Powered By Blogger

lunedì 14 maggio 2018

Senza fine [di Krzysztof Kieslowski, 1985 ]





C’è un libro, da poco iniziato a leggere, che incipit così:
L’annuncio è stato dato il 13 marzo 2016 dalla BBC. Sulle pagine del sito Web dell`emittente radiotelevisiva britannica, in un tipico e asciutto stile inglese, è apparso il seguente presagio:
A breve, su Facebook, ci saranno più morti che vivi, Il social network per eccellenza ha già preso le sembianze di un cimitero digitale, in costante e inarrestabile crescita“.
All’istante ho dovuto far riposare Proust e la sua Recherche dei sogni e/o dei morti perché col testo di Giovanni Ziccardí, IL LIBRO DIGITALE DEI MORTI Memoria, lutto, eternità e oblio nell'era dei social network, UTET,2017, mi sento chiamato come sul banco di un imputato! E’ l’idea della morte che in queste pagine si contempla e, ignaro dello studio del prof. Ziccardi, ne viene fuori. Scorrendo quanto sin qui pubblicato, i dati di persone di Platì scomparse sono di gran lunga più numerosi di quelli sui vivi. Involontariamente come un libro tibetano dei morti ho costruito un libro platioto dei morti, un camposanto platioto digitale. Si è scartati dall’oblio e risuscitati personaggi noti e meno noti attraverso documenti inediti, libri ecclesiastici, articoli di giornali, memorie, foto soprattutto.
E qui sono cominciati i sensi di colpa, chiedendomi se è giusto il lavoro che porto avanti dal 2011 … per ora non sono che alla premessa del testo dell’esperto studioso. Ora: tutti questi morti avrebbero accettato l'evasione dall’oblio naturale per essere catapultati nel cyberspazio virtuale? Che cosa avrebbe fatto il medico Vincenzo Papalia se vivente oggi, avesse avuto le stesse note vicende giuridico-morali? Un Blog, un'account Facebook, un sito nominato lividure.eteroclite. com?

Nota. Gli screenshot rimandano all'ancora attivo account facebook di Gianni, sebbene ci abbia lasciati il 13 agosto 2013. L'articolo della BBC citato si trova qui:
http://www.bbc.com/future/story/20160313-the-unstoppable-rise-of-the-facebook-dead







giovedì 10 maggio 2018

Non dirmi addio - 2° tempo




Chiamato dalla bontà e dalla fiducia dell'Eccellentissimo nostro Vescovo ad occupare in Diocesi un altro posto, dove la mia responsabilità è impegnata non meno di prima, sento il dovere di ringraziare tutti e singoli Voi, che siete stati miei diletti figliuoli in Gesù Cristo, della benevolenza di cui avete circondato la mia persona, ma soprattutto della docilità con cui avete assecondato la mia modesta opera, durante la mia permanenza nella ospitale terra di Ardore Marina.   
Della benevolenza di cui avete circondato la mia persona: e sebbene non ne abbia mai avuto il benché minimo dubbio, mi accorgo specialmente ora che sto per lasciare la parrocchia, che essa era e continua ad essere veramente affettuosa. Non ho motivo di vantarmene, come se essa sia frutto delle mie attitudini, ma devo unicamente ringraziare voi, per il vostro animo gentile.
Essa è stata per il mio lavoro il presupposto, che ho sperato al mio  primo giungere in mezzo a voi, ben sapendo che vano è per un Sacerdote  l'affaticarsi, quando il popolo non lo considera padre, fratello, amico;  e che con intima soddisfazione ho veduto via via esternarsi, per  fondersi in una armonia di menti e di cuori. Di essa vi serberò perenne, grato ricordo, perché mi ha confortato  nel mio lavoro e mi ha reso meno dura la lontananza della famiglia e  i sacrifici della mia vita sacerdotale. Credo di poter dire senza arrossire e senza mentire che vi ho amati; ed appunto per questo vi posso assicurare che non dimenticherò in vita mia questa Parrocchia, nella  quale son lieto di aver passato circa quattro anni, che io annovero fra  i più belli della mia esistenza.
Considerando la mia opera e la docilità con cui vi avete corrisposto, anche qui ho motivo di esservene grato e la ragione è evidente: se il mio lavoro ha potuto dare qualche risultato, il merito di tale risultato è da attribuirsi innanzi tutto alla grazia del Signore da cui procedono tutti i beni, e poi alla vostra corrispondenza e alla bontà innata dei vostri animi; nella parabola evangelica del seminatore tutto  il merito non si attribuisce al seme che è uguale per tutti i terreni,  ma al terreno ricco di umori che lo sa tesorizzare nelle sue viscere  fornendogli tutte le promesse onde poter rendere il cento per uno.
Io per parte mia, memore della parola del Vangelo: "chi pone mano all'aratro e si volge indietro non è degno di me", non mi fermo ora a guardare i risultati conseguiti, ma spingo il mio sguardo in avanti, per vedere il lungo cammino che resta ancora da compiere e che affido allo zelo di colui che mi succederà nel lavoro, con la speranza e l’augurio che egli voglia fare più e meglio di me. Non mi rammarico se  in qualche parte non ho potuto raccogliere i frutti del mio modesto lavoro: spero che siano abbondanti a suo tempo.  Potete essere tutti testimoni che per la parrocchia non ho risparmiato energie; e sono dolente di non aver potuto dedicare a voi tutto il  tempo di cui potevo disporre, per causa degli impegni che dovevo assolve re anche fuori della Parrocchia, Il desidero di elevare il tono della  parrocchia fino a portarla al livello delle altre sue pari mi è stato  di sprone continuo, e in questo desiderio ho sentito -se il paragone  può passare- il travaglio dell'artista che accarezza con lo sguardo il  masso informe dal quale vuol trarre il suo capolavoro. Lascio la parrocchia di Ardore Marina con la persona, ma non con la e mente o col cuore. Son lieto di non portar con me né ricchezze né beni; vi RINGRAZIO DEL DONO VERAMENTE MAGNIFICO CHE AVETE VOLUTO FARMI IN QUESTO GIORNO; ma altri doni, altri tesori son felice di pontarmi insieme con esso: il vostro ricordo. Ricorderò dei vostri fanciulli lo sguardo innocente e l'ingenuo affetto; dei vostri giovani l'intrepida baldanza e l'esuberante entusiasmo; delle vostre ragazze il volto pudico e la fervida pietà, di voi uomini la fede sincera, di voi donne la solerte laboriosità, di tutti la bontà dello spirito, la concordia degli animi, la vicendevole carità.  E se qualche macchia dovesse presentarsi per offuscare la vostra immagine, io qual madre amorosa, me la vorrò fingere cancellata ed abbellita, perché il vostro ricordo sia puro, senza macchia, ideale.
E stringendo tutti in un amplesso ché è sublimato dalla carità di Cristo, prego Gesù che tutti ci benedica, prego la Vergine Santa del Pozzo che ci accompagni sempre e ovunque con la sua ineffabile, materna protezione. 

Nota. Termino la breve, quanto doverosa per me, rievocazione del 10° anniversario della morte dello zio Ernesto il giovane, la cui involontaria celebrazione si terrà il 16 c.m. per mano dei pulinaroti, con questa lettera indirizzata ai fedeli ardoresi. E' il commiato definitivo con Ardore Marina dove per oltre tre anni resse, da infaticabile qual’ era, la parrocchia. Quello che voglio far emergere  è la figura umana, profondamente terrena, dello zio. Ai fedeli di Samo, Ardore, Gerace, Locri, Careri e Platì lo zio cercò sempre di apparire meno che un santo da riverire dopo l'ascensione al cielo e come potete leggere, con quella relatività linguistica di cui ho parlato tempo addietro, permettersi di scrivere e abbandonarsi in un "amplesso ché è sublimato dalla carità di Cristo" così "come dei vostri fanciulli lo sguardo innocente e l'ingenuo affetto; dei vostri giovani l'intrepida baldanza e l'esuberante entusiasmo; delle vostre ragazze il volto pudico e la fervida pietà, di voi uomini la fede sincera, di voi donne la solerte laboriosità, di tutti la bontà dello spirito". Lo zio per tutta la vita si pose come un uomo chiamato a stare al servizio degli altri senza venir mai meno alla sua missione pastorale, e questo lo avete potuto constatare attraverso le numerose testimonianze nel tempo pubblicate attraverso queste pagine: meticoloso, a volte pedante, testardo, preciso: “artista che accarezza con lo sguardo il masso informe dal quale vuol trarre il suo capolavoro” come si augura egli stesso tra le righe sopra riportate. E oggi il mio rammarico è anche quello di non poter disporre, se ve ne fossero, di simili documenti usciti fuori da qualsiasi uomo pubblico platiota, al fine di riproporle in queste pagine.

mercoledì 9 maggio 2018

Voglia di vincere [di Rod Daniel, 1985 ]



Negli anni sessanta del secolo passato i premi letterari a Platì potevano sorgere solo come soggetto  chimerico, ma col senno di poi piace pensare alle studentesse e agli studenti, sopra incorniciati, come poeti e scrittori, anche di una sola stagione, in corsa per il premio letterario "don Ernesto Gliozzi" organizzato dai pulinaroti, giunto felicemente alla sua seconda edizione e che quest'anno si fregia del sostegno di Save the Children.



domenica 6 maggio 2018

Non dirmi addio [di Walter Lang, 1946 ]





Reverendissimo Canonico.
Non è senza commozione che mi presento oggi a Voi per darvi il mio mesto saluto, che vuole essere l’espressione dei sentimenti di tutte le mie compagne di Associazione.
In questo momento, in cui Vi preparate a lasciarci vorremmo che la nostra coscienza nulla ci rimproverasse di incorrispondenza alle vostre paterne premure, per il bene delle anime nostre; purtroppo invece dobbiamo riconoscere che non sempre fummo docili ai vostri richiami e pronte e fedeli alle vostre chiamate e ai vostri inviti. Di questo ci doliamo e vi domandiamo sinceramente perdono.
Serberemo in cuore la vostra paterna figura e i sensi della nostra profonda riconoscenza, li presenteremo a Gesù, al quale chiediamo che Vi prosperi sempre, e benedica ogni Vostra impresa di bene. Noi non Vi dimenticheremo mai. Ricordateci anche Voi nelle vostre preghiere (siamo state pecorelle del vostro gregge), e questa corrispondenza di …”amorosi sensi” ci sarà sprone e guida nell’ardua via del cammino della nostra non facile vita _

Nota. Nella precedente pubblicazione ricordavo il decimo anniversario della morte dello zio Ernesto.  Quel giorno di dieci anni fa, la candelora del 2008, lo zio, dopo un breve giro nelle vie centrali, ebbe l'onore di essere accompagnato in chiesa sulle spalle dei fedeli platioti. Fu anche il commiato con l'ultimo sacerdote nato e vissuto a Platì. La pubblicazione odierna  ricorda invece il congedo dei  parrocchiani di Ardore dove lo zio ebbe la cura di quella comunità dal 1953 al 1956. Come potete constatare non fu un mesto addio ma il riconoscimento delle sue doti che dispensò stando in mezzo alle sue pecorelle, tra incorrispondense e "amorosi sensi" religiosi e la lettera non lascia spazio a fraintendimenti di sorta.
Nella foto, sul sagrato ardorese, lo zio è a fianco di mons. Pierantoni e  le rappresentanti dell'Azione Cattolica.


giovedì 3 maggio 2018

Coming Soon



Sono trascorsi dieci anni dalla morte dello zio Ernesto; gli amici pulinaroti, attraversando innumerevoli difficoltà, continuano a ricordarlo soprattutto attraverso la prossima seconda edizione del premio letterario a lui dedicato, rivolto a giovani e giovanissimi scolari platioti. L'augurio è che i lavori che verranno presentati nell'edizione 2018 superino la qualità dei componimenti raggiunta nel 2017.

Il seguente lavoro è realizzato sfruttando parte di riprese di Antonella Italiano che trovate qui:
https://youtu.be/85i3-yhaKVE

mercoledì 2 maggio 2018

Sister Golden Hair [Mis Stevens, di Julia Hart, 2016) ]

Will you meet me in the middle?
Will you meet me in the air?


 



LA PRIMAVERA
Martina Musitano

  Quando la Terra
è giovane fresca,
  quando la Testa
è piena di festa,
  quando la Terra
ride contenta,
  quando di erba
profuma il vento,
quando di menta
profuma la sera,
  è Primavera


LA NATURA
Trimboli Caterina

Migliaia di persone
stanche, stressate …
e fin troppo civilizzate
stanno cominciando a capire
che andare in montagna
è tornare a casa
che la natura incontaminata
non è lusso ma necessità






Nota. Le poesie, la canzone degli America (the band), il film di Julia Hart sono fuse insieme, e ammetto che potrà sembrare arbitrario. Per come la vedo io, Martina Musitano e Caterina Trimboli hanno in comune con gli allievi di Miss Stevens- e il film è da additare a chi ha accettato di far parte del corpo insegnanti - la maturità connaturata ai sentimenti in divenire. Starà a Miss Stevens, la loro insegnante, aiutarli nel loro cammino in progress.
Oggi, ad un anno dalla competizione, una meritata segnalazione per le due giovanissime poetesse platiote.

martedì 1 maggio 2018

Prima linea [di Robert Aldrich, 1956]



Ill/mo
Ingegnere Capo dell’Azienda Autonoma Stradale della Strada
Compartimento della viabilità
Reggio di Calabria

Il sottoscritto Mittiga Michele fu Rocco dovendo iniziare la costruzione di una casa lungo la Nazionale 112 di questo abitato, si rivolge a V. S. Ill/ma per ottenere l’assegno di linea.
Con osservanza
Platì 26 Maggio 1937 – XV

Azienda Autonoma Statale
             della Strada
              (A.A. S. S.)

Reggio Calabria 31 Maggio – Anno XV
Al Sig. Michele Mittiga
Platì

Oggetto: S. S. N° 112 – Richiesta di assegno di linea

Restituisco l’istanza presentata dalla S. V. tendente ad ottenere un assegno di linea nella traversa interna dell’abitato di Platì perché venga riprodotta in carta da bollo da L. 4.00, corredata da un disegno planimetrico ed indirizzata al Capo Compartimento dell’A.A.S.S. di Catanzaro.
L’INGEGNERE CAPO SEZIONE


Nota. Un tempo la casa in questione (nella foto la prima alla vostra sinistra) apriva il rettilineo d'ingresso in paese. Fino alla metà degli anni settanta appartenne allo zio Giuseppino (Mittiga); lì dentro si tenne il suo matrimonio e di seguito nacquero tutti i suoi figli. Lo zio Michele vi abitò (in comproprietà con il fratello) fino al 1963, quando la lasciò su una carrozza trainata da quattro cavalli (ancora ho nelle orecchie il suono delle loro ferrature) drappati in nero, per recarsi al cimitero, risalendo la via XXIV maggio e una breve sosta in chiesa. Oggi ha cambiato prospetto e proprietari, sebbene sulla cassetta della posta rechi sempre lo stesso cognome. Così come l'ingresso in paese lo annunciano i carabinieri e i caduti in guerra. La foto appartiene agli eredi di Mimì, Colonnello, Fera.
                                                                                                

lunedì 30 aprile 2018

The Gift [di Sam Raimi, 2000 ]





Griffith 30. 5 – 1949
Caterina Musolino
Posta office

Cara Donna Bettina
Vi scrivo queste due righe per darvi notizie della nostra buona salute. Così spero che questa mia presente trova anche a voi e famiglia in ottima salute.
Cara Donna Bettina
Vi comunico che giorno 26 di questo mese vi sono spedito un pacco. A nome di Iolandina e li dentro ci sono un poco di lana due paia di calze uno di colore e uno nero, due singuletti, 4 pacchetti di sigaretti e un poco di zucchero e caffè. Ora il poco della lana nera si fate qualche cosa di Don Ernestino e di Don Ciccillo. Dopo ci sono due matasse di lana verde e si date una di Donna Caterinuzza e una di Donna Rosina, l’altra si la tiene Iolandina e sua sorella Malia, le quattro pacchetti di sigaretti si li date a Don Peppino e a Don Ciccillo. Ora voglio che mi scusate che non vi ho potuto mandare di più tanto a voi come pure ai vostri figli perché presentamente Non ho potuto fare il mio dovere come si voleva. Ora si dite di vostro figlio Don Ciccillo che scusa che non si sono mandato l’organdi perché non ho potuto trovare a nessuna parte e dopo io non so questa parla di qui e sono come i muti. Ma in appena lo ricapito si dite che se li mando subito. Non mi allungo più vi ricevete i più aff. saluti mi salutate ai vostre figlie e famiglia. Ora saluto a Don Ernestino e a Donna Malia. Ora saluto a Don Peppino. E a Don Ciccillo. Ora vi saluta mia cognata e famiglia. Ora in ultimo vi saluto io insieme a mio sposo e famiglia e saluto a voi e a Don Luigi. Ora ci salutate ai vostri fratelli a Don Micheluzzo, e il Dottore e famiglia. Ora mi salutate a vostra commare a gnura Mariuzza e famiglia, ora di salutate a Donna Peppina ora vi ricambio i più aff. Saluti e a vostra aff. Amica
Caterina Musolino
Scusate l’errori

Alla Signorina
Iolandina Gliozzi                                                                                                 
Via fratelli Sergi
Platì Provincia Regg. Calab. Italia

Miss Caterina Musolino
Via Griffith
N. S. A.

mercoledì 25 aprile 2018

Father and Son [di Hirokazu Koreeda, 2013 ]


Giuseppe Catanzariti
1937 -2015


Marzo 2015
Mio padre, Pepé Catanzariti, era un uomo libero.
Un uomo che ha vissuto sempre e comunque seguendo le sue regole, con coerenza, fino alla fine.
Era un uomo vero, uno che la verità la diceva sempre in faccia, anche a costo di essere brusco.
Non le mandava certo a dire, Don Pepé.
Si arrabbiava spesso ultimamente, per lo più contro il mondo intero, che vedeva andare al contrario di come avrebbe dovuto.
E aveva ragione lui, era sempre un passo oltre.
E Dio solo sa, di quanta gente come lui ci sarebbe bisogno in giro.
Mio padre era un romantico, un sognatore, un narratore.
Quanto gli piaceva raccontare le sue storie, le storie di una terra che amava nei suoi aspetti più profondi e misteriosi.
Mio padre era un conquistatore, ha vissuto una vita meravigliosa e tutta a modo suo, senza paura, fino all’ultimo inaspettato colpo di scena.
Mio padre era un ribelle.
Ed era bello come il sole.
In queste ultime settimane, ho capito tante cose.
Forse lui ha resistito in maniera così incredibile, proprio per darci il tempo di comprendere, di accettare. Di sussurragli all'orecchio le cose che non gli avevamo ancora detto.
E mentre lui moriva piano, noi sentivamo che ricominciava a vivere dentro di noi, più forte di prima.
Perché, in verità, lui non è morto, la morte non esiste.
Lui è ancora qui.
è dentro queste parole, dentro queste lacrime.
è nei boschi d'Aspromonte.
è dentro il cuore di mia madre, dentro gli occhi dei miei fratelli.
è nel nostro sangue. Lui è in noi.
In Antonio c'è la sua libertà, in Domenico il suo onore. In Orsola c'è la sua forza, in Francesca la sua sincerità. In me spero almeno un grammo della sua poesia e nel suo piccolo adorato Salvatore c`è di sicuro
tutta la sua gioia.
Perché noi siamo i figli di Pepé Catanzariti, un uomo libero, un grande uomo.
E non vorremmo mai essere stati i figli di nessun’altro.
Ciao Papà, vai sciarriati puru cu patreternu.

                                                                                                                   Margherita


giovedì 19 aprile 2018

Il successo [di Mauro Morassi, 1963 ]




S.  Nicola a Gerace Superiore

  La vita cittadina in questa località sarebbe annullata, anzi addirittura morta, se di quando in quando non succedessero delle feste che richiamano tanti cattolici ad ascoltare la parola divina.
  Quando poi, di queste solenni celebrazioni si fa promotore il Reverendo Canonico Parroco Signor Francesco Febbo, si può star sicuro che l’è un avvenimento che la popolazione si ricorderà per lungo tempo. E per lungo tempo ci ricorderemo del S. Nicola di quest’anno.
  In una chiesetta linda e pulita che arredata con gusto, con semplicità e con quel candore che ci richiama ai primi tempi della fede, il sullodato Don Francesco Febbo, riuniva molti prelati suoi confratelli per rendere più solenne la festività del Vescovo di Mira onorato da tutta la cristianità , dalla vasta Russia alla piccola Gerace.
  Teneva l’organo, il Febbo un musicista di primo rango, e dopo che si clebrò la messa cantata, cominciò l’ode panegirica, in onore del santo, il giovine chierico Sig. Ernesto Gliozzi. Era, per dir così, il suo debutto, per cui un grande interesse vi prendevano non solo i fedeli, ma anche il pubblico, perché in simili circostanze, la chiesa, non ha solo dei devoti, ma anche del pubblico che vuol curiosare e dir la sua sul panegirista.
  Che dir del successo? fu un avvenimento, perché il giovine chierico superò ogni aspettativa. I devoti cristiani vi trovarono la calda ed affascinante parola del sacro oratore, i non cattolici vi trovarono il conferenziere dalla smagliante frase che scolpì un epoca storica, quella dei tempi del celebre concilio di Nicca in cui fiorì la virtù e la carità del santo, perché certe individualità fra cui S. Nicola appartenevano ugualmente alla fede ed alla storia, il che può interessare anche, se e ce sono, i non cattolici.
  Il pensiero odierno ha invaso di sua modernità anche la classe ecclesiastica, sicché il panegirista di oggidì se indistintamente vuole carpire il plauso di ogni classe di persone di ogni opinione, deve lasciare le nebulosità di certi antichi predicatori, non deve fare intronare le volte del tempio di sua parola, più o meno ..., ma deve dire e dirà ....

                                                                    9 Dicembre 1902
                                                                     Cataldo e Ascioti