese e perciò è difficile avere un contatto diretto con tutte le sezioni. Dover andare in giro per compiere le visite didattiche, per la Direttrice è un problema arduo perché sono scuole ubicate nelle campagne, a volte anche difficili da raggiungere. Vi sono notevoli difficolta a causa della carenza delle strutture e degli spazi; mancano i servizi più essenziali o sono fatiscenti.
Nonostante il suo impegno per questa scuola, a causa del disagio e della lontananza dalla sua residenza, per il prossimo anno la dottoressa Autelitano preferisce trasferirsi altrove. Ma si rammarica di «lasciare in sospeso le cose» ed anzi «lascia Platì con dispiacere».
Tuttavia, per il buon futuro della scuola di Platì e anche a causa dell'ottimo rapporto instauratosi con la gente del luogo, forse sarebbe meglio che alla dottoressa Autelitano venisse affidata almeno la reggenza di quel Circolo didattico.
Rocco Turi
foto e testo: CALABRIA – A. XX – N. S. - n 83 – giugno 1992

 FINE


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