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lunedì 31 ottobre 2022

Obit [di Vanessa Gould - 2016]

Pasqualino Sergi

1917 - 1939

Da quell’Anno Domini 1568 il cui cappellano del Fondaco di Pratì era Don Francesco Silvestro, il paese di Platì ha sempre dotato la Chiesa degli uomini di cui aveva bisogno. A volte erano le famiglie patrizie a fornire i ministri del culto, a volte i semplici capi famiglia che volevano elevarsi socialmente. Molti erano quelli mandati da fuori per ordine dei vari Vescovi che avevano sede in Gerace. Uno di questi fu Don Crescenzio Carulli che arrivò a Platì intorno agli anni venti, per poi trovare la morte ad opera di ignoti nella notte del 5 dicembre del 1930: «Avrebbe mai potuto pensare il povero sacerdote, che chiamato a Platì a prestare la sua modesta missione di bene, avrebbe dovuto così miseramente finire i suoi giorni?», così il canonico Oppedisano nella sua Cronistoria. Una promessa fu Pasqualino Sergi del quale si sono dimenticati anche i reporters nati col web. Pasqualino nacque a Platì da Antonio e Concetta Pangallo* all’alba del 1° ottobre del 1917, era dunque coetaneo della zia Gemma e dello zio Peppino «u mutu i barva», due anni dopo lo zio Ernesto il giovane. Come quest’ultimo ebbe la vocazione al sacerdozio e, come il nonno Luigi, il padre si sacrificò per esaudire il suo desiderio. Studiò dapprima nel seminario di Gerace per poi completare il percorso a Napoli nella Pontificia Facultas Theologica Sancti Aloisii ad Pausilypum. Anima aperta e generosa, in quel Sacro Istituto, si  preparava a terminnare i suoi studi. Come per Don Cresenzio Carulli il destino di Pasqualino era segnato: nella mattinata del 7 febbraio 1939, un martedì, rese l' anima, tra il dolore dei genitori per la perdita dell’unico figlio e lo sgomento dei superiori, professori e compagni di studio, a soli ventidue anni. Nella ricorrenza dei defunti di questi giorni è doveroso ricordare Don Crescenzio Carulli e Pasqualino Sergi.

*Antonio era figlio di Pasquale e Trimboli Francesca, Concetta era figlia di Domenico e Mittiga Angela i due contrassero matrimonio il 13 settembre del 1913.


Il documentario citato in apertura ha molto in comune con queste pagine e i redattori del New York Times durante la visione, a volte,  sembrano parteciparvi.

A tutti gli odierni citati è dedicata la magistrale sequenza tratta da Lo Specchio  di Andrej Tarkovskij che include il Quando corpus morietur  dallo Sabat Mater di Giovan Battista Pergolesi

giovedì 27 ottobre 2022

NOPE [di Jordan Peele - 2022]

 I will cast abominable filth upon you, make you vile, and make you a spectacle.” Nahum, 3.6

Carlo vive 




ed anche il Maestro

giovedì 20 ottobre 2022

lunedì 17 ottobre 2022

DE GASPERI - L'UOMO DELLA SPERANZA [di Liliana Cavani - 2005]


 

QUELLA VOLTA
CHE VENNE DE GASPERI

U diciottu ottobri chi doluri
Quandu li frani vittimu scindiri,
si riuniru muntagni e vagliumi
paria lu giudiziu universali.

Il fango inghiottì tutto e mise in ginocchio l'economia agricolo-pastorale di Platì.
Scrisse Rizzuti sul Mattino di Napoli «Anche il sonno dei morti a Platì non è stato rispettato: il mostro delle acque ha attraversato il cimitero, lo ha sommerso». «. . .Questa è la tragica sorte di Platì, un povero paese destinato a sparire dalla faccia della terra, perché sotto di lui il terreno frana e slitta verso una corsa paurosa alla morte».
Arrivano i primi soccorsi e nel marzo del 1953, in piena campagna elettorale, il capo del Governo Alcide De Gasperi sale a Platì per inaugurare le case popolari costruite in contrada Lacchi, alle porte del paese. Il corteo presidenziale viene fermato con uno stratagemma a Natile, lungo la vecchia statale 112: il tricolore deposto sull'asfalto obbliga il Presidente a fermarsi ed il capo-popolo, cavaliere Giovanni Napoli, consegna una lettera di protesta per il mancato trasferimento dell'abitato di Natile Vecchio. Si prosegue nel frattempo, superato lo scoglio della protesta popolare dei natiloti, verso Platì. De Gasperi nel vedere le casupole costruite alla frazione Lacchi ha un moto di ribellione, di stizza e non può non esclamare: «E che vi devono abitare i porci? Vergogna!». Altri tempi!
Dal balcone di casa Oliva lo statista tiene un comizio tra l'arciprete Gliozzi, l’on. Michele Murdaca ed il sindaco Peppino Zappia. C’è qualche contestazione popolare quando si arringa la folla paventando il pericolo comunista e gridando: «Il mostro comunista mangerà anche i vostri bambini ...». Domenico Catanzariti, mischiato tra la folla, risponde gridando: «Buum!». Accorrono i carabinieri e lo portano in caserma in stato di fermo e sarà poi lo stesso Capo del Governo ad invitare il Comandante della locale stazione a lasciarlo libero. De Gasperi, prima di partire, firma un assegno di un milione che consegna al Sindaco per i bisogni del popolo. Ma è proprio l'alluvione che determina lo sconvolgimento sociale di Platì. Un inesorabile processo di emigrazione che dissangua il tessuto economico platiese e dimezza nel giro di pochi anni la popolazione che contava più di 6.000 abitanti.

Gianni Carteri
Calabria – Anno XX – Nuova Serie - N. 83 - giugno 1992
Foto: Archivio Gliozzi

martedì 11 ottobre 2022

Voci da Platì - The Wish

If pa's eyes were windows into
a world so deadly and true
You couldn't stop me from looking
The Wish, Bruce Springsteen



Un ethos, cioè una mediata volontà di storia,
un progetto di «vita insieme», un impegno a
uscire dall’isolamento nevrotico per partecipare
a un sistema di fedeltà culturali e a un ordine
di comunicazioni interpersonali tradizionalmente
accreditato e socialmente condiviso.
Ernesto De Martino, La terra del rimorso, 1961

 

lunedì 10 ottobre 2022

Voci da Platì [di AA. VV. - 2022]

 


La pubblicazione di VOCI DA PLATÌ non sarebbe stata possibile senza il basilare contributo di Elisabetta Siotto redattrice e Irene Piras Art director.
TO BE PLAYED AT MAXIMUM VOLUME

giovedì 29 settembre 2022

U tempu da 'stati "a.k.a." SUMMERTIME [di David Lean - 1955]

U tempu da stati
“U tempu da ‘stati esti ‘nu bellu tempu:
I cotrareji jòcanu e non si faci friddu;
to’ patri è rriccu e to’ mamma è ‘na bellezza,
acchì matina i chisti
ti risbigghi e ti trovi cu’ l’ali ….”
 
“Ero più che adolescente quando Dominic Violi (pratioto puro sangue, figlio di miei parenti emigrati, ma nato e vissuto in America), occasionalmente a Platì in una delle sue prime rimptriate, mi tradusse estemporaneamente in perfetto dialetto platiese (rectius: pratiòto) un brano di Porgy and Bess di Gershwin. Si trattava dell’aria “Summertime”, che stavamo ascoltando insieme da un disco di Ella Fitzgerald”. Poiché non capivo un’acca di inglese, Dominic traduceva, canticchiando e seguendo la melodia”. Michele Fera
 
Summertime
Summertime,
And the livin' is easy
Fish are jumpin'
And the cotton is high
 
Oh, Your daddy's rich
And your mamma's good lookin'
So hush little baby
Don't you cry
 
One of these mornings
You're going to rise up singing
Then you'll spread your wings
And you'll take to the sky
 
But until that morning
There's a'nothing can harm you
With your daddy and mammy standing by
 
Summertime,
And the livin' is easy
Fish are jumpin'
And the cotton is high
 
Your daddy’s rich
And your mamma's good lookin'
So hush little baby
Don't you cry

Tempo d'estate
Tempo d’estate,
e vivere è facile:
i pesci stanno saltellando
e il cotone è alto.
 
Oh, il tuo papà è ricco
e la tua mamma è bellissima:
quindi stai zitto, piccolino,
non piangere.
 
Una di queste mattine
ti alzerai dal letto cantando;
poi spiegherai le tue ali
e andrai in cielo.
 
Ma fino a quella mattina
non c’è niente che possa farti male
con il tuo papà e la tua mamma che ti assistono.
 
Tempo d’estate
e vivere è facile:
i pesci stanno saltellando
e il cotone è alto.
 
Oh, il tuo papà è ricco
E la tua mamma è bellissima:
quindi stai zitto, piccolino,
non piangere.
 
Il brano in inglese è di DuBose Heyward e Ira Gershwin, Porgy and Bess di George Gershwin è del 1935
originale e traduzione sono qui:
https://lyricstranslate.com/it/summertime-tempo-destate.html

Il testo di Michele Fera è contenuto nella rivista di Mimmo Marando PLATI’, novembre 1996.

Nella foto d’apertura zia Amalia e zia Gemma con le cugine Tripepi arrivate da Mishawaka IN nei primi anni ’60 del passato secolo.

Ecco ora a voi la divina Ella,
a seguire la versione, sempre verde, di Janis Joplin:

 

 

mercoledì 28 settembre 2022

Qualcosa di personale - umiltà .... mansuetudine

 

Pur sempre umiltà e mansuetudine conquistano i cuori
Aff. Canonico F(elice) Galluzzo

Il canonico Felice Galluzzo è apparso di già qui:
https://iloveplati.blogspot.com/2013/10/corpoceleste-pt6.html

- Immagine e testo contenuti nell'album personale di Ernesto Gliozzi il vecchio.

domenica 18 settembre 2022

La casa del buon ritorno [di Beppe Cino - 1986]



Per un ennesimo tributo al padre, Maria Antonia Romeo da Buenos Aires è tornata a Platì, paese delle sue origini e all'abitazione di via Domenico Agostino n. 23 dimora di famiglia fino a quel giorno, era il 1946 e l’Italia era appena una Repubblica, in cui svendendo uno sparuto gregge di pecore, insieme ai suoi fratelli Giuseppe Romeo (1919 – 2012) di Saverio e Maria Antonia Barbaro raggiunse Napoli per salpare verso l’Argentina.
Maria il paese lo aveva già conosciuto nella primavera del 1993, la ospitarono i ciceroni Barbaro Pasquale alias "U Glorijusu", barbiere e cugino di Maria, e Strangio Andrea.
Oggi la casa natale del padre nel suo abbandono è rimasta pressoché intatta.
Prima di salutarla, Maria mi svela quanto suo padre desiderasse rivedere il paese, rivolgendo alla Madonna di Loreto sempre la stessa preghiera, che gli apparisse in sogno la Platì di quando era ragazzo.
Giuseppe Romeo di Savo e Maria Antonia Barbaro aveva una sorella, Giuseppa classe 1915, i fratelli partiti con lui erano Bruno (1917), Rosario (1926) e Antonio Lucio (1930).
MICHELE PAPALIA

Tutte le foto, tranne l'ultima di Michele Papalia, sono di Maria Antonia Romeo che cortesemente le ha concesse per l'odierna pubblicazione: nella prima Giuseppe Romeo a Buenos Aires a seguire la stessa con Andrea Strangio e Pasquale Barbaro nel 1993, infine il recente viaggio a Platì di Maria Antonia.


domenica 11 settembre 2022

Il canto dell'usignolo - Platì incontra Pier Paolo Pasolini

Il contadino che parla il suo dialetto è padrone di tutta la sua realtà. Pier Paolo Pasolini

 

Trimboli Rocco “U Ciuciu” cl. 1943
Nipote di gentiluomo brigante, figlio di pastore, pastore anch’egli già a undici anni. La sua infanzia tra le gole d’Aspromonte, vide sradicare il ciocco dai suoi zii, apprese come scalare le querce e catturare i ghiri, da autodidatta imparò a leggere e scrivere e, soprattutto, non si perse le serate di chitarra e strambotti. Andò incontro al mondo quando chiamato militare partì per Pordenone, lì assicura di aver visto Pasolini passeggiare tra le vie di Casarsa. Tornato in paese cominciò a rimare.
 
GUARDATI GENTI
“Guardati genti chi succeriu,
lu mundu in peggiu cambiau
e non si poti cchiù pregari a Diu,
ca u Viscuvu puru u previti cacciau.
Lu cunsigghju pasturali lu sciogghjiu,
ca li reguli soi disobbedii.
Guardati ‘nta stu paisi chi succeri
ca l’Islam ‘ndi voli ‘ncrementari,
chisti guardati sunnu cosi veri,
la religioni vonnu cancellari”
 
Barbaro Giuseppe “U Pintu” cl. 1947
Se per divenire poeti c’entra la genetica, l’insegnante di Barbaro Giuseppe ne fu la madre da cui apprese l’arte, anch’egli figlio della tradizione contadina, vino quanto basta ma mai poco eppure sempre sobrio, poeta di garbo, altero si porta appresso il bagaglio linguistico della propria epoca, un oracolo per dispensare dialetto e saggezza.

RICORDI
Dui occhi e mi veni ravanti,
nu paisi nu pocu curiusu,
na finestra chi guarda a levanti,
na’ vineja chi vaji pa’gghjùsu.
A cummari ‘ssettata javanti,
ca cunocchjia c’u fusu e u tilaru,
eu mi giru, mi votu fra tanti,
mi ricordu quandu era cotraru.
Teni ‘u mugnu la ‘gnura Cuncetta,
sciacqua i panni cu l’acqua e sapuni,
cu ricama e cu faci a carzetta
 è ssettata supa o barcuni.
Sunnu cosi du tempu passatu,
lapru l’occhji e non viju ‘cchiù nenti,
ca ora i cosi su’ tutti cangiati,
 ‘rresta sulu nu bruttu prisenti”

Perre Francesco “U Biscottu” 1959
Incarcerato. Tre mesi per associazione ndtranghetistica. Pena accessoria. In carcere gli venne proibito di accordare le sue rime alle corde della chitarra. Porta al petto della giacca la stella di poeta dialettale e operaio forestale. Salite a Platì, lo troverete in altura con la chitarra battente, nel presentarvi al vostro nome seguirà una rima baciata. Porta in tasca copia del decreto di liquidazione riconosciutagli per l’ingiusta detenzione subìta, lo sventola ai carabinieri ogni volta che indefessi tutori della legge lo controllano al posto di blocco, controlli di rito gli rispondono alle sue proteste, pur sempre poeta pregiudicato è.
 
U CARCIRI
Pari ca catti u cielu e mi ‘mpittau,
chi staju passandu u sapi sulu Diu.
Ma puru Diu ora mi ‘bbandunau
cu sti penseri sugnu ancora eu.
Sentu ‘u cori meu chi staci mali,
pacchì i sti porti si sperdiru i chjiavi,
i porti du ‘mpernu si lapriru,
jettaru i chjavi e ccà intra mi rassaru.
Quandu arbisci a matina
u cori meu si risbigghja e si ‘lluntana,
sentu puru u trenu quandu passa,
si leva i soi penseri e i mei mi rassa.
Penseri chi mi stannu cunsumandu,
pari ca finìu pammia chistu mundu.
Mundu salatu, dimmi, chi ti fici?
Notti e jornu nommu pigghju paci.
Paci trova sulu sta vita mia
quandu tornu ammata ca famigghja mia.
 
Papalia Francesco “U Burettu” cl. 1990
Nipote diretto del poeta analfabeta Michele Papalia (1933 - 2017). Un giorno di aprile si mise a spulciare all’archivio diocesano per ricostruire il suo albero genealogico e scoprì quello che aveva sempre presentito: Francesco Papalia, ossia “Cicciu i Mastru Micheli” era un suo arcavolo. Francesco e Michele, nomi che si rincorrono senza soluzione di continuità nella genealogia dei Papalia. Pertanto, da un Francesco Papalia a un altro, persistenza transgenerazionale, due secoli in versi, la poesia a tinte pastello a colorare il buco nero della nostra esistenza.
 
L’ARMACERA
Quandu la facci bona si posa,
pari na fimmina cu ll’abitu i spusa,
‘ndavi cent’anni e puru non pari,
 sa conzi giusta ija non cari.
Vaji cumpagna cu li soi sorelli,
 ma non vaji sa sunnu gemelli.
Sa potìa quantu cuntava
di riscipuli e mastri a unu a unu
Sa esti chjatta o tunda o stritta
cu chjumbu e ‘lliveju ti veni ‘ddritta.
Teni puru a cchjiù randi muntagna
 l’armacera chi ‘ndaju ‘a campagna.
 
Perre Giuseppe “U Cicerca” cl. 1981
Con superiore capacità di osservazione e analisi del mondo platiese, accorda musica e poesia, li tiene a braccetto. Egli si volta a guardare indietro alla ricerca dei grumi del secolo scorso, invecchia e suona, incanutisce e scrive, di rima vive.
 
LI TURMENTI
“Stasira mi ritrovu a passijari,
‘nta chista ruga bella e profumata,
nu pocu i ventu e nu cielu stijatu
na umbra esti chi balla nta la notti.
E bonasira a vui stija lucenti,
di chistu cori nesciunu sti canti,
fustivu a causa di tanti turmenti,
chi scumpariru tutti ora ‘ccà vanti”

La poesia dialettale è un paesaggio notturno colpito a un tratto dalla luce. Per quanto mediocre essa sia … pone sempre di fronte a un fatto compiuto, con tutta la fisicità di una nuvola o di un geranio. Pier Paolo Pasolini

Testo e foto : MICHELE PAPALIA

In apertura: Rocco Trimboli, Giuseppe Barbaro e Perre Francesco

Trimboli Rocco alias u Ciuciu e
Barbaro Giuseppe alias u Pintu sono apparsi qui:
https://iloveplati.blogspot.com/2017/08/poeti-al-chiaro-di-luna-lu-sensu-e-la.html
 
Una selezione di poeti & poesie qui:
https://iloveplati.blogspot.com/2018/01/rapsodia-in-agosto-reg-akira-kurosawa.html
 
Perre Francesco alias u Biscottu e apparso qui:
https://iloveplati.blogspot.com/2018/09/carcere-di-george-hill-1930.html