Racconto di Corrado
Alvaro
Non si ha idea di che cosa sia un'alluvione in Calabria. Non
è la tragedia delle potenti dighe che crollano, del mare che irrompe; fatti che muovono alla solidarietà e al
soccorso popoli e nazioni. No. E‘ qualcosa di tragicamente povero come è povero
il paese...
Per vivere, per alimentare un'industria che dia lavoro, i
Calabresi spiantano i boschi. Di conseguenza le loro montagne crollano, si spianano Ie valli, orti e paesi sono
cancellati dalla sabbia che Ie alluvioni passano allo staccio.
In una giornata che non prometteva niente di buono, un
viaggiatore aveva urgenza di raggiungere un comune: Platì. Poteva fermarsi al
primo allarme, appena l‘Aspromonte diventa colore della cenere, e
aspettare di riprendere il viaggio il giorno seguente.
Ma la natura laggiù a volte pare scherzare, fa grande
fracasso, dispone le batterie dei suoi tuoni rotolanti pei monti e le nubi,
mentre il sole apre scene mai vedute; boschi e paesi remoti e alberi, e uomini
e armenti si vedono nitidi lontano tra una cortina di nuvole, come un
palcoscenico improvvisamente illuminato.
ll viaggiatore imboccò la valle della fiumara, tra i
ruscelli che scendevano placidi nelle rughe di quelle distese di ghiaia bianca
e sonora.
Ma dalle rive lontane, dai colli, dai greppi, i pastori coi
loro cappucci a punta accennavano a lui di lontano; ed egli non capiva.
E di colpo, come se la montagna l’avesse con Iui,
scorgendolo cosi zelante e ostinato, la tempesta lo
circondò, dalla strettura della valle il canto lontano dell'acqua
divenne un ruggito.
Egli fece in tempo a rifugiarsi in una grotta su un dirupo,
mentre il letto bianco di ghiaia divenne qualcosa di sporco e di mobile: veniva avanti come un armento urlante,
un sudicio elemento che spingeva a balzelloni,
per trofeo, grandi alberi di olivo diritti e rotanti, isole
di terra erbose, capanne e animali.
L'urlo dell‘acqua era un misto terrificante di campane a
martello, di suoni d'organo, di implorazioni e pianti, e perfino qualcosa come
un canto enorme.
L'uomo arrivò il mattino seguente al paese.
Un paese squallido come un cane affogato...
Corrado Alvaro - Racconti d‘Autunno ~
IL MIO PAESE
PLATI’ SI RACCONTA
Platì è il mio paese
Si trova in collina,
e qui sin dal mattino
c’è un’aria frizzantina.
Per essere precisi
Su dove devi andare,
a circa 300 metri
lo trovi giù, dal mare.
E’ posto in una conca
Protetto da montagne
Quasi per impedire
A chiunque di guardare.
Ma qui molto ci trovi
Di bello da osservare
Reperti tradizioni …
Da non dimenticare.
Quello che al primo impatto,
sicuro ti colpisce
i tanti bei colori
che l’ambiente ti fornisce.
L’azzurro sia del cielo
Quando ti appar sereno,
non meno emozionante
vedere un grande arco,
quello che definiamo il nostro arcobaleno.
Spettacolo stupendo
Ci offre la natura,
vederlo in altri posti
orma iè cosa dura.
Diverse sfumature
In tutte le stagioni,
bellissime e stupende,
anche nelle tempeste
che portano lampi e tuoni.
Descrivere spettacoli
È cosa assai gradita
Specie quando ci capita
La prima nevicata.
Ti affacci alle finestre
E vedi scivolare
La neve che sui monti
Si va a depositare.
Tutto di venta candido
Quello che qui ci appare,
siamo molto rapiti
ci sembra di sognare.
Di tante belle cose
Di cui vogliam parlare
Non meno rilevante
È la parte alimentare.
Infatti, un pò per tutti,
come in un lieto fine,
si da ancora importanza
alle cose genuine.
Tutti sono impegnati
A fare grandi cose,
le donne soprattutto
sono molto operose.
Forse abbiamo detto tanto,
ma è sempre molto poco,
di cose da vedere
ci stanno in ogni loco.
Per questo ci compiace
Voler sottolineare
Che in fondo in ogni luogo
C’è qualcosa da salvare.
Infine riflettete
La nostra terra è tonda,
è tutto molto bello
quello che ci circonda.
Dopo aver detto questo
Ognun di noi è attivo,
pertanto nel futuro
è giusto e doveroso
pensare positivo.
Professoressa Rosella Morabito
Questi brani, per gentile concessione di Pasquale Catanzariti, sono stati recitati in occasione del convegno L'Aspromonte di Alvaro e Perri tenutosi nei locali della scuola media di Platì il 22 marzo del corrente anno.
Oggi, mi piace ricordare che il terreno dove ora sorge la scuola media era di proprietà del nonno Rosario, che nei primi anni sessanta del passato secolo li cedette al comune che già allora aveva intenzione di farvi sorgere le scuole.
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