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lunedì 11 maggio 2020

Alba di fuoco [di George Sherman, 1954]



Una tragedia dimenticata 

Arrivando sull'altipiano dello Zillastro, dopo aver percorso la strada statale 112 d’Aspromonte, si prova la stessa emozione che colpisce chi visita per la prima volta la Valle dei Templi di Agrigento. Il “casello” che vedete nella foto di Nicola Barbaro, concorre a questa sensazione.
Non è che un rudere, per giunta di umili ascendenze; è solo ciò che resta di una “casa cantoniera”, e si presentava così fin dai lontani anni Quaranta. Esso, tuttavia, conserva, senza ostentarla, una sua misteriosa bellezza, forse conferita gli dalla maestà, direi quasi dalla divinità, del paesaggio circostante.
Era proprio com'è adesso, il “casello”, anche l'otto settembre del 1943, quando davanti alle sue mura sbrecciate, alle occhiaie vuote dei suoi finestroni, si consumò un'inutile tragedia, l'inutile olocausto di tante giovani vite. Il secondo conflitto mondiale volgeva al termine. Tentiamo di ricostruire brevemente gli avvenimenti di quella terribile estate del 1943:
- il 3 agosto, il maresciallo Badoglio avviava trattative segrete con gli Alleati per un armistizio, e il successivo 14 agosto il suo governo dichiarava Roma “città aperta”;
- il 19 agosto il generale Castellano riceveva il testo dell'armistizio, predisposto dal comandante in capo delle forze alleate nel mediterraneo, il generale Eisenhower;
- il 31 agosto il generale Castellano proponeva agli alleati di stanza in Sicilia, di sbarcare sul continente prima dell'annuncio dell'armistizio;
-il 3 settembre, a Cassibile, in provincia di Siracusa, il governo Badoglio firmava l'armistizio, impegnando tra l'altro l'Italia a non ostacolare l’avanzata degli Alleati sul territorio nazionale;
- solo il successivo 8 settembre l'annuncio dell'armistizio veniva dato via radio a tutti gli italiani, provocando lo sbandamento di gran parte delle nostre forze militari.
Ma proprio all’alba di quel giorno si svolse sullo Zillastro una violenta battaglia tra i quattrocento uomini dell'ottavo battaglione paracadutisti del 185° reggimento (Divisione Nembo) e i quattromila soldati canadesi dei reggimenti “Edmonton” e “Nuova Scozia”. La battaglia durò dall'alba alle nove circa del mattino.
Fu un massacro.
Un cippo ed una lapide marmorea poste sul luogo della battaglia dopo mezzo secolo, ricordano laconicamente l'episodio, sottolineano il valore dei nostri soldati.
Ne riproduciamo qui sotto le immagini, riprese da Nicola Barbaro:



Quanti furono i caduti, dell'una e dell'altra parte? Non lo sappiamo: di quei lontani giorni, e degli anni oscuri che seguirono, la Storia non ha ancora certezze.
Per ora, solo il silenzio dell'altipiano stende un velo di pietà sugli anonimi sepolcri.
Michele Fera
PLATÌ,  nov.  1996

A FORGOTTEN TRAGEDY

After a drive on Aspromonte Road 112, you will arrive at a Plateau named Zillastro and you will feel the same striking emotion as when visiting for the first time Agrigento’s Temple Valley. The “tollbooth” you can see in Nicola Barbaro’s photo adds to the feeling.
It is just a ruin of humble origins, the remains of a roadhouse, and it has been in the same condition since the 40s. Yet, it maintains, without flaunting it, an enigmatic beauty, maybe a reflection of the majesty, one would dare say divinity, of the surroundings.
The “tollbooth” was in the same conditions also on 8 September 1943, when in front of its cracked walls, of its empty “eye socket” windows, an absurd tragedy took place causing the loss of many young lives.
WW2 was drawing to a close. The following is a brief sequence of events of Summer 1943.
- 3rd of August: General Badoglio started secret negotiations with the Allies for an armistice. On 14th of August, the Government declares Rome “open city”.
- 19th August: General Castellano receives the text of armistice drawn by General Eisenhower, Commander in Chief of Allied Forces in the Mediterranean;
- 31st August: General Castellano suggests the Allies stationed in Sicily disembark on mainland before Armistice is proclaimed;
- 3rd September: in Cassibile, province of Syracuse, Government led by Badoglio signs Armistice and committs Italy to avoid hindering the Advance of Allies on national territory;
- 8th September: only on this date Armistice is proclaimed to the Country via radio causing a total confusion and scattering among our military forces.
It is just at dawn of the same day that a fierce battle erupted between four hundred men from 8th paratroopers battalion belonging to 185th regiment (Nembo Division) on one side and four thousand Canadian soldiers belonging to regiments “Edmonton” and “Nova Scotia” on the opposite side. The battle lasted from dawn to about 9 a.m.
It was bloodshed.
A memorial stone and a marble slab have been placed on the battle ground in terse memory of the event and the bravery of our soldiers.
You can find below the pictures by Nicola Barbaro:
How many casualties on both sides? We do not know: History has not sure facts yet related to those far days nor of the dark years that followed.
Only the silence of the Plateau, now, lays a veil of pity on the nameless graves.
Michele Fera
PLATÌ, November 1996

Il testo di Michele Fera apparve per la prima volta sulla rivista PLATI' di Mimmo Marando edizione novembre 1996. Le foto sono di Nicola Barbaro. La traduzione di Rosalba Perri.

giovedì 7 maggio 2020

E ora qualcosa di completamente diverso [di Ian MacNaughton, 1971]


L’Associazione Santa Pulinara riunita virtualmente in sessione straordinaria ha deciso per l’anno 2020 una edizione speciale del Premio Letterario “Ernesto Gliozzi” conferendolo a Silvana Trimboli per la sua poesia La vita al tempo del Corona.

Motivazione:
Per aver saputo coniugare i richiami più tipicamente religiosi, sia come accenti che come temi, all’incubo che tutto satura in questo periodo. Come un antico cantore, ella ha dato alla poesia un ritmo incalzante nei primi tre versi che rallenta nel quarto a sottolineare il rapido espandersi di un’epidemia ed il suo ristagno successivo. Inoltre registrando la poesia con la propria voce ha infuso quell’accento accorato, quello spessore e quel calore che riconosciamo nelle voci di molte donne dei nostri paesi.

Silvana, la prima a destra. La più grande Franca, vicino a lei Maria. Al centro Saro (sinistra) e Pasqualino. In braccio a Franca il piccolo Antonio Loreto, nato dopo la morte del padre infatti si chiamava come lui.


mercoledì 6 maggio 2020

Fatti corsari - "praebens firma argumenta virtutis verae "



-Lentini Giuseppe di Domenico Antonio di Alessandro, il 25.9.1848, in loco dicto licivota, tempore nocturno a fure Dominico Musolino vulneratus est gladio et ideo in domo sororis suae, post trium Sacramentorum susceptionem, animam Deo reddidit "Nel luogo chiamato licivota di notte fu ferito con una spada dal ladro Domenico Musolino e quindi rese l'anima a Dio nella dimora di sua sorella, dopo l'assunzione dei tre Sacramenti" (Mo 25.9.1848).
-Lentini Giovanna di Dom. (Mo.13.8.1827) civitatis Oppidi.
-Lentini d. Pasquale (Mo 4.11.1824) sacerdote - vicario foraneo.
-Trimboli d. Domenico (Mo.11.9.1829) arciprete di Cirella.
-Brizzi Maria (Mo.16.2.1849) da Ardore - vedova di Romeo Domenico francisi
-Pezzano Maria (Mo.3.12.1849) da Ardore-vedova di Sergi Carlo careja
-Fera m° Michele (Mo.29.7.1851) vir mf Nirta Candida, padre dell' Arciprete di Polsi  d. Domenico Fera.
-Fera d. Domenico (Mo 2.7.1856) arciprete rettore del Ven. Santuario di Polsi, morto a 65 anni c., optimus sacerdos, egregius sator, verus amicus, correptus podagra prope cor, et patientissime toleratis acerbissimis doloribus per septem menses, praebens firma argumenta virtutis verae "Ottimo sacerdote, notevole autore, vero amico, il cuore logorato dalla gotta e, sopportati terribili dolori con grandissima pazienza per sette mesi, offrendo solide testimonianze di autentica virtù".
LIBRO DEI MORTI VOL. V°

Nota: Oscura e dispersa nel tempo e nella memoria il  loco dicto licivota.


La traduzione dal latino la devo ancora una volta alla infinita cortesia della professoressa Gina Misdaris, già docente di Lettere Classiche al Liceo classico "Stellini" di Udine.

lunedì 4 maggio 2020

Colpire al cuore [di Gianni Amelio, 1983]


Next to me is Bobi Jewell ... mother of Richard Jewell.
By some savage twist of fate, Richard Jewell has been wrongfully and falsely accused of murder and mayhem.
Her son's accusers are two of the most powerful forces in the world today.
The United States government and the media.
For the past four weeks, these horrific forces have combined to make her daily existence a living hell.
As I speak, they continue to crush the very life out of her and her only son.
I introduce Barbara Jewell, the 113th victim of the Centennial bombing.

La persona accanto a me è Bobi Jewell, la madre di Richard Jewell.
Per un crudele scherzo del destino, Richard Jewell è stato ingiustamente accusato di omicidio e lesioni aggravate.
Ad accusare suo figlio sono le due forze più potenti nel mondo di oggi.
Il governo degli Stati Uniti e i media.
Nelle ultime quattro settimane, queste terribili forze hanno reso la sua vita quotidiana un vero inferno.
Mentre vi parlo, continuano ad annientare la sua esistenza...
E quella del suo unico figlio.
Vi lascio a Barbara Jewell...
La 113esima vittima di Centennial Park.
Clint Eastwood, Richard Jewell, 2019

Oggi senza motivo apparente (forse) mi sono lasciato andare, con una dose minima di visionaria visione, in uno scambio di parti: qui leggerete del fil(e)m che doveva essere nel suo sito fratello e viceversa qui la pubblicazione originaria per questa pagina. Volevo solo colpire al cuore, come direbbe Bettina Cugina.

domenica 3 maggio 2020

Con le mani pulite [di Sergiu Nicolaescu, 1973]



Dall' ANNUARIO DELL’AGRICOLTURA ITALIANA 1930 VIII

Frantoi (eserc.): Oliva Michele, Furore Giosafatte, Mittiga Francesco, Lentini Francesco, Oliva Francesco
Molini (eserc.): Marando Antonio, Marando Rocco, Marando Francesco, Marando Domenico Antonio, Miceli Giovanni, Creazzo eredi Luigi.
Olio d’oliva (prod.): Furore cav. Giosofattino, Oliva cav. Michele, Mittiga Giuseppe, Zappia Rosario, Oliva F.lli, Zappia Filippo, Mittiga Giuseppe.

Le mani pulite le avevano, ovvio, i gnuri sopra citati.

venerdì 1 maggio 2020

Sposa e madre [di Gianni Franciolini, 1944]



Oggi inizia quello che prima dell’avvento dell’Olivastro era definito il mese Mariano. All’asilo sotto il vigile sguardo della Madre Maestra Armida, i bambini cominciavano a fare i primi colorati fioretti, che appesi all’albero sarebbero stati sacrificati in onore della Sposa del falegname Pepé e Madre del Cristo risorto. Tutto finito, il tempo sprecato, la festa dei lavoratori cassata! La Madre Maestra Armida ci guarda dal Cielo e le sue consorelle rimosse sulle pagine di faccebuck. Con questa pubblicazione terminano anche i virtuali festeggiamenti per i cento anni dello zio Pepè e la data non è casuale perché oggi è il compleanno della sua sposa Annina, ultima erede insieme a Tota e Carletto di quella che fu la nobile famiglia dell’avvocato Lentini "machini e mulini".



giovedì 30 aprile 2020

L'uomo dal fiore in bocca [di Marc Bellocchio, 1993]

Ti chiedo però di parlare, scriverete tornare in mezzo a noi calabresi. Scusa se la mia parola non è facile: sono un operaio.
Ulisse – Crotone
"Un giudizio netto,interamente indignato".
Pier Paolo Pasolini


Pasolini e la Calabria [e Corrado Alvaro]

di Gaetanina Sicari Ruffo

Il giudizio di Pier Paolo Pasolini contenuto nel libro Le belle Bandiere - Editori Riuniti, 1991 – appare un po’ datato, ma essenziale e denso di significato, di forte e chiara denunzia oltre che veritiero. In effetti si riferisce al 1960, anno in cui Pasolini fece un viaggio nella regione e ricevette anche il rifiuto di parlare in un Circolo di Reggio in Calabria che l’aveva prima invitato.
Lo scrittore risponde ad un lettore che gli chiedeva dei suoi rapporti con la Calabria: “Tra tutte le regioni italiane, la Calabria è forse la più povera: povera di ogni cosa: anche, in fondo, di bellezze naturali. Per duemila anni è stata sottogovernata: ma sottogovernata ancora peggio che la Sicilia o il Napoletano, o le Puglie, che, in molti periodi storici sono state delle vere piccole nazioni, dei centri di civiltà, in cui i dominatori risiedevano, almeno, ed avevano rapporti diretti con la popolazione: gli Arabi in Sicilia, i Normanni in Puglia ecc. La Calabria è stata sempre periferica, e quindi, oltre che bestialmente sfruttata, anche abbandonata. Da questa vicenda storica millenaria non può che risultare una popolazione molto complessa, o per dir meglio, con linguaggio tecnico, «complessata››. Un millenario complesso di inferiorità, una millenaria angoscia pesa nelle anime dei calabresi, ossessionate dalla necessità, dall'abbandono, dalla miseria.
Nel popolo questi «complessi» psicologici di carattere storico, possono dare, nei casi estremi, i risultati più opposti: la più grande bontà - una bontà quasi angelica - e una furia disperata e sanguinaria (la cronaca purtroppo ne parla ogni giorno). Una popolazione esteriormente umile, depressa, internamente drammatica.
Tu forse sai che i «complessi›› psicologici impediscono uno sviluppo normale della personalità: così i calabresi sono molto infantili e ingenui - e questo è del resto il loro grande fascino, la loro più bella virtù. E quel tanto di contorto che c'è in loro è, in fondo, infantilmente semplice.
Fermiamoci a considerare questa prima parte del suo giudizio che in generale riguarda il tracciato identificativo e storico della popolazione e della terra calabrese all’epoca.
Potrebbe sorprendere l'espressione dello scrittore sul fatto che la Calabria sia povera di bellezze naturali. Penso che intendesse che le sue bellezze, innegabili per altro, fossero trascurare: discariche a cielo aperto, vie di comunicazione precarie, scarsa cura del territorio, nessuna strategia per rilanciare il turismo. Oggi dovremmo aggiungere pure il giallo dei rifiuti tossici, versati in alcune località costiere e montane. Non è un delitto che pesa, a carico di chi amministra, non certo della natura che non e stata generosamente protetta?
È una verità bensì che nell’aspetto dei luoghi resti la traccia profonda di tanti secoli di abbandono e di malgogoverno. E’ una traccia che dura pure nelle menti e ne condiziona i comportamenti.  
In questo Pasolini rivela d’essere attento conoscitore dei moti d’animo popolari anche quado parla del carattere dei calabresi che sono egli dice in fondo molto infantili ed ingenui e quel tanto di contorto che è in loro è in fondo infantilmente semplice. Ma creduto ancora in questa semplicità se solo avesse potuto conoscere i numerosi delitti delle famiglie di 'ndranghetista e la rovinosa diffusione del malaffare in mezzo mondo? Non credo si possa parlare di fascino della semplicità della gente Calabra che o era una favola malcelata o s’è definitivamente persa.
S’è detto tante volte da voci diverse dell’immobilismo meridionale, del senso di stanchezza che sembra opprimere le popolazioni. Su queste componenti egli ha una sua diagnosi: l’abitudine ad essere dominati ed asserviti ai tanti dominatori che si sono susseguiti nel passato non ha certo creato stimoli ed incoraggiato la ripresa in senso dinamico. E’ vero, ma questo retaggio non si cancella mai? La natura spontanea o acquisita non può essere corretta e modificata? Verrebbe da rispondere: sì, con la cultura. Ma questa non è una voce vincente e preponderante.
L'unico autore calabrese menzionato è Alvaro che tuttavia serve solo a confermare l’arretratezza degli abitanti. Pasolini aggiunge: “La borghesia Calabrese, come tu sai, è di formazione molto recente. Corrado Alvaro dice addirittura, con una boutade che contiene però molta verità, che essa è nata in quest'ultima guerra, con la «borsa nera››. E una borghesia recentissima, dunque, e quantitativamente scarsa. Le forme più moderne di questa borghesia, mi pare si riscontrino a Crotone: nelle altre grosse città calabresi, la borghesia è forse la peggiore d'Italia: appunto perché in essa c'è un fondo di disperazione che la irrigidisce, la mantiene, come per autodifesa, arroccata su posizioni dolorosamente antidemocratiche, convenzionali, servili. Non è possibilista, scettica, elastica come in altre regioni del Meridione, dove ciò che la salva, è proprio la sua corruzione, cioè la sua antica esperienza. In Calabria, ripeto, è rigida, moralistica: e perciò faziosa.
Sarà forse un caso, ma tutti i giovani che ho incontrato casualmente o che mi sono stati presentati in Calabria sono fascisti: dico, naturalmente, gli adolescenti di classe borghese. Questo mi ha costernato. È un problema, quindi, che passo ai dirigenti politici: esso mi sembra realmente grave, e da affrontarsi risolutamente. Da tutto quello che ho detto qui sopra può risultare, infatti, storicamente chiaro che la borghesia calabrese tende agli estremismi di destra.
Naturalmente c'è il Crotonese che fa eccezione. Ed è per questo - per questa possibilità, per questa speranza che il Crotonese autorizza ad avere - che io continuo ad appassionarmi a questo problema, come se fosse mio, e non perderò certo mai occasione per parlarne: e dire - sia essa gradevole
o no - quella che a me sembra la verità.
I problemi suggeriti da questa seconda parte di considerazioni di Pasolini riguardano la borghesia, una classe che a sud ha attirato su di sé prevalentemente le colpe del degrado e dell’arretratezza, non essendo riuscita, dopo l’Unità, a rivelare autonomia e slancio di iniziative. Si e invece vincolata con la prestazione dei voti, pur di essere privilegiata, ai gruppi parlamentari che la sostenevano di volta in volta, senza avere a cuore i veri interessi dei cittadini. Tutti sanno che l'annosa questione meridionale è cominciata da qui e inutili sono stati i suggerimenti dei vari economisti e sociologi perché la situazione mutasse. “La borghesia settentrionale ha soggiogato l’Italia meridionale e le isole e le ha ridotte a colonie di sfruttamento”, questa l'accusa di Gramsci per sottolineare l’inerzia di questa classe a sud, mentre per Dorso la debolezza di tutto il sistema è venuta dall’assenza di una classe media libertaria capace di risollevare le sorti compromesse dall’impasse di tutta l’area. La classe operaia, che pure era stata protagonista di memorabili lotte contro le prevaricazioni feudali negli anni prima e dopo il fascismo, non ha avuto l'energia e i mezzi necessari per attuare quella rivoluzione proletaria che era negli auspici del partito comunista.
Alle accuse di ieri si sommano quelle odierne che riguardano il generale superamento della distinzione delle classi, ma non una pacificazione sociale promotrice di progresso e di sviluppo. Ancor oggi l’economia è stagnante e l’industria del turismo, che pure con successo potrebbe essere impiantata, è solo una pia vocazione astratta. Mancano strumenti bancari adeguati e mezzi di comunicazione rapidi ed efficienti.
Neppure i giovani che sempre lo scrittore ha considerato come promessa del futuro spingono a ridenti speranze. Il motivo non nasce solo dalla loro appartenenza a partiti di destra, com' è detto nella risposta pasoliniana, quanto dalla dispersione che è intervenuta nei loro progetti, dalla demotivazione che li caratterizza per carenza di lavoro e per necessità d’espatrio.
A ben vedere quindi il quadro prospettico calabrese, a distanza di decenni è mutato, ma solo superficialmente. La grande utopia d’un partito comunista che risana le piaghe e che dà vigore alla classe operaia per renderla matura e responsabile è pur essa tramontata dopo la caduta del muro di Berlino. Si e generata una confusione di ruoli e la nuova classe capitalistica ha fallito nelle sue mire ed una generale grigia ed amorfa gora di sopravvivenza è subentrata. Il privato ha avuto un gioco più libero di quello pubblico, ma non sempre schietto e onesto. Si sono infiltrati gruppi di potere malavitoso cui si attribuisce in maggior parte la stagnante e pericolosa deriva.
Calabria Sconosciuta n. 132 Anno XXVIV  ottobre - dicembre 2011.

NOTA La risposta di Pasolini al lettore che lo interrogava era apparsa sul settimanale di attualità “Vie Nuove”, n. 49 a. XV, 10 dicembre 1960, fondato nel 1946 da Luigi Longo, Pasolini collaborò con una sua rubrica dal 1960 al 1965.

mercoledì 29 aprile 2020

The Farewell [di Lulu Wang, 1940] e Fausto Coppi

Bovalino, nu sabitu i chisti
Caru Don Peppinuzzu,
mi scusati e mi perdunati se mi permettu u vi mandu stu' fogghiettu c'ummè cummàri e p'o tempu chi ndavìti a perdìri p’ammu leghiti.
Dunca, cu volìa u saccíu acchì cosa pa tuttu ssu sdegnu chi ndavìti c’umnìa, pecchì eu no’mmisentu in trascuransa non cu vvui e no cull'amici i nuja manèra, ma sa trascuranza ncè vulerrìssi m'a saccìu in modu u mi pozzu scusari c’uttùtti. Mi staiu magiandu i ciriveja d'a matìna a sira, ma no riesciu u mi ricordu nenti. Mi ricordu sulu ca mi ndavivivu promettùtu u venìti ogni tantu u si facití na visiteja a stu povuru malàtu, ma si vidi ca sta promisa vi catti i menti o vi ndi stafuttìti i mia.
Ma non si faci nenti. Vi mandu o stessu i mei saluti, ma teniti cuntu ca no’nci tegnu u vi scommutàti i nuja manera, altrimenti mi costringiti u fazzu a chi mala figùra. Teniti cuntu ca non ci sugnu.
Tanti saluti. E salutàti a me cummari.

Addio.  PGliozzi
A Peppe Rinaldo


La foto con autografo di Fausto Coppi allo zio Pepé è una rarissima testimonianza del Giro della Calabria svoltosi nella primavera del 1950. Qualcuno ricorda che quel giro passò anche da Platì e questo video sembra testimoniarlo.

lunedì 27 aprile 2020

Cuor di regina [di Carl Froelich 1940]

Di seguito le tre lettere che la reina consorte de España , Maria Cristina, scrisse al Padre Bonaventura, suo confessore, presso il convento dei Riformati di Bianco

°°°

Padre Bonaventura,
ho ricevuto con sommo piacere il vostro foglio del 25 nov. e con particolare godimento le due immagini una della S.S. Vergine del Buon Consiglio e l’altra di S. Francesco e le tre composizioni in stampa.
Nel farvi giungere i miei più vivi ringraziamenti per queste vostre dimostranze di affetto verso di me e tutta la mia famiglia, desidero che il cielo vi ricolmi di ogni bene spirituale e temporale. Sono ugualmente sensibile alle assicurazioni che mi date di porgere calde suppliche pel felice risultato del prossimo mio parto e ve ne sarò molto grata.
P.S. Il giorno della data di questa lettera alle ore 2 dopo pranzo Dio mi concesse un parto felice dando alla luce una bambina, l’Infanta Maria Luisa Fernanda.
Madrid, 30 giugno 1832


Padre Bonaventura,

i sentimenti di giubilo che sperimentate nel sentire il ristabilimento del mio amato sposo, che segue benissimo nella sua convalescenza, sono per me una prova non equivoca dell’affetto che portate a tutta la nostra famiglia e le preci fervorose da Voi dirette all’Altissimo mi fanno sperare che lo vedrò quanto prima del tutto ristabilito.
Non tralascio di raccomandarvi al mio amatissimo fratello Ferdinando, perché possiate predicare nella Reale Cappella Palatina, nel venturo anno 1834, il vostro quaresimale, desiderosa che le mie raccomandazioni abbiano un effetto felice.
Vi ringrazio per le imploratemi benedizioni dal cielo e ve ne desidero altrettante.
Maria Cristina
Madrid, 14 febbraio 1833


Padre Bonaventura,

col vostro foglio del 14 aprile mi è pervenuto l’incenso e le cere che avete avuto l’attenzione di mandarmi come facenti parte di quelle che lasciarono innanzi al Santo Sepolcro nell’ultima settimana Santa, per cui mi sono stati questi oggetti altrettanto grati e ve ne ringrazio moltissimo.
Vi sono altresì riconoscente per le proteste che mi fate di volermi avere sempre presente nelle vostre orazioni e potete essere certo che non vi è cosa che mi sia più gradita.
Da parte mia contate sempre sulla uguale stima e benevolenza.
Maria Cristina.
Madrid, 9 giugno 1833
°°°
Nota di Ernesto Gliozzi il vecchio.In detto convento visse quasi tutta la sua vita Padre Bonaventura da Casignana (al secolo Giuseppe Nicita) religioso di santa vita che era stato confessore della Regina di Spagna, la beata Maria Cristina (di cui si conservano alcune lettere dirette allo stesso). Egli fu valente oratore (un volume delle sue prediche esiste), predicò a Roma, Corfù, Venezia ed in molte città, col ricavato delle sue prediche arricchì il Convento di suppellettili preziose e di sette statue. Nel 1860 il Convento fu bruciato per rappresaglia dei bersaglieri comandati dal tenente Rossi e dal tenente Quadri i quali seguivano le peste dei 22 ufficiali e del Generale Boryers mandati dalla Spagna ad inquadrare e comandare il grosso brigantaggio di Ferdinando Mittiga da Platì. Il Padre Samuele da Siderno, al secolo Antonio Vincenzo Mercuri fu Pietro, era in quell’epoca il Guardiano del Convento ed avendo dato alloggio alle truppe spagnuole, diede motivo alla rappresaglia per cui il convento fu bruciato. Il 21 Settembre 1861 P. Samuele fu proditoriamente ucciso. Durante l’incendio è andato distrutto il celebre, antico e artistico Crocifisso che vi si venerava e si vuole che nel cadere a terra abbia lasciata l’impronta della mano del Cristo”.


Le tre lettere e una nota ricavata da quella scritta, per la Cronistoria della Diocesi di Locri curata dal Canonico Oppedisano, da Ernesto Gliozzi il vecchio si trovano su Calabria Sconosciuta n. 132 Anno XXVIV  ottobre - dicembre 2011. L’autore di quell’articolo e molti altri più recentemente, definiscono la regina Maria Cristina di Spagna “Beata”, abbagliandosi con Maria Cristina di Savoia.
Il ritratto in apertura è di Vicente López y Portaña (1872 - 1850) e si trova al museo del Prado.

Una sorella del padre Bonaventura, Elisabetta Nicita, sposò a Platì Domenico Portulise. I due ebbero cinque figli di cui il primo, Rocco nacque nel 1811, Rosario nel 1813, Rosa Maria nel 1822, Domenica nel 1823 e Francesco nel 1826, come risulta dal lavoro compiuto da Ernesto Gliozzi il giovane.

Per saperne di più: