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"Sono come un ontano del fiume, le mie radici sono fisse e profonde" Mikio Naruse, 1958
sabato 23 maggio 2020
AMIGOS [di Paolo Cavara,1972]
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giovedì 21 maggio 2020
Cinema d'altri tempi [di Steno,1953] Per un Festival Virtuale
Quando si dice che il film deve piacere al pubblico,
si enunzia grossolanamente una verità fondamentale
di ogni arte. Corrado Alvaro
PVFF
Platì Virtual
Film Festival
Second Season
Sotto gli auspici di
Enzo Ungari
CORRADO ALVARO
o
il vero spettatore cinematografico
20 film da
vedere assolutamente
Programma:
1 Altri tempi (Zibaldone n. 1),
Italia 1952; Alessandro Blasetti.
2 L'amante
del torero (The bull-fighter and the lady), USA 1951; Budd Boetticher.
3 L'Angelo
azzurro (Der blaue engel), Germania 1930; Josef von Steinberg.
4 L'asso
nella manica (The big carnival o Ace in the hole), USA 1951; Billy Wilder.
5 Atlantide
(Die herrin von Atlantis), Francia-Germania 1932; Georg W. Pabst.
6 Aurora (Sunrise), USA 1927;
Friedrich W. Murnau.
7 Bellissima, Italia 1951;
Luchino Visconti.
8 I dannati (Decision before dawn),
USA 1951; Anatole Litvak.
9 Diario di un curato di campagna
(Journal d'un curé de campagne),
Francia 1950; Robert Bresson.
10 Il dottor Caligari (Das kabinett
des Dr. Caligari), Germania 1920; Robert Wiene.
11 Germania anno zero,
Italia-Germania, 1947; Roberto Rossellini.
12 Luci della ribalta (Limelight),
USA 1952; Charles Chaplin.
13 Metropolis (id.), Germania
1926; Fritz Lang.
14 1860, Italia 1934; Alessandro
Blasetti.
15 Morte di un commesso viaggiatore
(Death of a salesman), USA 1951; Laslo Benedek.
16 Rashômon (id.), Giappone 1950;
Akira Kurasawa.
17 Risate in paradiso (Laughter in
paradise), G. Bretagna 1951; Mario Zampi.
18 Roma città aperta, Italia
1945; Roberto Rossellini.
19 Salerno
ora X (A walk in the sun), USA 1945; Lewis Milestone.
20 Sangue
blu (Kind hearts and coronets), G. Bretagna 1949; Robert Hamer e John
Dighton.
21 Telefonata a tre mogli (Phon call
from a Stranger), USA 1952; Jean Negulesco.
22 Umberto D., Italia 1952;
Vittorio De Sica.
23 Un
uomo tranquillo (The quiet man), USA 1952; John Ford.
24 Verso
la vita (Les bas-fonds), Francia 1936; Jean Renoir.
25 Viale
del tramonto (Sunset boulevard), USA 1950; Billy Wilder.
Il cinema Corrado Alvaro lo portò sempre con sé. Accanto alla sua attività di romanziere, viaggiatore, giornalista e quant'altro, il legame col cinema non lo staccò, stancò mai: dentro l'industria dapprima e come saggista e critico dopo. I film riportati sopra ne sono un esempio. Quale più, quale meno sono sempre stati visti con l'occhio dello spettatore cinematografico più accorto. Le sue critiche erano tutte derivate dalla sua esperienza di scrittore ma anche di uomo vissuto. I suoi apporti critici a film come Diario di un curato di campagna, Morte di un commesso viaggiatore, Rashômon, Umberto D., Un uomo tranquillo, tra gli altri, letti con pieno coinvolgimento emotivo e con spirito libero. Le sue esperienze basilari di vita nella Grande Guerra e nella Germania di Weimar confluite dapprima nelle opere letterarie, le ritroviamo nelle recensioni de I dannati (Decision Before Dawn) e in Salerno ora X, schifoso titolo per l’edizione italiana di A Walk in the Sun e quando parla della nascita del mito di Marlene Dietrich in L’angelo azzurro. Negli scritti sul cinema un Alvaro poco ossequioso col potere specie quello ecclesiastico, ad onta di un fratello prete che probabilmente lo capì poco, lui a dover fare i conti con le città in espansione, don Massimo a Caraffa del Bianco dove ancora tutto era legato ai cicli della terra. E qui voglio ricordare che don Massimo fu compagno in seminario di Ernesto Gliozzi il giovane e aiuto di Ernesto Gliozzi il vecchio, parroco in Casignana. Egli, per finire, fu uno dei pochi ad intuire la portata estetica e morale di un cineasta come Alessandro Blasetti - “l’amore delle idee generali, la prima dote che colpisce accostandolo; anche in chi come me, gli ha parlato per qualche istante una volta appena" (1) - e a cui il cinema italico deve molto. Alvaro intuì l'importanza e i pregi di 1860 – “mostra quali risultati si possano ottenere in Italia sia pure con una certa economia di mezzi” (2) - ben prima di Martin Scorsese.
(1 ) Su "Il Mondo", 15 novembre 1952
(2 ) Su "Nuova Antologia" 16 maggio 1934
Forse dopo Corrado Alvaro le critiche più originali le ritroviamo proprio in Enzo Ungari (1948 - 1985)
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I Love Platì
mercoledì 20 maggio 2020
Giorno per giorno [di Maria Speth, 2001] Somebody to Love
Shaped by years of memories
To exorcise their ghosts from inside of me
David Sylvian
Caro Luigi, grazie della tua mail.
Certo, mi fa passare veloci sequenze di tante vite, di altre vite...
Olga Moschella, la incontrai al piano sottoterra della Facoltà Magistero,
Istituto di Storia dell'arte, ed ero bagnato e intirizzito, timido come un pulcino.
Ero arrivato a Messina, per la mia nomina a ricercatore supplente in
Storia delle Tradizioni Popolari, con l'autostop - non avevo macchina, non
ero ricco e, per fortuna, non lo sono mai diventato (odio i soldi) - e fui
subito accolto con premura e affetto. Furono anni di dura fatica, di esperienze
bellissime, di inviti a cena a casa di Olga, di ristoranti, di Billé, anguria e
limonate nelle piazze, viaggi al Piloro, pesce a Ganzirri, innamoramenti e
legami duraturi, veri.
E poi, un'epoca dopo, la Rai 3, i documentari, i viaggi, la scoperta dello
Ionio, Caulonia e Platì, Polsi e Brancaleone, Gianni Carteri e Micu Pelle, i
viaggi con Enzo Misefari e con Saverio Strati, gli incontri fugaci con La Cava,
e la gente, le loro voci, i loro suoni, San Rocco a Gioiosa e un giorno che a
Platì, dopo una iniziale diffidenza, un signore cantò per me per oltre due
ore...
Nostalgia, anche. Ma, quando mi capita, cerco di fare una piccola messa a
punto delle cose fatte, di quelle non fatte, di quanto avrei potuto fare
meglio...giravo sullo Ionio e quel mare entrava per sempre nella mia vita e,
soprattutto, i paesi interni che, poi, negli anni, avrei percorso a piedi,
solitario o con qualche amico intimo...e stabilivo rapporti con persone
che sarebbero durati per sempre...
Puoi immaginare, allora, con quale piacere ho visto la tua Platì, nelle tue
sequenze filmiche, con brevi ma essenziali parole, con un montaggio
intelligente...e come con piacere avrei scritto una paginetta non fosse altro
che per ricordare...
Quando Marilisa, tua cugina, una donna che stimo molto e a cui mi sento
molto legato, mi parlò delle tue cose, ero nel pieno di un disastro emotivo e
affettivo. Di dolore. Mamma se ne era andata ultracentenaria, ma questo rendeva
più lacerante la perdita, l'abitudine e, dopo anni di nottate, cure, fughe, mi
scoprivo vuoto e impotente. Poi, come nei peggiori film, si ammalò il mio amico
di una vita, un fratello, una grande fotografo, Salvatore Piermarini, compagno
in viaggi, ricerche, libri, amore per il cinema...e furono due mesi di
calvario...e ancora adesso, pure turbato dal Coronavirus, preso da lezioni a
distanza, faccende pratiche, non so elaborare dei lutti a cui poi, come nei
peggiori film, appunto, se ne sono aggiunti altri importanti. Con questo quadro
- che ti ho delineato non per "piangermi", ma per ricordare - forse
non ho capito bene quale fosse la richiesta di Marilisa e ho pensato a un
generico invito a guardare il blog, cosa che ho fatto, anche con emozione,
perché mi fa sempre piacere vedere citate le mie cose da persone
intelligenti, non per vanagloria di autore, ma per la sostanza che si può
trovare nei libri e che può diventare elemento di scambio.
Adesso leggerò, intanto vedo che il tuo lavoro ha preso un buon cammino,
aspetterò l'uscita e, certo, ci saranno altre occasioni per incontrarci, farci
qualcosa...tra l'altro è da anni che rinvio un ritorno, con inviti vari, a
Platì, Palizzi, Bovalino Superiore, Bianco...area "grecanica", S.
Lorenzo, Roghudi ecc.
Ti auguro belle cose e buona fortuna. Grazie per la stima e l'attenzione
che ricambio. Saluta e abbraccia Marilisa, Dericati Calabrisi, comuni
amici di Aspromonte.
Vito Teti
Nella foto di Salvatore Piermarini (1949 - 2019) il prof. Teti, sulle onde dello Scilla e Cariddi, sfoggia dei mustazzi (dal fr. moustaches) che avrebbero fatto l'invidia di Groucho Marx.
La foto si trova qui: https://www.flickr.com/photos/salvatorepiermarini/20141152372
Il prof. Teti in precedenza è apparso qui:
Da ultimo, al prof. Teti non posso fare altro che dedicare il finale piano sequenza di Nostalghia, film del 1983 di Andrej Tarkovskij.
e i QUEEN con Somebody to Love
La foto si trova qui: https://www.flickr.com/photos/salvatorepiermarini/20141152372
Il prof. Teti in precedenza è apparso qui:
Da ultimo, al prof. Teti non posso fare altro che dedicare il finale piano sequenza di Nostalghia, film del 1983 di Andrej Tarkovskij.
e i QUEEN con Somebody to Love
lunedì 18 maggio 2020
Angeli senza paradiso [di Willi Forst,1933]
Ancora nel cuore, ancora nella mente
di PAOLA VIOLI
L’alluvione
del 1951 aveva lasciato al suo passaggio un paese devastato: detriti e fango
dappertutto e case abbandonate senza corrente. Da bere era rimasta solo l’acqua
piovana che si raccoglieva dentro le pentole e i recipienti. I bambini
correvano per le strade del paese senza controllo e i genitori dovevano pensare
a ripristinare quel poco rimasto. Era in questa atmosfera pesante che un
mattino venne a svegliarci la mamma. Io e mia sorella più piccola dormivano
nello stesso letto, abbracciate per scaldarci. Quando aprii gli occhi era tutto
buio, solo la fiammella del lume a petrolio illuminava la stanza. Non sapevamo
il motivo di quella sveglia a quell’ora. Mia sorella più grande ci lavò e ci
vestì. Mia mamma, impassibile, ci prese per mano e uscimmo nella notte umida e
buia. Ci portò davanti alla “Cresiola” da dove partivano i pullman e lì ce
n’era uno più grande e di colore diverso dalla corriera che faceva regolare
servizio. Sul quel grande pullman c’erano delle signore vestite di bianco. Ci
unimmo ad altre bambine del paese, eravamo circa una trentina e ci fecero
salire sul grande pullman. Mia sorella tenendosi per mano alla sua amichetta
Serafina cominciò a salire sul pullman mentre io mi attaccai alla saia di mia
mamma. E quando cercò di farmi salire mi nascosi dietro di lei piangendo e
gridando perché non volevo salire. Quando le porte del pullman si chiusero una
delle signore in bianco abbassò il finestrino, mia mamma con forza mi prese in
braccio e mi passò tra le braccia che sporgevano dal finestrino. Mi fecero
sedere accanto ad un’altra bambina e dopo poco mi addormentai. Quando mi
svegliai entrava la luce dai finestrini, ci fecero scendere, ci diedero
qualcosa da mangiare ed entrammo in quella che mi sembrò una stazione, non so
se di Bovalino o di Reggio Calabria. Arrivò un vecchio treno e ci fecero
salire. Era tutto in legno, sporco e brutto. I sedili duri facevano male alle nostre
fragili ossa. Un viaggio da incubo per una destinazione ignota, non si arrivava
mai. Eravamo stanchi e sporchi. Finalmente il treno si fermò e ci fecero
scendere. Un altro pullman ci portò in una piazza grandissima. Lì, secondo la
mia amica Antonietta Romeo, ci fecero entrare in un locale dove c’erano tante
scarpe, ognuna di noi poteva sceglierne un paio e calzarle. Non ricordo se fossimo
scalze o se quelle che indossavamo non fossero idonee per entrare in un grande
locale pieno di angeli e santi nelle pareti e sul tetto. Eravamo in Vaticano. Rimasi
incantata di tale e tanta bellezza, non avevo mai visto nulla del genere. Lì
c’erano uomini con i mantelli rossi e strani cappelli e monache vestite di nero
con colletti bianchi. All’improvviso tutti tacquero e si girarono con la testa
in su verso una balconata. Anche noi bambini alzammo la testa e vedemmo un
signore con un cappello a punta e un bastone che con una mano ci salutava. Non
so cosa ci disse, presumo che ci desse il benvenuto e la santa benedizione. In
seguito, attraverso le fotografie, riconobbi in lui Papa Pio XII. Dopo di che
delle suore ci distribuirono un sacchetto di carta marrone con dentro
caramelle, biscotti e cioccolatini. Uscendo sul piazzale ci aspettavano altri
pullman. Ci divisero in due gruppi, metà fummo mandati a Roma, gli altri a
Ostia Lido. Quando mi trovai sopra il pullman non vidi più mia sorella, era
stata mandata a Ostia. Mi misi a piangere e una suora mi venne vicino, le dissi:
“Aund’è me soru?” (dov’è mia sorella?). La suora non mi comprese: lei
non conosceva il dialetto e io non conoscevo l’italiano. Mi disperai tanto che
mi prese in braccio e cercò di tranquillizzarmi dicendo che presto l’avrei
rivista. Invece non fu così, la rividi dopo 24 mesi, io ero già a casa quando
lei ritornò da Ostia.
Ci
portarono in un collegio, ci diedero da mangiare e ci misero a letto. Nella
stanza dove dormivamo erano disposti in fila solo degli enormi letti, ognuno
occupato da due bambine, una che dormiva dalla parte della testa e una dalla
parte dei piedi. Il letto più vicino all’ingresso era quello della monaca che
dormiva con noi. A differenza dei nostri il suo era a baldacchino, circondato
da ampie tende bianche per evitare che qualcuna potesse vedere la monaca quando
si cambiava. Fu così che una notte vidi un qualcosa che dopo 70 anni è ancora
vivo nella mia memoria e non so se fosse sogno o realtà. Era buio e io stavo
con gli occhi sbarrati a fissare il letto a baldacchino. All’improvviso da
dietro le tende bianche vidi una luce come se fosse una candela accesa. La luce
si spostò verso di noi bambine che dormivamo. Mi sembrò che la luce avesse una
forma femminile, senza braccia e senza gambe, fatta di luce come un raggio di
sole. Fluttuando si fermò nel letto accanto al mio, abbassò la testa come un
inchino verso la bambina che dormiva e poi si rivolse verso di me. Io,
terrorizzata, mi rannicchiai sotto le coperte coprendomi completamente e da lì
non ricordai più nulla.
Il
primo giorno di scuola ci portarono in un altro edificio che era vicino al
nostro ma separato da un grande e bellissimo giardino. Lì ci aspettavano tante
signorine che parlottavano allegramente. Entrando c’era un corridoio lungo, le
aule erano disposte da una parte sola. La prima volta che entrammo c’era un
grande e giocoso parlottare, delle belle signorine ci accolsero con allegria.
Ognuna si avvicinò a noi coccolandoci, chiedendoci informazioni. Noi le guardavamo
stupite, non capivamo cosa dicessero. La vidi venire verso di me: bella, alta e
mora, i capelli ondulati cadevano sulle spalle, indossava una gonna stretta
fino al polpaccio ed un corpetto stretto in vita. Oggi potrei paragonarla a una
diva del cinema Mi abbracciò, mi prese in braccio ed io m'innamorai di lei. Nei
giorni che seguirono non vedevo l'ora di incontrarla. Ricordo solo il nome:
Margherita. Non so se fossero studentesse esterne o le nostre maestre. L'inverno
passò, venne maggio. Il giardino era fiorito.
Della nostra famiglia non sapevano nulla. Quando mi prendeva la nostalgia della mamma mi
rifugiavo in un angolo e piangevo. Ci prepararono per la S. Comunione e per la
Cresima. La chiesa quel mattino era piena di fiori bianchi, noi eravamo in fila
col nostro vestitino bianco. Sembravamo tanti angioletti ad aspettarci c’erano
le nostre madrine. La mia, naturalmente Margherita, mise la sua mano sulla mia
spalla. Dopo la cerimonia ci portarono nel cortile accompagnate dalle nostre
madrine, Margherita mi diede un pacchetto. Dentro c'era una borsetta di rafia
rossa. Mi disse di aprirla. Oltre a caramelle e cioccolatini, c’erano 6 fazzolettini
bianchi con ricamo rosso e una scatoletta contenente una catenina d'argento con
3 ciondoli in filigrana: fede, speranza e carità. Margherita me la mise al
collo e lì rimase per tanti anni. Ero già a Milano quando la persi. Dopo 12
mesi, ritornammo a casa. Margherita mi aveva preparato un pacco con un
corredino di alta qualità. Così si concluse l'avventura cominciata male ma
finita bene. Un po’ di anni fa, tornando a Roma, mi venne in mente quella
bellissima ragazza che mi fece felice in quei giorni bui. Cercai il collegio
una mattina andai non era più come lo ricordavo. Bussai e mi venne ad aprire
una suora piuttosto anziana, le spiegai il motivo della mia visita, ma lei non
ricordava quel periodo. Mi disse che si erano ridotte a vivere in poco spazio
non avendo i mezzi per sostenere le spese. Quando mi fece entrare nella
cappella mi commossi perché era uguale a come la ricordavo. Rividi le bimbe
tutte vestite di bianco, tanta gente attorno a noi e quella stupenda ragazza. Lasciai
un pensierino per le suore quando le salutai. Un frammento della mia
fanciullezza se ne era andato, ma nella mente e nel cuore vive ancora.
Rosa, la sorella di Paola, quando partì aveva 5 anni
Le suore che avevano ospitato le bambine erano le Bettlemite di Roma. Quel collegio dove soggiornarono oggi non esiste più.
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domenica 17 maggio 2020
Il mondo va avanti [di John Ford,1934]
OPERE
PUBBLICHE A PLATI’
GAZZETTA
DEL SUD, 16 marzo 1956
giovedì 14 maggio 2020
Stay Hungry [di Bob Rafelson,1976]
Hey there mister can you tell me what happened to the seeds I've sown
Stay hard, stay hungry, stay alive
Bruce Springsteen
Dilemma di quest’oggi,anzi di stamattina:
cosa dovrò mangiare,
se pollo o se gallina.
Pepé Gliozzi (1920 - 2004)
CALABRIA
DEL XVIII SECOLO
Grande fame a Platì nel 1768
in conseguenza della carestia
di quattro anni prima
di ROCCO LIBERTI
Anche a Platì si soffri grandemente la fame in conseguenza
della nota carestia, che - comparsa sulla scena sin dal 1764 - si protrasse per alcuni anni. Se per
buona parte delle Terre della Piana di Terranova si segnala proprio in tale
anno, per Platì i documenti la riferiscono al 1768. Interessante a proposito
quanto vaticali Domenico Trimboli, Girolamo
Schimizzi, Vincenzo Pangalo e Carmine Vocisano, tutti di Santa Cristina,
intesero testimoniare al notaio il 18 luglio dell’anno successivo.
Riferirono tali che, facendo per mestiere il trasporto con
le loro mule di grani d 'ogni specie,
fagioli ed altre vettovaglie nelle parti della Marina di Levante ed in
particolar modo a Platì, si trovarono continuamente pressati dalla popolazione
di quel paese a procurar loro del granone o grano indiano solito cibo, e pascolo di quella povera gente, e ciò per la penuria grande,
che vi fu nell'anno caduto nel paraggio di d.a Marina di Levante, e con
particolarità in d.a Terra di Platì, ove la gente miserabile vedevasi crepar di
fame.
I vaticali avrebbero senz`altro provveduto alle richieste,
ma i soldi non c`erano ed essi non erano proprio in grado di dare il prodotto a
credito. Ecco allora sortire due persone principali, da bene, e caritatevoli,
il mag. dr. d. Antonio Oliva e dr. fisico d. Domenico Oliva, i quali
si fecero avanti a garantire sulle quantità di granone che sarebbe stata
incettata in Palme, Seminara ed altre terre al prezzo che sarebbe stato
possibile convenire.
Soddisfecero alle domande i lavoratori cristinesi ed in più
volte e vari tempi riuscirono a far arrivare alla gente affamata ben 300 tumoli
di granone, che consegnarono parte all`uno parte all'altro dei due
gentiluomini, i quali provvidero a farne un`oculata distribuzione ai poveri naturali a credenza. Il costo del
prodotto assommò a carlini 17 grana 2 e piccoli 6 al tumolo comprendendo anche
le spese per viaggi, tasse doganali, misure ed altro. Sicuramente, come dissero, si
trattò di prezzi alterati, ma le spese erano quelle che erano e la distanza tra Palmi e Platì era di ben 30
miglia. Comunque, nel medesimo tempo il prezzo dei grani bianchi era arrivato a carlini 25 il tumolo, ma
tale cibaria era sicuramente un lusso per i poveri platiesi, per i quali il
grano risultava cibo per altro solito
loro. Parte di granone, peraltro era riservato alla semina.
In corsivo: Sezione archivio di stato di Palmi, Libro del protocollo di
nr. Antonio Morabito, Santa Cristina, a. 1769, ff. 1v-12.
Testo e foto: Storicittà – Rivista d’altri
tempi, Luglio-Agosto 2004
Sulla foto riprodotta qualcuno può nutrire dubbi, descritta come panorama di Platì anni '20, sembra più un acquarello che immagine fotografica.
UN GRAZIE SENTITO A ROCCO LIBERTI
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mercoledì 13 maggio 2020
Il pollo si mangia con le mani [di Michael Schultz, 1981]
Peppe
ad Ernesto
17. 5 . 966
Dilemma di quest’oggi,
anzi di stamattina:
cosa dovrò mangiare,
se pollo o se gallina.
Questa la teoria;
che in pratica si sa
mancano i gallinacei
in questa zona qua.
Solo “nta marateja”*
c’è un po’ di movimento:
li vidi svolazzare
galline quasi cento.
Ad ordinare polli
il medico fa presto
ma io che dovrei fare
per chiederlo ad Ernesto?
Farò domanda scritta,
oppure la faccio orale,
la chiederei con versi
o con memoriale?
Eco un altro dilemma
risolto tuttavia
con questa mia richiesta
a mezzo poesia (?!!!)
*Marateja,
Maratea (PZ)
Lo zio Pepè aveva un ottimo rapporto con i gallinacei e i pollacei: Silvana Trimboli proprio ora mi ha riferito che sua madre ricordava di un pollo (o gallina) tolto dalla strada dove solitario vagava e da lei cucinato e servito in una tavolata dove erano presenti suo marito 'Ntoni u parlinu, il professore De Marco, Ninì Gelonesi e ovvio lo zio Pepè. Occupavano la bottega del vino di 'Ntoni per cui il vino fu reclamato in abbondanza.
In apertura: Ciccillo, Pina, Ernesto e due Lambrette. In realtà, nella foto, lo zio Ciccillo faceva finta di portarla.
Lo zio Pepè aveva un ottimo rapporto con i gallinacei e i pollacei: Silvana Trimboli proprio ora mi ha riferito che sua madre ricordava di un pollo (o gallina) tolto dalla strada dove solitario vagava e da lei cucinato e servito in una tavolata dove erano presenti suo marito 'Ntoni u parlinu, il professore De Marco, Ninì Gelonesi e ovvio lo zio Pepè. Occupavano la bottega del vino di 'Ntoni per cui il vino fu reclamato in abbondanza.
In apertura: Ciccillo, Pina, Ernesto e due Lambrette. In realtà, nella foto, lo zio Ciccillo faceva finta di portarla.
lunedì 11 maggio 2020
Alba di fuoco [di George Sherman, 1954]
Una tragedia dimenticata
Arrivando sull'altipiano dello Zillastro, dopo aver percorso la strada statale 112 d’Aspromonte, si prova la stessa emozione che colpisce chi visita per la prima volta la Valle dei Templi di Agrigento. Il “casello” che vedete nella foto di Nicola Barbaro, concorre a questa sensazione.
Non è che un rudere, per giunta di umili ascendenze; è solo ciò che resta di una “casa cantoniera”, e si presentava così fin dai lontani anni Quaranta. Esso, tuttavia, conserva, senza ostentarla, una sua misteriosa bellezza, forse conferita gli dalla maestà, direi quasi dalla divinità, del paesaggio circostante.
Era proprio com'è adesso, il “casello”, anche l'otto settembre del 1943, quando davanti alle sue mura sbrecciate, alle occhiaie vuote dei suoi finestroni, si consumò un'inutile tragedia, l'inutile olocausto di tante giovani vite. Il secondo conflitto mondiale volgeva al termine. Tentiamo di ricostruire brevemente gli avvenimenti di quella terribile estate del 1943:
- il 3 agosto, il maresciallo Badoglio avviava trattative segrete con gli Alleati per un armistizio, e il successivo 14 agosto il suo governo dichiarava Roma “città aperta”;
- il 19 agosto il generale Castellano riceveva il testo dell'armistizio, predisposto dal comandante in capo delle forze alleate nel mediterraneo, il generale Eisenhower;
- il 31 agosto il generale Castellano proponeva agli alleati di stanza in Sicilia, di sbarcare sul continente prima dell'annuncio dell'armistizio;
-il 3 settembre, a Cassibile, in provincia di Siracusa, il governo Badoglio firmava l'armistizio, impegnando tra l'altro l'Italia a non ostacolare l’avanzata degli Alleati sul territorio nazionale;
- solo il successivo 8 settembre l'annuncio dell'armistizio veniva dato via radio a tutti gli italiani, provocando lo sbandamento di gran parte delle nostre forze militari.
Ma proprio all’alba di quel giorno si svolse sullo Zillastro una violenta battaglia tra i quattrocento uomini dell'ottavo battaglione paracadutisti del 185° reggimento (Divisione Nembo) e i quattromila soldati canadesi dei reggimenti “Edmonton” e “Nuova Scozia”. La battaglia durò dall'alba alle nove circa del mattino.
Fu un massacro.
Un cippo ed una lapide marmorea poste sul luogo della battaglia dopo mezzo secolo, ricordano laconicamente l'episodio, sottolineano il valore dei nostri soldati.
Ne riproduciamo qui sotto le immagini, riprese da Nicola Barbaro:
Quanti
furono i caduti, dell'una e dell'altra parte? Non lo sappiamo: di quei lontani
giorni, e degli anni oscuri che seguirono, la Storia non ha ancora certezze.
Per
ora, solo il silenzio dell'altipiano stende un velo di pietà sugli anonimi sepolcri.
Michele Fera
PLATÌ, nov. 1996
A FORGOTTEN TRAGEDY
After a drive on Aspromonte Road
112, you will arrive at a Plateau named Zillastro and you will feel the same
striking emotion as when visiting for the first time Agrigento’s Temple Valley.
The “tollbooth” you can see in Nicola Barbaro’s photo adds to the feeling.
It is just a ruin of humble origins,
the remains of a roadhouse, and it has been in the same condition since the
40s. Yet, it maintains, without flaunting it, an enigmatic beauty, maybe a
reflection of the majesty, one would dare say divinity, of the surroundings.
The “tollbooth” was in the same
conditions also on 8 September 1943, when in front of its cracked walls, of its
empty “eye socket” windows, an absurd tragedy took place causing the loss of
many young lives.
WW2 was drawing to a close. The
following is a brief sequence of events of Summer 1943.
- 3rd of August: General
Badoglio started secret negotiations with the Allies for an armistice. On 14th
of August, the Government declares Rome “open city”.
- 19th August: General
Castellano receives the text of armistice drawn by General Eisenhower,
Commander in Chief of Allied Forces in the Mediterranean;
- 31st August: General
Castellano suggests the Allies stationed in Sicily disembark on mainland before
Armistice is proclaimed;
- 3rd September: in
Cassibile, province of Syracuse, Government led by Badoglio signs Armistice and
committs Italy to avoid hindering the Advance of Allies on national territory;
- 8th September: only on
this date Armistice is proclaimed to the Country via radio causing a total
confusion and scattering among our military forces.
It is just at dawn of the same day
that a fierce battle erupted between four hundred men from 8th
paratroopers battalion belonging to 185th regiment (Nembo Division)
on one side and four thousand Canadian soldiers belonging to regiments
“Edmonton” and “Nova Scotia” on the opposite side. The battle lasted from dawn
to about 9 a.m.
It was bloodshed.
A memorial stone and a marble slab
have been placed on the battle ground in terse memory of the event and the
bravery of our soldiers.
You can find below the pictures by
Nicola Barbaro:
How many casualties on both sides?
We do not know: History has not sure facts yet related to those far days nor of
the dark years that followed.
Only the silence of the Plateau,
now, lays a veil of pity on the nameless graves.
Michele Fera
PLATÌ, November 1996
Il testo di Michele Fera apparve per la prima volta sulla rivista PLATI' di Mimmo Marando edizione novembre 1996. Le foto sono di Nicola Barbaro. La traduzione di Rosalba Perri.
domenica 10 maggio 2020
giovedì 7 maggio 2020
E ora qualcosa di completamente diverso [di Ian MacNaughton, 1971]
L’Associazione
Santa Pulinara riunita virtualmente
in sessione straordinaria ha deciso per l’anno 2020 una edizione speciale del Premio Letterario
“Ernesto Gliozzi” conferendolo a Silvana Trimboli per la sua poesia La vita al tempo del Corona.
Motivazione:
Per aver saputo coniugare i richiami più tipicamente
religiosi, sia come accenti che come temi, all’incubo che tutto satura in
questo periodo. Come un antico cantore, ella ha dato alla poesia un ritmo
incalzante nei primi tre versi che rallenta nel quarto a sottolineare il rapido
espandersi di un’epidemia ed il suo ristagno successivo. Inoltre registrando la
poesia con la propria voce ha infuso quell’accento accorato, quello spessore e
quel calore che riconosciamo nelle voci di molte donne dei nostri paesi.
Silvana, la prima a destra. La più grande Franca, vicino a lei Maria. Al centro Saro (sinistra) e Pasqualino. In braccio a Franca il piccolo Antonio Loreto, nato dopo la morte del padre infatti si chiamava come lui.
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