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mercoledì 15 ottobre 2014

Tempo di guerra tempo d'amore (reg. Arthur Hiller - 1964)


Questa volta non so quanti lettori troverò d’accordo con me, forse ci sarà chi boccerà il blog ma devo andare ancora oltre. Intanto …

Tranquillizzatevi ….

Oggi leggerete di un rapporto molto spesso accennato nel susseguirsi dei post sino ad oggi pubblicati: gli scambi tra Platì e la città di Messina,  e viceversa.

intanto sentitevi questa ...


La più antica traccia di questo scambio l’ho rintracciata diversi anni or sono in un libro della professoressa Carmen Salvo di cui mi rincresce di non ricordare il titolo. In una delle pagine era ricordato un bosco di proprietà della ricca famiglia Marullo in località Platì o Motta Platì, tra il XV° e il XVI° secolo.

In anni più vicini a noi vari grossisti zanclei avevano commercio con i platioti per via dell’olio d’oliva.

Ho ricordato pure come da Messina arrivò a Platì lo zio Placido per cercare moglie; la fortuna lo arricchì: si portò oltre lo stretto la zia Rosa, sorella di papà. Una santa la zia Rosa. Soddisfatta tutta la famiglia Sciarrone, a Platì corse il fratello dello zio Placido, Giovannino.  Ancora più fortunato, si prese in moglie la bella di casa Mittiga, zia Pina. Questi distacchi alla fine causarono il trasferimento della nonna Mariuzza che si tirò dietro papà e mamma.
C’era stato pure il caso di qualche famiglia di Platì trasferitasi in Messina per motivi impiegatizi.  Felice di nominarne una ho il dubbio che a figli e nipoti la citazione in questo luogo non sia cosa gradita. Sta di fatto che dal paese si portarono anche Rachele, la futura moglie di Micheli u giamba, come collaboratrice domestica.




Nei miei ritorni soggiorni a Platì ogni volta che incontravo Rachele alla messa domenicale dello zio Ernesto essa mi chiedeva della famiglia citata come in vero anche con i figli messinesi ricordavamo Rachele.
Accadeva, è un ricordo di mio fratello Saro, che da Platì partivano per venire oltre lo stretto e sotto raccomandazione di don Umberto Romeo, allora agente di viaggio, quanti dovevano successivamente trasferirsi oltre i mari e in continenti remoti per la visita di idoneità all'emigrazione su quei grandi piroscafi che facevano scalo nel porto messinese.




Ancora.
Due furono le principali attrattive, se così le vogliamo chiamare, che spingevano i platioti verso Messina: il distretto militare e l’università.
A partire dagli anni cinquanta e fino alla metà dei sessanta del XX secolo quanti dovevano ottemperare alla visita per la chiamata alle armi avevano come tappa obbligata Messina. Ma già da tempo i platioti venivano spediti in servizio nei  fortini o nelle caserme se non addirittura all’ospedale militare quando renitenti agli incarichi



Platì sulla pietra di un portale del Forte Serra La Croce in località Curcuraci, villaggio di Messina

Si partiva da Platì con l’autobus di Panuzzo alle cinque e mezzo di mattina, lasciandosi dietro una cometa di fumo nero fragrante  di nafta bruciata. Nel tragitto verso Bovalino, dove si cambiava autobus, prendevano posto altri coscritti: Natiloti, Careroti,Benestaroti. Alle sette c’era il traghetto Aspromonte  da Reggio, dove ad attendere c’erano giovani  provenienti da altri paesi del reggino. Alle sette e trenta si sbarcava per giungere col fiatone e in numeroso gruppo presso la caserma Zuccarello alle otto. Erano ragazzi di tutte le taglie raggruppati senza distinzione di classe sociale, vincolati solo da giovinezza e baldanza.




Per molto tempo la visita di leva è stata una stazione obbligata nella corsa del treno della vita, indipendentemente dal risultato, e toccava tutti i maschi che stavano in piedi e con la mente che camminava. Se ne parlava in famiglia e con i compagni di scuola. La chiamata era arrivata ai nonni come ai padri, naturale che toccasse i figli. Per alcuni si trattava del primo passo messo fuori della nativa Platì: temuta in privato, in gruppo la si beffeggiava.
Tre le giornate che tenevano impegnati i giovani, retribuiti con la medesima paga che spettava chi già era sotto le armi. In fila si attendeva il proprio turno cadenzato in ordine alfabetico dalla voce disattenta del furiere per essere introdotti alla visita medica con ufficiali medici scontrosi. In gruppo, in stanzoni arredati come aule scolastiche si affrontavano i test attitudinali somministrati da baffuti marescialli furibondi, se non erano ufficiali a tre stellette.
Molti erano quelli che alla fine del tempo concesso per le risposte consegnavano i fogli senza esito. Nessun problema la naia è stata sempre comunista  anche in territori fascisti. Lo stesso venivano arruolati per finire nell’ artiglieria come fucilieri con la sfortuna di fare le guardie alla porta centrale della caserma un giorno si e uno no.

Quei tre giorni non erano altro che naia a tutti gli effetti, naturale che si attendesse con impazienza l’ora della libera uscita e prendere d’assalto la città.

Messina offre ben poco a chi deve trattenersi anche se per pochi giorni. I vari terremoti che l’hanno sollevata dalle fondamenta, come i bombardamenti alleati nell’ultimo conflitto mondiale hanno cancellato per sempre ogni traccia del suo storico passato. Nei tempi che stiamo ricordando le sole attrattive erano i bar-pasticceria e le sale cinematografiche. Ora non dobbiamo dimenticare, lo si è riferito prima, che Messina è un porto di mare … Ho detto che lo zio Placido e lo zio Giovannino andarono a Platì per cercare moglie per contro anche i giovani chiamati alle armi stando in urbe avevano in mente non la moglie bensì a fimmina e voi sapete a cosa alludo, e metto punto, per non offendere la sensibilità delle signorine Scrivo solo che in quel passato a Messina la ricerca di questa soddisfazione, Tolstoi la chiama igiene intima, aveva due strade: per chi poteva spendere più adeguatamente le locande; chi possedeva meno il citato porto oppure il poco distante cavalcavia se non le spalle del duomo, ma in quest’ultime accorrevano solo i cittadini della periferia per la modestia dell’offerta e del costo. Ora dovete sapere che in certe serate con gli amici cinefiles si andava in questa parte della città, che poi è centralissima, to shoot certe immagini, certe inquadrature di stile felliniano. La scenografia come gli abiti indossati parevano allestiti dal signor Gherardi come le luci fissate dal signor Tonti mentre noi buontemponi fischiettavamo un motivo del maestro Rota. Il più dotato tra noi incrociando indice ed anulare di entrambe le mani e formando un piccolo riquadro 35 mm. improvvisava una panoramica. Fine Al rientro in paese alla famiglia si menzionava quanto accaduto in caserma mentre con gli amici si svelavano le imprese scostumate ma erano queste che squassavano l’attesa di quanti dovevano prendere l’autobus successivamente.
Si diceva prima che Messina offre poche attrattive per il forestiero, Platì chiuso per com’era offriva ancora meno e la visita di leva era vissuta come un sorta di rito di iniziazione che apriva le porte della maturità se non del matrimonio.
Dovrei ora scrivere sull’università ed il conseguente naturale abbandono del paese da parte dei laureati; è un argomento serio che cerco in tutti i modi di esprimere al meglio, credetemi, è uno strazio il solo pensarci.

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