domenica 19 settembre 2021
La più bella serata della mia vita [di Ettore Scola - 1972]
Per
Ho tardato nella biblioteca a studiare
venerdì 17 settembre 2021
I sogni nel cassetto [di Renato Castellani - 1957]
Valerio Giacoia
Nota
mercoledì 15 settembre 2021
La grande festa [di Edmund Goulding - 1934]
TRADIZIONI DI FEDEFesteggiamenti a Platìin onore di San RoccoHanno tenuto palco i due complessi bandistici “Città di
Pizzo”, e “Città di Antonimina” Platì, 18 settembre
(M. F.)
Hanno avuto luogo nei giorni 15 e 16 settembre, i festeggiamenti che ogni anno
ricorrono nel nostro centro in onore di San Rocco. Si è rinnovata la
tradizionale processione dei penitenti, che vanno scalzi e coperti di spine per
le strade del paese, con in mano enormi mazzi di candele che lasciano sul
selciato una lunga teoria di goccioline di cera.
Ha suonato
sulla piazza Gramsci il complesso vocale strumentale «Città di Pizzo». Ma
l'aspetto più interessante della festa è stato però costituito dal famoso
personaggio tradizionale del «Capitamburo»; esso è stato quest'anno interpretato
dal «Complesso Città di Antonimina» diretto dal maestro Raco. Un particolare
elogio tra i componenti il complesso, spetta al piccolo Antonino Raco, ragazzo
prodigio di appena quattro anni, che suonava in maniera stupefacente.
MICHELE FERA
GAZZETTA DEL
SUD, 19 settembre 1956
Ancora una
volta dobbiamo all'avvocato Michele Fera le tradizioni perdute e con esse i ricordi: dove
sono Piazza Gramsci, i penitenti, i «Capitamburo»; la “lunga teoria di
goccioline di cera”?- “Tutti, tutti
dormono sulla collina” direbbe Edgar Lee Masters.
Il Santo dei Santi era apparso qui:
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sabato 11 settembre 2021
Faccia a faccia [di Sergio Sollima - 1967]
IL PASSERO
A
Vocale era andato a cercarlo e poi al passo della Cerasara, nelle foreste della
Ruffa e tra le pareti incassate del Duverso. Finalmente l'aveva preso.
Con i
ceppi ai polsi lo portava verso il paese mentre la nebbia salendo dal Buonamico
rendeva Pietra Longa come un punto esclamativo in un mare di nuvole.
Il
Passero era un temibile ladro. Intere mandrie di pecore e capre sparivano tra
le grotte di Calivia ed i fianchi di Pietra Cappa. Il versante orientale
dell'Aspromonte era una groviera. Non si trovava traccia. Da solo teneva a bada
branchi di cani selvaggi. Era imprendibile. I pastori lo scambiavano per il
lupo Cola e gli lanciavane tizzoni ardenti quando si avvicinava agli stazzi. Con
i ceppi ai polsi sperava ancora di farla franca. Verso i piani di Carrà, il
sentiero diventava stretto, tortuoso e tra gli arbusti di erica arborea
s'intravedevano le donne sul greto bianco del torrente a raccogliere legna.
Sembravano
tante formiche. Ad un certo punto il Passero disse: «Brigadiè, io soffro di vertigine.
Ho paura del vuoto. Fatemi passare dall'altra parte». Fu subito accontentato.
Ad un certo punto dove il pendio era più ripido, con un balzo felino diede uno
strattone al brigadiere. Ed avvinti finirono in fondo al burrone. Massaro Peppe
restò stordito e contuso. Il Passero prese il volo, convinto che il brigadiere fosse
morto.
E
giunto sul ciglio del burrone gli gridò; «ora si ca tu 'mbarri 'u pani du
guvernu! (Ora si che t'abbuffi del pane dello Stato)». Il Passero prese la via,
per Natile a cercare Beniamino lo zoppo nella vecchia forgia di novello
Vulcano. Liberò il Passero dai ceppi mettendolo in libertà provvisoria. A San
Luca arrivarono decine di carabinieri. Ed il medico Fera con l'arciprete Giorgi
si trasferì in caserma più per l'immancabile tressette che per le cure
dell'ammalato. Massaro Peppe, pesto ed ammaccato, trascorreva le giornate in
caserma a guardare lo sterminato greto della fiumara di Buonamico che spuntava
dietro la collina del Saracino. Mangiava poco. E la fidata Caterina quando sentiva
il banditore che annunziava la vendita di carne a basso macello perché una
vacca era caduta in un burrone, si precipitava dal Puglisi. I cani randagi
stavano acciambellati davanti alla porta balzando ogni volta che qualche lembo
di carne si liberava dai fili di ginestra dove era legato. Non c'era carta da
avvolgere. Molti pastori con la scusa di parlare di armenti si attardavano
nella macelleria del Puglisi per avere notizie del Massaro Peppe. Ed il
macellaio in un dialetto forestiero si abbandonava ad espressioni
tranquillizzanti. «Non mangia nenti. 'Ncuna nticchia i ficatu. E malanova mavi.
Chimmu moriva! (Non mangia niente. Un pò di fegato. Che avesse maledizione.
Dovrebbe morire)». Era la fibbia o l’imbasciata per i latitanti che potevano
rientrare in paese per un pò di riposo.
Massaro
Peppe sapeva tutto e dal terrazzo mandava in aria ampie volute di fumo
dall'immancabile pipa. Erano segnali di guerra.
La
sera di Natale il Passero forte delle notizie avute dal Puglisi era alle prese
con una montagna di maccheroni avvolti da ricotta salata. Dal vico della Pivula
si udì il suono di una zampogna. Quando lo zampognaro fu davanti all'uscio del Passero
modulò le prime note della novena di Natale. L'uscio si apri ed il boccale di
vino apparve la Colt.
«Cicco,
andiamo» - disse Massaro Peppe.
«Aspettate
che finisca i maccheroni», fu la risposta.
Il
Passero fu accontentato!
Testo e foto di Antonio
Delfino
lunedì 6 settembre 2021
Pellegrini d'amore [di Andrea Forzano - 1951]
Affluenza
di platiesi al
Santuario di Polsi
Platì,
2 settembre(M.
F.) — Si è verificata in questi giorni la solita grande affluenza di devoti
platiesi al Santuario della Madonna di Polsi.A
differenza dalle abitudini di altri centri vicini al nostro, le comitive che si
recano al santuario partono a piedi si trattengono in preghiera per almeno una
settimana.MICHELE FERA
ANTICHE TRADIZIONI DI FEDE
IL PELLEGRINAGGIO
al Santuario di Polsi
Chi non conosce
il sito noi può comprendere la poesia che da queste balze trae vita, voci,
canti
Polsi, 2 settembreAnche quest'anno, una infinità di fedeli, si è spinta fra le forre
d'Aspromonte, per rinnovare il tributo d'amore filiale alla Vergine, per
deporre ai suoi piedi di Madre, le umane miserie ed averne in compenso, un
particolare conforto.Lunghe teorie di uomini,
donne, fanciulli, s'inerpicano difatti, da giorni, per le balze malfide, lungo
aerei viottoli che sconfinano in sottostanti burroni paurosi; fra pendii che
sanno di fuoco, di balsami e dei sospiri
degli umili. Ma la fatica non conta,
quando si ha da sciogliere un voto, invocare una ennesima grazia, per sé, pel
congiunto lontano, per l'amico morente. In ogni angolo, qui, e per miglia e
miglia all'intorno, insieme con le preghiere più calde, perché commiste di
pianto, vi aleggia la leggenda, dolce, cara leggenda, che si perpetua nei
secoli e che ha sentore di mistero:«Conti
Ruggeru, cacciandu iva, — cacciandu
dassau gran nominata. — E
mentri appuntu la caccia faciva, sintiù di lu divreru la chiamata. — Subitu curriu a vidiri ch'aviva: — vitti la santa Cruci scupirchiata, —
nc'era lu toru chi la riviriva, —
cu li dinocchia l'aviva schiavata».«II conte
Ruggero (dei Normanni), andava cacciando e nel cacciare, lasciò gran rinomanza,
e mentre appunto batteva la caccia, avvertiva il latrare del cane. Subito
accorso a veder cosa vi fosse, vedeva la santa Croce dissotterrata e il
torello, che l'aveva con lo aiuto delle ginocchia, portato alla luce, in
preghiera».Questa leggenda,
che sa tomistico e di misterioso insieme, corre più o meno falsata, più o meno
abbellita, per le bocche dei
vegliardi, di questa ferace Calabria, di questa buona gente dei monti, che
veste ancora d'orbace, come qualcosa che interessi più direttamente questo
popolo, la sua sentita religiosità, lo attaccamento alla miracolosa Madonna
della Montagna, come meglio preferiscono chiamarla.E' questa, la festa che
registra una maggiore affluenza di pellegrini, e che più di ogni altra,
presenta delle attrattive difficilmente raggiungibili. Ma più ancora è un mistico appuntamento dei pastori, dei cosiddetti massari,
di tutta la gente più vicina alla Vergine.Alla vista di tanti
pastori, portanti i più una candida agnella, e dei pifferai in ciocie,
modulanti agresti note all'ombra di secolari elci; delle madri, delle spose in
preghiera, ci sembra di rivivere visioni d'altre epoche, ore di accentuato
misticismo. La Montagna. Si, la Vergine che il popolo tutto proclama a gran voce
regina e che ad Essa confida i riposti segreti del cuore. La Madonnina, sul cui
altare i montanari formulano, sovente nel grigiore di una serata invernale, una
promessa e dove si realizzano molto spesso i sogni più belli d'un amore talora
contrastato, fra la rustica gente.E' il crepuscolo.
Nell'aria algente e fortemente ossigenata è un acuto odore di resine. Intorno,
e giù da noi, all'ombra di annosi timi è tutta una tendopoli, un esercito di
gente, d'ogni età e condizione e dai dialetti più vari ed impensati. Poco
discoste da queste intere mandrie di pecore, guidate da una centuria di cani, ed
infine i pastori, sorridenti, pacifici, quasi antichi patriarchi.Chi non conosce questi
siti, non può pienamente avvertirne il fascino che da essi
si sprigiona, né comprendere sia pure «grosso modo» la poesia che
da queste balze trae vita, voci, canti.V.
VERDUCIGAZZETTA DEL SUD 3 settembre 1956
mercoledì 1 settembre 2021
Anime in tumulto [di Giulio Del Torre - 1941]
Stato
dell’Anime
di questa Motta PlatìDiocesi di Gerace di quest’anno 1753Redatto da Don Tolentino Oliva*
Francesco
Taliano d’an 36
Carmela
Virgara moglie an 36
Antonio
figlio d’an. 3
Elisabetta
figlia an 6
Bernardo
Agresta d’an 40
Caterina
Catanzariti moglie d’an 44
Domenico
figlio an 18
Giuseppe
figlio d’an 12
Candido
figlio d’an 6
Antonia
figlia d’an 10
Antonio
Barbaro di Francesco d’an 41
Anna
Trimboli an 33
Francesco
Carbone di Antonio d’an 40
Antonia
Nacrì moglie d’an 31
Antonio
figlio d’an 12
Paolo
figlio d’an 2
Mastro
Giovanni Fera d’an 60
Antonia
Romeo moglie d’an 45
Andrea
figlio d’an 20 pasquale figlio d’an 16
Domenico
figlio d’an 13
Giuseppe
figlio d’an 11
Maria
figlia d’an 23
Nicola
Barbaro d’an 90
Saverio
Zappia d’an 53
Antonia
Cusenza moglie d’an 40
Giuseppe
figlio d’an 6
martedì 24 agosto 2021
La piscina [di Jacques Deray - 1969]
Platì, 26 luglio
(M. F.) — II forte caldo di questi giorni ha determinato nel nostro centro, un insolito fortissimo afflusso di cittadini verso il piccolo bacino idroelettrico del Ciancio, e altri luoghi del fiume dove l'acqua forma delle profonde polle adattissime per il bagno e per il nuoto.
I bagni fluviali non sono nuovi nella storia del nostro centro: già moltissimi anni addietro c'era l'usanza di fare i bagni nei profondi gorghi del fiume Ciancio e del fiume Sanello.
sabato 21 agosto 2021
Diritto di cronaca [di Sidney Pollack - 1981]
(M. F.) Mentre si eseguivano alcuni scavi In contrada «Stabilimento» di Platì, sono venuti a un tratto alla luce numerose pipe grezze di radica. Non si tratta però, come penserà qualche lettore, di una scoperta archeologica del tipo di quella delle «gragne» rinvenute ad es. a Locri.
Le pipe rinvenute si trovavano evidentemente in una fabbrica di pipe sbozzate, che si trovava in contrada Stabilimento, e che scomparve nella notte dell'alluvione del 1951. Le pipe erano in perfetto stato di conservazione.
GAZZETTA DEL SUD 4 agosto 1956
Platì, 20 agosto
torretta di cemento armato che sarà posta sull'altissimo massiccio di granito che domina l'abitato di Platì, a Nord. Il trasferimento tornerà a tutto vantaggio della visibilità e audìbilità a grandissime distanze dell'orologio e della sirena su mensionati.
Quali siano state le cause del provvedimento non sapremmo dirlo con precisione ma è certo che sull'alta torretta di cemento l'orologio assolverà la sua funzione molto meglio che su quella specie di campanile-nano di cui è purtroppo dotato il nostro Duomo.
GAZZETTA DEL SUD 21 AGOSTO 1956
Platì, 20 agosto
(M. F.) - A causa del fortissimo caldo della stagione, si era verificato in molte abitazioni del nostro centro il quasi totale disseccamene delie fontane, male alimentate dall'acquedotto comunale.
Con un opportuno provvedimento il Sindaco Zappia ha fatto limitare in tutte le abitazioni il flusso dell'acqua, fino all'indispensabile, in modo che in tutte le abitazioni cittadine scorre adesso l'identico quantitativo di acqua corrente, regolarmente alimentato dall'acquedotto che ha visto nuovamente
pieni i suoi serbatoi.
GAZZETTA DEL SUD 21 AGOSTO 1956
Le cronache sono di MICHELE FERA
- Della contrada «Stabilimento» si sono perse le tracce, forse sorgeva a monte della fiumara d’Acone.
martedì 17 agosto 2021
Un uomo ritorna [di Max Neufeld - 1946]
Platì, 1 agosto
GAZZETTA DEL SUD 2 agosto 1956
MICHELE FERA
giovedì 12 agosto 2021
L'ultimo viaggio [di Malcom St. Clair - 1929]
Al dramma dell'emigrazione si aggiunge il dramma del disastro dell’Andrea Doria che cola a picco il 26 luglio del 1956. Gianni Carteri
Emigranti
plaliesi sull'«Andrea Doria»
Platì. 1 agosto
(M. F.) Ore
di drammatica attesa hanno vissuto le famiglie di numerosi nostri concittadini
che si trovavano a bordo della nave «Andrea Doria» il giorno in cui questa è
naufragata.
Solo il
giorno dopo l'affondamento della nave, i parenti dei nostri sfortunati
concittadini hanno ricevuto la notizia del loro... felice arrivo a destinazione
GAZZETTA
DEL SUD 2 agosto 1956
<> <> <>
NON SI HANNO PIÙ' NOTIZIEUn'intera famiglia di Platìperita sull'Andrea Doria?Concettina
Sergi si era imbarcata con i 4 figlioletti
per raggiungere in USA il marito, che ancora li attende tutti
Platì, 21 agosto
(M. F.) —
E' quasi certo, ormai che la famiglia Sergi, partita dal nostro centro e
imbarcatasi sull'«Andrea Doria» alla volta degli USA sia perita a bordo della
nave. In un primo tempo i Sergi (la madre Concettina Sergi e quattro figli tra
gli otto e i quindici anni) erano stati dati per dispersi, e si sperava che si
sarebbero fatti vivi, che si fossero trovati su qualche scialuppa sbarcata
chissà dove; ma ormai troppo tempo è trascorso e i familiari, straziati non
hanno più speranza di rivedere i loro cari.
Le ipotesi
fatte sulla tragedia sono tante, ma non si sa quale sia la più fondata: forse i
Sergi si trovavano chiusi dentro la cabina la cui porta a causa del potente
urto non poté più essere aperta?
Era a bordo
dell'Andrea Doria, insieme con gli scomparsi ma in altra cabina, l'Italo
americano Sergio Paul, cognato di Concettina Sergi e zio dei suoi figli, il
quale si è prodigato con tutti i suoi mezzi per la ricerca degli scomparsi. Ma
il fratello Nino, che attendeva allo sbarco la moglie e i figli, ha visto
arrivare soltanto lui, disfatto e senza più speranze.
Nino Sergi
avrebbe cosi perduto tutti assieme la moglie e i quattro figli. Unico conforto
che gli resta, è il figliolo Antonio di venti anni, che era partito per
raggiungerlo, qualche mese prima degli
altri, e che adesso si trova con lui, come lui inebetito dal dolore.
Il
cordoglio di Platì per i concittadini così tragicamente scomparsi è stato
immenso: per molti giorni dopo il disastro della grande nave italiana tutti
speravano che si trattasse di una falsa notizia, o che i dispersi sarebbero
stati ritrovati da qualche parte. Ma adesso la speranza ha incominciato ad
abbandonare un po' tutti.
Per tre
giorni nelle case dei partenti, i concittadini sono sfilati per le visite di
condoglianze.
GAZZETTA DEL SUD 22 AGOSTO 1956
(M. F.) Michele Fera
Nino
Sergi al fonte battesimale Rosario Gerardo Antonino, nato a Platì il 10 ottobre
1909, era figlio di Antonio e Anna Velardi. Concettina allo stesso fonte
battesimale registrata Maria, nata a Platì il 10 febbraio 1913, era figlia di
Giuseppe e Giuseppa Zappia. I due si sposarono felicemente nel duomo lauretano
di Platì l’11 luglio del 1936. I figli periti a bordo dell’Adrea Doria il 25
luglio del 1956 con Concettina erano stati tutti battezzati al fonte appena
citato: Giuseppe nato il 16 gennaio del 1943; Anna Maria nata il 3 marzo del
1946; Domenica nata il 18 dicembre 1949 e Rocco nato il 20 ottobre del 1952.
L’unico superstite Antonio abitante col padre a Mishawaka IN era nato a Platì
il 18 novembre del 1938. Fino al 1952 la vita di Rosario Gerardo Antonino è
stata un continuo ritorno al paese dove aveva lasciato la moglie; e a
testimonianza di ciò sono i figli che venivano al mondo durante questi periodici
soggiorni, tanta era la speranza di riunirsi un giorno che ahimè ebbe termine
quel tragico 26 luglio a meno di un giorno da New York dove Nino attendeva
fiducioso. Come testimoniato da Michele Fera sulla stessa nave viaggiava anche
Paul Sergio, battezzato Paolo, fratello di Nino e cognato di Concettina. E oggi
sorge spontaneo domandarsi se il viaggio di Concettina e dei quattro figli non
sia stato concertato da Nino e Paolo in America vista la concomitanza della
venuta a Platì di quest’ultimo. Per inciso Paolo aveva sposato in precedenza la
sorella di Concettina, Domenica convertita in Margaret Domenica.