Pastori e business man
Nel cuore dell'Aspromonte nasce una cooperativa. Con l'aiuto
del vescovo e dell’Europa. E in collaborazione con due consorzi trentini
di Giovanna Vitale
Per adesso è solo un germoglio: è ancora troppo presto per
dire se il seme della legalità riuscirà ad attecchire o se, invece, morirà
prima di fiorire. Il terreno di coltura non è certo dei più fertili. Nel cuore
dell'Aspromonte, al centro del famigerato triangolo dei
sequestri, parlare di Piatì significa raccontare storie di lacrime e dolore.
Eppure è proprio qui che un gruppo di giovani pastori ha deciso che è venuto il
tempo di cambiare: non più indifferenti spettatori di tanti rapimenti - da
Marco Fiora a Cesare Casella, nascosti per anni in insani pertugi scavati fra i
pascoli della montagna - bensì imprenditori. Il cammino è stato lungo e
faticoso: prima hanno ascoltato le prediche dei parroci impegnati contro la
criminalità, insieme hanno disegnato un percorso, con coraggio si sono
rimboccati le maniche per invertire la rotta del destino.
l sogni, le speranze e i progetti della Calabria che lavora
stanno tutti lì: nella piccola cooperativa “Valle del Bonamico", sorta con
la benedizione del vescovo di Locri, Giancarlo Bregantini, e l'aiuto del
comune, che ha ceduto per 30 anni, a un canone simbolico, 24 ettari di terra demaniale.
Di qui a poco, grazie ai fondi stanziati dall'Unione Europea, sarà possibile
trasformare il latte degli allevamenti in prodotti caseari e coltivare frutti
di bosco. Per distribuirli, la cooperativa utilizzerà la rete di vendita di due
consorzi trentini, il Sant'Orsola e il Trentingrana, venuti in aiuto dei
pastori di Platì per intercessione del vescovo, che in Trentino c'è nato. In
compenso, il Sant'Orsola sfrutterà le fasce climatiche della Locride per
garantire tutto l'anno la sua produzione di frutti di bosco: solo lì potranno
crescere, anche “fuori stagione", senza che ii freddo li uccida. «Non è
solo un'iniezione di fiducia», dice monsignor Bregantini, «ma anche un esempio
di integrazione reciproca: all’inizio abbiamo dovuto combattere contro un muro
di diffidenza. È durato poco: quattro
nostri ragazzi sono già in Trentino per imparare a lavorare nelle serre, ospiti
del Sant'Orsola che coprirà tutte le spese».
Il progetto è coraggioso, per andare avanti ha bisogno di
soldi. «È questo il problema», avverte il prelato. «l finanziamenti comunitari
coprono solo una parte dell'investimento, ma servono almeno altri 300 milioni.
Abbiamo già chiesto aiuto al fondo mutualistico della Confcooperative: c'è il
rischio che l'iniziativa - partita dall'esigenza dei giovani di percorrere
strade pulite - fallisca o cada in mani poco trasparenti». D'altronde, quella
europea è una legislazione di supporto: prevede un sistema bancario equo e
circuiti finanziari alternativi che in Calabria non esistono. Al Sud, la speranza
è un venticello spesso sopraffatto dalla potenza della malavita, facile
sostituta di uno Stato che si avverte lontano e immobile. «Il segnale lanciato
dalla “Valle del Bonamico” è fortissimo», afferma con la combattività dei suoi
25 anni Katia Stancato, presidente della Confcooperative calabrese. «Non era
mai capitato che un'impresa ricevesse il sostegno di tutti: della gente, delle
istituzioni, dei comuni... ln questo la Chiesa ha avuto un ruolo fondamentale: qui
la cultura della cooperazione fa fatica ad affermarsi. E lnvece, per impedire
che la criminalità dilaghi, c'è bisogno di uno sforzo comune. L’augurio è che
questo progetto-pilota serva da esempio ad altri giovani, in altre zone della
Calabria. Le risorse sono immense, basta saperle sfruttare››. Non a caso, è
parso ad alcuni che il nome di questa regione venga da due aggettivi greci, kalòs e briaròs: terra bella e gravida di frutti.
Testo e foto (bellissima) D la
Republica
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