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domenica 1 maggio 2016

Io confesso (reg. Alfred Hitchcock - 1953)

L’ultima confessione

L’uomo claudicante che ogni giorno sostava davanti la piazza adiacente, finalmente finì di tentennare e a fatica si recò dentro la splendida e ordinata chiesa matrice in cerca di un prete. Da giorni combatteva con sé stesso sentendosi ora soddisfatto per aver superato la riluttanza causata dall’aspett0 trascurato. La sua lunga e folta barba era stata tagliata in occasione dell’ultima festa della Madonna di Loreto, nove mesi prima; la giacca e i pantaloni laceri che indossava nonché le scarpe rotte, i pezzi del suo guardaroba, erano divenuti rispettivamente covo ideale per i pidocchi e deposito di fango.
Invero, era stata la morte, sgradita consigliera, ogni notte la sentiva sussurrargli all’orecchio, a spingerlo alla sua ultima confessione. Oltre alla dolorosa anchilosi al ginocchio destro, presumeva di essere affetto da una grave sindrome, in termini scientifici non meglio identificata, ma di sicuro patologia incurabile benché sebbene nessun medico l’avesse mai diagnosticata, veniva rafforzata a ogni pubblica occasione, promanata dalla bocca fresca e igienizzata di politici e magistrati, e dalla autorevole penna di giornalisti ed esperti di ogni genere.
Ma tant’e: “Quando arriva l’ora...”, le ultime rassegnate riflessioni dell’uomo sul sagrato della chiesa; oltre a ciò, la spinta decisiva a entrare nelle casa di Dio era frutto di un ragionamento induttivo che d’improvviso li lo colse: anche a voler escludere la malattia, incombevano la sorte e la morte che, vista l’età avanzata, certamente lo avrebbero presto consegnato al camposanto.
All’interno della matrice oltre il sagrestano solamente due donne, Bettina e sua madre, devotissime del Santo Rosario. Don Malatesta, uomo calvo di mezza età, prete da poco destinato in quella parrocchia, attendeva i pochi fedeli al confessionale e vedendo l’uomo avvicinarsi gli fece un cenno ad invito, indicando il posto a lui di fronte. Prima ancora che al peccatore si chiedesse conto dei peccati, il prete vollle sapere del suo aspetto e della sua vita.
“Di cosa vivi? Sono stato un bracciante a giornata, nei campi. Ora vivo di un piatto caldo che i miei figli, a turno, mi porgano a ogni mezzogiorno.
Per questo le tue mani sono casi decrepite? Si. Sono mani indurite e callose, esposte al sole e al vento. Mani che hanno raccolto olive e mietuto grano, mani di villano, di contadino e massaro. H0 avuto una vita di duro lavoro.
Chi sono i tuoi figli? Sono anime in pena, colpevoli per causa mia, per i nomi che portano e per il mio passato. Alcuni non sono riuscito ad educarli, perdendoli, perdendoli. I più vivono una quotidianità stentata. Altri ancora non li ho più rivisti, mi hanno lasciato giovani, facendosi adottare da altre terre, parlando oggi lingue a me incomprensibili.
A queste ultime parole il prete capi di avere davanti un peccatore singolare e curiosamente chiese: “Ne hai tanti di figli? Migliaia. Se avete il tempo di aspettare li conto e saprò dirvi il numero esatto”.
"No, no”, preoccupato Don Malatesta della piega che stava prendendo la confessione, si avviò alla conclusione: “E ora dimmi, quali i tuoi peccati? Nel mio passato ho molto peccato. Ho infranto nove dei dieci comandamenti, rispettandone solo il quarto, onorando il padre e la madre. E perciò ora chiedo al Signore nostro Dio umilmente perdono. Chiedo soprattutto che Egli voglia stendere mani pietose verso di me e i miei figli smarriti.
Io ti assolvo dai tuoi peccati nel nome del Padre e del Figlio e dello Spirito Santo”, Don Malatesta diede tempo al penitente di segnarsi con la mano, decidendosi che nessun altro parrocchiano avrebbe per quel giorno chiesto perdono. E tuttavia, a proposito del vecchio appena assolto, una domanda, troppa curiosità per non porla, lo seguiva.
Il vecchio, meditabondo sulle preghiere di espiazione, si alzo per andare e - schiusa la porta della chiesa dalla quale entrò un timido fascio di luce solare – senti domandarsi dal prete quale fosse il suo nome. “Plati” rispose altero il vecchio e a udire quel nome il prelato sbrigativamente scomparve dietro il buio della sacrestia.
Trascorse una serata di preghiere e di speranza e una notte dove la morte non riuscì a perforare i timpani. Sarebbe passato a miglior vita con la convinzione che Dio lo avrebbe perdonato. Si assopì.
L’indomani Platì venne prelevato nella pubblica piazza e trascinato con una catena ai piedi nel vicino penitenziario. Si disse e si scrisse che grazie a una articolata e lunga indagine era stato assicurato alla giustizia uno dei pin pericolosi criminali, da sempre iscritto ai primi posti nelle liste di proscrizione: si trattava per giunta di un malato incurabile di ‘ndrangheta, capace di infettare chiunque e che nessun antibiotico poteva guarire. Si continuo a dire e a scrivere — servisse da monito a quanti avevano avuto a che fare con Platì, presto sarebbero stati trafitti da apposita lancia scagliata dalla dea Giustizia — che, un esempio su tutti, a un macellaio, onest’uomo e padre di famiglia erano state messe le manette, consistendo la sua colpa nell’aver un giorno venduto carne di capra a Platì.
Difatti Platì fu messo in quarantena e i suoi occhi smisero di essere quelli della ragione. Oggi è ancora agonizzante ma vivo, sotto processo per gravi misfatti, sarà giudicato in contumacia. In molti - non solo i rapaci necrofagi ma anche i lupi, le iene, le volpi e ogni altro animale carnivoro e opportunista che gira alle falde dell’Aspromonte - attendono la sua condanna a morte per farne scempio.
Turbate dalla notizia, le due donne, madre e figlia, immancabili, si recarono in chiesa per adempiere al loro atto di fede con le quotidiane quattro poste di rosario da raccomandare all’uomo incarcerato. Presto si accorsero dell’assenza di Don Malatesta, ingiustificata anche per il sagrestano.
A Bettina, guardando gli occhi del giudice inquisitore ripreso in primo piano dalla rete televisiva nazionale, sembrò, anzi ne era sicura, di vedere quelli di Don Malatesta. Il prete, da quel giorno diventato il diavolo nei pensieri della ragazza smarrita, non mise più piede in quella parrocchia e la relativa comunicazione del vescovo: “Partito per ordini superiori da Roma”, non tacitò né lei né gli altri parrocchiani, da quel giorno diffidenti e malpensanti.
Michele Papalia
                                                                                         11 febbraio 2016



Se continua così don Michelino si avvia a diventare il più grande scrittore sorto sulle rive del fiume Ciancio. Con questo racconto, apparso sul mensile in Aspromonte nel mese di marzo dell'anno corrente, egli stacca un ulteriore passo in avanti sulla via della maturità artistica, facendo ben sperare in opere di più ampio respiro. Ecco di cosa ha bisogno il paese, non soltanto di un sindaco ma di un numero sempre crescente di narratori che guardano al passato prossimo platiota al fine di reinterpretarlo per le generazioni future ma anche per quelli di oggi che conoscono una verità distorta dalla propaganda, la verità vista con gli occhi degli altri, che non hanno cuore, per citare Ian Curtis.
Per parte mia, da subito, ho visto in Michele Trimboli, alias Giamba, il volto che spetta al desolato vecchio del racconto.



















giovedì 28 aprile 2016

La fontana della vergine (reg. Ingmar Bergman - 1959)


Hanno fatto una pensata
che tra l’altro è la sovrana
han voluto appiccicata
tra barili e damigiana
una piccola fontana,
perché compiasi ... a rovescio
il Miracolo di Cana...

Giacomo Tassoni Oliva, Municipalia


La foto è su pellicola Ilford Pan F, la camera era una Nikon FM.la veduta è dalla strada che da Natile Vecchio porta a Pietra Cappa, accanto a me lo zio Ernesto il giovane.

mercoledì 27 aprile 2016

Vatel (reg. Roland Joffe - 2000)

Armonia e Contrasto
tra Scilla e Cariddi


I TARALLI
1kg. farina. Impastare 1 kg. Di farina con 300 gr. Di olio, ½ bicchiere di vino bianco, 1 cucchiaio di miele sciolto in un bicchiere di acqua bollente e una manciata di semi di finocchio. Lavorare a lungo per avere una pasta morbida con cui preparare ciambelline di 5 cm. di diametro. Gettarle in acqua bollente, colarle quando tornano in superficie, farle asciugare su un panno e passarle in forno a 180’ finché sono brunite.

PANINI DI CENA
500 gr. di farina bianca. 50+ 25 gr burro – olio. 50 gr zucchero. 230 grammi acqua. 10 gr lievito di birra. 1 pizzico di cannella+ chio9do di garofano. 1 uovo x spennellare – sesamo. 1 pizzico di sale.
Inserire nel boccale acqua, burro, olio e zucchero: 45 sec. 90°c. vel. 4. Aggiungere il lievito: 5 sec. Vel. 5. Aggiungere farina, sale e cannella: 1 min. vel 6 + 1 1,5 min. vel. Spiga. Fare lievitare l’impasto 1 ora!
Poi, formare delle piccole palline e lasciare lievitare 2 ore. Pima di infornare spennellare di uovo e coprire con i semi di sesamo. Infornare a 220° c. x 10 min. Devono presentarsi dorati!!!

La prima ricetta è dello zio Ernesto il giovane. La seconda di Antonella che rimodella la tradizione di famiglia a Barcelona, sebbene i panini di cena siano zanclei.

E come disse don Salvatore (La Rocca): quando l'ora scocca focaccia La Rocca!

martedì 26 aprile 2016

The Prince of Platì

Come potete veder Il Principe è portato in tour urbi et orbi, ora è necessario un Lisa Germano Live in Platì



In quest 'ultimo la canzone parte a 12.56 ed è la versione più emozonante

giovedì 21 aprile 2016

The Prince of Platì - Lisa Germano, 2009

Oh tell me a story
I want to feel better and you're here
Can I cry on your shoulder
Lisa Germano, The Prince of Platì

Per non scemare l’interesse sulla comunità platiota fra Mishawaka e Sout Bend nello stato dell’Indiana, eccovi qualcosa di cui nessuno si aspetta. Per i media il sinonimo Platì è qualcosa di … ditevelo da soli. Per una ragazza figlia di emigrati platioti cresciuta nell’area citata in apertura è un lost world. Solo la casualità poteva farmi scoprire questa canzone e così i natali di Lisa Germano. Ora, accanto ai cognomi tanto oltraggiati affianchiamo quello di Germano. Se cercavate un inno un anthem per la gloria del paese eccovi The Prince of Platì e esorto tutti i feisbuchiani platioti a far passa parola e se volete saperne di più su Lisa (ognuno di noi nella propria famiglia ha una Lisa) non avete che far scrollare il cursore del topo digitando le parole Platì Mishawaka Germano.
Ah, ovvio che per Lisa Germano il principe di Platì è suo padre Rocco (21 maggio 1921 – 29 dicembre 2015) e non quello evocato da Vincenzo Papalia che assomiglia piuttosto al Gille de Rais di Michel Tournier.
Per finire, invito tutti quanti hanno avuto un padre nato in Platì ad eleggerlo “Principe di Plati” … avremo così un paese di Principi, io comincio col mio!





Oh tell me a story
I need to hear
I want to feel better and you're here

Oh can't we be happy
Just, just for today
Can I cry on your shoulder, ok

Hey why so serious, why so blue
Hey let's you and me do what we want to

Oh nobody looking
Oh nobody see
We, we could be laughing
Just you and me

Oh I feel sorry
Oh just sorry for life
Can I cry on your shoulder

You seems so unhappy
I can't take that today
Can I tell you a story, ok

And get away from all this blue, blue, blue
Do the things we did before we thought we knew

Oh nobody looking
Oh nobody see
You could tell me a story
And play with me

Oh can't we be happy
Oh just for today
Oh nobody looking

La canzone è nell'album Magic Neighbor del 2009



 Rocco Germano
May 21, 1921 - Dec. 29, 2015

MISHAWAKA - Rocco, 94 years old, passed away naturally and peacefully at his home early Tuesday morning after a long illness.

He was preceded by his father and mother, Frank and Josephine Germano, his Uncle Tony Germano, and his brother Dominic Germano. He is survived by his wife of sixty five years, Betty (Lemler) Germano, sister Catherine Koscielski, brother Tony Germano (Ann), sisters-in-law, Shirley Muldoon and Jean Jewell, and his six children, Emily Goethals (Kenneth) of Bremen, Dr. Alan Germano (Lesa) of Boise, Idaho, John Germano (Barbara) of Indianapolis, Lisa Germano of Mishawaka, Richard Germano (Nancy) of Indianapolis, and Maria Rhoda (Patrick) of Indianapolis. His grandchildren are Haley Lake (Reuben), Max Germano (Kelsey), Chloe Germano, John Germano, Joe Germano, Brandon Kimes, Danny Rhoda, Gordon Rhoda and many nieces and nephews.
Rocco was born in Plati, Italy and lived there with his mother while his father came to Mishawaka to work at U.S. Rubber Company. He immigrated here with his mother at the age of eight, learned English and was soon found to be a child prodigy on the violin. He graduated from Mishawaka High School, attended Notre Dame and the Chicago Musical College where he earned a Master's Degree in Musical Performance, and met the love of his life, Betty, on the South Shore, during their commute.
Rocco served in World War II in the Office of Strategic Services O.S.S., playing the violin entertaining the troops, and was present at the Potsdam Conference along with Mickey Rooney and pianist, Eugene List. He was also a member of the American Legion.
He played in several orchestras including New Orleans Symphony, Boston Pops, Chicago Lyric Theater, Grant Park Symphony, Chicago Symphony and the South Bend Symphony. He went on to become a pioneer and pillar of the South Bend musical scene and is awarded a place at the South Bend Community Hall of Fame in the Century Center.
Rocco founded the South Bend Youth Symphony with Robert Demaree and Kenneth Geoffroy and was the conductor for the first thirty-five years. He also conducted the Twin Cities Concert Band for years of summer concerts at the local parks and was musical director of many musicals at the Country Playhouse and other venues in the community.
He taught choir at St. Mary's College and Riley High School and orchestra at Adams High School. He was also one of the founders of the South Bend Chamber Music Society and a member and delegate of the South Bend Federation of Musicians. Rocco was a lover of nature and the cook of the house. He taught all six kids the art of mushroom hunting and cooking his many delicacies.

Published in South Bend Tribune from Dec. 30, 2015 to Jan. 2, 2016

http://www.legacy.com/obituaries/southbendtribune/obituary.aspx?pid=177074641

Per la verità Rocco di cognome andava Iermanò, era figlio di Francesco e Barbaro Giuseppa.

Ecco alcuni nomi con cui Lisa Germano ha lavorato: gli Eels, John Mellencamp, i Simple Minds, David Bowie, Sheryl Crow, Iggy Pop e i Crowded House, la possiamo perdonare se è poco.

mercoledì 20 aprile 2016

Al di là delle tenebre (reg. John Stahl - 1935)



“In quanto rappresentata, la morte non obbedisce più alle leggi della natura ma ai desideri degli uomini”.
Franco Fornari, Coinema* e icona, 1970; citato da Francesco Faeta in Le figure inquiete tre saggi sull’immaginario folklorico, Franco Angeli, 1989

Nell’ ultimo passaggio per Platì era mia intenzione, entrando nel cimitero, come guida, novello Virgilio, il buon Michele, cercare la dimora ultima di Pasqualino Perri. Nel percorrere il labirinto, perché questo ora è il camposanto, passammo dinnanzi al marmo che vedete nell'immagine d'apertura. Subito il pensiero è andato al citato testo del professor Faeta. Il supporto marmoreo, per dirla con l'illustre docente, ora perviene a lavagna con cui dialogare con chi dietro è ospitato e ogni oggetto, fiore o ritaglio cartaceo è il ben assunto. Sembra apprezzarli anche Giuseppe Trimboli, accomodato su un ceppo in montagna.
Oggi, il mio intento è riuscire a commuovere anche voi con le parole di un’altra Trimboli

25/02/2014
Oggi due anni
Ti dedico questa preghiera di Sant’Agostino
Se mi ami non piangere!

Se tu conoscessi il mistero immenso del cielo dove ora vivo,
se tu potessi vedere e sentire quello che io vedo e sento
in questi orizzonti senza fine,
e in questa luce che tutto investe e penetra,
tu non piangeresti se mi ami.
Qui si è ormai assorbiti dall’incanto di Dio,
dalle sue espressioni di infinità bontà e dai riflessi della sua sconfinata bellezza.
Le cose di un tempo sono così piccole e fuggevoli
al confronto. Mi è rimasto l’affetto per te:
una tenerezza che non ho mai conosciuto.
Sono felice di averti incontrato nel tempo,
anche se tutto era allora così fugace e limitato.
Ora l’amore che mi stringe profondamente a te,
è gioia pura e senza tramonto.
Mentre io vivo nella serena ed esaltante attesa del tuo arrivo tra noi,
tu pensami così!
Nelle tue battaglie,
nei tuoi momenti di sconforto e di solitudine,
pensa a questa meravigliosa casa,
dove non esiste la morte, dove ci disseteremo insieme,
nel trasporto più intenso alla fonte inesauribile dell’amore e della felicità.
Non piangere più, se veramente mi ami!
…………………………………………………………………
Ci siamo conosciuti, e voluti bene, ma tutto è stato limitato ... tutto è stato breve...
 Non ho potuto ascoltare la tua voce, eppure parlavamo tutti i giorni...
Non ho potuto passeggiare con te, eppure ho camminato al tuo fianco...
Non ho potuto conoscere ogni cosa, eppure tu avevi già capito tutto…
Tu da quel letto mi hai insegnato la vita!
Tu da quel letto mi hai insegnato ad essere giusta sempre!
Tu con ogni singolo sguardo mi hai insegnato il bene!
Caro zio,
oggi due anni fa il nostro PRIMO INCONTRO...
oggi due anni fa LA TUA debole mano stringeva, con orgoglio e stima, per la prima volta LA MIA…
oggi due anni fa la mia vita prendeva il giusto senso... GRAZIE ATE!
Due anni fa, ieri, oggi, domani e per sempre Stringi la mia mano,
Tendimi una mano TU Tienimi per mano!
Ti voglio bene.... Mi manchi...

…………………………………………………….
La morte non è niente.
Sono solamente passato dall'altra parte:
è come fossi nascosto nella stanza accanto.
Io sono sempre io e tu sei sempre tu.
Quello che eravamo prima l'uno per l'altro lo siamo ancora.
Chiamami con il nome che mi hai sempre dato, che ti è familiare;
parlami nello stesso modo affettuoso che hai sempre usato.
Non cambiare tono di voce, non assumere un'aria solenne o triste.
Continua a ridere di quello che ci faceva ridere,
di quelle piccole cose che tanto ci piacevano
quando eravamo insieme.
Prega, sorridi, pensami!
Il mio nome sia sempre la parola familiare di prima:
pronuncialo senza la minima traccia d'ombra o di tristezza.
La nostra vita conserva tutto il significato che ha sempre avuto:
è la stessa di prima, c'è una continuità che non si spezza.
Perché dovrei essere fuori dai tuoi pensieri e dalla tua mente, solo perché sono fuori dalla tua vista?
Non sono lontano, sono dall'altra parte, proprio dietro l'angolo.
Rassicurati, va tutto bene.
Ritroverai il mio cuore,
ne ritroverai la tenerezza purificata.
Asciuga le tue lacrime e non piangere, se mi ami:
il tuo sorriso è la mia pace.
Henry Scott Holland

……………………………..

A Giuseppe Trimboli
Che mi ha insegnato
Come essere umili alla fine verrà ripagato in affetto,
come anche nel dolore ci sia vita e allegria,
come una malattia non deve intaccare ciò che sei e che sei stato,
come si vince anche contro una patologia che non ti lascia speranza,
come la morte non è niente, poiché si vivrà in eterno nei pensieri, nei
ricordi, nel cuore e nell’animo delle persone che si amano!!!
Ti voglio bene
Grazie

Con tutto il mio affetto ti dedico questo traguardo,
so che eri con me quel giorno e so che mi guarderai sempre di lassù…
La tua infermiera, figlia, nipote, gioia (ed adesso anche caposala).
Eleonora Trimboli
23/02/2015

* Il termine coinema è stato introdotto da Fornari per indicare “le unità minime del significato affettivo, intese come competenza affettiva innata comune ad ogni uomo” (1979).La parola, ricavata dal greco koinos, che significa “comune”, e da cui deriva anche la parola “comunicazione”, è l’omologo sul piano affettivo del fonema sul piano linguistico.

La nota di sopra è rubata qui: https://ilpensierononlineare.wordpress.com/2021/11/08/coinema/





lunedì 18 aprile 2016

Italoamericani (reg. Martin Scorsese - 1974)

Per non lasciare senza un'immagine l'autore della lettera di ieri, 
https://iloveplati.blogspot.com/2016/04/per-una-manciata-di-soldi-reg-stuart.html
oggi lo porto alla luce con queste due immagini in mio possesso.
Per la precisione,
Paolino Sergio era figlio di Antonio e Vilardi Anna. Era nato in Platì il 29 marzo 1900, toh, 55 anni prima di me. Era sposato con Zappia Domenica, classe 1922, di Giuseppe e Zappia Giuseppa. Si sposarono il primo maggio del 1924. Il loro primo figlio, Antonio, nacque in paese l'1 agosto 1928. Subito dopo, l'emigrazione in America, destinazione South Bend, IND.
Paolino, come potete leggere nella dedica in calce alla foto, era compare con il nonno Rosario.


Nella prima foto, porta la data del 16/6/1921,  Paolino e Micuccia erano ancora italiani. Nella seconda, insieme al padre Antonio (Platì 1874 - Mishawaka IN 1945) e ai cinque figli, americans.
A voler essere pedante, il padre del compare Paolino, Antonio, di cognome, inutile dirlo, andava Sergi.
La famiglia Sergi è anche qui:



domenica 17 aprile 2016

Per una manciata di soldi (reg. Stuart Rosemberg, 1972)




                                                             South Bend, Indiana 16 Ottobre 1969
              Egregio Reverendo
Non rispose prima alla vostra gradita lettera perché assieme al cugino Antonio Marando cercammo incaricarci e raccogliere qualche cosa per il restauro della Chiesa del SS. Rosario. Certo voi qui avete vostra sorella e cognato e loro potranno benissimo spiegarvi il comportamento della nostra colonia Platiese, dopo il contributo che noi mandammo per l’erezione della Chiesa Madre, i nostri paesani astengono contribuire magari di una lira, e perciò usando in parte la nostra modesta influenza siamo riusciti raccogliere quanto segue. Il cugino Marando fece appello alla Società quale vostro cognato ed io rafforzammo la sua richiesta e si decise lasciar volontà libera ai soci di contribuire, onde poiché risposero, così accumolando quel poco che io personalmente raccolse fra i miei amici e che vi accludo i nomi, quello che raccolse vostro cognato e quello che offrirono i pochi socii, cioè l’ufficiale della società pensarono aggiungere un poco dal fondo di cassa e spedirvi la somma di dollari $ 235. Questo certamente non era il nostro posto fra le file dei contributori, noi speravamo in molto di più, ma secondo il modo di pensare dei nostri paesani vi assicuro che non possiamo lagnarci. Il nostro beneamato Mons. Minniti ha rovinato la nostra piazza di oboli caritatevoli ed umani. Perciò carissimo Reverendo accettate semplicemente non la somma ma il nostro sacrificio e l’umiliazioni ricevute nel chiedere donazioni giacché i protagonisti delle passate siamo stati proprio noi e perciò oggi ci rimproverano e forse hanno pienamente ragione.
Sperando che la Vergine SS. del Rosario accetterà il nostro umilissimo contributo, ed a voi ringraziandovi per averci accorato del vostro appello e della vostra considerazione vi ossequiamo assieme le nostre famiglie
       Devotissimi Amici
            Paolino Sergio ed Antonio Marando

La lettera era indirizzata allo zio Ciccillo, allora reggente la chiesa del Rosario. La foto in apertura risale alla metà degli anni novanta del secolo passato, quando si intervenne per sistemare il tetto della stessa chiesa, per interesse dello zio Ernesto il giovane, il quale mi chiese di documentare fotograficamente lo stato dei lavori.


giovedì 14 aprile 2016

Ricorda il mio nome

Cutrì Domenico (22.5.1865) di Sav.-vir Catanz. Maria Antonia saccujaru
Sergi Caterina (19.1.1865) di Saverio, ved. di Ielasi Domenico dormi
Carbone Francesco (16.9.1866) smeraglia- di Rocco
Carbone Maria (1.8.1866) di Francesco gorgia
Catanzariti Saverio (7.12.1866) di Andrea longo
Fera mfGiuseppe (2.12.1866) di Francesco ficara e Lentini Anna
Trimboli Saverio (7.8.1866) nacìa - di Rosario parlino
Chirico Anna (21.4.1867) di Gius, uxor Marando Antonio pistola
Musolino Elisabetta (27.7.1867) corsia
Trimboli Domenico (1.12.-1867) di Antonio- cucchiara
Trimboli Francesco (26.7.1867) di Gius. polveraro
Garreffa Anna (30.6.1868) di Giuseppe-piantuna
Lucà Vincenzo (9.7.1868) cirino
Oliva Francesco (15.2.1868) di Domenico sepio
Sergi Domenico (28.8.1868) di Giuseppe prodeo
Zappia Antonio (6.12.1868) di Francesco pittineja
Iermanò Paolo(3.9.1869/  ) di Rosario, rizzola.
Mantegna Francesco (15.7.!869/  ) di Antonio, introibo.
Georgi Rosa(14.7.1870/  ) carlotta.
Schimizzi Caterina (22.11.1870) vedova di Treccasi Pasquale gancio.
Catanzariti Domenico (27.9.1871) di Giuseppe guerra.
Catanzariti Rosario (12.8.1871) di Francesco paja.
Garreffa Giuseppe (30.10.1871) di Domenico bottaro.
Sergi Saverio (12.9.1871) di Carlo careja.
Carbone Antonia (19.5.1872/16) di Francesco sorica.
Romeo Saverio (9.3.1872)di Giuseppe pappanice.
Sergi Francesco (9.3.1872/15) di Carlo e di Romeo Caterina, careja
Staltari Domenico (31.7.1872/34) di Francesco cancejanti (o caccianti?)
Carbone Rosario (28.12.1873/100) cucinata . di Domen. e Greco Francesca..
Staltari Domenica (29.5.1873/32) di Domenico carijìa.
Zappia Rosario (10.5.1873/30) di Domen.- marito di Riganò Saveria sorvara.
Carbone Maria (20.11.1874/40) di Dom. e Greco Fr.sca-ved.Carb.Fr.cirindola
Catanzariti Francesco(15.1.1874/3) di Domenico bomba.
Catanzariti Francesco(21.3.1874/6) di Pasq. Giomo -mar. di Catanz.Maria.
Catanzariti Giuseppe(29.7.1874/19) di Rosario e Catanz. Maria celestino
Papalia Giuseppe(27.12.1874/44) di Rosario e Morabito Rosa pipi.
Perre Domenica(24.10.1874/35)diAnt. e Zappia Anna, ved. Cusenza G.arena.
Velardi Teresa(4.5.1874/10) catalano-vedova di (Velardi?) Giuseppe.
Sergi Rosario(18.11.1876/76) di Gius. e Cusenza Domenica prodeo.
Trimboli Giuseppe(16.3.1878/16)di Nunziato, marito di Staltari Rosa malocco
Bartone Rosario(29.5.1878/31) di Antonio, sacrista, brigante..
Sergi Francesco(25.10.1878/50) di Saverio, vir Mittiga Marianna lirò.
Sergi Pasquale(20.11.1878/52)di Domenico-vir Morabito Domenica,babbeo
Carbone Pasquale(13.5.1880/29)di Dom..mar.Romeo Francesca,camillo
Perre Francesco(12.4.1880/18) di Domenico e Musolino Caterina,malavita
Romeo Francesco (20.6.1880/40)di Giuseppant. e Cufari Bernard.,mburcanu

mercoledì 13 aprile 2016

Delitto imperfetto (reg. John Landis - 1999)

                                               Da Platì
Tentato avvelenamento
                                                                                                                  Platì 29
(Iris). - Un certo V. F. di A., manovale, doveva sposare la ragazza M. F. di D.; ma, per motivi che ignoriamo, il matrimonio è andato a monte, ed il V., qualche mese fa, ha impalmato una certa I. M. Se non che pare che fra i due coniugi non regnasse il più perfetto accordo, e che il marito non disdegnasse di frequentare la baracca della prima fidanzata, che in cuor suo sperava di potersi un giorno, unire al suo F.! Fatto sta, intanto, che giorni dietro R. C., madre della M., ha pensato di preparare tre focacce e di affidarle ad un ragazzo, certo Pignataro, con l’incarico di andare a deporle sul tavolo della I., che sapeva essere uscita dalla baracca, e nel caso questa fosse chiusa, d’introdurvele attraverso una fessura sottostante all’uscio, non senza mancare di avvertirlo di guardarsi bene dal saggiarle, altrimenti sarebbe morto.
Sperava ella che la vittima designata, ritirandosi e trovando in casa quel ben di Dio, si sarebbe affrettata a cibarsene, visto e considerato che il grano costa caro, e che tre focacce ben arrosolate non capitano mica tutti i giorni! Il ragazzo ha eseguito l’incarico, ma è corso subito a riferire ogni cosa alla guardia forestale Panuccio che, entrato in sospetto, si è avviato col Pignataro alla baracca della I., facendo asportare le focacce, che ancora si trovavano dove erano state messe, e consegnandole al maresciallo dei carabinieri. Questi, saputo di che si trattava, ha proceduto subito all’arresto della R. la quale, messa alle strette dall’intelligente funzionario, ha finito col confessare che alle focacce aveva mescolato delle capocchie di fiammiferi, allo scopo di mandare all’altro mondo la I., e così permettere a sua figlia di sposare il V. Il quale, avendo fornita la farina occorsa per confezionare il cibo borgiano, è stato anch’egli messo in gattabuia come complice.
Merita una parola di sincera lode il bravo maresciallo Cioni, per il brillante servizio compiuto.

Sigmund, il mio analista, tempo indietro, mi aveva prescritto tutta la filmografia di Alfred Hitchcock per sfuggire ai complessi di colpa e a tutti i disturbi mentali connaturati a chi ha l’esistenza sgretolata come me. Ora che me li sono sparati tutti vi posso dire che il buon, grande, Alfredo, mai raggiunse in semplicità e concisione questo fatto di cronaca inviato alla Gazzetta di Messina e delle Calabrie, ed ivi  pubblicato il 2 aprile 1915, da parte di Don Giacomino Tassoni Oliva. Ho oscurato nomi e cognomi per rispetto a quanti ancora hanno parentela con i protagonisti della vicenda. Per quanto riguarda Cioni Attilio, Maresciallo dei R. R. Carabinieri vi ricordo che era apparso di già in una pubblicazione dell’8 gennaio 2016.