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lunedì 11 aprile 2016

Uomini e filo spinato (reg. Lamont Johnson - 1970)


Nel tentativo di fare capire che se è vero che la storia di Platì si fonda su diversi eccessi, attraverso questo lavoro e queste pubblicazioni si vuole ricordare che la comunità di Platì non può essere legata, per nessuna ragione al mondo, solo ai fenomeni negativi, ma bisogna andare oltre, e facendo prevalere ed eccellere la bellezza e la forza soprattutto della cultura, guardare al vecchio paese di Platì come a un paese e una comunità dove il bello e il bene superano di gran lunga il brutto e il male, e per questo meritano le prime pagine. E non viceversa.

Perdono, in verità si tratta i un plagio, non sono parole mie. Sostituite Platì con San Luca ed avrete uno stralcio dell’articolo di Antonio Strangio, Ricostruire le pagine di storia, apparso su in Aspromonte marzo 2016. Spesso è  nelle parole degli altri che si trova un senso mal esplicato con parole proprie.

domenica 10 aprile 2016

La corrispondenza

Infine, il primo atto di vendita dei terreni dove andranno a sorgere l'asilo e la scuola media. Risale al 17 maggio 1954, giusto sessantadue anni.


Comune di  PLATI’
Rep. N. 3                                                        - REPUBBLICA ITALIANA –
IN NOME DEL POPOLO ITLIANO
CONTRATTO DI ACQUISTO DA PARTE DEL COMUNE DI PLATI’, DALLA DITTA MITTIGA ROSARIO FU FRANCESCO, DI MQ. 600 DI TERRENO EDIFICATORIO, PER COSTRUZIONE CASERMA FORESTALE
L’anno milllenovecentocinquantaquattro il giorno diciassette del mese maggio
In Platì e nella residenza Municipale.
Davanti a me Murdaca Domenico, Segretario del Comune, si sono personalmente costituiti i signori:
1° - Zappia Giuseppe fu Filippo, Sindaco del Comune di Platì il quale dichiara di agire in nome, per conto e nell’interesse del Comune che rappresenta;
2° - Mittiga Rosario fu Francesco, proprietario, nato e residente in Platì.
Le parti come sopra costituite, sapendo leggere e scrivere dichiarano, anche con mio consenso, di rinunziare all’assistenza di testimoni.
Si premette:
che il Comune di Platì, con deliberazione Consiliare N. 7 del 3 aprile 1953 approvata dalla Giunta Provinciale Amministrativa il 20 aprile 1954 al N. 14859-Div.2 ha deciso di mettere a disposizione gratuitamente l’area edificatoria per la costruzione della Caserma Forestale in questo Centro abitato, area della estensione di metri quadrati seicento pagabile mediante erogazione da parte del Ripartimento Forestale di Reggio Calabria sul fondo accantonato per migliorie forestali;
Che il citato ripartimento del Corpo Forestale di Reggio Calabria ha già versato alla Tesoreria Comunale di Platì, in data 15 aprile 1954 la somma di Lire duecentoventottomila (L. 228.000) giusta bolletta N. 43;
Che la ditta Mittiga Rosario fu Francesco, residente in questo Comune è proprietaria di un suolo edificatorio sito in contrada Calvario di questo territorio, riportato alla partita N. 1230 del vigente Catasto terreni del Comune di Platì – foglio4 – seminativo, libero da iscrizioni e trascrizioni ipotecarie come risulta dall’allegato certificato rilasciato dalla Conservatoria delle Ipoteche di Reggio Calabria 1l 29 aprile 1954;
Ciò premesso, le parti come sopra costituite, mi hanno richiesto di stipulare il seguente contratto:
1° - La premessa forma parte integrale del presente contratto;
2° - La Ditta Mittiga Rosario fu Francesco vende al Sig. Zappia Giuseppe fu Filippo che accetta, nella sua qualità di Sindaco del Comune di Platì, metri quadrati seicento di terreno edificatorio sito in agro di Platì, alla contrada Calvario, al prezzo di comune accordo pattuito ed accettato di lire trecentottanta al metro quadrato, per un ammontare complessivo di lire duecentoventottomila (228.000);
3° - Tale appezzamento di terreno edificatorio, destinato alla costruzione della Caserma Forestale, è così delimitato: per tre lati dalla proprietà dello stesso Mittiga Rosario e per l’altro lato nord-ovest dal Vallone denominato Pirare;
4° - Il venditore si impegna di cedere, senza pretesa alcuna, il terreno necessario alla strada di accesso alla costruenda caserma Forestale;
5° - Il venditore stesso, Sig. Mittiga Rosario fu Francesco espressamente dichiara, sotto la propria personale responsabilità, la piena libertà del terreno venduto da qualsiasi vincolo e cede il possesso immediato all’acquirente.
6° - Il prezzo concordato e accettato a saldo di ogni e qualsiasi avere da parte del venditore Sig. Mittiga Rosario, viene pagato contestualmente alla firma del presente contratto mediante emissione di regolare mandato di pagamento per lire duecentoventottomila, tratto sul Tit. 3° del bilancio per l’esercizio 1954.
Richiesto io Segretario Comunale, ho stipulato il presente contratto scritto in numero tre facciate e righe quattro della presente quarta facciata, che letto alle parti come sopra costituite le quali,lo trovano conforme alle loro volontà, come me lo sottoscrivono.
Il Venditore
Il Sindaco Acquirente
Il Segretario Comunale

Prefettura di Reggio Calabria N.° 20772 – Div. 2° - Visto si rende esecutorio - Reggio Cal. Lì 8 giugno 1954
p. Il Prefetto – f.to Samo
Registrato in Arore addì 22 giugno – n. 439 – vol. 73 - 

giovedì 7 aprile 2016

La corrispondenza



Ieri, nel post ho spinto qualche riserva sul convegno Alvaro, Perri e l'Aspromonte, da subito mi sono sentito tormentato per riguardo agli amici pulinarisi che erano fautori, assieme alla scuola media, del convegno. Purtroppo constatavo l'occasione persa di far conoscere - ad un pubblico di infanti, adolescenti, giovani, adulti, paesani, forestieri, professori, scrittori e infine giornalisti, ma soprattutto alla dirigente scolastica ed al commissario prefettizio - un humus che si sta sgretolando, il passato fertile di un paese fertile. Ora, a seguito dell'espansione del popolo webbiano, l'approssimazione è il prodotto costante e i pulinarisi se ne devono allontanare facendo rinascere il vigore dell'humus platiota.
Oggi, la replica a Francesco Perri dello zio Ernesto il giovane il quale si rammarica di non aver ereditato l'intelligenza ed il talento poetico e letterario dello zio, il vecchio. Ma io so che non è così. Il rammarico dello zio e anche verso lo scrittore, a cui ricorda una non felice polemica avuta con lui nella decade precedente.

                    Careri, 30 maggio 1968

      Chiarissimo Professore,
godo dell'onore che mi fa di indirizzarmi un Suo scritto e spero vorrà concedermelo anche in seguito.
Sono proprio il nipote del Suo ex compagno di scuola, il defunto Arc. Ernesto Gliozzi, sono di Platì e porto il suo stesso nome, benché non ne abbia ereditato l'intelligenza ed il talento poetico e letterario. La famiglia Gliozzi di Ardore è un ramo della mia stessa famiglia.
Ebbi la sorte di entrare in polemica con Lei in occasione del trasferimento della sede Vescovile da Gerace a Locri, verso il 1952, con un articolo pubblicato su un giornale di Reggio, che voleva rispondere ai Suoi ben apprezzati argomenti in pro di Gerace; Lei scriveva per nostalgia del luogo in cui aveva trascorso buona parte della Sua giovinezza io rispondevo guardando alla realtà dei fatti che imponevano la soluzione di quel problema per cui si batterono Mons. Giuseppe Piccolo da Mammola ed altri, fin dal primi lustri del nostro secolo. Lei credette allora di polemizzare con il Suo ex compagno di scuola e non con il nipote, per cui chiuse la replica con un generoso atto di comprensione.
Ora, in seguito al trasferimento del caro Arciprete Pollifroni da Careri  a Cirella, sono stato incaricato provvisoriamente dal nostro Vescovo del governo della Parrocchia di Careri e vi lavoro dal 1° luglio dello scorso anno.
Con le generose offerte dei fedeli ho fatto nella Chiesa diverse innovazioni ed altre mi riprometto di fare, se gli aiuti non verranno meno.
Fra l'altro, ho pensato di rifare le due corone del quadro della Madonna delle Grazie, a cui i Careresi hanno tanta devozione. Allo scopo, ho costituito un comitato largamente rappresentativo a cui è stato Preposto il Sig. Rosario Ceravolo, fratello dell'ex Sindaco Prof. Giuseppe.
La lettera circolare è stata inviate a tutti i Careresi lontani e già arrivano, generose, le offerte.
In quanto all'atto sacrilego per cui la Madonna e il Bambino furono derubati della loro corona, certamente di molto valore, non si è riusciti ad individuare i ladri che, penetrati in Chiesa attraverso il campanile, avevano tentato addirittura di portar via il quadro (come Lei sa, attualmente son presi di mire tele e quadri delle Chiese), ma poiché era pesante e in legno, non poterono attuare tutto il piano e si contentarono delle corone.  Attorno a questo fatto ci furono altre vicende che sarebbe lungo descrivere qui per lettera. Se in questa estate vorrà fare una visita alla casa natia, La informerò di tutto e avrò l'onore di conoscerLa di persona.
Intanto La ringrazio dell'offerta che vorrà mandare per ridare lustro alla nostra cara e venerato Icone; e Le porgo i migliori auguri e i più distinti ossequi.
                                                                                (Arc. Can. Frnesto Gliozzi)


mercoledì 6 aprile 2016

La corrispondenza (reg. Giuseppe Tornatore - 2016)

A margine di un convegno tenutosi a Platì il 22 marzo 2016 presso la scuola media, sul rapporto tra l'Aspromonte e gli scrittori Corrado Alvaro e Francesco Perri, pubblico una breve corrispondenza tra lo zio Ernesto il giovane e quest'ultimo. Nel convegno non è venuto alla luce invece ,grave pecca incolmabile, quello che poteva essere stato il rapporto tra questi scrittori ed il nostro paese che per quanto lo riguarda , a parte qualche citazione, è riscontrabile, contradditemi se sbaglio, solo nei legami che ebbero gli zii Ernesto, il vecchio ed il giovane, con i citati numi della letteratura calabrese. Come apprenderete, il vecchio, con la sua figura minuscola, arguta, vivacissima, fu compagno in seminario con Francesco Perri, mentre il giovane ebbe come compagno, sempre in quel luogo, don Massimo, il fratello minore di Corrado Alvaro. Don Massimo, fresco dei voti e dell'ordinazione, fu anche, col giovane Ernesto, aiuto del vecchio. E come dice Ghezzi: buona visione, scusate, buona lettura.
 Pavia 1O maggio 1968
Molto Reverendo Signor Parroco,
Ricevo da Careri una lettera circolare che mi comunica un atto sacrilego: degli ignoti ladri avrebbero rubata la corona della veneranda Madonna di Pandore. Se avessero rubato in casa mia, non avrei provato più dolore.
La Lettera circolare è firmata da Rosario Ceravolo, che io non conosco, e che non è certamente lo ex sindaco Prof. Ceravolo, mio ottimo amico.
Perciò mi rivolgo a Lei, ora diventato Padre spirituale del mio caro paese natale, anche perché porta nome e cognome di un mio compagno di scuola al seminario di Gerace: Ernesto Gliozzi. Quello era di Platì, ma Ella credo sia ai Ardore, altro paese che ha una famiglia Gliozzi.
Voglia avere la bontà di darmi più diffuse notizia di questo atto sacrilego, ed io manderò senza dubbio il mio obolo per il ripristino della corona del più sacro e amato cimelio della nostra chiesetta protopapale.
Le bacio rispettosamente la mano in attesa di una sua chiarificazione.
                                       Dv.
                                Francesco Perri

 


lunedì 4 aprile 2016

Inizio di primavera, 早春, Sōshun (reg. Yasujiro Ozu - 1956)


Perri Pasquale
Educatore
N. 1 - 4 - 1934   M. 19 - 9 - 2000
Amò tanto il suo paese
che volle tornarci per sempre

Questo marmo, questa lapide, questa commemorazione non devono stare confinati nel cimitero. Il suo posto cari commissari, cari paesani, cari "pulinarisi", è alla cresiola, per ricordarlo a quanti verranno dopo di noi. Pasqualino deve tornare per sempre!

domenica 3 aprile 2016

Lettera aperta ad un giornale della sera (reg. Francesco Maselli - 1970)




                                                                              A " La Repubblica" Roma
                                                                                  - " Il Messaggero" Roma.
                                                                                  - " Il Tempo" Roma
                                                                                  - " Gazzetta del Sud" Messina.
                                                                                  - " Famiglia Cristiana." Roma.
                                                                                  - " L'Espresso" Roma
                                                                                  - " Corriere della Sera"Milano
                                                                                  -" Il Giornale di Calabria"

                                                          LETTERA APERTA AI PLATIOTI
             Cari PLATIOTI,

non sono San Paolo o Cicerone, quindi, nè apostolo nè giurista.
Questa lettera non ha alcuna pretesa se non quella di comunicare con voi. Tutti, oggi, scrivono su Platì. Perché un platiota non può scrivere, pubblicamente, ai suoi concittadini, da platiota a platiota?
Ormai di privato su Platì non c'è più niente: dal 3 agosto, u.s., è sempre sulle prime pagine di tutti i quotidiani con titoli cubitali dove la frase più innocua è la seguente: " Tutte le strade portano lassù, a Platì".
Ormai dai mass-media viene citato come una grande capitale: "qui Platì", come dire "qui Roma", "qui New York". Gli inviati speciali della grande stampa nazionale parlano di Platì come della capitale dei rilasci di persone sequestrate, con 150 diffidati, 8O sorvegliati speciali, 4OO pregiudicati, 18 latitanti, dove "la gente detesta i giornalisti, le forze dell'ordine, i magistrati, tutti responsabili, a loro dire, di calunnie che piovano sullo stesso paese e sui suoi abitanti." `
Ormai Platì significa per tutti " tornare indietro nel tempo, nella storia, nella civiltà. Segna uno spaccato: fuori Platì la civiltà, dentro Platì la barbarie.
Ormai ci siamo dentro tutti: chi è rimasto e chi è andato via; chi riposa in pace e chi vive; chi è scappato con qualche foglio di carta in tasca o con le sole braccia e chi è rimasto; tutti ormai abbiamo un marchio impresso a fuoco sulla carne: il sequestro di persona.
La strada del più turpe dei reati, affermano tutti, passa per Platì.
Se è vero, è una nuova strada di sangue tracciata da mano sacrilega tra le tante croci del Sud. E' un marchio impresso a fuoco su carne da macello, in guerra; su carne d'esportazione, in pace, su carne, da sempre pressata e surgelata, per i banchetti elettorali.
E' un'infamia che deturpa l'anima e ridesta il pianto delle Coefore.
Ormai " U 'NCASATU", il mostro dalle cento braccia e dalle mille teste, che si nutriva delle carni tenere dei bambini, non è più una leggenda popolare, si identifica con tutti i platioti in qualunque latitudine si trovino. Tutti siamo indicati come i torturatori di Marco Fiora.
Ma è vero? E' possibile?
Dov'è Plati di don Giacomo Tassone, dell'avocato Fera, del maestro Gelonesi, del generale Gelonesi, luminare della medicina tropicale, dei Peroni, degli Zappia, degli Spadaro, dei Mittiga, del colonnello Fera, di massaru Peppe Delfino, di Ciccillo Prestia, della saggezza di massaru Cicco di Furnari, di massaru Jelasi, di massaru Cicco Barbaro, di Pasquale Agresta e degli artigiani (Sarti,barbieri, calzolai, falegnami, carpentieri, fabbri, tornitori, le cui botteghe erano per i giovani scuola di vita)?
Dov'è Platì di mastro Micuzzo di donna Grazia, l'anarchico gentiluomo, maestro di alfabetizzazione per centinaia e centinaia di pastori e braccianti?
Dov'è Platì dei centinaia di morti sul Carso e dei quali le innumerevoli strade del paese ci ricordano il loro sacrificio per la Patria?
Dov'è Platì della camera del lavoro di Michele Crea, dove nell'immediato secondo dopoguerra i giovani apprendevano le prime lezioni di democrazia?
Dov'è Platì delle civili battaglie elettorali tra " Spiga" e "Croce" e delle serenate consolatrici dei vincitori ai perdenti?
Dov'è il progetto per il quale Platì doveva diventare un paese pilota per l'agricoltura, la pastorizia e il turismo?
E' possibile che sia scomparso? E' possibile che l'alluvione del 1951, oltre a portare via i giardini più belli dell'Aspromonte, ha portato vi i valori di intere generazioni?
Forse l'alluvione vera è quella verificatasi negli anni cinquanta con la rovinosa e totale emigrazione dei giovani artigiani verso l'Australia, l'America e il Canada; seguita, poi, negli anni '60 da quella dei giovani intellettuali verso il Nord.
Quelle alluvioni non sono apparse sulle prime pagina dei quotidiani.
Sono rimaste nel silenzio di chi l'ha subite e di chi non ha fatto niente per evitarle. Chi è partito si è sentito forte e coraggioso, perché consapevole di affrontare l'ignoto. Chi è rimasto, oggi, rimprovera, con severa coscienza:"La colpa è vostra perché siete scappati e non siete rimasti a dare il vostro contributo!"
Qualcuno rileva che a Platì negli ultimi quindici anni è avvenuta una rivoluzione economico sociale, realizzata da una cultura della morte e del carcere e ciò ha determinato l'attuale degrado umano dell'intera comunità. E' possibile?
Morte e carcere non sono valori e, quindi, non possono originare una civiltà, né possono dare continuità storica; rifiuto categoricamente questa analisi mostruosa.
Rifiuto, altresì, che lo stato repubblicano, nato dalla Resistenza, voglia risolvere il problema Platì Aspromonte con l'esercito e con i blitz di polizia, come un secolo fa; tale provvedimento è la denuncia amara dello Stato di essere stato latitante, per decenni: in quelle zone, con le sue istituzioni democratiche.
Sono stato tra voi nel periodo più " caldo" dell'anno e ho assistito all'accerchiamento di Platì da parte delle forze dell'ordine. Mi sembrava di essere in Libano o in qualunque località di frontiera.'
Per la prima volta non mi sono sentito sicuro nel mio paese e ho cercato, rientrando in Abruzzo, di chiedermi il perché.
La lettura dei quotidiani e dei loro bollettini di guerra mi hanno " coinvolto" in prima persona, come del resto tutti i platioti alla diaspora, e, nello stesso tempo, mi hanno fatto sentire responsabile di tutta la "querelle" Platì.
Mi auguro che la magistratura possa fare luce e, nel contempo, possa ridare a Platì la sua reale dimensione umana e culturale.
Se, eventualmente, tutte le strade portano a Platì, sotto processo dobbiamo andare tutti perché le colpe sono di tutti noi, sia chi è rimasto, sia di chi è scappato, contribuendo, così, a determinare squilibri sociali, politici, etici.
Non vogliamo rispondere all'attuale situazione come vittime. Le colpe nostre sono nostre.
Lasciamo a chi ha colpe maggiori, perché maggiori responsabilità politiche, di analizzare lo sfascio, l'alluvione umana e il degrado sociale denunciati dalla stampa.
Ci sia permesso, però, ribellarci, con alto senso di civiltà, e denunciare all'opinione pubblica che Platì, Aspromonte e Calabria assurgono a cronaca cubitale nazionale solo per terremoti, alluvioni, sequestri di persona, 'ndrangheta, ma mai si affrontano con serietà e serenità le condizioni che hanno determinato l'attuale degrado fisico, sociale e umano.
La situazione attuale non è certo la risultante di un processo a breve termine né la risultante di un processo a lungo termine determinato dalla non volontà politica di indicare ipotesi di soluzione allorquando agli antichi mali, aggravandosi per l'incuria della classe dirigente, non si è risposto con provvedimenti ordinari capaci di reciderli alla base e, cioè, capaci di dare soluzioni definitive alle ataviche aspettative del profondo Sud.
Non è sufficiente gettare il mostro in prima pagina e mettere sotto accusa un'intera comunità e additarla all'opinione pubblica.
Sarebbe utile e necessario rispondere, con civile senso di responsabilità umana e culturale, alle domande di occupazione e di tranquillità sociale dei giovani, costruendo non caserme per "incrementare la presenza permanente dello Stato in Calabria", ma scuole, servizi sociali, strutture sanitarie e turistiche e tutto ciò che può contribuire a mettere Platì e la Calabria nel grande circuito nazionale ed europeo.
E' questo il modo primario per segnare la presenza dello Stato nella regione che ha il più alto tasso di disoccupazione giovanile, il più alto tasso di disservizi sanitari, il più alto tasso di isolamento sociale, economico e culturale, il più alto tasso di degrado geofisico.
Vengano pure le forze armate ma con esse vengano anche tutte quelle scelte politiche e tutti quei provvedimenti ordinari capaci di rimuovere le condizioni ataviche di abbandono e di sfiducia.
Per infondere maggior fiducia e per rompere lo stato di rassegnazione non sono solo necessari duemila soldati, ma posti di lavoro per i giovani che vivono da sempre senza prospettiva storica.
Per garantire la Costituzione e per instaurare un corretto rapporto tra cittadini ed istituzioni, è necessario rimuovere tutte quelle condizioni interne alle istituzioni che da sempre contribuiscono ad allontanare il cittadino: clientelismo, lotte intestine tra le varie correnti dei partiti, giochi di potere, assistenzialismo, spartizione e lottizzazione di cariche e di finanziamenti pubblici.
Già nel 1971, nelle pagine di "Scuola e Mezzogiorno", premio "Libro dell'Anno 1971", sezione saggistica meridionalistica, avvertivo che l'istituto regionale rischiava di essere defraudato dai principi che l'avevano motivato, perché gli interessi dei gruppi di potere economico e politico avrebbero avuto il sopravento su gli interessi della collettività.
La crescita della popolazione urbana nelle città della regione e nei centri della riviera ionica e tirrenica, avvenuta senza un reale sviluppo economico, ha creato uno stato di rapporto abnorme tra i diversi strati sociali sui quali ha facilmente esercitato la propria influenza il blocco di potere dominante. Per capire ciò è sufficiente prendere in esame, per tutte, la città di Reggio Calabria, dove drammatiche conseguenze hanno messo a nudo scottanti realtà che si sono venute a creare per gli errori d'impostazione della politica meridionalistica, la quale ha ignorato, tra l'altro, totalmente il rapporto culturale-economico tra agricoltura e industria, favorendo l'esodo dalle campagne verso una disordinata ed eccessiva urbanizzazione determinata da speculazione edilizia, sottogoverno, gonfiamento del settore commerciale ,eccessivo processo di terziarizzazione improduttivo, accrescimento caotico delle strutture burocratiche, notevole disoccupazione intellettuale, fallimento di piccole e medie imprese, cancellazione dell'artigianato.
In questo stato di cose la caccia al posto pubblico ha alimentato pericolosamente il clientelismo politico che, sfruttando la situazione, ha lavorato non per formare coscienze politiche e classe dirigente ma agenzie e agenti elettorali.
Su questi binari si è avviata l'azione politica con le conseguenze che ci stanno di fronte e dalle quali ognuno cerca di prenderne le distanze riversando, oggi, le colpe su Platì, Ciminà, San Luca: forse gli anelli più deboli di una catena sui quali tutti, a torto o a ragione, si sentono autorizzati a fare analisi sociologiche, storiche,
antropologiche, seduti o alla poltrona di una potente istituzione pubblica,o su una poltrona di un potente mezzo di comunicazione,o su una poltrona della loro residenza estiva.
Il mio augurio è che Platì e quest'ultima alluvione che si è riversata sul suo tessuto umano e sociale possano servire una buona volta per risolvere i gravosi problemi di sempre che hanno pesato e pesano sull'attuale stato della terra di nessuno.
Mi auguro, altresì, che tutto ciò contribuisca a porre fine ad analisi, inchieste, leggi speciali, provvedimenti eccezionali pro-Calabria e si passi ad operare nella nostra regione come si opera in Lombardia,in Alto Adige,nel Veneto,in Umbria,nelle Marche e in Abruzzo: la questione Calabria è una questione nazionale e, perciò,è una questione di tutta la comunità politica,culturale e umana,a meno che non si continui a considerare il profondo Sud come colonia del più sofisticato colonialismo moderno, l'industrialismo pirata e le sue leggi di mercato.
E' vero che noi calabresi siamo ancora legati alla tradizione greca del pianto dei defunti, ma chi, con dovizia di particolari, oggi addita i mali e le nefandezze di Platì e dei platioti dovrebbe sentirsi coinvolto, se non altro perché Platì e l'Aspromonte, non si trovano sulla luna, ma appartengono a questa dimensione culturale e storica che si chiama Italia.

                                                                                                                                       Pasquale Perri

                                                                                                                 autore di "Scuola e Mezzogiorno"
                                                                                                                vincitore de "Libro dell'Anno 1971"
                                                                                                                sezione saggistica meridionalistica.


Questa lunga accorata lettera del 1988, mai pubblicata, era custodita dallo zio Ernesto il giovane. Commentatela per voi, da soli. Io vi posso dire che Pasqualino Perri aveva una penna che va dritta al cuore e come una freccia lo trafigge. Allora: al lungo elenco che parte da U ncasatu e arriva a Micuzzu di donna Grazia e Michele Crea bisogna aggiungere Pasqualino Perri figlio di Peppantoni e Rosina Miceli.


giovedì 17 marzo 2016

Feudalismo (reg. Alfredo Robert - 1912)


CARERI, NATILI, PLATI’ (Comuni della provincia di Calabria Ulteriore 1°)

13 gennaio 1811 (Da Gerace ).

Angelo Masci Commessario del Re per la divisione demani della Calabria Ulteriore.
 Nella Causa tra i Comuni, di Careri, Natili e Platì, e l’ex feudatario signor principe di Cariati; per la divisione delle terre demaniali site in quei luoghi.
Vista la perizia fatta per la descrizione dei demani ex feudali detti 1. Corpo Scapolanova, Lacettta, Aria del vento, Nigrelli, Castania, Grace e Rombone; 2. Livia, Giampaolo ed Emolumenti; 3. Montagna detta Anopollo,Pondola e Misagramera.
Visto ii processo verbale col sentimento degli agenti ripartitori,
Sentito il parere de' signori Cavaliere Musolino, sotto Intendente di questo distretto, ed Onofrio Falletti, Giudice di pace del circondario di Gerace.
Intese le parti, cioè i Sindaci di detti Comuni, ed il signor Arcangelo Oliva, procuratore del principe di Cariati.
Considerando che non si è controvertito, che i cittadini di detti Comuni sono nell’attual possesso degli usi di legnare indistintamente, cogliere ghiande, pascolare e pernottare in detti demani.
Considerando, che la terza parte delle suddette terre chiamate Emolumenti appartiene senza dubbio a Platì, il quale è nell’attual possesso,
 Il Commessario, analogamente al parere de' suddetti due funzionari pubblici , decide , che di tutt’i sopra notali demani (dedotto il terzo degli Emolunmenti, che appartiene a Platì) un quarto si dia a  Careri e Natili insieme, ed un quarto a Platì solo, e l’altra metà resti al possessore signor principe di Cariati.
Per le colonie si osservino i generali stabilimenti. E cosi si esegua - Fatto in Gerace il 13 gennaio 1811-
Angelo Masci.
Per copia conforme – A. Masci

L'atto sopra riportato era conservato tra le carte di Don Filippo Gliozzi arciprete di Natile.



mercoledì 16 marzo 2016

Infinite Sun - Kula Shaker












Malanovak ai Kula Shaker, quanto mi piacciono, e quanto mi piacevano le pellicole scadute. Oggi bisogna stare ore su Photoshop per avere qualcosa di simile, alla fine bisogna affidarsi al caso, come come succedeva con le pellicole scadute. Le foto, scattate dalla terrazza e dal balcone della casa dello zio Ernesto e della zia Amalia, risalgono alla metà degli anni novanta del secolo passato: la macchina era una Nikon FM e la pellicola era la mitica Ektachrome 64T della Kodak.




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lunedì 14 marzo 2016

Rivalità eroica (reg. Richard Rosson/Howard Hawks - 1933)



LA VERGINE DI PANDORE

A distanza di qualche decennio dal catastrofico terremoto che distrusse l’antica città di Pandore e costrinse i suoi abitanti a trasferirsi in altre zone più sicure (Careri e Natile), la tradizione vuole che un contadino intento ad arare un pezzo di terra... e qui si innesta inevitabilmente la leggenda del “quadro miracoloso” della Vergine di Pandore.
Credo sia doverosa riferirla.
Un contadino, come si diceva, mentre stava arando un pezzo di terra rinvenne, a poca distanza dalla zona dove sorgeva anticamente Pandore, un trittico raffigurante la Madonna.
Poiché il terreno sorgeva ai limite dei confini territoriali dei Comuni di Careri e Platì, tra i due popoli sorse una animata disputa: il trittico doveva essere portato a Careri o a Platì? Mai disputa fu tanto accanita ed accesa. L’accordo non fu raggiunto. Alcuni “saggi” suggerirono un singolare stratagemma che, con grande soddisfazione di tutti, venne attuato.
Il «quadro» venne caricato su un carro trainato da due giovenche e abbandonato in aperta campagna. Se le giovenche si fossero dirette in direzione di Platì, sarebbero stati i Platiesi gli unici proprietari della immagine della Vergine di Pandore. In caso contrario il possesso sarebbe toccato di diritto ai «pandurioti». Le giovenche si diressero verso Careri facendo la gioia dei «Pandurioti» e la disperazione ovvia dei Platiesi. Da quel giorno i cittadini di Careri divennero i gelosi custodi del miracoloso trittico raffigurante la Vergine con il Bambino.
Per i Careroti il "quadro" divenne ben presto l'ancora di "salvezza"; salvezza del corpo e dell’anima. La fede nella Vergine di Pandore fu sempre grande, infinita.
Purtroppo ai primi di ottobre del 1971 mani sacrileghe trafugarono il "quadro" miracoloso lasciando nello sconforto più nero migliaia di fedeli.
In quei giorni il sindaco del paese, Rosario Monteleone, rivolse ai malfattori un accorato appello: “Mi rivolgo a nome mio e di tutta la cittadinanza a coloro che, forse in un momento di smarrimento,hanno voluto privarci di un bene cosi inestimabile; restituite a Careri il miracoloso quadro: soltanto allora il mio popolo riacquisterà la pace e la tranquillità “.
A distanza di anni l'appello è rimasto però inascoltato.
Quella mattina di 15 anni addietro la notizia del furto del «quadro» si diffuse in un baleno. “Non c‘è legge, non c’è legge” gridavano, piangendo, uomini e donne, vecchi e bambini.
Non sono mancate scene di grande commozione come quando una anziana donna, genuflessa davanti all’altare, pregava: «Vergine Santa, ritorna a Careri».
Era una speranza!

A Careri cà si dicia
Cà ndavi a veniri la Matri Maria:
O Maria, o di li Grazii,
chi vu siti la cchiù bella
vi misiru nta na stanza
non vi volenu portari a Careri.
Quando la Matri si misi in caminu
li Prativoti gralimi iettaru:
ora cu vui volimu mu venimu
finu a Careri mu v’accumpagnamu.
volimu la Matri cu Gesù Bambinu
pa li nosrti bisogni ma pregamu.
Quandu la Matri a Careri trasiu
tuttu lu mundu cà s’allumtanau.
Nostra Madonna in prucessioni iu
avanzi a la chiesa si fermau;
tutti gridaru «la Matri di Diu»'
Maria di li Grazi l’intitulau.
Lu bastimentu a mari si ndi iu
e lu patruni grazii cercava;
e chissu fu  miraculu di Maria:
mu scindi sarvu e non si maculau.

Tratto da CARERI nel 150° anniversario della fondazione del comune, a cura di Giuseppe Pipicella, Laruffa Editore, 1986

Secondo lo Zangari, riportato da Domenico Minuto, Careri, Pandore e Platì  contenevano beni dei monasteri basiliani. All’ epoca del furto, parroco di Careri era lo zio Ernesto il giovane che per l’occasione intrecciò una breve corrispondenza con lo scrittore careroto Francesco Perri che trovate qui:
Il terremoto che distrusse Pandore risale al 1507.
Dimenticavo: la foto è di Don Salvatore C.




domenica 13 marzo 2016

A sud rullano i tamburi (reg. William Cameron Menzies -1951)

La foto ritrae Michele Trimboli alias Giamba, con altri suoi colleghi ad Acquaro. E' inserita nel volume Le figure inquiete, Franco Angeli del 1989. Autore del libro come della fotografia è Francesco Faeta.